martedì 25 giugno 2024

Troppo bella la nostra Roma

Dall’alto del Celio, e più precisamente dal parco dei Passionisti, lo sguardo si allarga su altri colli e monumenti di Roma. Accanto il Palatino, con il convento francescano di san Bonaventura. Qui ha vissuto san Leonardo da Porto Maurizio. Dalla sua finestra vedeva il Colosseo – come si vede qui dal Celio – depredato, cava per materiale di costruzione dei palazzi romani. Allora scese in processione con i suoi frati, entrò nell’anfiteatro, vi piantò la croce, vi eresse la via crucis e lo dichiarò luogo sacro. Quel che è rimasto del Colosseo lo si deve a lui.

Percorrendo con lo sguardo la valle che divise il Celio dal Palatino ecco l’Arco di Costantino, il tempio di Venere e Roma, il Colosseo… la Torre delle Milizie, più lontano il Vittoriano… Che bella la nostra Roma!

Diana Luna, una delle studenti che ha seguito il corso del Claterianum che ho dato recentemente per le vie di Roma, mi ha lasciato una bella testimonianza al riguardo:

«Il corso itinerante "I fondatori a Roma" è stato un viaggio altamente formativo, nel significato più pieno della parola. Direi che è stata un'originalità pedagogica, un'azione formativa con una metodologia pratica che ci ha portato a ripercorrere i passi di chi ci ha preceduto nella città eterna, dando vita a luoghi, strade, chiese, storie.

Non riesco a trovare un modo migliore per imparare a imparare. Ogni visita è stata una motivazione e una provocazione, in cui i carismi potevano essere visti, toccati, ascoltati in ogni luogo; una presa di coscienza che ciò che leggiamo nei libri (e ultimamente nei film e in altri media audiovisivi) che sono una mediazione limitata dell'esperienza rispetto alla possibilità di "vivere il film" dalle scene in cui sono stati registrati.

È chiaro che il presente è diverso, le strade, la cultura, i costumi sono cambiati, ma in tutte le visite abbiamo trovato testimoni silenziosi che hanno assistito agli eventi citati (monasteri, mura, strade, case, colonne, arte in tutte le sue forme, ecc.) e che ci hanno messo in contatto con tanti che hanno lasciato un segno indelebile nella storia.

Ho imparato ad imparare, riconoscendo che Roma è un libro aperto, un film vivente, un luogo che parla e santifica, grazie ai suoi tanti testimoni, e perché il percorso è stato plasmato, come i "sampietrini" di questa bellissima città, dai santi fondatori che abbiamo potuto incontrare».







lunedì 24 giugno 2024

Nel cuore della Roma antica

La piccola finestra che si vede in alto sull’acquedotto Claudio è la cella di san Giovanni di Matha: siamo ai primi del 1200. La vedo dal parco dei Passionisti dove sono in questi giorni. Nella loro casa, costruita sulle grandiose fondazioni del tempio di Claudio, c’è la cella dove ha vissuto negli ultimi anni san Paolo della Croce: siamo nel 1700. Accanto la basilica dei Santi Giovanni e Paolo di cui sabato prossimo sarà la festa. Poco più in là la casa di san Gregorio Magno (siamo fine 500). Dall’alta parte la basilica di santa Maria in Navicella e accanto santo Stefano Rotondo. Poco più in là i Quattro Santi Coronati…

Il Celio è uno dei Sette Colli di Roma, ricco di storia, ma anche di tanta santità… speriamo che un po’ si attacchi anche a me.

San Paolo della Croce, assieme a 16 altri Passionisti, prese possesso del complesso basilicale-monastico nel pomeriggio del 9 dicembre 1773. allora, questa zona cristiano tra le più antiche di Roma, era quasi disabitata. Ma anche adesso è piena di parchi e giardini, a cominciare dalla Villa Celimontana.

Qui san Paolo della Croce, grazie alla sua fama di guida spirituale, riceveva molte visite, tra cui Papa Pio VI; qui accolse la notizia dell’approvazione solenne delle regole; qui morì il 18 ottobre 1775 e venne sepolto nella Basilica.

