Ieri sera la città si è improvvisamente animata:
caroselli d’auto, botti, gente riversata sulle strade e nelle piazze… Pensavo
fosse l’inizio della festa di oggi, i santi Pietro e Paolo, che a Roma è festa
anche civile. Si trattava invece dell’esplosione di gioia per la vittoria dell’Italia
sulla Germania, piccola rivincita contro lo strapotere della Merkel.
Oggi a Roma è dunque festa, Da sempre l’iconografia ha
ritratto i due santi uno accanto all’altro, spesso abbracciati: Pietro
inconfondibilmente con barba e capelli ricci, Paolo calvo e la barba liscia,
tratti costantemente ricorrenti, che sicuramente tramandano il ricordo della
loro reale fisionomia. Sempre insieme perché hanno dimorato a Roma imprimendovi
il loro timbro apostolico, testimoni credibile ed efficaci dell’incontro
privilegiato con Gesù che ognuno dei due ha avuto, anche se in modo molto
diverso. Che fortuna hanno avuto i Romani!
Insieme perché ambedue qui a Roma hanno dato la vita per
Cristo.
Mi piace ogni tanto entrare nella chiesa di santa Maria
del Popolo, a Piazza del Popolo, per godermi il Caravaggio che, nella Cappella
Cerasi, ci ha lasciato due opere d’incanto: la Conversione di san Paolo e la
Crocifissione di san Pietro; ancora una volta insieme, anche se uno da una
parte della cappella e l’altro dall’altra; in mezzo l’Assunzione della Vergine
di Annibale Carracci (chi altro può tenere uniti due santi così diversi se non
Maria?).
Nel dipinto Paolo, disteso a terra, è completamente
arreso alla luce della grazia che brilla su di lui, come nell’atto di accogliere
Gesù stesso che, attraverso la luce, gli scende in cuore (“Che il Cristo –
scriveva agli Efesini – abiti per mezzo della fede nei vostri cuori”).
Pietro, mentre viene eretto sulla croce, ha uno sguardo sereno, rivolto fuori della tela, quasi vedesse già quel Gesù che lo aveva invitato a seguirlo fino in fondo, fino a prendere la croce con lui (“Egli patì per voi – scrive nella sua prima lettera – lasciandovi un esempio, perché ne seguiate le orme”).
Pietro, mentre viene eretto sulla croce, ha uno sguardo sereno, rivolto fuori della tela, quasi vedesse già quel Gesù che lo aveva invitato a seguirlo fino in fondo, fino a prendere la croce con lui (“Egli patì per voi – scrive nella sua prima lettera – lasciandovi un esempio, perché ne seguiate le orme”).
Insieme dunque anche nella celebrazione della festa,
quasi a mostrare il volto completo della Chiesa di cui esprimono due aspetti
inseparabili. Gli antichi, a cominciare da san Paolo, riconoscevano in Pietro
la Chiesa che nasce dal popolo ebraico, il Paolo la Chiesa che nasce dai pagani,
un’unica Chiesa con due volti diversi.
Oggi mi sembra che Pietro ricordi l’unità della Chiesa, costruita
sulla roccia che è Cristo (Pietro stesso, nella sua lettera, tace sul suo
essere pietra, per mettere invece in luce Cristo come la “pietra viva” sulla
quale di edifica la Chiesa, fatta di “pietre vive” che siamo tutti noi). Paolo mi
sebra ricordi la cattolicità, l’universalità della Chiesa, la ricchezza delle
molte comunità diverse l’una dall’altra.
Sempre insieme, i due apostoli: Cosa sarebbe una Chiesa
unita che non lasciasse spazio alla diversità? Cosa sarebbe una Chiesa
diversificata se non componesse in unità la molteplicità?
Nessun commento:
Posta un commento