martedì 19 settembre 2023

La casa di Nazareth, casa del Sì di Maria

Il nostro ritiro prosegue. Per la prima volta celebro nella Santa Casa, come aveva fatto sant’Eugenio. 
La casa di Nazareth è la casa del Sì di Maria, quella nella quale ella ha vissuta da giovinetta, fino alle nozze.

Da tutta l’eternità Dio si era preparato il luogo più adatto e degno onde venire ad abitare: Maria! L’aveva preservata da ogni macchia di peccato e adornata di ogni grazia e bellezza. Mai egli si era reso così presente nella creazione come quando il Verbo si fece carne nel grembo di Maria. La terra abbracciò il cielo e lo raccolse in sé. Nessuna creatura ha mai conosciuto intimità più profonda con Dio, fusione di carne e di sangue, compenetrazione di volere e di esistenza. Chi più di lei può dire: «Io sono per il mio diletto e il mio diletto è per me» (Cant 6, 3)?

Anche dopo aver dato alla luce il figlio, il suo cuore continua a rimanere la stanza segreta, lo spazio interiore del raccoglimento nel quale ella “custodisce e medita” (cf. Lc 2,19; 2,51), prolungando il dialogo silenzioso, la lode del Magnificat per quanto Dio compie in lei e attorno a lei, nell’immedesimazione di destino e di vita con il Figlio.

E dopo le nozze? “Giuseppe la prese con sé”, nella sua casa. Anche dopo il ritorno dall’Egitto la Famiglia di Nazareth sarà andata ad abitare nella casa di Giuseppe, che ancora oggi appare ben distinta da quella della Vergine: le due case sono agli estremi opporti del piccolo villaggio.

Eppure quando si parla della “casa di Nazareth” le due “case” si fondono in un unico ricordo. Così hanno fatto anche i papi che sono stati a Loreto, come Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, o Paolo VI quando è andato a Nazareth.

La “casa di Nazareth” diventa una cosa sola con la “famiglia di Nazareth”, la vita vissuta insieme tra Maria, Giuseppe, Gesù, e quindi il rapporto d’amore che legava i tre, esemplare di ogni famiglia cristiana.

Dopo i grandi straordinari eventi attorno alla nascita di Gesù, comincia la vita nascosta di Nazareth.

«Ecco l'insegnamento di Nazareth – afferma ad esempio Giovanni XXIII in visita a Loreto alla vigilia del Concilio Vaticano II –: famiglie sante; amore benedetto; virtù domestiche, sboccianti nel tepore di cuori ardenti, di volontà generose e buone. La famiglia è il primo esercizio di vita cristiana, la prima scuola di fortezza e di sacrificio, di dirittura morale e di abnegazione».

Memorabili le parole di Paolo VI nella sua visita alla casa dell’Annunciazione a Nazareth: «Oh! come volentieri vorremmo ritornare fanciulli e metterci a questa umile e sublime scuola di Nazareth! Quanto ardentemente desidereremmo di ricominciare, vicino a Maria, ad apprendere la vera scienza della vita e la superiore sapienza delle verità divine! (…) Qui comprendiamo il modo di vivere in famiglia».

Ci siamo incontrati con l’arcivescovo in un dialogo profondo sulla vocazione del Santuario e sulla presenza degli Oblati. 

Il nostro ritiro ci ha portati anche nella Comunità Cenacolo una delle più di 60 comunità sparse per il mondo per il recupero di giovani problematici, fondata da suor Elvira appena partita per il cielo. Il nostro ritiro e otturo fatto da luoghi e testimonianze. 

Il 15 agosto 1993, in una lunga lettera per il VII Centenario del Santuario della Santa Casa di Loreto, Giovanni Paolo II richiamò i molti temi legati a questo luogo. Cito i primi tre soltanto.

La Santa Casa di Loreto è “icona” non di astratte verità, ma di un evento e di un mistero: l’Incarnazione del Verbo. È sempre con profonda commozione che, entrando nel venerato sacello, si leggono le parole poste sopra l’altare: “Hic Verbum caro factum est”: Qui il Verbo si è fatto carne. L’Incarnazione, che si ricorda dentro codeste sacre mura, riacquista di colpo il suo genuino significato biblico; non si tratta di una mera dottrina sull’unione tra il divino e l’umano ma, piuttosto, di un avvenimento accaduto in un punto preciso del tempo e dello spazio, come mettono meravigliosamente in luce le parole dell’Apostolo: “Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna” (Gal 4, 4). Maria è la Donna, è, per così dire, lo “spazio” fisico e spirituale insieme, in cui è avvenuta l’Incarnazione. Ma anche la Casa in cui Ella visse costituisce un richiamo quasi plastico a tale concretezza. (…)

Il racconto dell’Annunciazione, con al vertice la grande parola “piena di grazia” (kecharitoméne), proclama la verità fondamentale che all’inizio di tutto, nei rapporti tra Dio e la creatura, c’è il dono gratuito, la libera e sovrana elezione di Dio, tutto ciò insomma che nel linguaggio della Bibbia è racchiuso nel termine “grazia”. (…) La Santa Casa di Loreto, dove ancora risuona per così dire, il saluto “Ave, piena di grazia”, è dunque un luogo privilegiato, non solo per meditare sulla grazia, ma anche per riceverla incrementarla, ritrovarla, se persa, mediante i sacramenti. (…)

Il secondo momento del mistero dell’Incarnazione è, come accennavo sopra, il momento del “fiat”, cioè della fede: “Allora Maria disse: Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto” (Lc 1, 38). (…) Il secondo messaggio che risuona tra le mura della Santa Casa è, dunque, quello della fede. A Loreto si è come contagiati dalla fede di Maria. Una fede che non è solo assenso della mente a verità rivelate, ma anche obbedienza, accettazione gioiosa di Dio nella propria vita, un “sì” pieno e generoso al suo disegno. (…) Non si contano le anime di semplici fedeli e di Santi canonizzati dalla Chiesa che tra le pareti del sacello lauretano hanno avuto la loro “annunciazione” cioè la rivelazione del progetto di Dio sulla loro vita, e, sulla scia di Maria, hanno pronunciato il loro “fiat” e il loro “eccomi!” definitivo a Dio. (…)

Il terzo momento è, infine, quello dell’Incarnazione del Verbo, cioè della venuta tra noi della salvezza. La preghiera dell’Angelus lo rievoca con le parole sublimi del prologo: “E il Verbo si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi”. (…) Qual è, a questo proposito, il messaggio che la Santa Casa di Loreto, quale “Santuario dell’Incarnazione”, deve contribuire a diffondere nel mondo? Essa (…) rende in qualche modo “presente” quell’istante unico nella storia in cui la grande novità fece la sua irruzione nel mondo. Essa aiuta, perciò, a ritrovare, ogni volta, lo stupore, l’adorazione, il silenzio necessari davanti a tanto mistero.



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