mercoledì 17 dicembre 2025

Non una teoria ma un'esperienza

Questa mattina ritiro alla comunità oblata di Santa Maria a Vico, ricordando la missione che Dio ci ha affidato attraverso sant’Eugenio. 

Il carisma che con lui condividiamo, è racchiuso in una parola all’inizio della Regola: «insegnare chi è Gesù Cristo». Con questa missione il Salvatore ci chiama a collaborare con lui, a continuare la sua opera. Ma per insegnare chi è Gesù Cristo prima occorre naturalmente imparare chi è Gesù Cristo. Ed ecco allora la seconda Regola: «Per essere cooperatori del Salvatore, [gli Oblati] si impegnano a conoscerlo più intimamente, a immedesimarsi con lui, a lasciarlo vivere in loro» (C 2). Tre verbo straordinari, da meditare uno per uno.

La fede cristiana non è una teoria o una filosofia, un credo astratto, ma l’incontro personale con Cristo; l’annuncio cristiano non è propaganda, ma la comunicazione di un’esperienza per coinvolgere altri nella medesima esperienza.

Il primo annuncio cristiano è stato quello di Maria Maddalena. Il giorno di Pasqua non dà agli apostoli riuniti in cenacolo il grande annuncio: “Il Signore è risorto!”. Dice piuttosto: “Ho visto il Signore”: l’ha incontrato nel giardino. Trasmette un'esperienza! Lo stesso fanno gli apostoli una volta che torna Tommaso, assente al momento della venuta del Risorto. Non gli annunciano che il Signore è risorto, ma: “Abbiamo visto il Signore”: l’avevano visto arrivare nel cenacolo. Condividono un’esperienza. E la prima Lettera di Giovanni: “Vi annunciamo la Vita”. Come? Raccontando un’esperienza diretta con Gesù: “Ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato, ossia il Verbo della vita; (…) quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunziamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi”. Con la stessa forza si esprime Paolo. Pur vivendo in un tempo ormai lontano da quello di Gesù, anche lui può gridare: «Non ho visto Gesù, nostro Signore?» (1 Cor 9, 1).

Per annunciare Gesù occorre conoscerlo sempre più intimamente, immedesimarsi con lui, lasciarlo vivere in noi…

martedì 16 dicembre 2025

L’alfabeto matto da Città Nuova


 

Sul sito di Città Nuova è apparso, quale strenna di Natale, l’alfabeto matto! Lo si può leggere gratis scaricando l’app, alla sezione Allegati.

Buona lettura!



lunedì 15 dicembre 2025

Toponomastica oblata


 
A Camigliano la via principale del paese è dedicata a p. Armando Messuri, il cittadino che più si è distinto.

A Santa Maria a Vico ho visto due minuscoli vicoletti (qui di chiamano "vico"... siamo o non siamo a Santa Maria a Vico?), intitolati a due Oblati molto diversi l’uno dall’altro. 

P. Gaetano Drago è stato assistente generale, ha girato il mondo, era un artista, uno scrittore… Beh, si merita un vicolo con 20 numeri civici, dal quale si intravede la cappella dell’Assunta e il campanile della chiesa.



P. Saverio di Nunzio è invece un Oblato umile, semplice, un pastore buono come il pane, che ha saputo farsi amare. Si contenta di un vicoletto stretto stretto con 12 numeri civici.



domenica 14 dicembre 2025

Camigliano, dove inizia la nostra storia

Siamo in provincia di Caserta, in una vallata circondata da colline dominate a nord dal Monte Maggiore, con davanti la fertile pianura della Terra del lavoro. Una cittadina modesta, 2000 abitanti, con abitazioni a due piani fiancheggiate da piccoli orti. Al tempo dell’imperatore Augusto, Calpurnio Fabato vi aveva costruito una grande villa che, in onore della figlia Camilla, aveva intitolato “Villa Camilliana”.

Testimoni dell’antica religiosità, quattro belle chiese e quattro oratori. Il Conservatorio delle Monache di S. Elisabetta ‑ meta di frequenti visite di S. Alfonso de Liguori che confessava nell’annessa chiesetta ‑ fu requisito nel 1870 con l’unificazione dell’Italia e divenne sede delle scuole elementari. Nel 1905 fu ceduto dal Comune alle Suore adoratrici di Casoria. Per secoli il paese ha dato numerose vocazioni sacerdotali e religiose, tra cui tre vescovi.

Nelle vicinanze si apre la grotta di S. Michele, ricca di stalattiti e stalagmiti. Conserva affreschi della fine del secolo XV o inizi del XVI. Nella frazione di Leporano, borgo medioevale di un centinaio di abitanti, su una collinetta sassosa, circondato da secolari ulivi, si trova un santuario dedicato alla Madonna ad rotam montium, tra i più antichi santuari mariani d’Italia.

