Kabir non era d’accordo: “Se dicendo Rām si raggiunge la salvezza, allora la parola “zucchero” basta a deliziare la bocca…”. Eppure, rivolgendosi a Dio, così confidava: “A forza di ripetere “tu. Tu”, sono diventato te; non c’è più io in me. Ho fatto un’offerta di me stesso: dovunque guardo, vedo te”.
Una volta oggi si celebrava il nome di Gesù. Quante cose belle leggiamo nel Nuovo Testamento su questo nome, che significa “Dio salva”: “…Non vi è altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale possiamo avere la salvezza”.
San Barnardino l’ho scritto su tutte le porte delle case e dei palazzi.
Noi vorremmo che fosse sempre sulla bocca di tutti.
Gesù, come l’hindu Kabir, ha detto che non basta dire “Signore, Signore…”.
Non basta. Però bisogna dirlo e lasciare che dalle labbra e dalla mente entri nel cuore.
Che al momento della morte, quando lo incontreremo faccia a faccia, io possa chiamarlo per nome: Gesù.
Grazie Padre Fabio. È vero: non chi dice Signore, Signore... Ma al giorno d'oggi è veramente necessario ripeterlo, per fermare la frenesia della vita, per non farsi distrarre da mille cose che non sono Lui.
RispondiEliminaBuon Anno.
Francesco