In questa casa hanno fatto gli esercizi spirituali san Giuliano Eymard, san Gaspare del Bufalo, sant’Antonio Maria Giannelli, san Vincenzo Pallotti, il beato Antonio Rosmini, ma anche Pio IX, Leone XIII, Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo I… Ora tocca a me…




 

domenica 23 giugno 2024

Profezia di un mondo unito


 

A conclusione dell’anno la nostra comunità si è ritrovata in festa, prima della dispersione dell’estate. 

Siamo tanti, una sessantina, diversissimi, 25 nazioni di tutto il mondo, tra i quali anche 4 italiani! Quanta varietà di lingue, usanze, culture, quanta ricchezza. 

Ma non dovrebbe essere così ovunque? Profezia di un mondo unito…



sabato 22 giugno 2024

Per fare un cristiano...

Non ho molte occasioni di amministrate il battesimo, ma ogni volta è una gioia e un’avventura, specialmente se la bambina ha un anno e mezzo ed è vivacissima! Ho chiesto al babbo che lingua le stava insegnando. Meravigliato mi ha risposto l’italiano. È una domanda che mi viene spontanea quando sento dire a qualcuno che non battezza il figlio per non condizionarlo: che scelga lui da grande la sua religione. Ma intanto lo condiziona insegnandogli la propria lingua, senza aspettare che da grande sia lui a decidere la lingua che vuole imparare, il cinese o l’arabo o il tedesco...

Sì, è naturale che un bambino lo si immerga nella cultura della propria famiglia, nel proprio mondo. E se il nostro mondo fosse la comunità cristiana? Lo immergiamo in questo nostro mondo, dandogli il nostro patrimonio di fede come gli doniamo tutto il resto. Lo portiamo con noi nel nostro cammino…

Ogni bambino diventa adulto con l’apporto di un numero infinito di persone, molte di più di quelle che possiamo immaginare. Ogni bambino diventa cristiano con l’apporto di tutta la comunità cristiana: ognuno di noi ne è responsabile.

venerdì 21 giugno 2024

Cos'è la santità?

Ieri sono stato all’altare di san Luigi nella chiesa di sant’Ignazio: un capolavoro d’arte, con tanti angeli che recano in mano il giglio simbolo della purezza. Io avrei messo loro in mano la palma simbolo del martirio. Luigi Gonzaga non è santo per la purezza ma per l’eroicità della carità che lo ha fatto morire appestato tra gli appestati.

Ho mandato gli auguri onomastici a un grande storico della Chiesa, Luigi Mezzadri, che ha scritto molto sui protagonisti, soprattutto i santi. Da buon intenditore mi ha risposto:

La santità è dono dello Spirito,
il martirio dei suoi biografi,
la preghiera è il nostro piccolo contributo.

giovedì 20 giugno 2024

Una tesi che profuma di freschezza

 

“Una tesi che profuma di freschezza”. Questo il giudizio che il professore censore ha pronunciato oggi, all’esame di tesi di Henrikus Prasojo, Oblato dell’Indonesia, dal titolo: Testimoniare la speranza cristiana secondo il carisma di Eugenio de Mazenod nei social media.

Il lavoro vuole esplorare la dinamica dell’evangelizzazione della speranza nel mondo digitale e analizzare gli elementi fondamentali per trasmettere la speranza cristiana secondo il carisma di Eugenio de Mazenod, fondatore dei Missionari Oblati di Maria Immacolata.

Il primo capitolo delinea la realtà contemporanea che richiede la speranza cristiana. Si presentano anche i fenomeni che evidenziano la mancanza di speranza nel mondo. Un punto importante in questo capitolo riguarda la riflessione sulla Chiesa come portatrice di speranza e sui compiti dei consacrati nel partecipare a questa missione come dispensatori di speranza.

Il secondo capitolo mostra Eugenio de Mazenod come portatore di speranza nel suo tempo, soprattutto tra i poveri e gli abbandonati.

Nel terzo capitolo viene delineato il modo di diffondere la speranza cristiana, essendo testimoni sui social media, attraverso l’esempio di vita e missione degli Oblati.