La nostra storia è iniziata qui il 14 Luglio 1902, quando nasce Armando Eraclio Carmine Messuri...

Questa sera, proprio a Camigliano, ho presentato il libro con la storia di p. Armando Messuri, davanti alla nipote, al sindaco, al parroco e tutte le "autorità", al "popolo": tutti… 

Per la prima volta vedo questo paese con i suoi 2.000 abitanti, la casa di p. Armando, le viuzze, la bella chiesa dove è stato battesimali e dove ha celebrato la prima messa… Tornerò con calma  




sabato 13 dicembre 2025

E la Parola si è fatta carne

Il Vangelo di Matteo si apre con la genealogia di Gesù: «Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo». Una genealogia che va a ritroso, invece che in avanti, come avviene ad esempio nell’analoga genealogia di Adamo che indica i suoi successori: Gesù non ha discendenti, perché la storia ha raggiunto in lui il suo compimento, la fine e il fine.

Niente di più arido di una lista di nomi, per lo più completamente ignoti. In genere quando si legge la Bibbia tendiamo a saltare di pari passo le lunghe liste di genealogie, come quelle del Libro dei Numeri che prendono addirittura sei interi capitoli. Se poi guardiamo attentamente la sequenza di nomi proposti da Matteo rimaniamo a dir poco perplessi. Abituati al rigore scientifico e storiografico, come possiamo accettare una simile schematizzazione che scandisce la sequenza in 3 gruppi di 14 generazioni? Ancora più problematica se la confrontiamo con la genealogia offerta dal Vangelo di Luca che con quello di Matteo ha in comune soltanto due nomi.

Nell’antichità, soprattutto tra i popoli d’Oriente, era un genere letterario diffuso e importante. Costituiva l’archivio familiare, la memoria collettiva, che conservava gelosamente i ricordi del passato. Come a veglia, dopo cena, si ripetevano le gesta degli antenati, così se ne tramandavano i nomi di generazione in generazione. Le genealogie non erano documenti di anagrafe, servivano a ricordare le origini gloriose della famiglia o a dimostrare un’ascendenza regale, l’appartenenza a un popolo. In questo senso la genealogia di Matteo è “scientifica” perché serve a dimostrare che Gesù è il Messia davidico e che discende da quell’Abramo che è padre di tutte le genti. Anche la genealogia di Luca è “scientifica” perché dimostra che Gesù è il Figlio di Dio, è il documento di identità di Gesù: figlio di David, figlio di Abramo, figlio di Dio.

A Marino questa mattina ho tenuto un incontro di spiritualità… e proprio su questa pagina del Vangelo di Matteo, mostrando tutta la ricchezza e la bellezza di questa genealogia



venerdì 12 dicembre 2025

Il coraggio di rischiare

È il titolo del propria storia scritta da Gabri Fallacara. Un racconto affascinante. 

Appare una donna disponibile, sempre pronta a cambiare lavoro, occupazione, città, Nazione... segno di una profonda libertà interiore.

Il frutto? Una donna risolta, realizzata.

Questa sera a Grottaferrata presentazione del libro al quale ho avuto l’onore e la gioia di apporre la mia introduzione…



giovedì 11 dicembre 2025

Vicinanza

“Nell’amore è importante saper amare. Ne erano convinti gli antichi parlando di “Ars amandi” – l’arte dell’amare di cui è molto utile conoscere alcune regole. Una di esse è l’attenzione all’altro per indovinare ciò che è davvero un bene per lui e coglierne i particolari.

In questo modo l’amore si fa concreto ed esprime la prossimità, la tenerezza, l’attenzione all’altro. Vicinanza, compassione, tenerezza... non sono sentimenti, ma ispirazioni dello Spirito Santo tradotte in gesti concreti, come si è soliti volersi bene in una famiglia, tra fratelli e sorelle. Sono atti di fraternità che si gustano, che riscaldano e che possono attrarre gli altri, poiché rispondono alle aspirazioni più profonde dell’umanità.”

Brava Kasia!

Ho trascritto soltanto queste poche parole della bella relazione che oggi ci ha offerto al convegno del Claretianum, parlando di "Amarsi con il cuore. I rapporti nella comunità". Ho lasciato a lei uno dei miei corsi: non potevo trovare miglior successore.

mercoledì 10 dicembre 2025

Concordia

«Il nostro cuore è inquieto…»: che cosa sta a cuore alla vita consacrata oggi? 

Bel titolo per il convegno annuale del Claretianum, ricco, come sempre di relazioni, testimonianze…

Accanto alla parola "cuore", mi piacerebbe apparisse la parola con-cordia, oppure ac-cordo.

