sabato 4 maggio 2019

III domenica di Pasqua: con Gesù sul lago


Non sto più nella pelle. Salto come un ragazzino da un masso all’altro, su queste pietre dure e nere. Non m’importa degli altri. Mi prendono per matto. Lo sono, in effetti. Provo una gioia libera e pura, avvolto dalla luce calda del sole e dai riflessi dell’acqua appena increspata del lago.
Avverto lo stesso fremito di vita che vibrò d’impeto nel cuore di Giovanni quando, dalla barca, vide il Risorto, su questa stessa roccia. Il suo grido è il mio stesso grido: «È il Signore!».
Ne avverto la presenza, ne seguo le orme, ascolto l’eco della sua voce. Dio ha camminato sulle sponde di questo lago, ha immerso i piedi nelle sue acque limpide, ha posato i suoi occhi sulle colline verdi che abbracciano con dolcezza questo specchio di luce riflesso del cielo.
È passato di qui. Qui ha guardato negli occhi Andrea e Simone, Giovanni e Giacomo: sguardo di trasparenza, penetrazione nell’intimo di persone da sempre conosciute, da sempre amate e scelte, per depositarvi l’amore eterno di Dio capace di generare a vita nuova.
“Seguitemi”. Odo l’incondizionato invito e vedo Simone e Andrea che lasciano le reti, Giacomo e Giovanni il padre: decentramento radicale dal proprio io e dal proprio mondo per ricentrarsi in Lui; allontanamento da ogni sicurezza materiale, perdita dei legami familiari, degli affetti, delle radici, per ritrovare in Lui e patria e casa e affetti: Lui, l’unico bene.

“Vieni e seguimi”. Le stesse parole che hai rivolto a me, lo stesso amore con il quale mi hai investito, travolgendomi nella loro stessa avventura, nella tua stessa avventura. Condivisione di vita.
Qui l’inizio della mia storia: l’incontro con Te!
Mi sei passato accanto, nel tuo camminare sulla terra. Sei passato da casa mia, ti sei accorto di me, mi hai guardato, amato, chiamato.
Il cuore esplode di una gioia che non può più contenere.

Su questa roccia Pietro per tre volte ha detto a Gesù: “Ti amo”.
Oggi, sulla riva del lago, anche a me hai domandato: “Mi ami tu?”.
Non mi sono preoccupato di risponderti. Ero troppo contento di sentirti rivolgere a me quella domanda: è più importante della mia risposta. Tu che vedi il cuore sai il desiderio di dirti di sì.

Così scrivevo a Tabgha, lago di Galilea, il 4 giugno 1997.

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