mercoledì 23 luglio 2025

L'alfabeto matto / I-L

 

La nostra vacanza geniale prosegue imperterrita, ed oggi s’è consumata in un prato con laghetto attrezzato per far contenti bambini e ragazzi.

Se ieri ci ha ispirato santa Maria Maddalena, oggi è stata la volta di santa Cristina di Svezia. Io mi faccio forte delle mie conoscenze romane in merito: il piede della Maddalena a san Giovanni dei Fiorentini, la casa di santa Cristina a piazza Fornese… Ma hanno ben altro da insegnarci le due.

I

Quante parole brutte escono da me:

Invidia

Ignavia

Inettitudine…

Ci sono poi quelle alle quali do il privativo 

In 

traviando anche le più belle.

Ed eccoti

Incapace e Intollerante

Inefficiente e Ignorante.

Ma so innalzarmi fin’anche all’

Infinito

e fermo il tempo con l’

Intanto.

Mi volto indietro e guardo a

Ieri

e mi volgo a guardare anche

Innanzi.

Sono la lettera più piccola:

per favore non dimenticate

il puntino sull’i.

L

Limoni di Sicilia

Limone sul Garda 

la battaglia di Legnano…

Nel mio incedere

Lento e Largo

Faccio Linguacce!

A parte gli scherzi

qual è la parola 

che più compor me piace?

Luce.

Non quella, e pur la scrivo, che

Lampeggia un attimo soltanto.

Quella che si al-Lunga e

Al-Lumina la vita tutta e guida

Lontano lontano: fino alla

Luce perpetua.









martedì 22 luglio 2025

L'alfabeto matto / G-H

Tre parole soltanto per questi giorni quassù in Alta Val Badia, con attorno Marmolada, Civetta, Pelmo e i monti di Corvara; le tre parole che danno il titolo alla convivenza di famiglie giovani che s’incontrano ormai da qualche anno quassù sulle Dolomiti: siamo quasi 170 e più della metà bambini e ragazzi, per le “Vacanze geniali in famiglia”.

Vacanze: sono tali davvero, con escursioni su per i monti e momenti conviviali di profonda amicizia, di giochi, di festa  

Geniali: ad animarle è l’amore fraterno fra tutti, fatto di rispetto, accoglienza, condivisione e da un sottofondo di spiritualità che si esplicita soprattutto nella messa, apice della giornata.

In famiglia: per la forte convinzione che i valori umani e la fede cristiana si trasmettono soprattutto in famiglia, con senso di reciproca responsabilità e di condivisioni del vissuto, giorno per giorno: le “Vacanze geniali” divengono un momento di intensa sperimentazione…


G

Son Gioconda fin dall’inizio del

Giorno.

Gioviale

Godo delle piccole cose.

Giovedì leggo il

Giornale e trovo che il mondo va male male.

Cosa potrei fare per far tornar la pace?

Non sono un Genio e ha mia disposizione

ho un Gioco solamente:

 è il Girotondo

per far giocare non solo i piccoli,

ma soprattutto i Grandi del mondo e

di Grado in Grado

far Germogliare

un’intesa solidale.

H

Sono muta e silenziosa.

Ho sempre bisogno di un’altra lettera

per esprimermi.

Lo ritieni un 

Handicap

o non è questo un vantaggio?

Quando siamo in tanti

abbiamo 

tutto un comune

e di me non c’è bisogno.

Ma quando qualcuno è solo 

Ha - sì, proprio con la H -

Ha bisogno di me.





lunedì 21 luglio 2025

L'alfabeto matto / E-F

“In tràfine fatte”. Così mia mamma diceva delle cose fatte in quattro e quattr’otto. Appena aveva terminato di cucire un vestito in poche ore era “in tràfine fatto” o “fatto e stampato”.

Avevo sentito dire che il prete di Cutigliano, don Sergio, ha scritto un libretto con le parole dell’alfabeto. Non l’ho visto, ma l’idea mi ha allettato (anche perché avevo un forte raffreddore con alcune linee di febbre) e in un giorno poco più ho fatto passare tutto l’alfabeto. Ed ecco L’alfabeto matto: “in tràfine fatto”, “fatto e stampato”.

