mercoledì 31 luglio 2024

Tutta la concretezza della spiritualità

 

Una spiritualità è un insieme di linee-guida per il cammino di santità. Non è frutto di un progetto umano, ma un dono che Spirito per tracciare un cammino. È un progetto di santità integrale che penetra tutti gli aspetti della vita. Non riguarda soltanto la preghiera o l’unione con Dio, ma l’intero vissuto concreto. Non tocca soltanto l’anima, ma anche il corpo, la mente, l’affettività, la persona in tutta la sua interezza.

Se poi si tratta di una spiritualità di comunione esso riguarda tutte le dimensioni sociali della vita.

A volte si avverte una disarmonia nella vita delle persone e delle comunità dovuta allo squilibrio tra le diverse componenti di vita: si accentuano alcuni elementi a scapito di altri. A lungo andare si ingenerano, nelle persone e nelle istituzioni, stanchezza, disagio, stress, depressione... 

Ed ecco l’intuizione di Chiara. La spiritualità è vivere l’amore. Ma l’amore ha molte espressioni, è come un diamante che ha molte sfaccettature, è come il rifrangersi della luce bianca attraverso il prisma, che la spalanca nei sette colori dell’iride.

La prima scintilla ispiratrice – l’amore –, si esprime nei “sette aspetti” di vita, che riassumono l’intero vissuto, fino ad incarnarsi nell’economia di comunione, nel movimento politico per l’unità e nelle più varie realtà ecclesiali e sociali che caratterizzano il Movimento. Perché sette? La scoperta di questi aspetti di vita è avvenuta gradualmente. Occorrerebbe raccontarne la storia. Ad un dato momento Chiara legge nel libro dei Proverbi, che «la Sapienza ha costruito la sua casa, ha intagliato le sue dette colonne» (9, 1). Sette, il numero perfetto, il numero della totalità, della completezza.

Così anche oggi ho intrattenuto i vescovi parlando della concretezza dell’amore in tutte le sue espressioni…

Ho parlato anche dei carismi espressione delle varie dimensioni dell’amore e del compito del vescovo, in rilievo nella diocesi la diversità carismatica e aiutare tutti a vivere in proprio carisma come espressione dell’amore, in unità con gli altri, così da generare “luce” per tutta la Chiesa e per il mondo.

Nella diocesi ci sono anche tanti uffici, tante strutture, preposti a compiti particolari: quello per gli affari economici e il sostentamento del clero, quello pastorale, per la liturgia, per il patrimonio artistico, per la catechesi, per la comunicazione… Non potremmo vederli come “colori” di un’unica luce? come espressioni dell’unico amore? E non potremmo aiutare tutti coloro che vi lavorano a sentirsi espressione di un’unica luce, di un unico amore? E quindi a lavora in unità?

martedì 30 luglio 2024

In cammino verso il Padre

 

Era il 24 agosto 2016. Giorno indimenticabile. Noi tutti della Scuola Abbà, scendendo dalla sommità del Monte degli Ulivi a Gerusalemme, entrammo nella grotta dove Gesù e gli apostoli erano soliti dimorare quando erano in città. Chissà quante cose si sono detti in questa solitudine fresca e silenziosa. La tradizione vuole che lì Gesù, rispondendo alla richiesta dei discepoli, abbia insegnato loro: “Quando pregate dite: Padre…”.

Cantammo il Padre nostro. Fu uno dei momenti più belli del nostro pellegrinaggio. Mai avevo sento i miei amici così fratelli e sorelle e così uniti. Con loro accanto a me potevo dire “Padre”. Non a caso ci chiamiamo Scuola “Abbà”. Se abbiamo un Padre siamo davvero fratelli e sorelle… Quando uscimmo da quella grotta eravamo in una gioia indescrivibile e incontenibile. Giocammo a cercare, tra le cento e cento iscrizioni del Padre nostro che circondano le pareti del cortile, del chiostro, della chiesa, quella nella nostra lingua, compreso il calabrese e il sardo. Anch’io trovai la mia lingua “paterna”, il provenzale!

Poi, lentamente, per un misterioso richiamo, senza che ce lo fossimo detti, si ritrovammo tutti nella chiesa del Pater Noster. Rimanemmo lì in silenzio, a lungo.

Ebbi l’impressione, quasi fisica, che Gesù si ponesse accanto a noi e ci facesse rivolgere dove lui è rivolto, verso il Padre. Il “Padre nostro”: preghiera trinitaria per eccellenza: possiamo dire Padre soltanto se e perché siamo nel Figlio: figli nel Figlio. È Gesù che in noi ripete Abbà, Padre: è lui che prega in noi.

Mi sembrò di vedere Gesù che prendeva la mia mano destra e dall’altra parte Maria che prendeva la mia sinistra, e insieme mi orientavano verso il Padre. La mia vita ritrovava il suo orientamento: il Padre. Verso di lui si dirige il mio cammino di ogni giorno, in un avvicinamento progressivo…

È quanto ho raccontato oggi ai vescovi, al termine della mia conversazione, che aveva come tema la spiritualità dell’unità. Con questa mia piccola esperienza volevo comunicare loro che la spiritualità dell’unità è un cammino che porta davvero all’unità, al Padre…

lunedì 29 luglio 2024

La prossimità, stile di Dio e dei vescovi

 

Questa mattina, dalla finestra, un panorama diverso da quello dei giorni passati: la foschia sfuma la sagoma del noce che si erge solitario in mezzo al giardino e disegna appena il nascere del giorno, in un velo di mistero. Dopo un’intera giornata di viaggio eccomi a Seggau, un piccolo paese dell’Austria. Da Vienna a Graz il treno procede lentamente, per ore, tra le montagne. Non più le Dolomiti con le cime rocciose, ma boschi sterminati, in una straordinaria varietà di verde che cambia con calare della sera.

