lunedì 26 febbraio 2024

Il deserto di apa Pafnunzio

 

Il Sahara. Chi avrebbe ma pensato che sarei giunto fin qua. Ormai la permanenza sta per concludersi.

Porto con me la comunità oblata, tanti immigrati con i quali ho condiviso alcuni intensi momenti di comunione, i pochi sahariani incontrati… E la vastità del deserto, quello fatto di sassi e quello fatto di sabbia… Le città tipiche del Magreb, l’oceano infinito…

Quanti doni ci fa Dio!

Rileggo adesso l’inizio del libro di apa Pafnunzio che scrissi 19 anni fa quando il deserto non l'avevo mai visto…:

Non era il deserto dalle dune di sabbia d’oro plasmate dal soffio del vento. Era un deserto duro, sassoso, d’un’altra austera bellezza, con rocce che sfumavano dal rosa pallido al verde azzurro, al rosso, al nero cupo. Deserto, perché landa scarsamente abitata, inospitale.

Per uomini dalla rude tempra come apa Pafnunzio era luogo ideale per il lungo cammino dell’ascesi. Arida e spoglia, senza beni né comodità, quella lontana regione non consentiva distrazione alcuna, invitava piuttosto a una separazione progressiva e radicale da ogni attaccamento, per centrarsi su ciò che rimane. Tutto vi era messo a tacere, perché una voce soltanto potesse essere udita e riconosciuta.

Terra privilegiata per la lotta con Satana che faceva emergere le falsità e gli idoli bugiardi che albergano nel cuore umano. Niente più v’era, dietro cui potersi nascondere.

Ogni anacoreta si ritrovava nudo davanti a se stesso e davanti al Dio unico e vero. Tentazione e prova lo conducevano alla piena conoscenza di chi egli fosse e di chi fosse Dio.

Luogo di morte dell’uomo vecchio, il deserto faceva riaffiorare l’immagine e la somiglianza di Dio, la vera identità dell’uomo nuovo.

Una sola parola udivano quelle rocce:

Conoscere me, conoscere Te.
Io sono nulla, Tu sei tutto.
Sei Tu, Signore, l’unico mio bene.

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