La tesi – come ha rivelato il Relatore – è scritta con entusiasmo, con amore per la Congregazione e il suo Fondatore. 

Il Relatore ha poi chiesto se il tema della speranza è presente nel linguaggio del Fondatore o se è debitore di una “moda” attuale. Prasojo ha risposto bene. Da parte mia mi sembra che il modo con cui egli ha parlato della speranza sia una maniera di attualizzare il carisma, la risposta oggi a quello che sant'Eugenio chiamava il grido della Chiesa e della società, che egli sentiva levarsi dal mondo del suo tempo che chiedeva a gran voce la salvezza. Come rispondere oggi se non ridando speranza al mondo? «La nostra missione – ci ricorda la nostra Regola – è quella di andare prima di tutto verso coloro la cui condizione richiede a gran voce la speranza e la salvezza che solo Cristo può dare pienamente» (C 5), nella convinzione che Cristo è la vera speranza del mondo (C 10). E perché non usare i mezzi oggi più efficaci e pervasivi – i social media appunto – per raggiungere questo scopo? Certo che occorre un loro impiego intelligente, creativo... e molta preparazione.

Grazie, Prasojo, e auguri.

 

mercoledì 19 giugno 2024

Quarta età, età della contemplazione

“Come vivere la mia vita adesso che sto entrando nella quarta età?”. Così mi avrebbe chiesto anni fa una persona anziana che oggi ho nuovamente incontrato. Sono stato infatti nella casa di riposo cosiddetta “di Via Boccea”, dove ho incontrato le Suore dei poveri e le focolarine che lì vivono gli ultimi giorni della loro vita in una profonda serenità e pace.

A quella domanda avrei risposto che la quarta età si caratterizza come il tempo della contemplazione. Naturalmente non ricordavo né la domanda né la risposta, ma la persona interessata sì. E soprattutto mi ha detto che sta vivendo nella contemplazione…

 

martedì 18 giugno 2024

Un articolo per Oblatio, per favore

 

Con un bel gruppo dei nostri superiori maggiori provenienti da tutto il mondo per un momento di formazione agli inizi della loro missione… E cosa devo dire loro? L’importanza dello studio! Sono o non sono il direttore (sarebbe meglio con la maiuscola, Direttore) del Servizio generale degli studi oblati?

Dicono che per un gesuita che lavora, ce ne sono dieci che scrivono di lui. Per 100 Oblati che lavorano si stenta a trovarne uno che scriva su di loro… Non basta fare, occorre riflettere su ciò che si fa, su come si fa, su come farlo meglio… E poi, per favore, scrivetemelo in un articolo per “Oblatio”!

lunedì 17 giugno 2024

Quella malattia provvidenziale

 

Questa sera a Marino grande celebrazione: gli 80 anni di partenza per il cielo di p. Armando Messuri. Presenti tanti Oblati giovani e meno giovani, la nipote, gli amici… Davvero una festa come p. Armando si meritava.

Qualche giorno fa ho scritto che gli ultimi anni della sua vita passati a Marino sono stato risolutivi per la sua santità. Dicevo che a farlo santo sono stati i bisogni della gente in quegli anni terribili della guerra, davanti ai quali si è donato senza risparmiarsi.

Preparando la mia conferenza mi pare ci sia stato un altro elemento determinante, la malattia. Dopo pochi mesi dal suo arrivo a Marino una grave polmonite mette infatti in pericolo la sua vita. Si alza un coro di preghiere a Oné di Fonte e a Marino. La guarigione meraviglia i dottori, come scrive lui stesso in convalescenza: «Mi trovo a via dei Prefetti non in piene forze ma ristabilito. Ho meravigliato i dottori e gli inservienti della clinica per la mia rapida guarigione. Mi dicono di costituzione forte per aver potuto superare così rapidamente una polmonite tanto grave».

Chissà cos’è avvenuto durante quella malattia. Fatto sta che qualcosa in lui cambia e ne è ben consapevole. Ancora convalescente scrive infatti: «Se tutto prosegue bene, posso ringraziare veramente il Signore, e sarà certo un principio di nuova vita perché mi vedo circondato da tante cure da parte di tutti, specialmente dai su­periori che con volto lieto mi rivedono a casa».