È cambiata anche la bella brigata con la quale condividere questi giorni estivi. Non più famiglie giovani, bambini, ragazzi… Sono con 60 vescovi e cardinali, provenienti da 27 nazioni, più qualche altro che si collega. In questa settimana ogni giorno devo offrire una meditazione che avvii la condivisione, i colloqui, in un esercizio concreto di sinodalità. Suggestivo e ispiratore il titolo dell’incontro: “La prossimità di Dio, stile dei vescovi in comunione”.

Intanto, a sera, la finestra mi mostra, dietro il noce, un'antica scuderia nel 1700...



domenica 28 luglio 2024

P. Paul Sion: Oblato autentico / 2

Una pagine del suo commento alle Regole


Aveva esperienza della vita missionaria, era sensibile e delicato, anche un po' timido; costante nel lavoro, un uomo attento ai dettagli, coscienzioso, cercava la perfezione. Il 2 dicembre padre Laurent Roy, segretario generale, elencò i compiti che gli erano richiesti: 1) assicurare il servizio di segreteria per la commissione post-capitolare sulle Costituzioni e le Regole; 2) preparare e redigere un commento agli scritti del Fondatore, per comprendere meglio lo spirito delle Costituzioni.

Padre Sion ha lavorato molto su questi due progetti. È stato il perno della commissione che ha preparato le Costituzioni e le Regole pubblicate nel 1982 e consegnate ufficialmente agli Oblati della Casa Generalizia il 17 febbraio 1983, quando Padre Sion era già in ospedale. Egli ha anche selezionato migliaia di estratti dagli scritti del Fondatore per aiutare a comprendere lo spirito dei vari capitoli delle Costituzioni e delle Regole. Padre Jetté e Padre Yvon Beaudoin diedero gli ultimi ritocchi all'opera e la fecero stampare nell'estate del 1983.

Padre Sion è stato anche Archivista generale dal 1981 al 1983. Grazie a questa carica ha potuto trovare negli Archivi di Propagande Fidei, nuove lettere del Fondatore, di cui ha dato conto sulla rivista “Vie Oblate life”. Anche se queste lettere sono piuttosto “burocratiche”, P. Sion ha colto un filo conduttore: “il suo ardente spirito missionario... una specie di fretta, di santa impazienza”…

Durante il congresso su “Gli Oblati e l’evangelizzazione” (Roma, 29 agosto-14 settembre 1982) viene ufficialmente fondata l'Associazione per gli studi e le ricerche sugli Oblati e padre Sion viene eletto presidente del comitato esecutivo.

All'inizio del 1983 si sentiva particolarmente stanco. Portato alla clinica Villa Stuart, il 7 febbraio una TAC rivela la presenza di un tumore ai polmoni, già diffuso in tutto il corpo; non è possibile effettuare un'operazione. Quella sera scrive nel suo diario: “Visita del P. Generale. Rivela le mie condizioni. Fiat”.

Il 17 febbraio, festa della Congregazione, scrive: “Rinnovo dei voti. Croce del Fondatore”. Sapeva che si stava facendo una novena al Beato Eugenio di Mazenod per la sua guarigione. Il giorno dopo, il 18, scrive una lunga nota: “Padre Santissimo, si compia la tua volontà nel mio corpo e nel mio cuore. Non la mia volontà, ma la tua santa volontà. Metto tutto nelle tue mani... Tuttavia, Signore Gesù, se vuoi, puoi guarirmi. Una volta non hai rifiutato questa preghiera di fede. Oggi te la presento umilmente per intercessione del nostro Beato Padre e Fondatore, che ha compreso così bene il tuo cuore misericordioso. Siamo servi inutili. Che il tuo nome sia glorificato secondo la tua santa volontà; ma ricorda che i tuoi miracoli ti hanno glorificato! Che mi sia fatto secondo la tua parola. Conservami nella tua pace e nel tuo amore, Gesù Salvatore. Amen”.

Il 3 marzo, p. Jetté ebbe l'opportunità di parlare con lui per qualche istante. “L’ho ringraziato per quanto ha fatto per la Congregazione”, scrive il Superiore generale, “soprattutto per il suo lavoro sulle Costituzioni. Mi ha detto che aveva ancora qualcosa da fare: il suo commento alle Costituzioni basato sugli scritti di padre de Mazenod. Mi parlò di padre Nogaret, che se ne era andato anche lui, nel momento in cui si stava preparando a scrivere sul Fondatore. Gli ho chiesto se avesse qualche desiderio da esprimere: No, mi ha detto, tutto è per la Congregazione!”

Il 6 marzo, in un altro incontro con P. Jetté, gli dice: “Sono pronto ad andare a Dio”. Dopo un attimo aggiunge: “Forse è presuntuoso dirlo!” Il 9 gli parla della sua sofferenza e della sua difficoltà a pregare. Non riusciva più a concentrarsi: “È la preghiera del povero! – scrive p. Jetté – Non sapeva più come sarebbe andata a finire e sentiva di dover avere molta pazienza”.

