martedì 26 giugno 2012

Ma Dio è proprio un padre che ama?


“Al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori” (Is 53, 10). Questa cosa, che a Dio piaccia caricare di dolori una persona, a qualcuno non è andata giù e mi ha scritto al riguardo. Vediamo se posso dare una piccola risposta all’eterna domanda: Ma Dio è proprio così crudele che vuole far pagare i peccati?
La parola ebraica è hpz (chafets), che significa chinarsi, nel senso di acconsentire. Più spesso significa desiderare, volere. 
Come sempre un versetto della Bibbia va letto nel suo contesto. Quello della frase in questione è il quarto canto del servo del Signore: lo scandalo e l’incomprensione per la sofferenza del giusto che si rivela invece intercessione ed espiazione dei peccati del popolo. Perché, si domanda la Bibbia, questo uomo giusto è così disprezzato e rigettato da tutti, fino a diventare “uomo dei dolori”?
La verità è che egli “si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori… offrirà se stesso in sacrificio di riparazione… si addosserà le nostre iniquità”. Da queste parole risulta che è lui stesso ad assumersi il negativo per annullarlo e per “rendere giusti molti”.
In tutto questo c’è un disegno di Dio, un suo piano: attraverso quest’uomo vuole salvare tanti uomini; quest’uomo misterioso prenderà su di sé i peccati del popolo e così libererà il popolo dal peccato. Prendendo su di sé i peccati, ci muore sotto, potremmo dire: si sacrifica per gli altri. Questo progetto di Dio di Dio si esprime con le parole: “il Signore fece ricadere su di lui l’iniquità di tutti noi” e poi giunge la frase “incriminata”: “al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori”. La parola, così come suona in italiano, farebbe quasi pensare che Dio sia sadico. Non dobbiamo però dimenticare che la lingua ebraica è molto povera di vocaboli. Si potrebbe semplicemente tradurre: permise. Quel verbo è usato infatti molto spesso al negativo proprio con questo senso: “il faraone non permise al popolo di partire”.
In ogni caso viene la domanda: è l’uomo giusto che si offre in sacrificio (“si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori”, o è Dio che lo sacrifica (“fece ricadere su di lui l’iniquità di tutti noi”)? È un’unica azione, colta da due diversi punti di vista. È un unico grande misterioso disegno che si comprenderà meglio con la venuta di Gesù, “l’agnello che toglie i peccati del mondo”.
È proprio con Gesù che si intende il piano di Dio che non può permettere che le sue creature periscano per il male che hanno commesso. Allora Dio stesso interviene e manda il Figlio suo a prendere su di sé tutto il male del mondo: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio suo”. Dio paga di suo! E Gesù è proprio Dio che si dona: “nessuno mi toglie la vita, io la dono da me stesso”.
Nel suo secondo volume su Gesù di Nazaret Benedetto XVI offre questa bella spiegazione di tutto questo mistero d’amore: “La realtà del male, dell’ingiustizia che deturpa il mondo e insieme inquina l’immagine di Dio – questa realtà c’è: per colpa nostra. Non può essere semplicemente ignorata, deve essere smantellata. Ora, tuttavia, non è che da un Dio crudele venga chiesto qualcosa di infinito. È proprio il contrario: Dio stesso si pone come luogo di riconciliazione e, nel suo Figlio, prende la sofferenza su di sé” (p. 258).
Alla domanda se Dio è proprio così crudele che vuole far pagare i peccati, la risposta più semplice è dunque che le cose stanno tutte al contrario: i peccati nostri li paga lui!

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