P. Messuri sente che la malattia segnerà “un principio di vita nuova”. Lo ripeterò con altre parole anche subito dopo: «Nel morale ho guadagnato infinita­mente di più». Il 25 ottobre 1936, tornato a Marino, scrive alla sorella Antonietta: «Senza una buona lezione sarei rimasto sempre misero come prima». Ancora da Marino il 28 ottobre: «E poi quei giorni di sofferenza fisica hanno fatto del bene alla mia anima».

P. Armando è sempre tanto discreto sulla sua vita interiore, parla così poco di sé, eppure torna più volte su questo pensiero. Che davvero la malattia sia stata un particolare momento di grazie per lui? Di fatto dopo quella malattia p. Messuri non è più lui, è un altro.

Un suo compagno di scolasticato andò una volta a trovarlo a Marino: «Lo trovai molto cambiato: allegro, loquace, desideroso di farmi conoscere i suoi lavori presso le Suore e in Parrocchia...».

Dio si serve anche della malattia…

domenica 16 giugno 2024

Mettere in luce la bellezza

Questa mattina dalla mia finestra spunta l’alba di Roma! L’Indonesia è tuttavia ancora mei miei occhi. “La chiesa indonesiana che mi hai mostrato la vedo innamorata di Dio che continua ad attrarre tutti...”. Questa una delle tante risposte avute ai miei blog. O ancora: “Il nostro mondo ha perso questa semplicità”.

E a proposito del "la bellezza dei popoli", ecco un’altra condivisione a uno dei miei blog. 

«Ti comunico qualcosa di personale. Pongo però l’accento non tanto sui popoli, quanto sulla Chiesa. Bisogna proprio accogliere e valorizzare quanto di meglio si vive oggi nella Chiesa. Sono dell’avviso che occorre mettere in luce non tanto le ombre, le debolezze, i limiti delle varie espressioni ecclesiali, che non mancheranno mai, quanto il loro splendore, la loro reale bellezza.

Nel portare avanti il servizio pastorale di parroco sono entrato in contatto diretto con altri parroci, con diverse parrocchie e diocesi. Non ricordo di aver mai espresso critiche o giudizi severi su un parroco o sulle istituzioni ecclesiali.  Andando al di là degli aspetti negativi – “La carità tutto copre” - ho cercato di evidenziare in più occasioni il positivo, la parte migliore, sempre presente. Ciò mi ha permesso di creare rapporti di fiducia reciproca e di autentica collaborazione. È emersa la gioia di incontrarsi come fratelli.

Si parte da tante scintille di carità per i singoli prossimi e si genera un incendio d’amore nell’umanità che ci circonda».



 

sabato 15 giugno 2024

Ritorno dall'Indonesia

Roma, 15 giugno 2024

Eccomi di nuovo a Roma, dopo il lungo volo e una lunga giornata, quasi 24 ore, con un sole che non si decideva mai a tramontare…

Che esperienza l’Indonesia!

Ricordo quando nel 1975 i missionari espulsi dal Laos si ritrovarono insieme a Vermicino per decidere del loro futuro. Si divisero in tre direzioni: Senegal, Uruguay, Indonesia. Stavano imparando l’inglese e ripetevano una frase che avevano letto negli Atti degli Apostoli: dopo essere stati flagellati gli apostoli uscirono dal Sinedrio “full of joy”, pieni di gioia. Anche noi, dicevano, siamo stati perseguitati e cacciati dal Loas… e siamo “full of joy”. La persecuzione a Gerusalemme fu occasione per la diffusione della Chiesa in Samaria e poi nel resto del mondo. Anche la persecuzione della Chiesa del Laos è stata causa di un allargamento del campo di missione. Uno dei frutti è chiaramente quello nato in Indonesia. Gli Oblati italiani andarono in una regione del Kalimantan, quelli francesi in un'altra della stessa isola, e iniziarono a lavorare assieme agli australiani presenti in Java.