Il 18 marzo ha la sensazione che sia la fine: “Sono pronto. È tutto compiuto. Me ne vado felice”. Invoca il beato Eugenio di Mazenod, il vescovo Grandin, p. Albini e p. Gérard. “I minuti sono estremamente lunghi. Bisogna soffrire molto. È la passione che portiamo per la salvezza del mondo. Devo soffrire fino alla fine, come ha fatto Cristo... Penso a Santa Teresa di Lisieux, che ha sofferto molto prima di morire. Prego per il Laos; prego per la Congregazione; prego per le vocazioni, vocazioni forti e numerose... Prego per i poveri, prego per coloro che perseguitano gli altri e li fanno morire”.

Il giorno dopo, festa di San Giuseppe, offre a Dio le sue sofferenze in silenzio. Alle 23.43, all'inizio della notte, il Signore lo prende con sé.

 

sabato 27 luglio 2024

P. Paul Sion, missionario nel Laos / 1

Ecco pubblicato “Oblatio” 2024/1. È un numero numero speciale con il commento alle prime dieci Costituzioni della regola oblata, che costituiscono la descrizione della prima parte del “Carisma oblato”. È il commento di Paul Sion. Si tratta delle note di un ritiro che egli ha dettato agli Oblati à St. Norbert, Manitoba, in Canada, dal 26 al 30 aprile 1981 e successivamente agli Oblati di Augny, in Francia. Sono semplici note, a volte schematiche, che egli ha sviluppato nelle conversazioni a viva voce. Il lavoro che aveva svolto come segretario della Commissione preparatoria per la stesura del testo della Regola uscito dal Capitolo generale del 1980 conferisce a questo commento un valore tutto particolare, direi autorevole. Il ritiro tenuto a Augny è stato audio registrato in maniera amatoriale. Nonostante il passare degli anni le audiocassette consentono ancora l’incisione. Gli audio del ritiro sono scaricabili e udibili mediante i QR Code stampati al termine delle rispettive meditazioni.


Ho premesso un profilo di p. Paul Sion, una persona squisita, che ho conosciuto personalmente, con la quale ho ancora lavorato, ma che ho avuto modo di conoscere meglio scrivendo il suo ritratto.

Nasce l'11 ottobre 1926 ad Armentières, nella diocesi di Lille, da Émile e Marie Louise Delannoy. Il 4 novembre 1944 supera gli esami di maturità presso la Facoltà di Lettere dell'Università di Lille. Si dirige verso gli Oblati, dove due dei suoi zii erano già valorosi missionari nello Sri Lanka e nel Laos. Un altro era un Figlio della Carità. Entra nel noviziato a Pontmain il 31 ottobre 1945. Dopo il servizio militare - 1948-1949 - continua lo scolasticato a Solignac, dove fa i voti perpetui il 3 ottobre 1950. È ordinato sacerdote il 29 giugno 1952. Seguono tre “prime” obbedienze... a pochi mesi di distanza l'una dall'altra: il 31 gennaio 1953, per il Laos, dove già viveva lo zio Gérard Sion; l'8 maggio 1953 cambiamento: viene inviato a Ceylon per andare con lo zio Jean; e il 7 luglio dello stesso anno, viene di nuovo invitato a tornare in Laos.

Durante i 22 anni di permanenza in Laos, si dedica soprattutto all'educazione dei giovani presso il seminario minore di Paksane. In un biglietto ritrovato tra le sue carte, scrive: “Il mio desiderio era andare sul campo, per i villaggi. Ho svolto il mio lavoro di educatore, sia perché mi piaceva (e indubbiamente avevo alcune qualità per farlo), sia perché non c'erano volontari, sia perché, alla fine, era una missione meravigliosa e indispensabile per preparare la prossima generazione e i primi sacerdoti del Paese”. Una delle sue grandi gioie prima di morire è stata quella di sapere dell'ordinazione episcopale di uno dei suoi ex studenti, p. Jean Khamsé, l'unico Oblato rimasto in Laos. Rimase fino al 1975, quando tutti i missionari furono espulsi.

La trentina di Oblati francesi espulsi si riunì a Saint-Walfroy in agosto. Padre Jetté, il superiore generale, presentò loro una lista di Paesi che richiedevano missionari: l'estremo nord del Canada, l'America Latina, Haiti, Tahiti, il Borneo e molti altri. Alla fine dell'elenco, dopo qualche esitazione, disse che c'era bisogno di aiuto anche a Roma, nella segreteria e negli archivi. In particolare, per dedicarsi allo studio degli scritti del Fondatore.

