Nizza, tre anni di studio intenso a Torino (9-11 anni), quattro
anni d’intensa pietà a Venezia (12-15 anni), una puntatina a Livorno, un anno di
noia a Napoli (16 anni), quattro anni a Palermo (17-20 anni). Che itinerario
italiano, quello dell’esule Eugenio de Mazenod!
Difficile da definire il periodo di Palermo, gli anni della prima giovinezza, quando d’improvviso si ritrova in un mondo pieno di attrattive e di promesse. Un periodo di contraddizioni, tra il bisogno di emergere, forgiare la propria personalità, seguire l’attrattiva per la bella vita mondata, e insieme il richiamo, la nostalgia per quella vita interiore sperimentata a Torino e Venezia.
Oggi ho raccontato questo periodo magmatico di Eugenio.
A proposito dei contrasti vissuti a Palermo basterebbe leggere
una pagina scritta dopo una serata passata a palazzo Butera. Grande festa,
fuochi d’artificio… fin quando, alle due di notte, iniziano finalmente le musiche,
i balli… Sarebbe il momento di lasciarsi andare. Invece una molla interiore lo trattiene:
«Quando mi trovo in mezzo a questa dissipazione, al rumore
degli strumenti e a questa gioia mondana, il mio cuore si stringe, la tristezza
si impossessa di me, e scelgo un luogo appartato dove, separato da tutto questo
mondo che mi sembra folle, mi abbandono a pensieri seri, anche malinconici, al
punto da essere tentato di piangere. Sono stato sorpreso più volte in questa
disposizione da persone di mia conoscenza, che volevano tirarmi fuori da essa,
non essendo in grado di spiegarlo.
È perché non ero nel mio elemento. Mi sono ritrovato come se
fossi necessariamente nel mondo. Non aveva alcuna attrazione per me.
Condannai questa dissipazione di cui ero testimone;
ripugnava a tutti i sentimenti della mia anima, che aspiravano a tutt'altra
gioia. Quanto maggiore era la dissipazione degli altri, tanto più violento era
il contrasto, e tanto più dominavano tutti i miei affetti. È così che mi spiego
questo strano fenomeno».
Quanto è attuale sant’Eugenio!
Nessun commento:
Posta un commento