mercoledì 9 luglio 2014

Luoghi imprevisti, tempi inattesi / 6


I grandi cristiani hanno avuto la capacità di leggere e di narrare la storia del loro incontro con Dio e del cammino che ne è scaturito. Basterebbe ascoltare i molti racconti di Paolo: Gesù che gli appare a un’ora precisa, verso mezzogiorno (cf. Atti 22, 6), in un luogo preso, sulla strada nei pressi di Damasco. I successivi itinerari geografici, che lo portano a Cipro, nella Licia, nella Frigia, nella Galazia, nella Cilicia, in Giudea, in Macedonia, in Grecia, a Roma, sono tappe di altrettante esperienze interiori che intensificano il rapporto con Gesù, da cui si sa amato (cf. Gal 2, 20).
Agostino si trovava a Milano, nella tarda estate del 386, nel giardinetto di casa, sotto un fico, buttato a terra. Sentì dalla casa vicina una voce sottile: «Prendi e leggi». Aprì la lettera di Paolo ai Romani, vi lesse il versetto 14, 1 e appena terminata la lettura di quella frase «una luce, quasi, di certezza penetrò nel mio cuore e tutte le tenebre del dubbio si dissiparono» (Confessioni, VIII, 12, 29, Città Nuova, Roma 1971, p. 195). La narrazione del suo incontro con Cristo è diventata uno dei testi classici della letteratur religiosa di tutti i tempi: Le Confessioni.

Potremmo continuare con Francesco d’Assisi, attratto da Dio tra i lebbrosi nella piana assisana, nella chiesa diroccata di san Damiano, sul monte de La Verna. Nel suo Testamento l’incisiva testimonianza. Ignazio di Loyola è stato raggiunto a Manresa e alla Storta, alle porte di Roma. La sua Autobiografia ci narra le tappe del suo ravagliato cammino. Così ha fatto Teresa d’Avila nel libro della Vita, Teresa di Lisieux nella Storia di un’anima.
Le storie continuano. Ognuno di noi ricorda un giorno e un luogo particolare nei quali ha avuto la chiamata a seguire Gesù, o il richiamo alla conversione. Il credo più bello che possiamo proclamare è narrare la storia dell’incontro con il Signore e il cammino che da allora è iniziato, con sbandamenti, incertezze, arretramenti, conquiste, slanci in avanti… La prima è stata Maria di Nazareth con il suo Magnificat, la più grande confessione del più grande incontro con Dio: «Ha guardato l’umiltà della sua serva… Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente…» (Lc 1, 46-55).
Dio continua a rendersi presente ogni volta che nasce un bambino e ci dice che la vita è più forte della morte. Ci parla quando cadono le foglie degli alberi in autunno, sotto le folate del vento, per sussurrarci che tutto passa. Si affaccia mille volte in una giornata e fa capolino, come lo sposo nel Cantico dei Cantici: «Eccolo, egli sta / dietro il nostro muro; / guarda dalla finestra, / spia attraverso le inferriate» (2, 9). Anche l’evento più tragico, la morte, può essere letto con occhi di fede, come la morte di Lazzaro: era «per la gloria di Dio, perché per essa il Figlio di Dio venga glorificato» (Gv 11, 4).


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