A pranzo p. Paolo disse al Superiore Generale: “Quello che ha detto alla fine del suo discorso di questa mattina mi interessa molto”. La sera stessa, il 27 agosto 1975, scrive a padre Jetté: “Essendo arrivato dal Laos due mesi fa, devo confessare che sono venuto a questo incontro contento di ritrovarmi con i miei confratelli, ma anche molto turbato e molto perplesso sul lavoro che avrei potuto svolgere al servizio della Chiesa. Dopo 22 anni di insegnamento in vista delle vocazioni per il Laos, ieri ho cominciato a chiedermi se il seminario di Tahiti non fosse il luogo dove continuare in questa linea. Per settimane ho pregato: “Signore, cosa devo fare? Ci sono molte offerte, molte chiamate, ma mi sento così impreparato ad affrontarle! Ora, la sua conversazione di questa mattina ha toccato il mio cuore. E mi sento sinceramente attratto da questo lavoro di ricerca sugli scritti del Fondatore e da tutto ciò che mi hai detto in proposito. Durante il mio percorso scolastico, mi sono sempre interessato a tutto ciò che riguardava il Fondatore, e a suo tempo ho fatto delle ricerche con diversi confratelli. Ho portato questo lavoro con me in Laos, dove poi è andato perduto. Non importa, era il lavoro di un novizio, per così dire; laggiù, mi sono rammaricato di non potervi dedicare tempo... Eravamo costantemente assorbiti da altri lavori. Può quindi capire come la sua proposta mi abbia colpito. A parte l’interesse molto vivo per il Fondatore, non ho particolari qualifiche, se non quella di essere un uomo metodico, un uomo d'ordine, e come tale mi sono occupato per molti anni della biblioteca di Paksane. Le dico queste cose con semplicità, come lei mi ha chiesto, restando ovviamente disponibile per un'altra missione, se lo ritiene preferibile”.

Il 25 novembre ricevette l'obbedienza per la Casa Generalizia. E inizia tutta un’altra storia…

 

venerdì 26 luglio 2024

Nonni e anziani...


Il mio luglio: una settimana con adulti, una con famiglie giovani e bambini, una settimana con persone anziane. Con quest’ultima settimana ho iniziato la preparazione della giornata dei nonni e degli anziani indetta da Papa Francesco per domenica prossima, in vicinanza con la festa di santi Gioacchino e Anna.

«Voi - ha detto il Papa riferendosi agli anziani - siete una presenza importante, perché la vostra esperienza costituisce un tesoro prezioso, indispensabile per guardare al futuro con speranza e responsabilità. La vostra maturità e saggezza, accumulate negli anni, possono aiutare i più giovani, sostenendoli nel cammino della crescita e dell’apertura all’avvenire, nella ricerca della loro strada. Gli anziani, infatti, testimoniano che, anche nelle prove più difficili, non bisogna mai perdere la fiducia in Dio e in un futuro migliore… E che dire del loro ruolo nell’ambito familiare? Quanti nonni si prendono cura dei nipoti, trasmettendo con semplicità ai più piccoli l’esperienza della vita, i valori spirituali e culturali di una comunità e di un popolo!».



mercoledì 24 luglio 2024

Prato, una santità diffusa

 

Una cittadina piccola come Prato – almeno un tempo era così – ricca di tanta santità! Varrà la pena percorrerne le strade per conoscere tanti santi… Per il momento, oltre a quelli già presentati, mi accontento di un elenco provvisorio…

Venerabile Benedetto (Mattia) Bacci, Poggibonsi (13 settembre 1591 + Prato 2 maggio 1658 o 3 marzo 1659). Sacerdote francescano. Ha vissuto per lungo tempo a Prato ottenendo per i suoi meriti la cittadinanza onoraria. Nel 1897 per le sue virtù eroiche è stato decretato Venerabile. Soggiornò a lungo nel convento francescano del Palco, dove morì.

Sant’Antonio Maria Pucci, Poggiole, Vernio, Prato, 16 aprile 1819 + 12 gennaio 1892. Sacerdote dei Servi di Maria. Proclamato beato il 12 giugno 1952 da Pio XII e il 9 dicembre 1962 Giovanni XXIII lo dichiara Santo.

Venerabile Cesare Guasti (Prato, 4 settembre 1822 + Firenze, 12 febbraio 1889). Giornalista scrittore. Segretario dell'Accademia della Crusca. Direttore dell'Archivio di Stato di Firenze. Presidente del consiglio di amministrazione del conservatorio di San Niccolò in Prato.

Marianna Nistri (1843-1905). Sentì fino da bambina il desiderio di diventare suora salesiana per dedicarsi all’educazione della gioventù, all’assistenza dei poveri e degli ammalati. Ma la perdita della mamma e poco dopo anche del babbo, la chiamarono a far da madre ai piccoli fratelli. Cresciuti i fratelli ella restò libera dalle cure familiari; libera di dedicarsi interamente alla preghiera ed alle opere di carità, fondando un ospedale per le bambine poveri…

Don Didaco Bessi (Iolo, Prato, 5 febbraio 1856 + Prato,25 maggio 1919). Fondatore delle suore Domenicane di Santa Maria del Rosario di Iolo. La fase diocesana della causa di beatificazione, aperta solennemente il 23 settembre 2013, si è conclusa il 21 ottobre 2016.

Beata Maria Margherita Caiani (Poggio a Caiano, 2 novembre 1863 +Firenze,8 agosto 1921).Fondatrice della congregazione delle Minime Suore del Sacro Cuore. Il 23 aprile 1989 è stata proclamata beata a Roma da Papa Giovanni Paolo II.

Virginia Frosini (1880–1964). Orfana di madre all'età di nove anni, sposò Giulio Frosini nel 1906. Nell'autunno 1934 organizzò un oratorio per i ragazzi del quartiere di San Fabiano, che era il più povero della città. Faceva giocare i ragazzi e provvedeva a dare loro la merenda, i vestiti ed anche le scarpe, aiutata da altre donne volenterose. Prese in affitto una piccola casa e vi ospitò una ragazza madre con un bimbo di pochi mesi. Nacque così l'Istituto S. Rita. Riuscì a creare una comunità organizzata come una famiglia.

