Eccomi finalmente a Lussemburgo, per la prima volta! Ieri sera sono stato al santuario della Madonna della consolazione e oggi il mio intervento. La prima metà l'ho già pubblicato ieri. Ecco la seconda parte:
Chiara
Lubich, ha compreso che per essere conformi al “modello”, a Maria, occorre
diventare Maria, essere un’altra Maria. E questo va ben oltre la devozione a
Maria. Anche qui una sua esperienza, vissuta l’anno precedente al testo che
abbiamo letto.
Siamo
nel dicembre 1957. Lei stessa ha raccontato più volte quell’episodio. Lo
ascoltiamo in una conversazione colloquiale tenuta con i giovani del Movimento
dei Focolari, il 2 gennaio 1976:
Stavo
alla Villa Maria Assunta [a Grottaferrata - Roma] ed ero ammalata. Di fronte al
mio corridoio ci stava una cappellina con Gesù. Sono entrata per pregare il
Santissimo, e lì mi è sorta spontanea una domanda da fare a Gesù, ma che io
avvertivo non veniva da me, era troppo originale questa domanda, probabilmente
me l’aveva messa dentro lui stesso perché gliela facessi e per darmi una
risposta.
Allora
io gli chiedo: «Ma Gesù - stavo tanto male mi ricordo, e dico -, ma come mai tu
hai voluto rimanere su tutti i punti della terra con la dolcissima Eucaristia,
sei venuto qui pure da me, e tu che sei onnipotente non hai trovato un modo per
far rimanere sulla terra anche Maria, la tua madre, che ci aiuterebbe nel
cammino della vita?» E sono uscita subito di chiesa senza aspettare la
risposta.
Ho
incontrato la Vale, una focolarina, che fa unità subito. Le dico: «Senti, Vale,
sono entrata in chiesa e ho detto a Gesù così...». Come ho detto: «Senti,
Vale...» s’è stabilito Gesù in mezzo e m’è venuta la risposta, perché la
risposta viene da Gesù in mezzo. M’è venuta la risposta: «È perché voglio
rivederla in te», e in te significa in te e in tutti, in tutta l’Opera di
Maria.
Allora
era lui che mi aveva fatto fare questa domanda per dirmi: «Voglio che voi siate
tante piccole Maria nel mondo per l’umanità. Quindi apri le braccia e accogli
tutti come fosse Maria, canta le litanie e cerca di rispecchiarti in esse.
Canta le litanie e cerca di farti come le litanie», che dicono la bellezza di
Maria. Da quella volta è nato il senso che noi dobbiamo essere delle piccole
Maria.
Ed ecco
lo scritto, frutto di quella esperienza, che pubblica poco dopo, il 5 gennaio
1958, sempre sulla rivista “Città Nuova”.
Sono
entrata in chiesa un giorno e con il cuore pieno di confidenza gli chiesi:
«Perché volesti rimanere sulla terra, su tutti i punti della terra, nella
dolcissima Eucaristia, e non hai trovato, Tu che sei Dio, una forma per
portarvi e lasciarvi anche Maria, la Mamma di tutti noi che viaggiamo?».
Nel
silenzio sembrava rispondesse: Non l’ho portata perché la voglio rivedere in
te. Anche se non siete immacolati, il mio amore vi verginizzerà e tu, voi,
aprirete braccia e cuori di madri all’umanità, che, come allora, ha sete del
suo Dio e della madre di Lui. A voi ora lenire i dolori, le piaghe, asciugare
le lacrime. Canta le litanie e cerca di rispecchiarti in quelle.
“Madonna consolatrice degli afflitti”. È il bel titolo che onora questo santuario. È a lei che si sono rivolti da 400 anni generazioni di cristiani. A lei ci rivolgiamo con fiducia anche noi, sapendo che, come una madre consola un figlio, anche noi saremo consolati (cf. Is 66, 13).
Lei conosce
bene ogni nostra pena e sa comprenderci, perché è stata accanto al figlio suo che
pativa in croce, ed ha conseguito nella maniera più eccelsa la beatitudine
promessa nel Vangelo a coloro che piangono (cf. Mt 5, 5). Poiché Dio
l’ha consolata con la risurrezione di Gesù, è anch’essa in grado di consolare noi
suoi figli, quando ci troviamo in qualsiasi genere di afflizione (cf. 2 Cor
1, 3).
Come ci
ricorda la Costituzione del Concilio Vaticano II sulla Chiesa: «La Madre di
Gesù (...) brilla ora innanzi al peregrinante popolo di Dio quale segno di
sicura speranza e di consolazione» (LG 68).
Ognuno
di noi è chiamato a rivivere Maria, ad essere un’altra piccola Maria, con il cuore
in cielo e con i piedi sulla terra; tutti rivolti a Dio e tutti attenti alle
persone che ci sono attorno. Per essere anche noi una consolazione per quanti
incontriamo sul nostro cammino.
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