Papa
Francesco ha più volte raccontato la motivazione che l’ha portato a scegliere
come nome nuovo quello del “Poverello” di Assisi: gli avrebbe sempre ricordato
i poveri. E i poveri, in questi ormai cinque anni di pontificato, sono sempre
stati presenti sul suo cammino, da quelli che accoglie sotto il colonnato di
piazza san Pietro a quelli che va a trovare nelle baracche delle periferie, da
quelli che invita a pranzo a casa sua a quelli a cui manda il suo Elemosiniere.
Quando
per il primo Natale disattese il tradizionale concerto nell’aula Paolo VI, il
suo sembrò un gesto scortese, ed invece era un gesto evangelico: voleva alla
sua mensa – come chiede Gesù – non ricchi e amici ma quanti non hanno da
ricambiare (cf. Lc 14, 12-14).
Quando, in visita a un Paese estero, vuole salutare per primi non i “grandi” e
i “potenti”, ma i piccoli e i poveri, lo fa non per disprezzo verso le
autorità, con le quale tra l’altro si intrattiene in maniera genuinamente umana
e fraterna, ma per obbedire al Vangelo che chiede di non essere come i capi delle nazioni e i grandi, che dominano e
esercitano il potere, ma come colui che serve (cf. Mc 10, 42-45). Quando va incontro ai responsabili delle altre
Chiese, ponendosi al loro livello senza superiorità o rivendicazioni, disposto
a incontrarli ovunque e comunque, non fa che attuare l’insegnamento di Gesù ad
amare per primo (cf. Lc 6, 27-35).
Quando invita a confrontare la legge con la situazione concreta della persona,
esercitando la legge sprema dell’amore e della misericordia, ripropone l’agire
di Gesù davanti alla donna sorpresa in adulterio (cf. Gv 8, 1-11). E potremo continuare.
Il carisma di Francesco d’Assisi è aver vissuto e
riproposto a tutta la Chiesa il Vangelo alla lettera, con le sue radicali
esigenze, sine glossa, senza
annacquamenti e compromessi. La povertà e i poveri venivano di conseguenza.
Mi sembra che lo stesso carisma guidi e animi la vita
e l’insegnamento di papa Francesco. È questo che, come Gesù, lo muove a
“compassione delle folle” e lo rende tanto amato e lo fa sentire vicino. Ed è
ancora la sua proclamazione del Vangelo sine
glossa che porta altri ad avversarlo, quanti si sentono toccati nei loro
privilegi, prestigio, potere… Il Gesù del Vangelo continua a essere “segno di
contraddizione”.
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