Ora, sulle Dolomiti con famiglie giovani e bambini, nei momenti uggiosi spero che qualcuno mi disegnino le lettere… 

E

Umile e silenziosa

si compiace di congiunger le parole

e far da ponte.

Ambisce a comporre parole anche più alte.

Che ve ne pare di

Eternità?

Dove andare più in là?

Ma sa essere anche

Elegante come un

Elefante

(Non è elegante l’elefante? 

Ma se mette le ghette…)

Aspetta aspetta

ha in serbo un nome per te

di grande regina

e di sorella amica:

Elena.

F

La F è

Favolosa

con tanta

Fantasia.

Spande

Fiori e agita

Fronde:

è sempre in

Festa.

Ti fa 

Favori senza

Fine

Ti piacciono le parole

che so creare?

mi sussurra.

Vorrei fosser tutte

Favolose! come il tuo nome:

Fabio.



domenica 20 luglio 2025

L'alfabeto matto / C-D

 



C

C come cicala?

Ma dura una stagione soltanto

e poi è monotona col solito frignìo  

Coriandolo, allora?

Più effimero ancora.

Costellazione.

Splendente ma così lontana.

Cuore? De Amicis...

La C s’è incaponita 

(ci ha Capo!)

nel voler costruire una

Casa alla famiglia.

Che bello far Casa 

a ogni famiglia

dove tutti stanno insieme

e tutto hanno in Comune.


 


D

D come Domodossola.

È mortificata la quarta lettera

d’esser sempre mandata a quel paese,

seppure un bel paese 

con uno dei sacri monti.

Tante altre parole vorrebbe dire.

A cominciare da

Donna

La creatura più bella

che all’uomo Dio ha dato in Dono…

Già, è proprio questa la parola 

che più comporre ambisce:

Dono.

Che tu lo offra o lo riceva

vive sempre per l’altro 

e relazione crea.

sabato 19 luglio 2025

L'alfabeto matto / A-B

 


A

Così principia l’alfabeto.

È sempre in prima fila,

a tutte le sorelle apre la strada.

Amore è la parola a cui

più ambisce dar vita:

l’ha messa in ogni canzone!

Ma potrebbe essere anche

Arrotino oppure

Armando.

L’arrotino non c’è più e

Armando s’è fatto un nome raro.

Amore invece

non conosce tempo.

 

B

B come bontà.

Potrebbe andare.

Ma sa un po’ troppo

di morale.

Bove.

“T’amo pio bove…”.

Retrò decisamente.

Bellezza?

Che bello!

È la parola giusta.

Rallegra gli occhi

e allarga il cuore.

venerdì 18 luglio 2025

La Bibbia: la storia di Dio e la mia

Visitando i Musei vaticani, in particolare la sezione di arte contemporanea, mi sono imbattuto… nella copertina di un mio libro! “La storia di Dio e la mia”, che scrissi nel 2010, un libro è nato a Cuba, all’Avana, nell’Aula Bortolomé de Las Casas quando, per tre sere consecutive, mi ero trovato con un pubblico vivace ed eterogeneo, con il quale avevo letto testi di poeti, contemplato immagini di grandi artisti, ascoltato brani musicali, visto frammenti di film, tutti ispirati alla Bibbia.

Mi sono trovato davanti a un quadro di Shahn Ben (1898-1969), Allegoria n. III. Vi sono rappresentati il leone di giuda, la tavola delle leggi, lo shofar, tutti elementi tipici del mondo ebraico. Fu l’editore a scegliere questo quadro come copertina del mio libro; copertina significativa perché il libro tratta, come da sottotitolo, di “La Bibbia fonte di ispirazione per l’uomo”.

