venerdì 17 ottobre 2025

La bellezza della Famiglia oblata

 

La foto non mi è venuta molto bene perché ognuno dei quattro sembra essere per conto proprio. Invece questi quattro amici sono stati fantastici. Ci hanno raccontato come a Aix vive il gruppo dei laici della Famiglia oblata e ognuno di loro ha condiviso la propria esperienza: come ha conosciuto gli Oblati, come è entrato a fare parte della famiglia, come vivono la vita oblata.

Mi tornano alla mente le parole dell’Esortazione postsinodale Christifideles laici: «...gli stessi fedeli laici pos­sono e devono aiutare i sacerdoti e i religiosi nel loro cammino spirituale e pastorale» (n. 63). Se in altri tempi, come documenta la storia, sono stati soprattutto i religiosi a creare, nutrire spiritual­mente e dirigere forme aggregative di laici, oggi possono essere i laici a coinvolgere i religiosi e anche ad aiutarli nel loro cammino spirituale e pastorale. La comunione e la reciprocità nella Chiesa non sono mai a senso unico.

giovedì 16 ottobre 2025

La gioia di un padre per il figlio

A Marsiglia per seguire il cammino di sant’Eugenio. Abbiamo iniziato dalla chiesa di san Ferréol, sul porto. In una cappella c’è la tomba di famiglia, dal 1500, con tanto di stemma! Ultimo sepolto è il nonno di Eugenio

Nel mio romanzo sulla vocazione di sant’Eugenio mi immagino che appena sbarca a Marsiglia va subito sulla tomba di famiglia e promette agli antenati che rifarà grande il casato…

In questa stessa chiesa tornerò regolarmente anni dopo, per incontrare ogni mese il vecchio p. Magy per discernere con lui la propria vocazione. Deve proprio diventare prete? Alla fine p. Magy gli scrive: «Sono inutili ulteriori esami, la tua vocazione è luminosa come il sole in pieno meriggio nel giorno più sereno».

Vi tornò anni dopo con i suoi Missionari di Provenza per predicare la missione cittadina, nel 1820. Parlava ogni giorno alla gente nella chiesa, in provenzale, cominciando alle 6 del mattino, prima che iniziasse il lavoro. Gli ascoltatori erano gente semplice, marinai, pescatori, pescivendole… Alle 4 del mattino c’era la fila ad aspettare che aprissero la chiesa.

Di quella missione non ha lasciato niente di scritto perché troppo preso dalla gente: l’ascolto, le confessioni, le visite alle famiglie... Sappiamo però tanto sia dai giornali, sia soprattutto dalle lettere che il padre di Eugenio scriveva al fratello Fortunato che stava a Aix. Carlo Antonio de Mazenod era rientrato in Francia due anni prima, dopo ventisette anni di esilio in Italia. Si era fermato in un modesto appartamento a Marsiglia perché non poteva certo andare a Aix, dove non aveva più casa, la moglie si era divorziata e l’attendevano solo i creditori. Naturalmente durante quella memorabile missione non mancava di essere presente in chiesa a sentire suo figlio. Una volta, al termine della predica, la gente scoppiò in un applauso che non finiva più. Allora il povero vecchio non potette trattenersi e a una donna che aveva vicino disse tutto orgoglioso: “Quello è mio figlio!”. La donna lo abbracciò di slancio… Forse fu la sola consolazione di quegli ultimi difficili anni. Soltanto il fratello Fortunato, ogni mese, andava a trovarlo, nessun’altro della famiglia.

Poteva essere orgoglioso di quel figlio. Aveva seguito la processione finale della missione. Una grande croce, che dovette essere portata da 16 uomini tanto era pesante, iniziò la processione dalla chiesa sul porto e attraversò tutta la città parata a festa. Durò sei ore, fino a quando giunse di nuovo al porto dove la croce venne caricata su un barcone assieme alla banda musicale, attraversò il porto, e fu accolta dal vescovo dall’altra parte del porto e piantata alle Accoules.

Sono tornato a vedere la casa dove il presidente della corte dei conti di Aix (ormai aveva dimenticato da tempo quel titolo!) aveva il suo piccolo appartamento e dove è morto il 20 ottobre 1829, l’anno stesso che aveva seguito la missione.