È importante che i cuori si sostengano a vicenda, si uniscano, lavorino insieme, non si sentano mai soli.



martedì 9 dicembre 2025

La pecora smarrita

Augustinus, con il quale vivo, era un pastore nel Lesotho, col bastone e la coperta che caratterizzano i pastori di quella terra. Mi commenta la parabola del buon pastore che la liturgia ci ha proposto nel Vangelo di oggi. “Mai e poi mai un pastore abbandona il gregge sulle montagne. Prima lo porta al riparo, poi va a cercare la pecora che si è perduta. Ma una pecora non si perde mai da sola. Se si allontanano e si perdono sono sempre almeno in due…”.

È proprio vero, Gesù è sempre paradossale nelle sue parabole. Lo fa apposta per sorprendere gli ascoltatori. Sì, è una scena estrema quella del buon pastore, e Gesù lo sa bene. Vuol proprio dire che questo pastore, che impersona il Padre del cielo, è proprio pazzo e non ragione quando vede una sua pecora perdersi, tanto gli sta a cuore. Non è straordinario sapersi amati e cercati così da Dio?

Sant’Ambrogio si mette dalla parte della pecora e innalza una preghiera accorata:

“Vieni, Signore Gesù, a cercare il tuo servo; cerca la tua pecora affaticata; vieni, pastore... su, lascia le novantanove altre che pure sono tue, e vieni a cercare l'unica che si è smarrita. Vieni… sei tu che io attendo. Non prendere la frusta. Prendi il tuo amore; vieni con la dolcezza del tuo Spirito... Vieni a me, che mi sono smarrito lontano dai greggi di lassù, dove avevi posto anche me…

Cercami Signore, poiché la mia preghiera ti cerca. Cercami, trovami, rialzami, portami! Quello che cerchi, puoi trovarlo; quello che trovi, degnati di rialzarlo; e quello che rialzi, mettitelo in spalla. Non ti stanca questo pietoso fardello, non ti è di peso portare colui che hai giustificato. Su, vieni Signore… nutro speranza di essere guarito. Vieni, Signore, sei l'unico a poter ancora chiamare la tua pecora perduta… Vieni, e ci sarà salvezza sulla terra, e ci sarà gioia in cielo (Lc 15, 7). Non mandare i tuoi servi, non mandare mercenari, vieni tu, a cercare la tua pecora…Poi, portami fin sulla tua croce. Essa è la salvezza degli erranti, il solo riposo degli affaticati, l'unica vita di tutti quelli che muoiono.”

Chissà se sant’Agostino era lì che ascoltava…

 

lunedì 8 dicembre 2025

Lacrime e stelle

Siamo già alla terza edizione, in poco più di un mese… Grazie ai lettori! Sul sito on line del Centro Chiara Lubich è apparsa questa breve presentazione:

Lacrime e stelle, edito da Città Nuova, a cura di Padre Fabio Ciardi, più che una biografia, è una vera e propria autobiografia di Chiara Lubich tessuta attraverso appunti, diari, lettere, interviste… documenti spesso inediti, che consentono di entrare nell’intimo del suo vissuto. Dagli inizi a Trento, con un ampio corredo fotografico, in 192 pagine, Ciardi lascia che sia Chiara stessa a raccontarsi fino al 1962, quando la sua “Idea” raggiuge il primo riconoscimento ecclesiale. Più che di carattere stilistico, la scelta di Fabio Ciardi appare una vera e propria scelta di metodo che sostiene quanto l’esperienza di Chiara Lubich, radicata nel Vangelo, sia ancora attuale per i lettori di oggi che possono accedere al racconto di una vita, attingendo direttamente alle parole della protagonista. “Lascerò che sia lei stessa a raccontarsi – così Fabio Ciardi nelle prime pagine del libro – conducendoci nella sua divina avventura, fatta di “lacrime e stelle”.

Il titolo, Lacrime e stelle, è cruciale e rimanda alla notte del 13 maggio 1944 a Gocciadoro, Trento. Una notte di profondo dolore (lacrime per la separazione dalla famiglia che fuggiva dai bombardamenti) e di luce (le stelle che riempivano la notte). Chiara solitamente racconta questo episodio associandolo all’immagine di “stelle e lacrime”. La scelta di accogliere l'inversione voluta da Chiara nel 1996 – da "Stelle e lacrime" a Lacrime e stelle – rivela l’essenza della sua spiritualità: è nel dolore accettato, per amore di Gesù crocefisso e Abbandonato, che si trova un punto di luminosa svolta. In quell’esperienza, si radica una scelta fondata sulla certezza che “tutto vince l’amore” e segna un decisivo impulso sul formarsi di una nuova comunità la cui vita è orientata dal vangelo. Nel gennaio del 1945, in una lettera, Chiara scrive: “Tutto il resto che accade della mia vita non mi tocca: uno solo è il mio desiderio, la mia passione: CHE L’AMORE SIA AMATO. Sento la mia impotenza ma l’abbandono a Dio. Tutto fondo su una fede che non crolla: CREDO ALL’AMORE DI DIO = Credo che i Dio mi ama e di nome di quest’Amore domando alla mia vita ed alla vita di quelle anime che camminano nel mio Ideale cose grandi, degne di Chi sa di essere amato da un Dio che è DioAmoreOnnipotente!” (p. 75).

