martedì 27 marzo 2012

San Saba mi ha ricompensato della burocrazia


È da un anno che sto lottando contro la burocrazia per certe pratiche. Ogni tanto devo recarmi all’ufficio che porta avanti le pratiche a nome mio. Ogni volta è una seccatura, ma… siamo a Roma e ogni angolo nasconde un capolavoro che ti consola di ogni piccola contrarietà. Così quando esco da quell’ufficio mi rifaccio gli occhi cuore con la Piramide Cestia, con la Porta San Paolo… Oggi ho visitato, proprio a due passi, la chiesa di San Saba, un autentico gioiello.
Sembra che sia costruita sulla casa di santa Silvia, la mamma del papa san Gregorio Magno. Sulle rovine della caserma della IV coorte di vigili del fuoco dell’epoca romana ( da lassù sull’Aventino potevano vedere bene se si appiccavano dei fuochi…) nel VII secolo c’erano già degli eremiti. Monaci della Palestina, in fuga dalle invasioni islamiche, portarono il corpo del loro grande san Saba, che aveva costruito il monastero nel deserto di Giuda, e si stabilirono qui. Il nuovo monastero divenne il più importante di Roma, centro di irradiazione di una vivace attività diplomatica verso Costantinopoli e il mondo barbarico.
Qui visse nientemeno che san Massimo il Confessore!
Poi il monastero passò ai Cluniacensi, ai Cistercensi, ai Canonici Lateranensi, ai Gesuiti.
Ma oggi più che la storia gloriosa sono stato rapito dalle architetture del portico, e dell’interno, e soprattutto dagli affreschi, a cominciare da dalla scena della guarigione del paralitico che viene calato nella casa dinanzi a Gesù, dopo che è stato scoperchiato il tetto; siamo addirittura alla prima metà dell’VIII secolo.
Nella la quarta navata sinistra (che non ha un corrispettivo a destra) un affresco con la celebre scena di San Nicola che, senza farsi vedere, dona dell’oro a ragazze povere, che dormono nella casa a fianco del loro padre, in maniera che possano sposarsi con la dote e la loro vita non venisse rovinata. (Da quel dono fatto nacque la tradizione dei doni fatti ai bambini il 6 di dicembre, festa di San Nicola, tradizione che si spostò poi al 25 dicembre quando il vescovo fu trasformato in Babbo Natale).
Un affresco dopo l’altro si arriva fino a una dolcissima annunciazione del 1400 e su su in susseguirsi di bellezza e di armonie che ti compensano abbondantemente di tutte le stuccherie burocratiche della Roma di oggi. 

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