«Che bella morte! – ricorderà anni dopo sant’Eugenio. Quanta pazienza, quanta rassegnazione, quanta devozione alla Beata Vergine, quanta pietà! Fui io ad amministrargli il sacramento dell'estrema unzione. Con quanta fede rispondeva a tutte le preghiere! Stavo adempiendo a un dovere molto doloroso per la mia natura, ma molto consolante su piano spirituale, esortandolo fino all'ultimo respiro. Quanto apprezzò tutto ciò che il buon Dio mi diede la forza di dirgli! "Abbi cura della mia povera anima, mio ​​buon figlio", mi disse. Quando non ne potevo più, uscivo un momento nel vestibolo per dare sfogo ai miei singhiozzi. Poi tornavo, sostenuto dalla grazia del mio santo ministero, per continuare le mie brevi ma continue esortazioni. Mai ho parlato a un morente con più unzione. Mi sembrava che con ogni parola elevassi mio padre a un grado di gloria nell'eternità. Godeva molto delle mie parole, o meglio dei sentimenti che il buon Dio mi ispirava. Conservò la conoscenza, fino al suo ultimo respiro. Mi aveva confidato che non aveva passato un solo giorno della vita senza invocare la Beata Vergine e che non aveva mai voluto leggere un libro contro la religione, eppure la sua giovinezza era stata tempestosa. Oh! santa fede, quale tesoro per un'anima che la custodisce!».

mercoledì 15 ottobre 2025

Quella dolce letterina alla regina Maria Amelia...

Gli abitanti di Marsiglia avevano accettato a malincuore la Rivoluzione di Luglio del 1830, che aveva portato sul trono di Francia Luigi Filippo. Per questo il re decise di privare la città della ferrovia e della stazione. Il vescovo de Mazenod sapeva quanto la ferrovia fosse importante, persino indispensabile, per lo sviluppo della città. Difese dunque la sua città e scrisse al re chiedendogli di cambiare opinione. Il re si rifiutò di tornare sulla sua decisione.

Allora il vescovo scrisse alla regina Maria Amelia, che conosceva da oltre 40 anni. Una bella lettera, cordiale, ricordando gli anni giovanili, quando insieme, a Palermo, passeggiavano per i giardini, prendevano il gelato… Una letterina disinteressata e gentile… Alla fine un post-scritto: Non potrebbe mettere una buona parola con suo marito per la questione della ferrovia a Marsiglia…?

Non si sa perché, ma il re cambiò idea. La ferrovia passò per Marsiglia e il municipio, in segno di gratitudine, invitò il vescovo Eugène de Mazenod a benedire la stazione e le prime dieci locomotive l'8 gennaio 1848. Poiché non esisteva alcuna preghiera per la benedizione delle locomotive, egli creò da zero un rituale per l'occasione e padre Lacordaire, che assistette alla cerimonia, espresse la sua ammirazione per la liturgia preparata dal prelato. (Per la verità non benedì proprio tutte le locomotive: saltò quella a cui avevano dato il nome di Lucifero. Il vescovo era buono e misericordioso, ma benedire Lucifero…).

Un aneddoto, un piccolo aneddoto in una storia meravigliosa che ci siamo raccontati oggi sul vescovo Eugenio de Mazenod, un vescovo che aveva a cuore gli interessi, non solo spirituali, della sua gente. In una città nella quale, durante il suo episcopato, la popolazione triplicò, egli seppe moltiplicare le opere sociali, come case per anziani, ospedali, scuole, casa popolari... prestando grande attenzione ad ogni questione che riguardasse il benessere materiale dei suoi diocesani e lo sviluppo industriale di Marsiglia, tempestando in mille modi il prefetto e il governo. Si dice che quando Eugenio morì, il prefetto esclamò: Finalmente, non se ne poteva più! (Intanto, durante il colera del 1837 sindaco e prefetto avevano abbandonato la città e il vescovo, per due mese, fu il solo a organizzare i soccorsi, fino a dispensare i monasteri dalla clausura papale - non ne aveva alcun diritto! – perché anche loro potessero ospitare i malati…)


martedì 14 ottobre 2025

Un giardino sempre magnifico

 

Intervista di Lorenzo Russo

Il Movimento dei Focolari e i religiosi, un legame che ha origine all’inizio della storia del Movimento: una fitta trama di relazioni fra Chiara Lubich – fondatrice dei Focolari – e consacrati di varie famiglie religiose. Una schiera di donne e uomini donati a Dio attraverso le più variegate spiritualità che hanno ispirato e affiancato Chiara nei primi anni del Movimento. Tutto questo viene raccontato nel libro dal titolo Un magnifico giardino. Chiara Lubich e i religiosi (1943-1960) a cura di Padre Fabio Ciardi ed Elena Del Nero.