Chiara Lubich suscita un significativo interesse culturale, legato alla sua profonda autonomia intellettuale e alla sua incessante ricerca della Verità fin dalla giovinezza: integrità e libertà di pensiero, la rendono una figura di spicco nel panorama culturale globale che valica l’ambito religioso. Il poliedrico contributo culturale si coniuga con la novità del suo apporto spirituale. Chiara propone l’attuazione del Vangelo che abbraccia ogni aspetto dell’esistenza umana, superando il dualismo tra sacro e profano, rendendo l’amore di Dio e del prossimo una via di unità, di comunione. “L’anima deve, sopra ogni cosa, puntare sempre lo sguardo nell’unico Padre di tanti figli. Poi guardare tutte le creature come figli dell’unico Padre. Oltrepassare sempre col pensiero e coll’affetto del cuore ogni limite posto dalla vita umana e tendere costantemente e per abito preso alla fratellanza universale in un solo Padre: Dio. Gesù: modello nostro. Ci insegnò due sole cose che sono una: ad essere figli di un solo Padre e ad essere fratelli gli uni degli altri” (p. 88).

Qui la mia intervista:

https://www.youtube.com/watch?v=HsfiYori3s8

Per l’acquisto del libro:

https://www.lafeltrinelli.it/lacrime-stelle-per-autobiografia-di-ebook-fabio-ciardi/e/9788831112819


domenica 7 dicembre 2025

Maria, Madre della speranza

Alla vigilia dell’Immacolata sono stato a fare gli auguri alle Clarisse di Albano, che abitano nel monastero dedicato all’Immacolata e hanno anche la chiesa ad essa dedicata (tra loro c'è anche suor Immacolata!). Sui banchi della chiesa la preghiera di Giovanni Paolo II a Maria: 

Maria, Madre della speranza, cammina con noi!
Insegnaci a proclamare il Dio vivente;
aiutaci a testimoniare Gesù, l’unico Salvatore;
rendici servizievoli verso il prossimo, accoglienti verso i bisognosi,
operatori di giustizia, costruttori appassionati di un mondo più giusto;
intercedi per noi che operiamo nella storia certi che il disegno del Padre si compirà.

Aurora di un mondo nuovo,
mostrati Madre della Speranza e veglia su di noi!
Veglia sulla Chiesa in Europa: sia essa trasparente al Vangelo;
sia autentico luogo di comunione;
viva la sua missione di annunciare, celebrare e servire
il Vangelo della speranza per la pace e la gioia di tutti.

Regina della pace, proteggi l’umanità del terzo millennio!
Veglia su tutti i cristiani: proseguano fiduciosi sulla via dell’unità,
quale fermento per la concordia del Continente.

Veglia sui giovani, speranza del futuro,
rispondano generosamente alla chiamata di Gesù.
Veglia sui responsabili delle nazioni:
si impegnino a costruire una casa comune,
nella quale siano rispettati la dignità e i diritti di ciascuno.

Maria, donaci Gesù! Fa’ che lo seguiamo e lo amiamo!
Lui è la speranza della Chiesa, dell’Europa e dell’umanità.
Lui vive con noi, in mezzo a noi, nella sua Chiesa.

Con Te diciamo « Vieni, Signore Gesù » (Ap 22, 20):
che la speranza della gloria infusa da Lui nei nostri cuori porti frutti di giustizia e di pace!

 

sabato 6 dicembre 2025

Jacopa de' Settesoli "comes" di Francesco

 

Nella sala comunale di Marino, presentazione del libro di Sabina Viti, Servire è regnare. Jacopa de' Settesoli da nobile a povera per il Regno di Dio. Tante persone, tanto interesse. Un momento di festa! con la partecipazione straordinaria di... Frate Jacopa che offre i mostaccioli a san Francesco!

