È da un anno che sto lottando contro la burocrazia per certe pratiche. Ogni tanto devo recarmi all’ufficio che porta avanti le pratiche a nome mio. Ogni volta è una seccatura, ma… siamo a Roma e ogni angolo nasconde un capolavoro che ti consola di ogni piccola contrarietà. Così quando esco da quell’ufficio mi rifaccio gli occhi cuore con la Piramide Cestia, con la Porta San Paolo… Oggi ho visitato, proprio a due passi, la chiesa di San Saba, un autentico gioiello.
Sembra che sia costruita sulla casa di santa Silvia, la mamma del papa san Gregorio Magno. Sulle rovine della caserma della IV coorte di vigili del fuoco dell’epoca romana ( da lassù sull’Aventino potevano vedere bene se si appiccavano dei fuochi…) nel VII secolo c’erano già degli eremiti. Monaci della Palestina, in fuga dalle invasioni islamiche, portarono il corpo del loro grande san Saba, che aveva costruito il monastero nel deserto di Giuda, e si stabilirono qui. Il nuovo monastero divenne il più importante di Roma, centro di irradiazione di una vivace attività diplomatica verso Costantinopoli e il mondo barbarico.
Qui visse nientemeno che san Massimo il Confessore!
Poi il monastero passò ai Cluniacensi, ai Cistercensi, ai Canonici Lateranensi, ai Gesuiti.
Ma oggi più che la storia gloriosa sono stato rapito dalle architetture del portico, e dell’interno, e soprattutto dagli affreschi, a cominciare da dalla scena della guarigione del paralitico che viene calato nella casa dinanzi a Gesù, dopo che è stato scoperchiato il tetto; siamo addirittura alla prima metà dell’VIII secolo.
Un affresco dopo l’altro si arriva fino a una dolcissima annunciazione del 1400 e su su in susseguirsi di bellezza e di armonie che ti compensano abbondantemente di tutte le stuccherie burocratiche della Roma di oggi.
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