Partiamo dal titolo: “Un magnifico giardino”. Ce lo potete spiegare?

Elena Del Nero: “L’immagine evocativa, usata da Chiara Lubich già nel 1950, si riferisce alla Chiesa, nella quale, nel tempo della storia, sono fioriti i diversi carismi. Ciascuno di essi è prezioso nella sua particolare bellezza, radicata nella parola evangelica che l’ha ispirato, eppure, insieme, compongono un’armonia di sfumature, che arricchisce e illumina la Chiesa”.

Il libro si compone di una ricostruzione storica e di una riflessione teologico-ecclesiale. Cosa comprendono?

Elena Del Nero: “La ricostruzione storica si concentra solo su due decenni, dalla nascita dei Focolari nel 1943 al 1960, perché si tratta di anni molto ricchi e densi di documenti e contenuti per il tema preso in esame. La lettura teologico-ecclesiale spazia invece in una dimensione temporale più estesa, dilatando lo sguardo fino alla lettura più recente del magistero. In questo modo, ci sembra, il panorama proposto risulta più ampio e accurato”.

La figura dei religiosi quindi c’è sempre stata nell’Opera di Maria, fin dalla sua nascita. Qual è il senso della presenza dei religiosi nel Movimento?

P. Fabio Ciardi: “Ravvivare l’unità nella Chiesa, in risposta alla preghiera di Gesù: ‘Che tutti siano uno’ (Gv 17,21), era l’ideale al quale Chiara Lubich si sentiva chiamata. Il suo Movimento continua questa grande missione di promuovere tra tutti la comunione e l’unità. Che unità sarebbe se mancassero i religiosi? Essi esprimono la ricchezza carismatica della Chiesa, tengono viva l’esperienza dei grandi santi. Chiara ha voluto coinvolgerli nella sua ‘divina avventura’, come ha voluto coinvolgere tutte le persone, di tutte le vocazioni”.

Che beneficio hanno avuto i religiosi e i loro ordini nel dialogo con Chiara Lubich e la spiritualità dell’unità dei Focolari?

P. Fabio Ciardi: “Fin dalle origini, religiosi di ordini diversi sono stati attratti dalla freschezza evangelica testimoniata da Chiara e dei primi membri del nascente Movimento, che li riportava alla radicalità della loro scelta: avvertivano un nuovo amore per la propria vocazione, la comprendevano in maniera più profonda, si sentivano coinvolti in una comunione che richiamava loro la prima comunità cristiana descritta negli Atti degli apostoli”.

Che effetto ha avuto su Chiara Lubich la vicinanza dei religiosi fin dall’inizio del Movimento?

P. Fabio Ciardi: “La loro presenza si è rivelata provvidenziale per Chiara, perché ha permesso di confrontarsi con le grandi spiritualità cristiane apparse lungo la storia; un confronto che l’ha aiutata a capire in maniera più profonda la sua stessa vocazione, arricchendola con la comunione dei santi. ‘Via via sembra – scrive pensando ai santi di cui i religiosi sono testimoni – si siano accostati alla nostra Opera per incoraggiarla, illuminarla, aiutarla’. Da una parte il rapporto con i santi conferma certi aspetti della vita dell’Opera di Maria. Dall’altra il confronto con la loro vita e le loro opere mostra tutta l’originalità di questa nuova contemporanea opera di Dio”.

La presenza dei religiosi nei Movimenti ecclesiali è fonte di arricchimento reciproco? O si rischia di creare caos e perdita di identità?

P. Fabio Ciardi: “Nessuna ingerenza nella vita delle famiglie religiose. Chiara Lubich ha scritto che si accosta ad esse ‘in punta di piedi’, nella consapevolezza che esse sono ‘opere di Dio’, e con quel profondo amore che fa scoprire in ognuna di esse ‘la bellezza e quel qualcosa di sempre attuale’ che custodiscono. Nello stesso tempo essa è consapevole di un contributo che è chiamata a svolgere: ‘Noi dobbiamo soltanto far circolare fra i diversi Ordini l’Amore. Si devono comprendere, capire, amare come Si amano [tra di loro] le Persone della Trinità. Fra essi c’è come rapporto lo Spirito Santo che li lega, perché ognuno è espressione di Dio, di Spirito Santo’. È in questa circolazione della carità che ogni religioso approfondisce la propria identità e può dare un suo contributo specifico all’unità”.