Il libro si apre con la mia presentazione. La prendo alla larga ma poi arrivo al dunque:

Un detto di origine incerta, che qualcuno attribuisce a Virginia Woolf, asserisce che “dietro ogni grande uomo c’è una grande donna”. È un detto che vuole rendere giustizia alle tante donne alle quali le culture o le circostanze raramente hanno permesso di emergere, ignorando il loro contributo alla storia e ai saperi. Molte donne sono devenute fonte di ispirazione per tante altre persone, donne o uomini che siano. Fermandosi all’ambito della storia della Chiesa, cosa sarebbe san Girolamo senza Marcella, Paola, Eustochio, Melania, oppure san Giovanni Crisostomo senza Olimpia di Costantinopoli? Del rapporto tra queste donne e questi due uomini abbiamo eccellenti testimonianze documentarie, mentre queste sono assenti o scarse per conoscere in profondità tanti altri rapporti, che pure si intuiscono particolarmente fecondi, come tra Pacomio, Isidoro, Agostino, Cassiano, Benedetto, Leandro di Siviglia, Cesario di Arles e le loro rispettive sorelle. Potremmo inoltrarci lungo i secoli, e troveremmo straordinarie coppie di persone che hanno camminato insieme nella via della santità, come santa Caterina da Siena e il beato Raimondo da Capua, poi divenuto Maestro generale dell’Ordine dei Domenicani; ma questa donna ha avuto una forte influenza anche su tanti altri uomini. Come non ricordare san Francesco di Sales e santa Giovanna Chantal, fino al Novecento con i coniugi Jacques e Raissa Maritain, Adrienne von Speyr e Hans Urs von Balthasar. Questo solo per accennare ad alcune tra le più note figure di donne e uomini che hanno camminato insieme.

Camminare insieme. Oggi si fa abitualmente riferimento al termine greco σύν oδός, percorrere la strada insieme, “sinodo”. Si fa meno ricorso alla parola latina che parla ugualmente del camminare insieme: “co-ire”, da cui “comes”, il nostro “compagno”, colui con il quale si compie un comune viaggio: il “compagno di viaggio”, che ricorda anche il condividere lo stesso pane. Nel rapporto uomo-donna l’un l’altra possono essere ora guida ora guidato o guidata. Tutti abbiamo bisogno di una guida, di chi ci offre indicazioni sicure, ci aiuta a capire a che punto del cammino si troviamo, a interpretare e superare situazioni critiche. Ma più spesso abbiamo bisogno di un semplice “comes”, un compagno, una compagna di viaggio, di un amico, di qualcuno con cui condividere gioie, prove, incertezze, scoperte, frustrazioni, debolezze. Ci si tiene per mano, si fa causa comune, quasi in “complicità”, aiutandoci a decifrare il percorso. Insieme si è più sicuri, il viaggio si fa più spedito, la meta più vicina. Un compagno, non uno che sta davanti come battistrada, o dietro a spingere, ma accanto, un semplice amico, un’amica, un fratello, una sorella di cui, nel cammino percorso insieme tra uomo e donna, si diventa l’uno dell’altra ora discepolo ora maestro, con il quale imparare insieme la strada, nella condivisione dell’esperienza del percorso, nell’accompagnamento reciproco, dove ognuno dei due diventa protagonista facendosi carico dell’altro. Una condivisione nell’amore che apra la strada a un “terzo” che si affianca, come accadde a due che se ne stavano andando verso Emmaus, e che rende capaci di aprirsi ad altri ancora, sino a costituire una “bella brigata”, come direbbe santa Caterina da Siena.

Un modello tipico del rapporto donna-uomo, nella spiritualità cristiana, rimane quello tra Chiara e Francesco d’Assisi; un rapporto che mi è sempre sembrato paritetico, e so di andare contro tanta letteratura che ne afferma la profonda asimmetricità. Se Chiara considera certamente e in molti sensi Francesco “padre” – e tale lo nomina per nove volte nella Forma vitae e anche nel Testamentum – nei fatti Francesco sembra riconoscere una maternità di Chiara nei suoi confronti, come nella permanenza a San Damiano dopo il dono delle stimmate, quando in un freddo mattino della primavera 1225 egli compone il Cantico di frate Sole e l’altro prezioso testo, Audite, poverelle. Nella sua ultima volontà Francesco chiama Chiara e le Sorelle Povere, “dominas meas”. Il 10 gennaio 1993, ad Assisi, papa Giovanni Paolo II li ha associati strettamente: «Se è vero che Chiara era come un “riflesso” di Francesco, e in lui “ci si vedeva tutta come in uno specchio”, non c’è dubbio che, nella comunione dello stesso Spirito, la luce della purezza e della povertà di Chiara ha illuminato il volto del Poverello (…). Per tale ragione Chiara è indissolubilmente legata a Francesco e il messaggio evangelico dei due risulta complementare».

Si esaurisce qui, in questa relazione con Chiara, il rapporto uomo-donna, maschile-femminile, di Francesco d’Assisi?

