mercoledì 5 giugno 2024

Con gli Oblati a Yogyakarta

Yogyakarta, 4 giugno 2024

La mia prima giornata indonesiana comincia presto. Mi sveglio alle 3.30, complice il fuso orario che mi ha fuso. A svegliarmi presto avrebbero comunque pensato i muezzin della città, che iniziano alle 4.00 e vanno avanti fino alle 5.30, a tutto volume. Come siamo lontano dal nostro Occidente “laico”. A proposito: sul volo da Roma a Doha accanto ai film e alle musiche si può ascoltare la recita salmodiata del Santo Corano… Pensa se le compagnie europee mettessero in repertorio il rosario di Lourdes… succederebbe la guerra europea.

5.45 messa nella cappella feriale. Più di 200 persone, tutte abbastanza giovani. Cantano e rispondono all’unisono, si inginocchiano si siedono si alzano insieme… Poi via al lavoro, previa visitina davanti al tempietto della Madonna nel parco… La crisi della religione ce la siamo inventata noi in Europa…

Sebbene la libertà religiosa sia sancita dalla Costituzione indonesiana, il governo riconosce ufficialmente solo sei religioni: islam, protestantesimo, cattolicesimo romano, induismo, buddismo e confucianesimo. La maggior parte degli indonesiani si identifica come musulmano (prevalentemente sunnita, ma anche sciiti e ahmadi), il 6,96% protestante, il 2,91% cattolico, l'1,69% indù e lo 0,72% buddista.

Il cattolicesimo romano è stato portato in Indonesia dai primi colonizzatori e missionari portoghesi, mentre le chiese protestanti sono frutto dei missionari calvinisti e luterani olandesi durante il periodo coloniale. Ci sono comunque molti indonesiani che praticano una forma meno ortodossa e sincretica della loro religione, attingendo alle usanze e credenze locali.

Salire in treno è quasi come salire in aereo: passaporto, riconoscimento facciale… e avanti per chilometri e chilometri attraverso questa interminabile Giacarta di 12 milioni di abitanti. I palazzi declinano per lasciare posto a case sempre più basse, punteggiate da minareti e cupolette di moschee, fino a quando appaiono i cambi di riso, i bananeti. La pianura inizia a trasformarsi in colline dolci, poi in montagne. Le risaie, onnipresenti, si trasformano in terrazze. È un paesaggio da favola, nel quale appaiono qua e là piccoli villaggi, casupole con i tetti caratteristici, vegetazione sempre più compatta… Il treno sale più lentamente, la linea non è elettrificata.

Lentamente si ridiscende e il treno riprende forza. Riecco le ricche risaie d’acqua. Nel primo pomeriggio sono animate da molti contadini con le gambe affondate nel fango, i cappelli conici in testa sotto un sole che si è rinvigorito. Quanta fatica il pane quotidiano (cioè il riso quotidiano…).

Poco più di sette ore di treno e sono a Yogyakarta. Finalmente nella casa di formazione. Gli scolastici sono schierati all’ingresso per accogliere l’ospite venuto da Roma. Vestiti con le camicie batik cantano e balla no il benvenuto, dopo avermi appeso al collo una collana. Aria di altri tempi, sempre gioiosa e bella.




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