In conclusione, perché leggere questo libro? A chi raccomandarlo?

“Perché racconta una pagina di storia meravigliosa che fa comprendere la bellezza della Chiesa. Non è un libro per soli religiosi. È un libro per chi vuol scoprire una Chiesa tutta carismatica”.

 

lunedì 13 ottobre 2025

Piccola sorella Maddalena ad Aix

Suor Paola Francesca, postulatrice della Piccola sorella Maddalena, ha allestito, nella casa di Aix, uno “Spazio memoria” dedicato alla fondatrice delle Piccole sorelle di Gesù. L’inaugurazione avverrà il 13 novembre, ma oggi ho avuto l’opportunità di una prima personale!

Che meraviglia! Sia per l’allestimento, sobrio e fine, sia soprattutto per la figura straordinaria di Piccola sorella Maddalena che risplende in tutta la sua bellezza.

Dovrei pubblicare le tante foto che go fatto alla mostra, perché possa continuare a parlarmi...

Ha vissuto a Aix dal 1914 al 1928, un periodo tragico per la guerra e per la morte di due fratelli, la sorella, il padre… fino a lasciarla sola con la mamma.

Aix, anni più tardi, è poi stata la culla della sua opera, grazie anche all’appoggio del vescovo della città. A lui scriveva nel 1940:

«Per favore, mi dia una casa per le mie future novizie. Me la dia ad Aix-en-Provence, che amo tanto, perché lì ho lavorato duramente e sofferto molto. Conosco le pietre di ogni sua strada. Me la dia a qualche chilometro dalla città, non troppo lontano. Vorrei abituare le Piccole Sorelle alla dura vita di campagna. Avranno un vecchio carro e un mulo per fare le commissioni... In solitudine, per prepararle al silenzio del deserto e soprattutto non su un percorso di tram o di pullman... Con tanti alberi e tanto verde, per riposare gli occhi bruciati dal calore del sole del Sahara... Con i campi, affinché le Piccole Sorelle possano guadagnarsi da vivere lavorando la terra. Non troppo ricco, perché non sarebbe adatto alle Piccole Sorelle di Fratel Carlo di Gesù, ma nemmeno troppo vecchio, per non dover fare subito grandi riparazioni. Sono troppo esigente, Signore... ma Tu hai detto: "Se avete fede quanto un granello di senape, sposterete le montagne”. Quindi vengo a Lei con una fede che potrebbe smuovere tutte le montagne della terra...».
C’era una casa che faceva proprio al caso, quella abitata dagli Oblati che volevano fondarvi uno juniorato agricolo... Passò alle giovani suore.

La prima stanza dell’esposizione è dedicata all’incontro tra Suor Maddalena e Mons. Provenchères: ci sono ancora i mobili del giorno del loro primo incontro. 

Lungo la scala che porta al primo piano le foto di lei da giovane. 

Poi la storia della sua vocazione e dello sviluppo della sua opera, fino alla sua ultima visita a Aix, poco prima di patire. 

Il percorso termine nella stanzetta nella quale abitava…





Poche foto, poche didascalie… quanto basta per cogliere il grande dono di Dio.



domenica 12 ottobre 2025

Alla porta del Paradiso

 

Sabato 11 ottobre. È ancora notte, illuminata dalla luna. Mi incammino nel sentiero nel bosco che costeggia l’isola, lungo il mare. All’orizzonte un tenue linea dorata annuncia l’aurora. Nell’isola deserta soltanto il suono dei miei passi e lo sciabordio del mare. Sembra d’essere in un sogno.



Riprendo lungo la giornata il mio cammino lungo il sentiero. La luce è sempre diversa e sempre diversi i colori del bosco, del mare, dei monti lontani… Un inno al Creatore.

Nella chiesa abbaziale, sobria e solenne come ogni chiesa cistercense, il canto delle lodi. L’inno è un’intensa invocazione allo Spirito Santo perché diriga le nostre menti, e custodisca nella grazia il nostro agire. Non so che possa aver scritto un poema così ispirato. Le intercessioni continuano a spaziare sul mondo intero, segno evidente che questa comunità non vive per sé stessa ma per l’umanità. Le proclama un diacono, il monaco Bartolomeo. Lo conosco di nome, da tanti anni, ma non ci siamo mai incontrati. A 16 anni entrò in monastero a Monserrat poi a Gerusalemme, per dare vita, su invito di Paolo VI, a un centro di studi ecumenici, in continuità con il Concilio Vaticano II. Là l’incontro con p. Armando Bortolaso, poi vescovo di Aleppo, e con il Movimento di Focolari. Conosce Emmaus, Margaret… Da 24 anni è a Lérins. È dai tempi di Gerusalemme che ho sentito parlare di lui ed ora finalmente ci incontriamo!