Rosa Giorgi (1863-1910). A dieci anni, rimane orfana di madre e poco dopo cominciano a manifestarsi sul suo corpo i primi problemi cutanei che nel corso della vita si acutizzeranno sino alla cecità. Nel 1891 fonda un istituto di accoglienza per piccoli, colpiti, come lei stessa in tenera età, da disgrazie familiari. Spenderà la sua vita, fortemente compromessa dalla malattia, per questo sogno, nato in seno alla propria esperienza personale. Una mistica straordinaria tutta da riscoprire.

 

La Santa di Prato

 

Questa non è una santa di Prato, è “la” santa di Prato.

Il nostro itinerario dovrebbe iniziare da Firenze, dal palazzo della famiglia de Ricci, in piazza dell'Annunziata, dove è nata nel 1522, e subito dopo nel vicino convento di Monticelli dove ha studiato da bambina.

Prosegue poi in via Galcianese, alle “quattro strade” dove possiamo ancora vedere l’antica casa di villeggiatura della famiglia, dove la piccola Caterina passava le vacanze correndo per i campi.

In quel periodo, quando aveva 10 anni, avrà conosciuto il giovane Filippo Neri prima che questi lasciasse definitivamente Firenze? Un giorno mostrarono al santo il ritratto di Caterina ed egli esclamò: “Non è il suo vero ritratto… Suor Caterina era più bella…; aveva un volto ridente e gioviale”. Quel volto di bambina, vista per le strade della città, gli era rimasto impresso per sempre.

Il nostro itinerario si dirige decisamente verso il monastero di san Vincenzo, davanti al convento di san Domenico, dove entra a 14 anni e rimane fino alla fine della vita, nel 1590. Dovremmo quindi chiedere alle monache Domenicane di farci entrare nel convento, per vedere da vicino il corpo inconsunto della santa, la sua cella con il Crocifisso che l’ha abbracciata e che lei ha abbracciato, i chiostri, i corridoi…

Grande mistica santa Caterina de Ricci, da far concorrenza alle altre due grandi mistiche toscane: Caterina da Siena e Maddalena de Pazzi. Mistica che ha vissuto fisicamente esperienze interiori. Il 16 giugno 1541, festa del Corpus Domini, Gesù le cambia il cuore, dandole un cuore nuovo che le consente di stare in colloquio ininterrotto con lui e con Maria. La mattina di Pasqua dell’anno successivo – Caterina ha 20 anni – giunge il “matrimonio spirituale”; Gesù le impone un anello d’oro smaltato di rosso con un diamante bellissimo e le dice: «Questo ti do io in segno che tu sarai sempre mia, e in segno che mai sarai ingannata dal tentatore». Non mancano estasi, luci, locuzioni, profumi... Questo nei primi anni. Poi il silenzio, fino a quando confida la sua notte a Maria Maddela de Pazzi senza averne risposta.

Chissà perché quando si pensa alla mistica si ha spesso l’idea un po’ romantica di una vita evanescente, persa nell’aria, quasi che per immergersi in Dio si debba vivere nel disinteresse delle situazioni concrete della vita.

Visitando la chiesa potremo ammirare i bassorilievi che ne raccontano la vita: la ritraggono sempre sulle nuvole. Nel bassorilievo sull’altar maggiore il Crocifisso si stacca dalla croce e l’abbraccia, stando sulle nuvole; in quelli laterali Cristo le impone l’anello delle mistiche nozze, le muta il cuore, le appare Risorto, sempre sulle nuvole; ancora: la Vergine le dà in braccio Gesù Bambino, le dà la corona di spine, sempre sulle nuvole; oppure, stando sempre sulle nuvole, la santa salva un carmelitano in pericolo di annegare, o appare a san Filippo Neri. C’è un bassorilievo solo senza nuvole: la raffigura mentre guarisce una bambina cieca e storpia.

Per raccontare la sua storia basterebbe descrivere ad uno ad uno gli episodi significativi raccontati dai bassorilievi. Ma ne verrebbe fuori una santa… tutta sulle nuvole. Una santa da far rimanere a bocca aperta. Ma a cosa serve una santa sulle nuvole a noi poveri mortali che abbiamo i piedi per terra e siamo presi dagli affanni e dalle preoccupazioni di ogni giorno, che dobbiamo combattere con il traffico, con i figli che fanno confondere, con i debiti…?

È meglio far scendere la santa dalle nuvole, per vedere se sapeva camminare con i piedi per terra e se può insegnare qualcosa anche a noi. Basta prendere in mani le sue lettere per renderci subito conto che non dobbiamo per niente tirarla giù da chissà quali altezze. I piedi li aveva ben piantati in terra, come tutti i santi (altrimenti non sarebbero diventati santi). Eccola affaticata a trovare lavoro per le sue suore perché possano vivere. È sorprendente la lettera che, quando ormai è superiore del monastero, scrive al Granduca Cosimo de’ Medici. Parlando delle sue monache non gli dice, come ci si aspetterebbe da una mistica, che nel monastero ci sono 170 “anime”, o “suore”, ma 170 “bocche”, “et in molta povertà costituite”, che si trovano in “mancamento di grano”. Avrà certamente presente le loro anime, ma intanto deve sfamare 170 bocche e si dà da fare per provvedere i telai per tessere la lana. Deve far fronte ai lavori di ristrutturazione del monastero, trovare aiuti e mezzi di sussistenza per poveri e ammalati che vengono costantemente a bussare alla porta.