Nel 1992 i tre provinciali da cui dipendevano le tre delegazioni degli Oblati in Indonesia, fra questi p. Santino Bisignano, si diedero appuntamento a Maguwo, Yogyakarta. Insieme a loro si incontrarono i superiori delle tre delegazioni: Natalino Belinghieri per la delegazione italiana. Presente il vicario generale, p. Gilles Cazabon, e il consigliere per l’Asia-Oceania, p. Desmond O’Donnell. L’anno successivo si celebrò il Congresso della costituenda Provincia e fu nominato il primo superiore provinciale, p. Mario Bertoli. A vent’anni dagli inizi l’esperienza missionaria in Indonesia si rendeva indipendente.

Sono seguiti molti altri frutti, a cominciare dalle numerose vocazioni locali, fino alla creatività sempre più feconda di opere missionarie.

Mi ha colpito, oltre alla vitalità degli Oblati, il coinvolgimento di tanti laici nella comune missione. E che accoglienza ci hanno riservato!


Dopo un viaggio così è più facile ripetere le ultime parole della formula di oblazione: “faccio voto di perseverare fino alla morte nel santo Istituto e nella Società dei Missionari Oblati della Santissima e Immacolata Vergine Maria”. È proprio una bella famiglia. Anche se occorre sempre concludere con “Così Dio mi aiuti. Amen”.



venerdì 14 giugno 2024

Una Accademia Navale per missione

 

Cilacap, 14 giugno 2024

C’era una volta una Accademia Marittima Privata, ma era stata istituita a 250 km dal mare.  Il Ministero per la Marina e la Gente di Mare faceva pressione perché l'Istituto venisse trasferito in un luogo vicino a un porto. Il luogo ideale era Cilacap, l'unica città portuale sulla costa meridionale di Giava, dotata di un porto con acque profonde. A Cilacap c’erano persone con una buona esperienza, gli Oblati.

Così chiedono a p. Charlie un aiuto a trasferire l'istituzione; più ancora, chiedono di rilevare la proprietà dell’Istituto: proposta accettata. Nel frattempo, in attesa della nuova costruzione, i docenti e i cadetti, nelle ore serali, utilizzano la Scuola Media Maria Immacolata, una delle scuole oblate di Cilacap.

Finalmente il nuovo edificio: costruito a forma di nave! con al centro un ponte di comando pienamente funzionante. Architetto è lo stesso p. Charlie e la costruzione – 11 piani. La maggior parte del sostegno finanziario è stato sostenuto dalle imprese di autotrasporti di proprietà degli Oblati: p. Charlie, tra le sue numerosa attività, ha infatti comprato dei camion e li ha noleggiati... Ma cosa non ha inventato questo p. Charlie. L'edificio dell'accademia ha resistito a molti terremoti ed è sopravvissuto intatto.

Finalmente, al termine del nostro incontro di lavoro, eccoci giunti all’Accademia. Un gruppo di studenti proveniente da Flores ci accoglie a passo di danza e ci guida verso l’entrata. Qui cadetti in uniforme bianche, ci fanno passare sotto le sciabole sguainate.

Tutto lo staff ci guida all’interno dell’edificio. In ogni ufficio ci mostrano il lavoro. Vediamo i motori delle sale macchie delle navi, le sale di simulazione, i dormitori per le ragazze, le sale di adunanza... I cadetti possono esercitarsi nella supervisione del porto e seguire le attività di navigazione fornendo tutte le comunicazioni radio delle navi in entrata e in uscita.

Ci illustrano gli obiettivi dell’Accademia:

1. Venire incontro ai poveri e preparare gli studenti a diventare mentalmente, spiritualmente e scientificamente professionisti nella scienza e nella tecnologia marittima, sia nella teoria che nella pratica.