A sera, al termine della compieta, resta accesa soltanto l’immagine della Madonna per un canto articolato e complesso del Salve Regina, testimonianza dell’amore a Maria di san Bernardo e della sua famiglia cistercense.

Domenica 12 ottobre. Inizio il mio cammino attorno all’isola a notte fonda. Non è ancora apparsa la quella linea dorata all’orizzonte. Il cielo carico di stelle. Una stella filante attraversa la notte, un attimo appena, un “battibaleno”! appare e scompare in silenzio, senza un lamento. Bassa all’orizzonte Venere brilla.


La messa oggi è particolarmente solenne. L’ultimo canto esprime l’anelito dell’intero monastero: riprodurre la “vita angelica”, essere come cherubini nella Trinità. Come una nenia si ripete: “Noi che in questo mistero siamo immagina dei cherubini, e in onore della vivificante Trinità cantiamo l’inno tre volte santo, deponiamo ogni preoccupazione mondana per ricevere il Re di tutte le cose, scortati invisibilmente dai cori angelici”.

Giunge intanto Marie-Françoise. L’ho incontrata per caso 15 giorni fa e ho sentito che faceva la guida sull’isola. È così che ho pensato di venire a Lérins. Nel pomeriggio arriva un grande gruppo di turisti, ma oggi è venuta prima, solo per fare da guida a me! Ci soffermiamo in particolare in una sette chiesette che circondano l’isola, decisamente la più bella, quella della Trinità. E quante storia ha da raccontarmi Marie-Françoise!

Questi tre giorni sono stato assieme ad altri venti, trenta ospiti che abitano in silenzio la foresteria per condividere la solitudine e la preghiera dei monaci. Alcuni vengono da diversi anni, conoscono personalmente i monaci e i loro canti… Un abbeverarsi a una spiritualità millenaria nella Chiesa.

I miei tre giorni monastici sono passati in un soffio. Sono contento di questa immersione nella storia monastica, ma anche nella natura che parla di Dio al pari dei salmi. Nessuna parola con i monaci, ma la loro testimonianza è ugualmente eloquente. Sono 22, di diversi Paesi d’Europa, Italia compresa; uno dal Camerun. Stanno lì, davanti a Dio, per tutti noi. Sembra dicano, come Gesù: “Per loro – per tutti noi, per il mondo intero – santifico me stesso”.

È un paradiso, dico all’abate congedandomi. “Per chi viene per qualche giorno – mi risponde. Per noi che ci viviamo è piuttosto un purgatorio”. Bene così, è sempre una preparazione al Paradiso!



sabato 11 ottobre 2025

A Lérins, nel chiostro del paradiso

Ci sono dei sogni che neanche ti sogni di sognare tanto sono impossibili. Come andare nel monastero sull’isola di Lérins. Eppure a volte anche i sogni più impossibili si realizzano. E sono sull’isola di Lérins, davanti a Cannes. Diciamo per caso…

Meritava soltanto il viaggio in treno che ha attraversato il parco delle Calanche, quello della Sainte-Baume, con quei boschi meravigliosi intervallati da vigne e oliveti. Da Fréjus a Cannes una costa d’incanto. E poi con un cielo come quello di oggi, azzurro come il mare.

Il traghetto impiega una ventina di minuti perché l’isola è vicina alla terra ferma, eppure apre panorami d’incanto, con le colline costiere sfumate da una leggerissima foschia, perse nell’orizzonte che si confonde tra cielo e mare.

Ho camminato per l’intero perimetro dell’isola, lunga appena un chilometro, tutta costeggiata da bosco. Al centro vigne e olivi. E poi l’abazia, con vicino l’abazia fortezza dove, durante le invasioni barbaresche, la vita continuava imperterrita.

