Tre giorni di lezioni
con in gruppo straordinario rappresentativo di tutta la Famiglia paolina di don
Alberione: 20 membri della Società san Paolo, Figlie di san Paolo, del Divin
Maestro, del Buon Pastore, Cooperatori Paolini..., provenienti da tutto il
mondo. Hanno il coraggio di spendere un intero anno nello studio del loro
carisma, della storia della Famiglia, della sua vita oggi... Ed è già il XXV
anno che si tiene questo corso. Fantastico.
A me il tema sul
futuro della vita consacrata. Se
l’avessero domandato ai monaci dei inizio del secondo millennio avrebbero detto che stava appena
rinascendo l’eremitismo, con i Vallombrosani, i Camaldolesi, i Certosini... Era
quello il futuro che si stava delineando. Nessuno si sarebbe immaginato che da
lì a pochi anni tutta la vita religiosa si sarebbe rivoluzionata con l’arrivo
dei nuovi ordini mendicanti, che avrebbero lasciato i luoghi solitari per
andare a vivere in città, avrebbero rinunciato alla stabilità per l’itineranza,
alle grandi strutture per delle agili fraternità... I monaci dell’inizio del
secondo primo millennio non potevano prevedere le nuove forme di vita
religiosa che presto sarebbero sorte, ma lo Spirito Santo lo sapeva! Anche per
il terzo millennio, lasciamo che sia lo Spirito Santo a disegnare la vita
religiosa: lo sa fare meglio di noi, con molta più creatività. Eppure vedo che
si moltiplicano i libri sul futuro della vita religiosa...
Quello che possiamo fare è interrogarci su come oggi
siamo chiamati a vivere i valori fondamentali della vita consacrata, in modo da
poter affrontare le sfide del futuro e offrire proposte profetiche. Al termine
delle mie lezioni di questi giorni ho sviluppato cinque punti di riferimento
che penso fondamentali: il primato di Dio in una vita evangelica, il carisma e
la profezia, la comunione, la vicinanza e la solidarietà con la gente, il
dialogo a tutto campo.
Ed ho iniziato proprio con il primato di Dio in una
vita evangelica, qualcosa che potrebbe sembrare scontato. Non lo è affatto.
L’imborghesimento, il bisogno di uno status sociale, la ricerca dell’efficienza
dell’istituto e dell’autonomia personale hanno minato fortemente il primato di
Dio all’interno della vita consacrata. Senza questo primato la vita religiosa
non ha alcun senso. Entrando nel terzo millennio vorremmo portare con noi
soltanto il libro del Vangelo. Vorremmo che esso fosse - o tornasse ad essere -
unica fonte di ispirazione per l’intera nostra vita. I secoli e i millenni passano,
le parole di Cristo rimangono in eterno e nel tempo mantengono la freschezza e
la forza dirompente e propositiva di sempre. Esse riporteranno la vita
religiosa alla sua intuizione iniziale e fondamentale di sequela
Christi. L’inizio del terzo millennio
sarà segnato da un’analoga volontà di sequela? Possederà il medesimo anelito
della ricerca di Dio? Oppure il lavoro, l’organizzazione, le analisi, le
preoccupazioni soffocheranno il seme della Parola? O porteranno verso altri
cammini? O distoglieranno dall’Unico necessario? Se si tagliano le radici
l’albero inaridisce e muore.
Nata dal Vangelo, la vita consacrata o è alimentata dal
Vangelo o va inesorabilmente verso l’estinzione. L’imperativo per il terzo
millennio è: torniamo ad essere uomini evangelici, cristiani, uomini di Dio. Ho
detto “torniamo ad essere”. Ma forse non è il verbo adeguato. Dovrei dire:
“protendiamoci verso”. Si tratta di tornare alle radici evangeliche, senza
necessariamente ricalcare i moduli interpretativi trasmessici. La fedeltà non è
ripetività o restaurazione. È fedeltà allo Spirito. Se lui l'ha
suscitata, chi altri se non lui potrà vivificarla e spalancarle nuovi orizzonti? Più che i
nostri progetti e i nostri sforzi occorrerà la piena disponibilità e docilità
alla sua azione. Non è certo un invito alla passività e alla rassegnazione. È
piuttosto la richiesta di una vigile attenzione alle indicazioni che lo Spirito
dà oggi alla sua Chiesa.