All’Avana, con quelle numerose persone, molte delle quali dichiaratamente aree, leggemmo brano di Bibbia con le sue sorprendenti descrizioni della natura, della bellezza dell’uomo e della donna, con l’espressione dei sentimenti e dei valori umani. Ci chiedemmo infine se questo grande codice culturale non fosse anche una comune fonte di ispirazione per la vita di credenti e non credenti, o almeno il punto di partenza per un confronto critico per affinare il cuore e ricercare le motivazioni più profonde del vivere.

Come può non appassionare la Bibbia. Mi appassiona come credente, perché so che in essa Dio mi parla con parole che possiedono uno spessore e una profondità che altre parole non hanno, siano esse di filosofi, di politici, di poeti. Per me sono «parole di vita»: contengono la vita e la comunicano, fanno vivere la persona umana in tutta la sua interezza. Leggo la Bibbia ogni giorno, la studio, la prego, cerco di lasciarmi guidare dal suo insegnamento. Mi appassiona come uomo, amante dell’umanità, perché vi vedo dipinta la bellezza della natura; sento l’incanto e la meraviglia davanti allo sbocciare della vita in tutte le sue espressioni ed età. In essa ritrovo i grandi valori umani presenti in tutte le culture, i sentimenti comuni a ogni uomo, a ogni donna; incontro la saggezza di molti popoli; riconosco i comuni miti antichi; seguo le gesta paradigmatiche di uomini e di genti. Mi appassiona come amante delle arti, perché vi ritrovo i simboli, le storie, i riferimenti che hanno ispirato letteratura e musica, scultura e pittura, poesia e teatro, impregnando di divino e di cielo il genio dell’umanità. Poeti, pittori, scultori, scrittori, musicisti, registi, hanno letto la Bibbia non soltanto 8 come un immenso repertorio iconografico e simbolico, ma anche come uno dei codici fondamentali di riferimento espressivo e spirituale.

La Bibbia, «grande codice» dell’umanità, come l’ha definita Northrop Frye sulla scia di William Blake, è il punto di riferimento imprescindibile della nostra cultura, la stella polare a cui si sono orientati tutti, credenti e non credenti, quando hanno cercato il bello, il vero e il bene, magari anche per respingerne la guida e vagare altrove. Non ci si può non confrontare con questa grande opera. In essa trovo la storia di Dio e anche la mia, la nostra: una medesima storia vi è racchiusa ed espressa.

giovedì 17 luglio 2025

Musei vaticani: da ascoltare oltre che da vedere

Ho accompagnato a una visita dei Musei vaticani. Vi sono innumerevoli opera d’arte: pinacoteca, arazzi, argenteria, statuaria… C’è il museo egizio, quello etnologico… Ci sono comunque musei molto più ricchi di quelli Vaticani. Eppure…

Ciò che rende unici e insuperabili i Musei vaticani sono gli ambienti: i palazzi, gli affreschi... E qui sta l’incanto! Sono secoli di storia che continuano a raccontare. Non si finirebbe mai di ascoltare, oltre che di vedere.



mercoledì 16 luglio 2025

Semina semina...

Al Capitolo generale delle suore Francescane Angeline ho dovuto svolgere le mie solite tematiche sul carisma. Ho iniziato con la mia esperienza quando, senza che lo sapessi, si delineava già la distinzione tra spiritualità e carisma

Il primo incontro con il carisma dei Missionari Oblati di Maria Immacolata, avvenne quando ero ancora bambino. Gli Oblati erano stati invitati a dar vita ad una nuova parrocchia in un quartiere operaio della mia città. Il primo arrivò da solo e prese alloggio presso una famiglia, poi, con gli altri, presero ad abitare in un appartamento. In attesa di costruire la chiesa, celebravano la messa in un garage. Mio babbo qualche volta andava alla messa in questo garage e portava an­che me. Me ne è rimasto un ricordo indelebile. Avevano uno stile tutto particolare, vivevano in mezzo alla gente e intrattenevano rapporti personali semplici, affabili. Si muovevano in bicicletta, visitavano gli operai nelle fabbriche, parlavano senza retorica… Iniziai a frequentarli, fino a quando decisi di andare al loro liceo a Firenze. Fui attirato da quella che potremmo chiamare la spiritualità: lo stile di vita, il “come” si vive il carisma.