È uno dei primi centri monastici dell’Occidente, sorto all’inizio del 400. Una vita profonda, tanto che tutti i primi abati sono divenuti vescovi nelle diverse città della Provenza. Da 1600 anni qui si prega ininterrottamente, con una piccola parentesi dopo la Rivoluzione francese. Anche oggi ho ascoltato le preghiere di intercessioni dei monaci: molte, abbracciano tutte le realtà umane, pregano per tutto e per tutti.

Ho letto la Regola dei Quattro Padri, la prima scritta per la comunità di Lérins, una delle regole monastiche più antiche. L’inizio è straordinario, afferma che una volta riuniti per scrivere la regola i quattro padri (in realtà sono tre), hanno chiesto insieme al Signore di donare loro lo Spirito Santo perché li istruisse. Andando avanti nella lettura continuano ad affermate che lo Spirito Santo li ha guidati, ha fatto capire loro… E sempre citano parole della Scrittura. Questo fa lo Spirito Santo: suggerisce le parole di Dio e come viverle. La regola è questo!

La seconda Regola dei Padri inizia parlando subito della carità che riunisce i monaci nell’unanimità… Si capisce perché questo monastero abbia irradiato tanta vita.

Poi nei secoli è subentrata la Regola benedettina e oggi ci sono i Cistercensi, una ventina… Da Onorato a Benedetto a Bernardo.

Ed ecco come Bernardo descrive il suo monastero, che vede come un piccolo paradiso in terra, dove ognuno dei monaci opera e vive in modo diverso dando grande ricchezza alla comunità:

«Sì, davvero, il chiostro è un paradiso, una terra difesa dal baluardo dell'obbedienza alla Regola, e dove c'è una ricca abbondanza di beni preziosi. È una cosa gloriosa per gli uomini uniti dallo stesso modo di vivere nella stessa casa; quanto è buono, quanto è dolce vivere come fratelli tutti insieme. Guarda: uno piange sui suoi peccati, un altro esulta nelle lodi di Dio; questo serve tutti, quello istruisce e istruisce gli altri; uno prega, un altro legge; uno mostra misericordia, un altro punisce i peccati; uno è ardente di carità, un altro si distingue per la sua umiltà; uno si mostra umile nel successo, un altro manifesta la sua elevazione di spirito nelle avversità; uno si spende in una vita attiva, un altro rimane tranquillo in una vita contemplativa. Puoi allora esclamare: “Questa è la dimora di Dio. Quanto è tremendo questo luogo”; non è altro che una casa di Dio e la porta del Cielo».



venerdì 10 ottobre 2025

Eugenio Barelli: un mistico

L’altro ieri p. Eugenio Barelli è partito per il cielo.

L'ultima volta volta che l'ho incontrato è stato il 16 febbraio 2022, mentre si trovava ancora a La Verna. Quel giorno scrissi:

Alla tavola del convento dei frati della Verna il padre guardiano mi ha assegnato il posto accanto a p. Eugenio Barelli perché sa che siamo amici e ci conosciamo da tanto tempo.

È un mistico, p. Eugenio. Dal 1983 ha ridato vita al Romitorio delle Stimmate, per tenere viva nell’Ordine francescano la dimensione contemplativa essenziale nell’esperienza di san Francesco. Ha scritto molto al riguardo e proprio il mese scorso è apparso un volume di Paolo Zambollini sulla sua esperienza e sulla sua interpretazione della dimensione contemplativa dell’Ordine francescano. Mette soprattutto in luce la dimensione ecclesiale di questa esperienza, senza la quale l’eremo sarebbe un’esperienza sterile: «È necessario essere una “cellula Chiesa”, corpo di Cristo e sua sposa per poter abitare nel seno del Padre e vedere la sua gloria». Seduti l’uno accanto all’altro mangiamo la buona cucina conventuale e parliamo di cielo…

A conferma del suo profondo senso ecclesiale mi passa un breve scritto di Chiara Lubich su una sua visita a La Verna nel 1966:

«Tempo fa sono stata alla Verna. Vi ho meditato l’eccezionale dono delle stigmate che Dio ha fatto a Francesco, a suggello della sua imitazione di Cristo, del suo essere cristiano. Ho pensato che tutti i veri cristiani dovrebbero essere degli stigmatizzati, non già nel senso straordinario ed esterno, ma spirituale. E mi è parso di capire che le stigmate del cristiano dei nostri giorni sono appunto le misteriose ma reali piaghe della Chiesa di oggi. Se la carità di Cristo non è così dilatata da provare in noi il dolore di queste piaghe, non siamo come Dio oggi ci vuole.