Il libro di Sabrina Viti apre una nuova prospettiva in questo campo rievocando un’altra persona femminile che si affianca a santa Chiara, Jacopa Frangipane de’ Settesoli. Una donna sposata accanto a una vergine consacrata, una signora immersa nelle vicende della società del suo tempo e una monaca raccolta in convento. Si può condividere il carisma di san Francesco e affiancarlo in tanti modi diversi. Jacopa Frangipane de’ Settesoli, soprattutto in questi ultimi anni, è stata oggetto di particolare studio. La sua figura e la sua vicenda storica si prestano all’indagine, alle ipotesi, alle più diverse interpretazioni, perfino all’inventiva del romanzo, come quello scritto da Lucia Tancredi (2022). Sabrina Viti va ancora avanti e persegue una ricerca minuziosa, accurata, oggettiva, che pure tradisce una passione per questa donna così poliedrica, generosa, tenace, profondamente amante. Si delinea così, nella vita di Francesco, una presenza di tutta un’altra caratura rispetto a quella di Chiara, senza che questa venga sminuita minimamente.

Siamo a Roma, una città già cosmopolita nel 1200, dove Jacopa si muove con la sicurezza della donna di mondo, forte, intraprendente, navigata nel campo degli affari e delle relazioni sociali. Sa trattare con il Papa, con i signori, con i contadini delle sue terre. Guida Francesco per le vie della città come se fosse un figlio, appena maggiore dei suoi. Potremmo forse immaginare che lo conduce per mano. Ottiene dai Benedettini di S. Cosimato in Trastevere la cessione dell’ospedale di San Biagio, che divenne il primo luogo romano dei Minori. Diviene la più valida collaboratrice del neonato movimento francescano a Roma.

Un profilo diverso da quello di Chiara, evidente anche nell’appellativo: se Francesco chiama Chiara con il nome di “sorella” e vi intravede una forma di maternità, chiama Jacopa con il nome di “fratello”: Frate Jacopa, quasi un suo “socio”, un “compagno” appunto, con cui si condivide il pane. Ella, da parte sua, gli dimostra grande dedizione e rimane sua carissima amica per tutta la vita, fino ad essergli vicina anche in punto di morte, fino ad essere sepolta accanto alla sua tomba. Con quei “mostaccioli” che gli porta alla fine – autentico o meno che sia l’episodio – con la propria veste nuziale con la quale ne avvolge il corpo, appare quasi una continuazione delle donne fedeli del Vangelo, capaci di seguire il Signore fino ai piedi della croce, di ungere il suo corpo, e di meritare di incontrarlo Risorto.

La rievocazione storica compiuta da Sabrina Viti non soltanto ci apre alla scoperta di uno straordinario mondo medievale, ricco di particolari, spesso inediti; avvia anche a una nuova e più complessa comprensione dei rapporti tra queste due persone, Francesco e Jacopa, a conferma, ancora una volta, di come “dietro ogni grande uomo c’è una grande donna”.

Jacopa de’ Settesoli appare così una persona vicina a tante altre persone, sposate come lei, come lei immerse in difficili questioni economiche, che devono districarsi fra questioni ereditarie, che devono combattere per la verità… Diventa fonte di ispirazione per quella folla di uomini e donne che hanno seguito san Francesco e che continuano a seguirlo pur non essendo “frati” e che Francesco riconosce comunque come tali e tali continua a chiamare, come chiamava “frate” Jacopa; una folla di uomini e donne pronti, come lei, a condividere il pane con Francesco e tra di loro, autentici compagni del viaggio della vita e della santità.

venerdì 5 dicembre 2025

Preghiere a Gesù

Possiamo pregare con le preghiere che la gente rivolgeva a Gesù: 

Signore, se vuoi, puoi guarirmi – Lebbroso Mc 1, 40

Signore, gli disse la donna, dammi di quest'acqua, perché non abbia più sete – Samaritana Gv 4, 16

Signore, allontanati da me che sono un peccatore – Pietro Lc 5, 8

Io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto - Centurione Lc 7, 1-8

Abbi pietà di me, Signore, Figlio di David – Cananea Mt 15, 22

Signore aiutami – Cananea, Mt 15, 25

Figlio di David, abbi pietà di me – Bartimeo Mc 10, 48

Se puoi qualcosa aiutaci, abbi pietà di noi – padre dell’epilettico Mc 9, 22

Credo! Soccorri la mia incredulità – padre dell’epilettico Mt 9, 24

Abbi pietà di me peccatore – parabola pubblicano Lc 18, 13

Gesù, ricordati di me, quado giungerai nel tuo regno – Buon ladrone Lc 23, 42

Resta con noi, Signore, perché si fa sera – Discepoli di Emmaus Lc 24, 29

Cosa vuoi che io faccia, Signore? – Paolo Atti 9, 6

Vieni - lo Spirito e la sposa Ap 22, 17


giovedì 4 dicembre 2025

Mi chiami per nome

Cosa ho raccontato oggi ai preti di Prato? Ho parlato di Maria, icona del dialogo e dell’annuncio, commentando il vangelo della Visitazione. Ecco due parole soltanto…

Maria conosce il nome della sua parente: si chiama Elisabetta.

