Poteva esserci momento più bello per l’apertura del processo romano della causa di beatificazione per Renata Borlone? Le festa dell’Annunciazione, o come dicono i Bizantini, la festa dell’Evangelizzazione della Madre di Dio: Mari, mediante l’ascolto della parola di Dio recata dall’angelo, concepisce nel proprio grembo per opera dello Spirito Santo il Figlio di Dio, la Parola dell’Altissimo fatta carne.
Non c’è niente di più spoglio e burocratico dell’apertura del processo che non è, come si potrebbe immaginare, un solenne atto con tanto di giudici che danno l’avvio ad un processo, ma più prosaicamente l’apertura degli scatoloni che contengono i documenti del processo diocesano; apertura apertura! Si rompono i sigilli, si tagliano i nastri e il notaio guarda se tutti gli incartamenti sono a posto e completi.
Eppure questa mattina, alla Congregazione per le cause dei santi in Vaticano, c’era aria di festa e una profonda gioia. Giungeva in porto un lavoro lungo e paziente che ha ricostruito il cammino di fede e d’amore di questa donna eccezionale che speriamo possa essere presto riconosciuta santa.
Tra le tante cose che si potrebbero ricordare di lei riporto soltanto una frase che mostra la sua profonda sentita unione con Dio, quella che lei chiama «un’ansia grande di “trovare Gesù” come l’unico tesoro che non mi verrà mai tolto»: «… in questo ultimo periodo sperimento… la gioia di essere la Sua Sposa, una gioia che non ha più quel qualcosa di sensibile che era così di sostegno un tempo, ma forse più vera, più spirituale». Salvo poi ad aggiungere, con la sua tipica umiltà: «Spero di non ingannarmi».
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