Anche questo nostro tempo di assenza e di negazione di Dio,
di secolarizzazione e di indifferenza, ma anche di nuovi carismi, sarà tempo di
Dio? Spesso si sente dire, con rassegnazione, che occorre attendere “tempi
migliori”. Come si cerca un luogo diverso da quello nel quale viviamo, un
alibi, per sperimentare l’incontro di Dio, così si aspettano altri tempi,
diversi dai nostri, più propizi. Se anche i nostri fossero tempi cattivi, «cerchiamo di vivere bene e i tempi saranno buoni»,
direbbe Agostino (Sermo 80, 8), saranno il tempo più
adatto per l’incontro. Lo scorrere del tempo, nella sua monotonia fatta del
succedersi cronologico delle stagioni e delle epoche, quello che i Greci
indicavano come khronós, è riscattato dalla sua transitoria fugacità, per
lasciare il posto al tempo inteso come la buona occasione da cogliere, il
momento propizio, quello che o Greci chiamavano kairós. Il presente del
credente non è “un momento che viene dopo un altro”, ma “il momento” più opportuno
e più significativo per l’“incontro”. Ogni
attimo può congiunge Cielo e terra, l’eterno presente col nostro tempo,
acquistare uno spessore infinito, riempirsi della presenza di Dio. Il nostro
tempo è riscattato dall’inesorabile fuga e si fissa nell’eterno. È Gesù che
ha portato l’eterno nel tempo e «ciascun istante può aprirsi dal di dentro su
un’altra dimensione, facendoci così vivere l’eternità dell’istante, nel
presente eterno... L’eternità non è né prima né dopo il tempo, essa è la
dimensione sulla quale il tempo può aprirsi».
«Il popolo di Dio – leggiamo nel Concilio Vaticano II –,
mosso dalla fede con cui crede di essere condotto dallo Spirito del Signore che
riempie l'universo, cerca di discernere negli avvenimenti, nelle richieste e
nelle aspirazioni, cui prende parte insieme con gli altri uomini del nostro
tempo, quali siano i veri segni della presenza o del disegno di Dio. La fede
infatti tutto rischiara di una luce nuova, e svela le intenzioni di Dio sulla
vocazione integrale dell'uomo, orientando così lo spirito verso soluzioni
pienamente umane» (GS, 11).
È un invito a leggere i “segni dei tempi”, ossia a cogliere
la mano di Dio in quanto accade in noi e attorno a noi, a credere che egli ci
parla attraverso i grandi eventi della storia e le piccole circostanze di ogni
giorno.
Gli eventi della grande storia e della nostra piccola storia
personale, visti con gli occhi della fede, non sono più casuali o dominati da
un cieco fato, ma guidati dall’intervento puntuale della Provvidenza di un Dio
che, nel suo grande premuroso amore, vede e provvede. “Non cade foglia che Dio
non voglia”, sentenzia la saggezza popolare che ha assimilato le parole di
Gesù: «Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure neanche uno di
essi cadrà a terra senza che il Padre vostro lo voglia. Quanto a voi, perfino i
capelli del vostro capo sono tutti contati; non abbiate dunque timore: voi
valete più di molti passeri!» (Mt 10,
29-31).
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