A un suo figlio spirituale domanda se ha da vendergli trentacinque o quaranta barili d’olio, «ma che sia olio dolce e buono», gli raccomanda; pagherà il giusto, ma con comodo «perché non abbiamo ora denari alla mano». E se lui non ha l’olio che veda da chi comprarlo per loro, e che intanto anticipi i soldi «perché non sappiamo più dove ci volgere per accattar denari».

Non le mancano le preoccupazione per parenti e conoscenti. Le viene il crepacuore al pensiero che il papà e lo zio sono in lite per questioni di soldi: scrive che «mi avete molt’afflitta» e li supplica di «riunirsi e pacificarsi insieme». Vale la pena leggere alcune righe della supplica che rivolge al padre perché perdoni il fratello: «Vi voglio pregare, per le viscere di Giesù Cristo, che c’à tant’amati: ch’esendo noi quelli che l’aviamo tant’offeso, non s’è sdegnato di umiliarsi a noi e fare per noi penitenzia. O non disse lui – essendo da’ giudei crocifisso tant’ingiustamente –: “Padre, perdona alle mia crocifissori, che non sanno quello si facciano”? Così voglio ch’ancor voi facciate, benché le ragioni fussero vostre».

E poi Caterina deve far fronte alle ingiustizie, alle calunnie, alle malattie, alle morti… Li aveva e come i piedi per terra.

Ma bastano i piedi per terra per diventare santi? Ci vuole anche il cuore in Cielo. Il segreto della santità di Caterina de Ricci era proprio la fede che le faceva vedere tutto venire dal Cielo, tutto come volontà di un Dio che è amore e che vuole il nostro bene: «non avvenendo nulla senza il suo divin volere». Non era automatico neanche per lei, naturalmente: «Conosco e vegho certo che, quando una persona si trova nelle angustie… è molto duro il persuadersi che sieno il meglio nostro». Eppure, con la fede nell’amore di Dio, «facilmente riceverem’ogni cosa dalla sua santissima mano, con un cuore tutto contento, e ringraziandolo sempre ch’adempia sopra di noi il suo santissimo volere».

Così scrive alla mamma: «Bisogna che la nostra carissima madre el’mio onorando padre si conformino con la volontà loro al Creatore, il quale permette tante tribolazioni acciò non ci appicchiamo a questo mondo e abbiamo causa di riconoscere il nostro Dio buono (…) che Gesù ci ama, ci promette molto bene acciò diventiamo oro perfetto nella fornace della tribulazione».

In concreto le suore si faranno sante facendo le suore, osservando quello che la regola chiede loro, ma «allegramente e volentieri», anche quando le osservanze «son faticose ed è com’il martirio». Mentre i laici devono farsi santi stando nel mondo, compiendo i loro doveri «con quiete di mente, con dirizzare tutte le loro operatione a lui [a Dio] et – secondo che può capacitare la fragilità humana – hunirsi a lui, ma allegramente».

L’importante – scrive in un’altra lettera – è che nel compiere il volere di Dio «siate allegro e tegniate el vostro quore pieno di Jesù, nel quale guardarvi che non vi entri manichonia né accidia, che non potrebbe starvi Jesù, - ché lui non vi vuole questi ornamenti, ma si bene di pace, di quiete e di uniformità al voler suo». Il frutto? La gioia! «Chi ama Giesù con tutto il cuore, ogni cosa è dolce e suave».

Non c’è bisogno di tirare santa Caterina giù dalle nuvole. Nonostante gli iconografi l’abbiano messa tanto in alto, lei è accanto a noi, come tutti i santi e a noi, da qui, indica la via del Cielo, quella buona per tutti: prendere tutto direttamente dalle mani di Dio.

 

martedì 23 luglio 2024

A Prato con san Bernardino da Siena

Dalle abetaie di Val di Zoldo alle faggete di Pian di Novello…

Intanto continuo a preparare l’itinerario di visita ai santi di Prato. Dopo i beati Pietro, Giovanni Parenti e Brunetto de’ Rossi, sarebbe la volta del Venerabile dom Vito Caselli (1498-1566), il 70° Abate generale degli Olivetani, ma occorrerebbe andare al Monastero di Monte Oliveto minore, a Barbiano, San Gimignano… un’altra volta.

Per il momento ci fermiamo nella chiesa di san Francesco, a Prato. Oltre ai santi di Prato o vissuti a Prato, è opportuno conoscere anche i santi che sono passati dalla città e che vi anno lasciato una impronta durevole. Cominciando proprio da san Francesco che nel 1212, secondo la tradizione, venne a Prato per venerare la Sacra Cintola. Nacque allora la comunità dei frati. Agli inizi del 1228, due anni dopo la morte del Santo è documentata la prima piccola chiesa di San Francesco, la prima chiesa a lui dedicata, prima ancora della grande basilica di Assisi. Il 24 luglio, solo otto giorni dopo che papa Gregorio IX aveva proclamato Santo il Poverello d’Assisi, il Comune di Prato comprò per i frati Minori un’altra porzione di terreno, “nel luogo detto l’Oliveto” dove fino ad allora c’era stato il patibolo per le esecuzioni dei condannati a morte, perché vi potessero costruire l’attuale chiesa e il convento.