In questo tempo non è sufficiente una santità solo individuale, e nemmeno una comunitaria, ma chiusa. Occorre sentire in noi i sentimenti di dolore e anche di gioia che Cristo nella sua Sposa oggi sente. Occorre santificarci Chiesa».

P. Eugenio mi racconta anche della visita di Giovanni Paolo II nel 1993. Il Papa arrivò alla Verna solo 10 giorni dopo il suo viaggio pastorale in Lituania con la speciale tappa alla “Collina delle Croci”. Nel refettorio dei Frati il Papa, invitato a parlare, improvvisando, tra le altre cose disse: «Visitando ultimamente i Paesi Baltici sono andato in questo luogo stupendo, straordinario, che si chiama “Montagna delle Croci”. È un Santuario di un popolo… in Lituania. Ho detto che lì dovrebbe pellegrinare tutto il mondo, soprattutto l’Europa, questa Europa che sempre più si secolarizza. Lo stesso si potrebbe dire, si dovrebbe dire anche della Verna. Prima alla Verna, poi alla Montagna delle Croci. Ma è la stessa realtà divina, divina-umana, che attraversa la storia dell’umanità». Poi concluse: «Già sono due volte, o tre..., due volte certamente che sono venuto qui (alla Verna); ma questa volta specialmente è importante. Grazie!».

«Queste parole del Santo Padre – racconta p. Eugenio – ci confermarono nella decisione di fare un gemellaggio tra il nostro Santuario e il Santuario della “Collina delle Croci” in Lituania, come risposta a quanto il Santo Padre aveva detto nel nostro Refettorio. Iniziammo subito i contatti con i Confratelli Lituani e con rappresentanti dell’Episcopato di quella Nazione. Il gemellaggio avvenne nella mattina del 18 settembre 1994, in occasione della benedizione di un grande Crocifisso inviato dal Papa alla “Collina delle Croci”, a ricordo del suo Pellegrinaggio».

 

giovedì 9 ottobre 2025

La Sapienza dell'Amore

Odille, dopo aver partecipato alla messa nella chiesa, viene nella cappella a pregare le lodi con noi. Si siede sempre accanto a me. Sembra il ritratto di Olivia di Braccio di ferro – da anziana!

Mi ha fatto scivolare tra le mani – senza una parola come sempre – un bigliettino con scritto: “La Sapienza dell'Amore ci porta alla realizzazione dei suoi disegni, ci trasforma in canali di grazia, in strumenti delle sue opere” (Marie-Eugène di Gesù Bambino).

Bel programma. Grazie Odille!

mercoledì 8 ottobre 2025

Il volo dell'aquilone

 

Delle diverse eco ricevute in seguito alla presentazione del libro “Lacrime e stelle”, una mi ha particolarmente toccato. Al termine della presentazione avevo detto che l’icona dell’evento, che mostra una bambina che corre facendo volare un aquilone, mi sembrava l’immagine di Chiara che mi fa volare… Ecco quanto ricevo dal Sud America:

Carissimo p. Fabio! Ho seguito la trasmissione di Città Nuova ieri (domenica) "Se ci rubano la speranza" con la presentazione di queste tre PERLE EDITORIALI: complimenti e ringraziamenti all'Editrice e anche agli autori! Lei, p. Fabio, nella sua consueta profonda semplicità, ancora una volta ha "toccato il segno" della mia anima riferendosi al logo della trasmissione... portandomi a contemplare il cielo costellato di aquiloni colorati trascinati da Chiara...

Ci sono dei giorni in cui il cielo si fa grigio, nuvole basse, nebbia fitta, vento al contrario, pioggia, addirittura tempeste che ci impediscono di volare e ci tolgono la visione di quel magnifico cielo azzurro costellato di splendidi colori...

Però lei, con le sue semplici parole, mi ha fatto VEDERE che il "filo" che ci lega a Chiara non si spezza mai... è sempre lì in mano a Chiara che continua a trascinarci, a condurci, a sollevandoci in alto... facendoci sognare di nuovo e SPERARE ancora e ancora e ancora! 

Grazie p. Fabio... non ho letto il suo libro ma lo "gusto" già... augurando possa arrivare a tanti tanti altri "aquiloni"!!!

martedì 7 ottobre 2025

Dalla Madonna della Seds

 

Per celebrare la Festa della Madonna del Rosario siamo andati al santuario della Madonna della Seds, “Sede della Sapienza”, ad Aix, a due passi dalla casa di campagna della famiglia della mamma di sant'Eugenio – l’Enclos. 