2. Sviluppare la scienza e la tecnologia marittima per migliorare la vita delle persone.

3. Proteggere e preservare l'ambiente marittimo.

L’Accademia ha 3 programmi di studio a livello di laurea:
1. Ingegneria navale
2. Gestione portuale
3. Scienze nautiche

Gli alunni fanno pratica nel porto e un anno di navigazione prima di terminare gli studi. In questi anni si sono laureati 5500 studenti, uomini e donne. La maggior parte occupa oggi posizioni di rilievo nelle compagnie di navigazione e alcuni sono funzionari governativi di livello superiore.

Ma perché proprio un’Accademia Navale, è una istituzione che ha a che fare con gli Oblati? Nel primo pomeriggio finalmente possiamo parlare con p. Charlie che ci racconta delle sue iniziative, dei 20 ponti che ha costruito, dei canali di irrigazione, della banca popolare cui ha dato vita per la promozione della donna, delle scuole che ha costruito…

L’aiuto ai poveri per p. Charlie è molto concreto, è dare un lavoro, aiutare nel salire nella scala sociale, a rendere le persone più umane...

Nel pomeriggio finalmente possiamo contrare con il vecchio e ancora giovanissimo p. Charlie, contento di raccontare, raccontare, raccontare...



Rilevante anche l’esperienza che ci hanno illustrato nell’ufficio per l’aiuto finanziario delle donne – tenuto da un gruppo vivacissimo di donne, un’altra invenzione” di p. Charlie.

Sono coinvolte migliaia di donne che ricevono piccole somme di denaro per progetti concreti, che a loro volta devono fruttare per promuovere altri progetti. Sulle lavagne dell’ufficio sono segnati i movimenti giornalieri degli investimenti dei diversi gruppi di donne…

Mi sarebbe piaciuto visitare il seminario minore degli Oblati, dedicato a p. Mario Borzaga, qualcuna delle scuole oblate dei quartieri nei dintorni… Sarà per il mio prossimo viaggio…

 

giovedì 13 giugno 2024

Missionari come una volta... come oggi

Kalioli, 13 giugno 2024

Padre Charlie Burrows è una leggenda, tra i primi Oblati arrivati in Indonesia nel 1972. La prima regione scelta dei missionari fu nel distretto di Cilicap, lungo il mare, al centro dell’isola di Giava. Zona di pescatori. Le nuove condizioni della costa avevano obbligato gli abitanti a lasciare la pesca per diventare contadini. Le piste, impraticabili, non permettevano di portare ai mercati i frutti della terra.

Charlie pensa che la prima cosa da fare per aiutare la gente è pavimentare le strade: in tutto 50 chilometri. Occorre poi riforestare la regione: un numero incalcolabile di alberi. Il metodo di coltivazione è primitivo e inquinante: insegna nuove tecniche agrarie, promuove la coltivazione ecologica. Non ci sono scuole: inizia con piccole scuole, dall'asilo alle scuole superiori e professionali, fino all’Accademia Marittima: 25 scuole con 10.000 studenti l’anno.

Gli Oblati gestiscono anche piccoli ambulatori  per quanti non possono permettere le cure mediche e centri di consulenza per il disbrigo di pratiche o vertenze giuridiche sempre per quanti sono in povertà  

Nel primo pomeriggio sono stato in una delle nostre scuole qui vicine. Adesso è chiusa perché la stanno completamente ristrutturando. C’erano un migliaio di ragazze e ragazzi. Ho visto le aule, con una grande giardino in mezzo, quasi un chiostro, i dormitori (la maggior parte degli studenti viene da villaggi lontani), le mense, la tipografia, il centro dei media…  Quanti frutti! Molti studenti hanno oggi posti di responsabilità nel governo, nelle imprese… anche nella Chiesa  




Continua anche la tradizione agricola. Accanto al santuario di Kaliori c’è una grande fattoria. Vado fino alle stalle: 50 vitelli, 30 capre, fienili… La zona è stata bonificata dai pesticidi. Piantagione di alberi di legno pregiato, fienagione… È anche un modo per dare lavoro a tante famiglie dei dintorni, perché i giovani lasciano i campi per andare ogni giorno a lavorare in città.