È in questa chiesa che san Bernardino da Siena ha lasciato un’impronta importante quando, nel 1423, venne a predicare la Quaresima. In quei giorni Nicola di Lorenzo fu travolto da un toro: era uno degli incidenti che accedevano allora. Portarono il moribondo ai piedi di Bernardino che lo benedisse con il nome di Gesù. Nicola di Lorenzo guarì all’istante: era uno dei miracoli che accedevano allora. Questa storia, assieme alle altre della sua vita, sono state dipinte in un ciclo di affreschi nelle lunette del chiostro.

Ma forse la cosa più bella che ha lasciato a Prato, nella chiesa di san Francesco, è la tavola con dipinto il nome di Gesù. Fino a qualche anno fa era collocata sotto il pulpito dal quale il santo predicava, adesso è nella cappella a sinistra dell’altare maggiore.

San Bernardino predicava con in mano quell’icona che gli serviva per spiegare l’importanza del nome di Gesù.

Sembra che la sigla IHS sia comparsa già nel III secolo per indicare il nome ΙΗΣΟΥΣ (cioè "Iesous"). Le lettere H e S erano rispettivamente una eta e una sigma dell'alfabeto greco (nelle abbreviazioni si utilizzavano le prime due lettere del nome e l'ultima).

Questa abbreviazione è stata successivamente interpretata come una sigla: delle parole che sarebbero apparse a Costantino, “In Hoc Signo” (vinces), oppure “Iesus Hominum Salvator”. Il monogramma di Gesù fu promosso anche da Giovanni Colombini, Vincenzo Ferrer...

Il trigramma di Bernardino da Siena, sormontato dalla croce che si interseca con la h, è inserito in un sole che ricorda Cristo luce e calore, con dodici raggi serpeggianti come i dodici apostoli, a ognuno dei quali è legata una litania sul nome di Gesù, e otto raggi diretti come le beatitudini… Tutto attorno le parole di san Paolo: “Nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi, sia degli esseri celesti, che dei terrestri e degli inferi”. Insomma tutta una catechesi con la quale san Bernardino teneva incantate le persone, e che rimaneva incisa nei cuori e sulle pareti delle case, a cominciare dalla facciata del Palazzo della Signoria a Firenze.

Sant’Ignazio di Loyola lo adottò come sigillo e presto divenne l’emblema della Compagnia di Gesù. Per questo lo troviamo sullo stemma di Papa Francesco.

 

lunedì 22 luglio 2024

A Prato dal beato Brunetto de’ Rossi

Dai Poggi di sopra con il beato Pietro e dai Poggi di sotto con il beato Giovanni Parenti

https://fabiociardi.blogspot.com/2024/07/santi-prato.html

scendiamo decisamente in città.

Ma il nostro itinerario, alla scoperta del beato Brunetto de’ Rossi, nato nel 1221, dovrebbe iniziare da Piazza del Popolo a Roma, più esattamente dalla chiesa di Santa Maria del Popolo. Brunetto da Prato, di famiglia nobile da parte del padre e della madre, era andato a Roma chissà per quali affari o in pellegrinaggio e prese a frequentare quella chiesa dove vi erano gli Eremitani di sant’Agostino. Fu conquistato dalla vita della comunità e chiese di farne parte: aveva 30 anni quando prese l’abito religioso, nel 1252.

I pratesi, a conoscenza della santità del loro concittadino tanto dissero e tanto fecero che riuscirono a farlo tornare a Prato. Naturalmente Brunetto non si fermò in città, ma cercò un luogo appartato dove potersi ritirare con i suoi compagni. Finalmente trovò una chiesetta sul Monteferrato.

Il nostro itinerario ci porta così al chiesino di Cavagliano. La prima costruzione risale al 1217, ad opera del prete Benvenuto di Lazzaro da Montecuccoli, che vi abitava assieme alla mamma Bellaccia. Quando la mamma morì cappella e casetta vennero abbandonate, fino a quando vi arrivò, nel 1254 Brunetto con tre suoi compagni: fra Giuseppe, fra Guido e fra Donaldo. La chiesetta ora si chiamava Santa Maria in Monte Maggiore, poi sant’Anna Vecchia. Vi rimasero per 15 anni, fino al 1269.

Il nostro itinerario deve ora scendere a valle. I pratesi volevano infatti Brunetto e i suoi frati più vicini alla città e gli costruirono il conventino e la chiesa di sant’Anna in Giolica. Quivi morì nel 1296: aveva circa 75 anni. Fu sepolto nell’attuale chiostro, che allora era cimitero. Subito dopo la morte ha goduto del titolo di beato.

Un’antica sua raffigurazione si scorge sopra la porta della chiesa, nella parte interna, con l’iscrizione che ricorda la data della sua morta, 11 marzo.

 



domenica 21 luglio 2024

Un'esperienza che non finisce...

Siamo partiti... Ognuno porta con sé tutti gli altri, arricchiti da un'esperienza così bella. Sulla via del ritorno i messaggi si susseguono... Ne riporto alcuni soltanto. 

Grazie a ciascuno per questi giorni di Paradiso in terra vissuti insieme e un augurio di buon rientro nonostante tutto. Vi abbracciamo

Grazie di cuore a tutti e ciascuno. Grazie per le piccole attenzioni, per quelle che ho notato e quelle che non ho notato.

