I due giorni di seminario sulla santità mi hanno dato
modo di riflettere sulla santità dei fondatori e delle fondatrici delle
comunità carismatiche. Essi tra l’altro, costituiscono il più gran numero dei
santi canonizzati. Chi è dunque un fondatore santo?
1.
Un maestro da ascoltare e da
seguire
Il fondatore esercita un magistero di tipo sapienziale
che, attraverso la regola, si esprime anche in un magistero di tipo giuridico
(pur derivando la regola il suo valore canonico dall’approvazione episcopale o
pontificia). Il carisma è infatti un particolare tipo di interpretazione del
Vangelo che apre una via evangelica di santità. È superfluo
ricordare che lo Spirito guida i fondatori a vivere e a comprendere la Parola
di Dio dal di dentro, conducendoli ad operare quel particolare tipo di esegesi
di cui parla la Costituzione dogmatica Dei
Verbum quando afferma che il progredire dell’intelligenza della fede, oltre
che con la riflessione, lo studio dei teologi e l’insegnamento del Magistero,
avviene «con l’esperienza data da una più profonda intelligenza delle cose
spirituali» (n. 8). Sotto la guida dello Spirito essi compiono una esegesi vivente. Le parole del Vangelo
si incarnano in loro e in loro si fanno vita generando un’opera. In questo senso il fondatore è un
maestro da ascoltare (ricordiamo che nella Scrittura ascoltare ed obbedire sono
sinonimi), a cui dare fiducia; la via da lui tracciata domanda di essere
seguita.
2. Un padre da amare
Nel dar vita ad una famiglia carismatica fondatori e
fondatrici sono e si sentono strumenti dello Spirito, al punto da ripetere che
il fondatore non sono loro, ma Dio, Gesù, Maria… Nello stesso tempo sentono di
trasmettere ad altri qualcosa di proprio e spesso, al pari dell’apostolo Paolo,
affermano di essere padri o madri, generando in Cristo figli e figlie con i
loro stessi lineamenti, ai quali possono ripetere: «Sono io che vi ho generato in Cristo Gesù, mediante il vangelo. Vi esorto dunque, fatevi miei imitatori!» (1 Cor 4, 15-16); «Fatevi miei imitatori,
come lo sono di Cristo» (1 Cor 11, 1;
cf. Fil 3, 17; 1 Tess 1, 6). Si tratta di una relazione che ingenera la relazione di
fraternità tra i membri dell’istituto. Questo rapporto di paternità e maternità
non si esaurisce con la morte, come ricordava sant’Angela Merici quando
affermava che sarebbe stata madre da viva e da morta. Il Fondatore è presente ai
membri della famiglia in modo nuovo e tutto particolare perché è presso Dio.
Continua ad amare e attende in risposta non solo un amore fraterno tra i membri
della famiglia, ma anche un amore filiale nei suoi confronti.
3. Un santo da imitare
Se il fondatore e la fondatrice raggiunge la santità, a
questi due tipi di rapporto, ascolto e amore filiale, se ne aggiungono altri
due. Innanzitutto l’imitazione. Parlando della sua generazione in Cristo, Paolo
domanda ai cristiani di farsi suoi imitatori come lui lo è di Cristo (citazione
di cui sopra). Un fondatore non è canonizzato perché fondatore o per aver fatto
cose straordinarie, ma perché ha vissuto in modo esemplare da discepolo di
Cristo secondo la sua vocazione e la via evangelica a lui manifestata dallo
Spirito. È divenuto santo progressivamente, mosso dalla grazia a cui ha
corrisposto con generosità. Per questo è proposto a tutta la Chiesa e in
particolare alla sua famiglia religiosa, come modello da imitare.
4. Un intercessore da invocare
L’ulteriore rapporto con il fondatore e la fondatrice,
una volta che questi hanno raggiunto la santità, è quello di rivolgersi a loro
come a persone che possono esercitare una particolare intercessione presso Dio.
Da quando il Signore li chiama a sé essi non trasmettono più nuove consegne,
non reagiscono verbalmente alle nuove situazioni e alle nuove scelte che
occorre prendere costantemente. Ma nel loro amore di padre e di madre e in qualità
di santi possono intercedere per la loro famiglia presso il Signore. Le grazie
e i miracoli accordati per loro intercessione sono un esempio della loro
disponibilità.
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