Ogni giorno mi reco al santuario e mi fermo a parlare con i pellegrini
accampati nelle vicinanze, anche se pochi sanno l’inglese. Nella chiesa e
attorno la preghiera è costante, spesso in gruppo, con le cantilene tipiche di
queste regioni. Rimango sempre impressionato dalla devozione sincera della
gente, che prega con i gesti e i segni comuni alle altre religioni, buddismo e
induismo. Qualcuno prega con una intensità tale che sembra impossibile che la
Madonna non lo ascolti e lo esaudisca seduta stante.
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Tutto attorno la giungla. Piano piano mi rendo conto di cosa significa
essere circondati dalla giungla. Tra l’altro, oltre al caldo e all’umidità,
occorre abituarsi a convivere con gli animali. Non con gli elefanti selvatici
che attaccano l’uomo, non con i leopardi o i serpenti velenosi. Convivere nel
senso che tanti animaletti stanno proprio nella tua stanza. Io ho con me alcuni
coinquilini stabili: il solito geco timidissimo, il grosso ragno sornione, e
soprattutto un’intera famiglia di rospetti saltatori che di giorno dormono
beati arrampicati in alto verso il soffitto e di notte scorrazzano dappertutto
lasciando le loro inevitabili tracce. Inutile cacciarli, riappaiono
tranquillamente dalle mille apertura che ogni stanza deve avere per farla
arieggiare. Ci sono poi gli animali di passaggio: il camaleonte che tenta
inutilmente di mimetizzarsi su un filo della luce, la cavalletta impertinente.
Appena finisce un temporale compaiono nuvoli di insetti volanti che si
appiccicano addosso e guai a toccarli: ti rispondono subito con un odore
terribile. Non parliamo poi dei soliti insettini quotidiani… Mi difendo, come
posso, con la zanzariera.
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È roba da niente, se penso ai nostri missionari di un tempo. Come hanno
fatto a sopravvivere in queste regioni? Infatti tanti sono morti di
dissenterie, malaria e altre malattie tropicali. Dovevano imparare una lingua
così diversa dalla loro, abituarsi a usi, costumi, cibi completamente diversi…
Quando il primo gruppo di Oblati arrivò in Sri Lanka, durante il cammino
per Jaffna loro prima destinazione, a uno dei quattro fu chiesto di rimanere a
Mannar, a pochi chilometri da qui: solo, senza sapere la lingua, sperduto in un
paesino da niente, come ho visto in questi giorni, tra gente che non conosceva,
senza mezzi di sussistenza… Erano proprio degli eroi. E ci credevano!
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