Tuttavia le tre componenti del nome furono ciò che determinarono la mia scelta: 1. Missionari, 2. Oblati, 3 di Maria Immacolata. Era il carisma, il “perché”, gli obiettivi di una famiglia religiosa.

Fu soltanto diversi anni più tardi, durante l’anno di noviziato, che finalmente scoprii le origini dei Missionari. Prima di allora non ne sapevo niente. Conoscere la vita del fondatore, sant’Eugenio de Mazenod, e leggere i suoi scritti fu un’autentica rivelazione. Avvertivo una partico­lare consonanza, mi sentivo espresso da lui.

Riflettere su questa mia esperienza, una vicenda abbastanza comune, mi ha aiutato a comprendere le modalità della continuità e della trasmissione del carisma. Abitualmente si entra in contatto con un carisma attraverso la mediazione di quanti lo vivono in quel momento, in quel luogo. Soltanto in un secondo tempo si acquista la consapevolezza delle sue origini e della loro importanza: quelle origini sono vive e attuali nel presente.

Un paio di giorni prima ho partecipato a un altro Capitolo genere, quello delle Figlie della Chiesa, ma vi sono andato solo per salutare la nuova superiora generale, appena eletta. La precedente, indiava, era stata una mia studente, invece la nuova appena nominata, spagnola… pure! Semina semina qualcosa nasce…



martedì 15 luglio 2025

16 luglio 1949

16 luglio 1949. Ogni anno ricordiamo quello straordinario patto di unità che aprì le porte del Cielo.

Oggi lo abbiano ricordato assieme alla comunità di Roma e al card. Matteo Zuppi, presidente della Conferenza episcopale italiana. Gli ho donato il mio piccolo libro che narra di quell’evento lontano nel tempo e sempre vivo. Un piccolo libro – Viaggiando il Paradiso. L’esperienza di luce nel Paradiso’49 – che inizia così:

«Tutte queste carte che ho scritto valgono nulla se l’anima che le legge non ama, non è in Dio. Valgono se è Dio che le legge in lei». Queste parole, scritte da Chiara Lubich il 25 luglio 1949, costituiscono la cifra interpretativa di un suo libro, che ha intitolato Paradiso ’49, nel quale narra la sua esperienza di luce iniziata una decina di giorni prima, il 16 luglio, e che si protrarrà per un paio di anni. È una legge elementare per la comprensione d’ogni opera: portarsi al suo stesso livello. Per capire il Paradiso ’49 in maniera adeguata, è indispensabile condividere l’esperienza della sua Autrice e quasi entrare con lei in quel “Paradiso” di cui il libro dà testimonianza. (…)

Il “viaggio in Paradiso” inizia quando lo Spirito Santo pone sulle labbra la parola “Padre”: «Ho avvertito uscire dalla mia bocca spontaneamente la parola: “Padre”. E in quel momento mi sono trovata in seno al Padre». Così Gesù ci ha insegnato a pregare: non una formula, ma la scoperta di essere amati da Dio al punto da essere davvero suoi figli. E dove possono abitare i figli se non nella casa del Padre?

lunedì 14 luglio 2025

Quel giardino è sempre magnifico!!!

Il libro “Un magnifico giardino” è ormai nelle librerie. Mi giungono alcuni echi:

Grazie per il nuovo libro "Un magnifico giardino". Sarà un respirare l'aria pura dei primi tempi. Rivitalizzante! Ma anche una spinta potente a vivere la purezza dell'Ideale delle origini.

Grazie del tuo preziosissimo libro che ci rimanda alle origini dei nostri rapporti con l'ideale. È sempre bello riossigenarci. teniamo Gesù in mezzo e sarà il nostro Quotidiano respirò....