Recentemente un missionario del Camerun mi ha raccontato che, assieme ad alcuni fedeli, si è preso cura di un paralitico venuto a chiedere l’elemosina alla porta della chiesa. Lo hanno aiutato in mille modi, lo hanno accompagnato e assistito per anni, fino alla sua morte, e lui era felice… Alla fine ha detto al missionario: “La gioia più grande che mi dai, è che mi chiami per nome. Da più di vent’anni non avevo più sentito qualcuno pronunciare il mio nome”.

Io purtroppo non vi conosco per nome, anche perché con l’età faccio fatica a ricordare i nomi. Voi invece vi conoscete per nome, conoscete le famiglie di ognuno, il suo mondo interiore, i suoi gusti, le sue necessità. Tra di noi vi ascoltate, vi consigliate, vi aiutare economicamente e nel lavoro pastorale.

Quello che viviamo tra di noi ci fa capire come vivere il rapporto con gli altri. Essere vicini tra di noi, sostenerci, condividere preoccupazioni, sogni, delusioni... Se non camminiamo insieme tra noi preti, come possiamo sperare di camminare insieme con la nostra gente?

Conoscere tutti in parrocchia sarà un po’ difficile, ma come Maria usciamo in fetta e con gioia dalla canonica per andare a visitare i vicini di casa, gli ammalati, gli anziani… La gente non si aspetta che facciamo loro una catechesi. Il più delle volte è contenta anche solo di essere visitata.

Gli Oblati di Maria Immacolata sono nati per la predicazione delle missioni popolari. La prima cosa che facevano, e che fanno ancora, quando vanno nelle parrocchie e, in certi Paesi, nei villaggi, è visitare le famiglie, ad una ad una, interessarsi a ognuno, accogliere le confidenze, anche i rifiuti. Ma intanto si vedono i missionari per strada, tra la gente. Ero un ragazzino quando nel 1956 gli Oblati vennero a Prato, nella parrocchia di Gesù Divin Lavoratore, che non era ancora parrocchia. Che sorpresa vedere questi preti in bicicletta, fermarsi per strada a parlare con la gente, perdere tempo con loro, entrare nelle fabbriche per incontrare gli operai…

mercoledì 3 dicembre 2025

Luigi Bonazzi non c'è più

Ancora non posso crederci. È morto Luigi Bonazzi. Mi sembra impossibile.

Troppi ricordi. Sono stato con lui ad Haiti, Cuba, Lituania, Canada… Ogni volta che passava per Roma ci incontravamo. Quante confidenze, situazioni, problemi, gioie, abbiamo condiviso.

Aveva fatto tradurre in francese e in inglese i detti di Apa Pafnunzio di cui era un appassionato seguace, e recitava a memoria la sua preghiera alla Vergine...

Non si va via così, Luigi, senza avvisare… comunque l’ultima volta che ci siamo visti hai dimenticato la sciarpa cui tenevi tanto: la terrò come reliquia.

Cerco a caso tra le tue lettere e leggo: «La musica mi piace, e talvolta mi diletto a fantasticare sulle note, componendo interpretazioni o traduzioni mie. Ma non è il mio forte. Meno ancora lo è la danza. Il linguaggio della danza classica mi è proprio difficile. Mi consola che in Paradiso apprenderò di più. Sono invece molto toccato dalla "parola", dalla parola vera, che manifesta e svela l'essere».

Ora in Paradiso - dopo che qua sulla terra hai vissuto e annunciato la Parola - canterai,  suonerai, danzerai…



martedì 2 dicembre 2025

La passione per la missione

Durante il noviziato andammo alla casa generalizia. In cappella trovammo un vecchio Oblato, alto, con una grandissima barba bianca, che stava pregando. “Chi siete?”, ci domandò. “I novizi”. “Il maestro – disse rivolto a p. Marino – deve fare soffrire i novizi. Quando il novizio viene a dice: me ne vado, Ho capito che non ce la farò mai, allora il maestro gli dice: Bravo, ora possiamo cominciare”.

Chi lo sapeva che p. Alberto Perbal, che sarebbe morto l’anno seguente, p. Albert Perbal, era tra i fondatori della Missiologia. Fondatore del Missionary Science Institute presso l'Università di Ottawa, iniziatore dell'Istituto Scientifico Missionario dell'Ateneo di Propaganda (1932-1954), di cui fu preside (1941-1954), docente e professore presso l'Istituto Cattolico di Parigi (1934-1939).

