Uno dei postulanti oblati |
Mi conduce l’unico Oblato non africano
presente in Kenya, p. Jerry, un australiano simpatico e pieno di energie. Dopo
aver lavorato per 15 anni come ingegnere minerario è entrato tra i missionari
ed eccolo ora con la sua auto-camioncino a macinare chilometri.
Visitiamo due missioni soltanto inoltrandoci
nella terra dei Masai. Siamo a oltre 1600 metri, su un altopiano appena
ondulato, dove pascolano mandrie di buoi e greggi di capre, la ricchezza di
questo popolo fiero. Sono affascinato dalla fierezza di alcuni mandriani
vestiti con il costume tradizionale a scacchi rosso e nero, con in mano il
bastone. Alcuni sono appena dei ragazzi.
L’entrata del villaggio della missione più
lontana è sbarrata da un grande cancello e uomini che controllano l’accesso. Occorre
firmare un apposito registro, un modo per garantire un po’ di sicurezza.
La chiesa, in lamiera, è stata costruita dalla
gente in poco più di un mese. Manca ancora il pavimento, ma la settimana
prossima il vescovo la consacrerà comunque. Alcuni parrocchiani ci accolgono
con grande festa.
Mi ricordo che in questo Paese la metà
della popolazione ha meno di 30 anni…
L’altra missione è costituita da una
chiesetta ormai antica. Vi vive il catechista, che regolarmente raccoglie i
cristiani del villaggio per la scuola di canto, il catechismo, la preghiera…
Fuori del recinto stazionano, tranquilli, tre
asinelli che si strusciano al nostro mini furgone.
Ho computo davvero uno splendido safari,
anche senza grandi fuoristrada e incontrando animali così umili, e soprattutto
gente così bella.
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