“Il cielo dentro di me”. Il titolo del libro scritto lo
scorso anno sembra essere adatto per iniziare la Quaresima, richiama l’interiorità
che questo periodo liturgico domanda di vivere.
Oggi, nella lettura del commento al Cantico dei Cantici di Bernardo
di Chiaravalle, sono giunto alla descrizione dell’anima definita come un “cielo”.
L’aveva definita così già Gregorio Magno. Ma l’aveva definita così, ricorda
Bernardo, Gesù stesso dicendo: “Io e il Padre verremo a lui e prenderemo dimora
presso di lui”. L’aveva detto anche Paolo affermando che “per la fede Cristo abita
nei nostri cuori”.
L’anima, continua Bernardo, si chiama “cielo” perché viene
dal cielo. «Ogni anima può non solo essere detta “celeste” a motivo della
propria origina, ma anche essere giustamente chiamata “cielo”, perché lo
riproduce… Un’anima santa è infatti un cielo…».
Però attenzione! «perché un’anima possa diventare come un
cielo e una dimora di Dio, dovrà essersi innanzitutto svuotata da tutte le cose
cattive… Inoltre è necessario che essa cresca e si dilati per poter accogliere
Dio». E come fare? «La sua ampiezza è il suo amore, come dice l’Apostolo: “Dilatatevi
nella carità”… Dunque, la grandezza di un’anima si misura dalla carità che
possiede…».
Poi Bernardo si guarda attorno e con sorpresa scopre tanti altri
cieli oltre la sua anima: «questa Chiesa, che è ancora pellegrina, ha i suoi
cieli, cioè gli uomini spirituali, insigni per vita e fama, puri nella fede,
saldi nella speranza, generosi nella carità, trepidanti nella contemplazione…
Essi mostrano il vangelo della pace».
Dilatare il proprio cielo con la carità e scoprire i cieli
degli altri: un bel programma per questa Quaresima.
Nessun commento:
Posta un commento