In quel luogo, fin dal IV secolo, accanto all’antico teatro romano, vi era una chiesa dedicata alla Vergine Maria. Notre Dame de la Seds è la più antica chiesa di Aix, ed è stata la prima cattedrale della città dal IV secolo (Madonna de la Seds, forse con riferimento alla cattedra del vescovo…). Fu distrutta dai Saraceni nell’VIII secolo. Nel 1112 era già ricostruita e vi si tenne un Concilio regionale. Nel 1321, l'arcivescovo Pierre Auriol proclamò in quella chiesa la fede nell’Immacolata Concezione della Vergine Maria, 533 anni prima della proclamazione ufficiale del dogma da parte di Papa Pio IX: è patrona della città. Molti cittadini, compreso lo zio di sant’Eugenio, Fortunato, facevano voto di difendere la fede nell’Immacolata Concezione di Maria fino al martirio: si chiamava “il voto di sangue”.

Nel XVI secolo, durante un'epidemia di peste, grazie a segni miracolosi apparsi alla Seds, si cominciò ad andare in pellegrinaggio al santuario per implorare la protezione della Madonna. Anche oggi, come allora, viene portata in processione la statua fino alla cattedrale.

Proprio perché quel luogo era particolarmente caro a sant’Eugenio, nel 1815, quando decise di dare vita ai Missionari di Provenza, avrebbe voluto comprare la chiesa e l’attiguo vecchio convento dei Minimi per farne la sede della nuova comunità, ma le suore Sacramentine lo precedettero e comprarono convento e santuario, iniziandone la restaurazione. Le suore sono rimaste fino all’anno 2000.

È forse ai piedi della Madonna Sede della Sapienza che in sant'Eugenio nacque l’idea dei Missionari di Provenza, durante i mesi di convalescenza passati nella vicina casa nel 1814. 

Quando nel 1880 i religiosi furono espulsi dalla Francia, tre di loro andarono a vivere all'Enclos e facevano servizio nel santuario che il vescovo aveva affidato loro perché potessero rimanere comunque ad Aix. Naturalmente, poiché la chiesa della Missione in città era stata chiusa e sigillata, gli Oblati portano con sé l'altare dei voti e la statua della Madonna (che ora sono alla casa generalizia). Nella chiesa vi è una lapide lasciata a ricordo della loro presenza.  

Un mio vecchio amico oggi in cielo, padre Maurice Gilbert, scriveva: “Siamo stati voluti da Dio, a quanto pare, per evidenziare, in tutta la sua luce e nel pieno esercizio, il ruolo della misericordia materna dell’Alma Socia Christi, l’Immacolata, Madre di misericordia. Sotto questo aspetto, il ruolo di Maria nell’ideale oblato è più di uno scopo particolare da raggiungere, è l’atmosfera dove si realizza tutta la nostra vita, l’ambito pratico e psicologico di ogni nostra attività, ciò che conferisce all’istituto una propria fisionomia, che è eminentemente mariana”.



lunedì 6 ottobre 2025

Il bello di Aix

Sono ad Aix-en-Provence ormai da un mese. Sono stato qui tante volte. Ormai questa è una delle mie amate città.

Tra le tante cose belle… quello che vedo la mattina quando faccio la mia passeggiatina. È l’ora nella quale iniziano le scuole. Tutta la città è zona pedonale ed è uno spettacolo sempre nuovo vedere l’arrivo dei bambini a scuola: alcuni cammino veloci accompagnati da uno dei genitori, altri arrivano su maxi biciclette con due posti dietro e uno davanti, altri sui carrozzini davanti o dietro la bicicletta, altri sui monopattini d’ogni tipo, su biciclettine… Creatività fantasiosa che anima e movimenta la città. Tutto un parlottio fra bambini, mamme…

Ci sono poi i ragazzi delle medie. Il panorama cambia. Ribelli e confusionari, rigorosamente armati di cellulare, più per darsi un contegno per un autentico utilizzo. Stanno a crocchi vicino alle scuole in circoli impenetrabili, oppure si chiamano, si cercano…

I liceali sono diafani, elitari, sofisticati, quasi invisibili, consapevoli della loro superiorità.

Infine gli universitari, ma quelli non hanno orari, sono semplicemente i padroni della città, a ogni ora, sicuri di sé.

Quanta speranza in tutto questo mondo giovanile!