Per strada trovo due vecchietti che vanno per qualche lavoretto. Non hanno più niente da fare e non par loro vero di uscire un po’ di casa per passare qualche ora nella fattoria dove si sono riservati un orto. Con uno di loro scambio di cappello…




Il nostro lavoro di Associazione intanto continua con una serie di dialoghi e tu per tu tra tutti gli Istituti, un modo per conoscersi più a fondo, per promuovere la collaborazione… Dovessi rispondere positivamente a tutte le richieste dovrei andare nel mondo intero…




mercoledì 12 giugno 2024

Un santuario di campagna

 

Kalioli, 11 giugno 2024 

Ho fatto vedere questo schizzo a uno di qua: "Sono i disegni che facevo da bambino", mi ha detto. Come sono contento di questo elogio...

La voce del muezzin non arriva fin qui, sono svegliato lo stesso molto presto… dal canto dei galli. Prima che riprendano i lavori cammino lungo i sentieri di montagna, tutti rigorosamente asfaltati, e mi immergo nel verde delle palme, degli alberi di tek, delle piantagioni di manioca, bananeti, bambù… Le case in mattone nascoste tra gli alberi sono coloratissime, con i tetti di tegole rosse. 

Ogni tanto una moto con i giovani che vanno a lavorare in città o con le mamme che portano a scuola i bambini. Tutti salutano e sorridono. Un mondo contadino arcaico, con le stalle di bambù, per vitelli e capre, accanto alla casa. Gli Oblati si sono fatti amici i vicini, prima diffidenti, costruendo alcuni depositi di acqua e avviando una  fattoria modello. 

Al ritorno trovo alcuni bambini che giocano, qualche ragazzo che naviga col cellulare per chissà quali mondi, donne sulle soglie di casa che spazzano il cortile, contadini che guardano il cielo per vedere come sarà la giornata, panni a stendere come in tutte le parti del mondo. 

Tutti mi parlano, mi salutano, ma nessuno conosco l’inglese e io naturalmente non conosco il giavanese. Ci contentiamo di sorrisi e di strette di mano, linguaggio universale.





A sera, dopo una giornata caldissima e umida, inizia a piovere a diretto, ne avremo per tutta la notte.

Con gli ombrelli lasciamo la casa provinciale e scendiamo fino all’area del santuario. Un mondo si apre davanti a noi. La grande chiesa, la grotta, i misteri del rosario, la via crucis, la chiesa del santissimo Sacramento, la casa di ritiro, il campo dei giovani, i negozi… La statua della Madonna di Lourdes è stata benedetta da Giovanni Paolo II quando venne in Indonesia nel 1989. In quella occasione disse, fra l’altro: «La cristianità in Indonesia, qualche volta, come per esempio a Flores, è vecchia di alcuni secoli. Ma oggi assistiamo a una nuova realizzazione della stessa cristianità, della stessa Chiesa. (…) È una Chiesa che cresce, che è visibile, che sta diventando adulta. Era una Chiesa di missionari. (…) Ma adesso è una Chiesa indonesiana e la maggioranza dei Vescovi sono Vescovi indonesiani e stanno prendendo nelle loro mani tutta la responsabilità della Chiesa e del suo futuro, ed anche del futuro della società. (…) Sono stato colpito profondamente dalla presenza, dalle attività e dall’apostolato dei laici».




Il santuario è aperto giorno e notte. Ogni anno passano di qui circa 200.000 persone, musulmani inclusi… 

Celebriamo la messa alla grotta, in un profondo silenzio, accompagnati dalla musica della pioggia…

Durante tutto il pomeriggio ho presentato i progetti del Servizio generale degli studi oblati e abbiamo valutato insieme il lavoro futuro.

In questa casa, come nelle altre che ho visitato, tutto parla della nostra famiglia. Nella cappella, accanto alla riproduzione della Madonna del Fondatore, ci sono le foto di tutti i missionari Oblati morti qui in Indonesia, a cominciare dai sei italiani.

Ma non basta conservare la memoria in questo modo. Le nostre università sono chiamate a qualcosa di più, un lavoro a livello accademico, di studio, sulla storia, la missione, la spiritualità della Congregazione. È stato l’oggetto del mio intervento, che continuerà dopo domani, con proposte concrete.