sabato 2 giugno 2012

Quando un fondatore è santo


I due giorni di seminario sulla santità mi hanno dato modo di riflettere sulla santità dei fondatori e delle fondatrici delle comunità carismatiche. Essi tra l’altro, costituiscono il più gran numero dei santi canonizzati. Chi è dunque un fondatore santo?

1.     Un maestro da ascoltare e da seguire
Il fondatore esercita un magistero di tipo sapienziale che, attraverso la regola, si esprime anche in un magistero di tipo giuridico (pur derivando la regola il suo valore canonico dall’approvazione episcopale o pontificia). Il carisma è infatti un particolare tipo di interpretazione del Vangelo che apre una via evangelica di santità. È superfluo ricordare che lo Spirito guida i fondatori a vivere e a comprendere la Parola di Dio dal di dentro, conducendoli ad operare quel particolare tipo di esegesi di cui parla la Costituzione dogmatica Dei Verbum quando afferma che il progredire dell’intelligenza della fede, oltre che con la riflessione, lo studio dei teologi e l’insegnamento del Magistero, avviene «con l’esperienza data da una più profonda intelligenza delle cose spirituali» (n. 8). Sotto la guida dello Spirito essi compiono una esegesi vivente. Le parole del Vangelo si incarnano in loro e in loro si fanno vita generando un’opera. In questo senso il fondatore è un maestro da ascoltare (ricordiamo che nella Scrittura ascoltare ed obbedire sono sinonimi), a cui dare fiducia; la via da lui tracciata domanda di essere seguita.

2.     Un padre da amare
Nel dar vita ad una famiglia carismatica fondatori e fondatrici sono e si sentono strumenti dello Spirito, al punto da ripetere che il fondatore non sono loro, ma Dio, Gesù, Maria… Nello stesso tempo sentono di trasmettere ad altri qualcosa di proprio e spesso, al pari dell’apostolo Paolo, affermano di essere padri o madri, generando in Cristo figli e figlie con i loro stessi lineamenti, ai quali possono ripetere: «Sono io che vi ho generato in Cristo Gesù, mediante il vangelo. Vi esorto dunque, fatevi miei imitatori!» (1 Cor 4, 15-16); «Fatevi miei imitatori, come lo sono di Cristo» (1 Cor 11, 1; cf. Fil 3, 17; 1 Tess 1, 6). Si tratta di una relazione che ingenera la relazione di fraternità tra i membri dell’istituto. Questo rapporto di paternità e maternità non si esaurisce con la morte, come ricordava sant’Angela Merici quando affermava che sarebbe stata madre da viva e da morta. Il Fondatore è presente ai membri della famiglia in modo nuovo e tutto particolare perché è presso Dio. Continua ad amare e attende in risposta non solo un amore fraterno tra i membri della famiglia, ma anche un amore filiale nei suoi confronti.

3. Un santo da imitare
Se il fondatore e la fondatrice raggiunge la santità, a questi due tipi di rapporto, ascolto e amore filiale, se ne aggiungono altri due. Innanzitutto l’imitazione. Parlando della sua generazione in Cristo, Paolo domanda ai cristiani di farsi suoi imitatori come lui lo è di Cristo (citazione di cui sopra). Un fondatore non è canonizzato perché fondatore o per aver fatto cose straordinarie, ma perché ha vissuto in modo esemplare da discepolo di Cristo secondo la sua vocazione e la via evangelica a lui manifestata dallo Spirito. È divenuto santo progressivamente, mosso dalla grazia a cui ha corrisposto con generosità. Per questo è proposto a tutta la Chiesa e in particolare alla sua famiglia religiosa, come modello da imitare.

4. Un intercessore da invocare
L’ulteriore rapporto con il fondatore e la fondatrice, una volta che questi hanno raggiunto la santità, è quello di rivolgersi a loro come a persone che possono esercitare una particolare intercessione presso Dio. Da quando il Signore li chiama a sé essi non trasmettono più nuove consegne, non reagiscono verbalmente alle nuove situazioni e alle nuove scelte che occorre prendere costantemente. Ma nel loro amore di padre e di madre e in qualità di santi possono intercedere per la loro famiglia presso il Signore. Le grazie e i miracoli accordati per loro intercessione sono un esempio della loro disponibilità.

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