lunedì 27 maggio 2024

Giovanni della Croce accanto a Salvator Dalì

“È un Cristo bello come il Dio che Egli è”. Così Salvator Dalì descrive la sua Crocifissione, ispirata al disegno di san Giovanni della Croce.

Sono stato a vedere le due opere, di Dalì e Giovani della Croce, esposte assieme, per la prima volta, nella chiesa di san Marcello al Corso. È come se si specchiassero l’una nell’altro: in basso il minuscolo schizzo, quella di san Giovanni, in alto la grande tela di Dalì.

Il disegno di san Giovanni della Croce, conservato nel monastero delle carmelitane ad Avila, è frutto di una esperienza mistica. Ha le mani trafitte da chiodi enormi, schiacciato dal dolore. Chissà che esperienza è stata la sua. Potrebbe dircelo Josè Damián… Forse era legata all'esperienza nel carcere di Toledo. In quel momento non aveva né Bibbia, né ufficio divino, né Eucaristia... Aveva soltanto Gesù crocifisso. Quel suo schizzo indica proprio lo strazio e la solitudine che egli ha vissuto. 


Ma anche la pittura di Dalì, che vide lo schizzo di san Giovanni della Croce nel 1948, sembra frutto di una profonda esperienza religiosa.

Non ha chiodi, sembra che dica: “Nessuno mi toglie la vita, la do da solo, non ho bisogno di Chiodi per offrire il mio corpo in oblazione". Ed è bello, senza i segni della passione, senza sangue, già risorto.



Davanti a tutte e due le immagini si resta in contemplazione… 

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