Grati per questa bellissima settimana. Ringraziamo ciascuno, senza il contributo di ognuno non sarebbe stata così bella!

Grazie a tutti per questa settimana meravigliosa!!!

E' stata una stupenda vacanza, fatica a parte!! alla prossima carissimi!

Giorni straordinari!! Rimarranno, con ciascuno/a di voi, nel cuore!

Grazie a tutti, giorni d'oro!!

Ci sembra di avere un cuore più grande...arricchito dall'amore e dalla vita di ciascuno!!! A presto

Grazie a tutti Voi per questa meravigliosa settimana. A presto

Grazie a tutti per questi giorni, sono stati meravigliosi!

Al termine di questa settimana, volevo porgere un sentito ringraziamento agli organizzatori, a Padre Fabio ed a tutti i partecipanti a questa  vacanza... esperienza bellissima, sicuramente da ripetere. Ho respirato veramente un bel clima di famiglia. Grazie, grazie.

Si rischia di essere ripetitivi.... ma anch'io voglio ringraziare tutti per la grande esperienza di famiglia che abbiamo fatto nella "miracolosa" vacanza geniale!  Ora nel cuore la grande ricchezza di tutti i vostri volti, le vostre storie, le vostre famiglie... un abbraccio a tutti

Noi siamo già in fase nostalgia! Un grande GRAZIE a tutti voi per aver reso questa nostra prima esperienza bellissima!



sabato 20 luglio 2024

Quanto si impara...

Una foto così vale più di molte parole. E non siamo tutti…

Quante cose si imparano dai bambini: un pianto disperato e un momento dopo tutto è passato; l’incanto e la meraviglia davanti al bello: basta una libellula sull’acqua, una formica che trascina un seme; la fantasia che non ha confini…

Quante cose si imparano dai genitori: la pazienza senza fine, anche e soprattutto quando un figlio ha un problema; il coraggio nel portare avanti la famiglia in una società che sembra boicottarla; la fede nel futuro…

Quante cose si imparano a vivere insieme tra famiglie diverse, pronte a condividere esperienze diverse, a lasciarsi interpellare da idee diverse…

Una goccia di speranza in un mare tumultuoso.





venerdì 19 luglio 2024

Vale di più

 Le vacanze geniali in famiglia stanno volgendo al termine.

Che montagne, che rocce, che foreste.

In questa cornice d’incanto risuonano parole di profezia:

“Se siamo uniti Gesù è fra noi. E questo vale. Vale più d'ogni altro tesoro che può possedere il nostro cuore: più della madre, del padre, dei fratelli, dei figli. Vale più della casa, del lavoro, della proprietà; più delle opere d'arte d'una grande città come Roma, più degli affari nostri, più della natura che ci circonda con i fiori ed i prati, il mare e le stelle: più della nostra anime!”

Più grande di questa natura meravigliosa? Allora è veramente grande… È lui che l’ha creata. Vale più il Creatore della sua creatura. È evidente, è chiaro. Ma ridircelo qui…


“E' l'èra sua: non d'un santo, ma di lui; di lui fra noi, di lui vivente in noi, edificanti - in unità d'amore - il Corpo Mistico suo e la comunità cristiana”.

È lui qui tra noi. Lo sguardo si posa su queste piccole meravigliose famiglie e sulla sua presenza.







giovedì 18 luglio 2024

La famiglia e il villaggio

 

Un’esperienza straordinaria vivere così un’esperienza insieme tra famiglie. Si intrecciano rapporti tra genitori, bambini, adolescenti, che difficilmente nella vita normale raggiungono tanta profondità. Si avverte davvero una presenza reale di Gesù in mezzo che informa ogni tipo di relazione. E non importano strutture organizzative complesse. Davvero per crescere un bambino non basta una famiglia, ci vuole un intero villaggio.

Oggi siamo ancora immersi in questa cornice straordinaria della natura, che non è soltanto cornice, ma vera e proprio soggetto protagonista: il lago di Alleghe, la valle del Gares… tutto dono di Dio.




 

mercoledì 17 luglio 2024

Ti ringrazio Padre che hai rivelato ai piccoli


Lasciamo il Passo Staulanza e ci inoltriamo nel bosco per un sentiero innervato da grandi radici di alberi. Quando raggiungiamo i ghiaioni che scendono dal Pelmo si apre un inaspettato orizzonte di monti di cime di boschi.

Rimango solo con Emma. Si ferma nel silenzio assoluto, si guarda attorno, e sussurra: “È bellissimo. È immenso”. Impronta del Creatore.

Più avanti mi chiede:”Ma questo è il paese di Babbo Natale?”. Magia della creazione.

Scopriamo i segnali bianchi e rossi che indicano il sentiero e la riflessione da teologica passa ad essere cristologia: “Sai chi ha disegnato questi segnali? Io penso sia stato Gesù che ci indica il cammino”. Emma non sa che la Parola di Vita di questo mese ci ricorda proprio che Gesù è il buon pastore che ci guida nel cammino della vita.

Infine, correggendosi, la riflessione ecclesiologica: “Forse i segnali non li ha disegnati Gesù. Li hanno disegnati i suoi amici”.

Nel Vangelo di oggi Gesù ringrazia il Padre per avere rivelato le cose ai piccoli…

Da parte mia adesso so tutto sul Gruffalò…