Preparando la guida
per la visita ai santi di Prato, ho letto parecchio riguardo al venerabile
Cesare Guasti, uomo dell’Ottocento. Non è un santo che a primo acchito risulti
a tutti simpatico. È riservato e operoso, di ufficio,
di carte, di archivio, di ricerca, di libri: un intellettuale. Fra l’altro questo
è un mondo e un lavoro che gli piace. «Queste cartapecore – scrive
scherzando – hanno per noi dell’attraente, pogniamo che non s’abbia poi una
cartapecora per cuore». È una dimostrazione che si può essere santi in ogni
condizione di vita, anche facendo l’archivista.
Quello che non ho
riportato nella guida sono le sue impressioni di Roma (la guida è su Prato!).
Venne una volta sola a Roma, dal primo al 15 aprile 1869, allo scopo di
svolgere un’indagine sui manoscritti e codici del monastero di Farfa.
La cupola di san
Pietro non gli fa nessuna impressione: la mette a confronto con quella di Brunelleschi
a Firenze e naturalmente la trova meno bella… Anche l’interno non gli piace. «Ma
arrivato alla Confessione, che è dinanzi all’altare di mezzo, e affacciatomi, e
veduto il bel Pio sesto che prega inginocchiato dinanzi il Sepolcro di S.
Pietro, in verità vi dico, che mi sentii commosso, e pregai di cuore».
Comunque alla fine
anche lui si lascia ammaliare da Roma:
«Domenica mattina mi
feci portare a San Giovanni Laterano, che è una basilica bellissima
all’estremità di Roma; e lì presso è la Scala santa. Veduto San Giovanni me ne
venni bel bello al Colosseo, che veramente mi commosse. Mi pareva di vedere
sbucare da certe fosse le fiere, e i Martiri aspettarle sereni, tra le grida di
una plebe feroce: plebe anche l’imperatore che comandava la strage de’
Cristiani, e stava a mirarne lo strazio. Quella terra che io pestavo (ma vi
dico, con riverenza) era stata inzuppata di sangue cristiano! E però si veggono
intorno intorno disposte quattordici edicole con i fatti della Passione di
Nostro Signore, che si contemplano nella via crucis. Nel mezzo poi sorge una
gran Croce; e lì presso è un povero pulpito, dove in certi giorni si fa una
specie di missione. Cominciò questo pio uso il beato Leonardo da Porto Maurizio
[...] Uscito dal Colosseo, salii al Campidoglio, passando di sotto agli archi
trionfali, in mezzo a colonne che sono avanzi di templi pagani, presso la via
detta Sacra (si vede l’antico selciato scoperto) per la quale i trionfatori
romani andavano al tempio di Giove Capitolino, là dove oggi nella chiesa di
Araceli stanno i poveri figliuoli di S. Francesco!».
Allora lo facciamo
santo davvero!
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