Tipico studioso oblato, che ha saputo unire in sé la passione per la missione, l’interesse pastorale, il senso dell’animazione, la creatività nelle iniziative volte a far conoscere le missioni, lo studio scientifico e la divulgazione.

Nel 1932 aveva dato vita qui a Roma a una associazione, la Conférence Romaine des Missions Catholiques d’Afrique, con la pubblicazione di una rivista: «Africanae Fraternae Ephemerides Romanae».

Desiderava mettere le sue capacità di scrittore al servizio della causa missionaria. È stato pieno di iniziative di ogni tipo. È difficile dire il numero dei titoli della sua bibliografia. Basterà ricordare le principali opere: Premières leçons de théologie missionnaire (1935). «Attualmente sono le prime, – scrive il curatore – poiché in Francia non c’è ancora un Trattato e nemmeno un’introduzione alla Teologia Missionaria» (p. 3). Les missionnaires français et le nationalisme (1939); Prime lezioni di teologia missionaria (1941); Ritorno alle fonti (1942); Lo studio delle missioni (1946).

Scrisse quasi 300 articoli su enciclopedie o riviste specializzate in Europa, America e Asia su un'ampia varietà di argomenti missionari. Accettò anche di scrivere per riviste minori per influenzare tutti gli ambienti del mondo cristiano.

Mi piace la foto che lo ritrae con i primi missionari in partenza per il Camerun nel 1946: li aveva preparati lui…

Devo scrivere di lui per il convegno sugli Oblati e lo studio della teologia della missione: sarà bello.

lunedì 1 dicembre 2025

Novena dell’Immacolata

Maria, modello di come attendere e accogliere Gesù che viene.

Un angelo le annuncia la venuta del Figlio dell’Altissimo, il Figlio di Dio. Lei è pronta ad accoglierlo e a fargli casa nel suo grembo e nel suo cuore: “Avvenga di me secondo la tua parola”. È aperta, disponibile. La sua risposta è un sì sincero, convinto, generoso.

Come lei? Ma lei è stata preservata dal peccato. Anche noi, una volta perdonati dal peccato, possiamo essere resi immacolati dall’amore misericordioso di Dio.

Un innamorato dell’Immacolata, san Giovanni Paolo II, commentando il testo dove Paolo dice che siamo scelti da Dio per essere santi e immacolati, afferma: «Esser immacolati! Ecco l’ideale cristiano. E noi oggi festeggiamo e imploriamo quella creatura che fra tutte, dopo Cristo (che non è solo creatura, ma anche Dio), ci si presenta come modello e maestra di immacolatezza (...). Maria ci parla di una vittoria totale sul male, per cui, mettendoci al suo seguito - e perciò al seguito di Cristo -, noi possiamo sperare di esser totalmente purificati dal peccato e di diventare anche noi “santi” e “immacolati”. O Maria (...) insegnaci a credere innanzitutto nella possibilità di una piena immacolatezza (...). Insegnaci a credere fermamente in questa possibilità e a perseguirla con coraggio per tutto il corso della nostra vita, fino al compimento celeste».

domenica 30 novembre 2025

Torna l'Avvento...

Eccoci ancora all’inizio dell’Anno liturgico. È come la parabola del cammino della nostra vita e l’Avvento è il tempo per chiederci dove stiamo andando. Quando si intraprende un viaggio è importante sapere qual è la meta. Spesso andiamo avanti senza pensare a dove ci sta portando la nostra strada.

Siamo sempre tutti di corsa, presi da mille cose, oggi come al tempo di Noè, quando “mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito”. Tutte cose belle e doverose. Quello che spesso dimentichiamo è “perché” facciamo tante cose, qual è lo scopo, dove stiamo andando. Sarebbe come se, durante un viaggio, dimenticassimo la meta e ci perdessimo per strada.

Questo tempo di Avvento ci ricorda che la nostra vita ha un senso, una direzione, un fine, una meta: l’incontro con il Signore che viene incontro a noi: “viene il Figlio dell’uomo”, ci ha detto Gesù nel Vangelo. Sapremo accoglierlo, ci incontreremo?

Ogni nostro gesto, ogni nostra azione è un passo che ci avvicina a questo incontro. Non sappiamo quando e come, ma lui viene. E noi lo aspettiamo con gioia. Per tre volte nel Vangelo di questa prima domenica Gesù ci chiede di stare svegli e pronti per accoglierlo quando viene.

sabato 29 novembre 2025

I 50 anni di suor Viera

Oggi ho fatto la foto assieme a suor Viera e l’ho accostata a quella di 50 anni fa: siamo sempre noi! Tutti e due, in modo diverso, compiamo un anniversario di 50 anni…

È bello raccontarci la storia di una vita.

Senza una storia l’amore non è un amore.