Mi ha scritto anche Gabri Fallacara:

Ho visto il bel libro – suo e di Elena Del Nero - “Un magnifico giardino” e ho incominciato a leggerlo. Veramente lo ritengo molto importante perché i Religiosi hanno una storia viva per tutti noi. E qui ci sarebbe tantissimo da dire.

Io vorrei parlare di padre Minimo che ho saputo, con dolore, ci ha lasciato l’aprile scorso. Lo ricordo tanto! Era una persona piena di vita. Ha dato, su richiesta di Chiara, un significativo aiuto al Centro “Uno”, come presenza sacerdotale. Interveniva soprattutto nei convegni e negli incontri ecumenici del Centro “Uno” al largo, negli Anni ’80-‘90. Personalmente ho tanta gratitudine per lui. Non lo troviamo nominato nelle sintesi storiche dell’ecumenismo fin qui pubblicate forse perché era un aiuto interno e saltuario.

Ho avuto anche tanti contatti con padre Giuseppe Savastano, sia per la coltivazione delle anime, negli Anni ’70-’80, sia perché nella zona di Roma era ritenuto un “sanatotum”. La parrocchia “Regina Apostolorum” in cui stava, era proprio vicino al focolare di via Monte Santo 25.

https://edizionicittanuova.it/prodotto/un-magnifico-giardino/?utm_source=brevo&utm_campaign=New%20editor%20NEWSL%20LETTORI%20LUGLIO&utm_medium=email

sabato 12 luglio 2025

Fatima, un annuncio di pace

«Partimmo in aereo sorvolando l'Italia, la Francia, la Spagna, di cui ammirammo nella notte, come un gioiello appuntato in un abito nero, la vezzosa Madrid, dai variopinti colori. Finalmente a notte inoltrata si atterrò a Lisbona». Inizia così l’articolo di Paola Romana, sulla rivista “Città Nuova”. La pubblicazione è del 14 febbraio 1958, ma sta narrando un viaggio avvenuto qualche anno prima, nel settembre 1955. «Il mattino dopo – continua lo scritto – una lunga macchina nera ci condusse in poche ora a Coimbra».

Nel frattempo si dicevano: «Stavolta abbiamo la gioia di visitare uno strumento di cui Dio si è servito. Pur non essendo di fede le rivelazioni di Fatima, qui non ci sono dubbi. Roma ha confermato le apparizioni e le parole di tre bambini hanno suscitato nella Chiesa una ricchezza mirabile, una nuovissima devozione. E anche il Papa Pio XII ha consacrato il mondo e la Russia al Cuora Immacolato di Maria».

Giunti a Coimbra «cercammo il monastero dove Suor Lucia vive in clausura. Fummo condotti in un parlatorio. Un sacerdote ci avverti di non far domande alla suora, perché aveva l'obbligo di non rispondere. S'aprì una tenda di là d'una grata e finalmente comparvero due suore: la Superiore e Suor Lucia. Di statura piccola, un visetto tondo, occhi grandi neri, una faccia spugnola, che ricordava la piccola Lucia apparsa nel film americano “Nostra Signora di Fatima”. Sorrideva così come si sorride alla buona, senza posa alcuna, colla semplicità d'una bambina. Per toglierla dall'imbarazzo del suo silenzio, parlammo noi». Il tema della conversazione, o meglio la narrazione di Paola Romana, perché Suor Lucia non può parlare, verte sull’unità, sull’amore reciproco tra cristiani, sui frutti che la vita evangelica iniziata a Trento sta portando tra tanti…

«Suor Lucia ci seguiva attenta e interessata. Ma un punto ci sembrò la interessasse in modo tutto particolare. Fu quando accennammo che i marxisti non rimanevano indifferente al fascino dell’unità cristiana. Al termine del colloquio, Lucia ci salutò carne una sorellina, promise di pregare per noi, per il nostro lavoro e ci segui con lo sguardo finché scomparimmo».

La Paola Romana che scrive è Chiara Lubich: in quel periodo, essendo ancora sotto inchiesta da parte del Sant’Uffizio, il tribunale ecclesiastico della Santa Sede, non le è consentito esporsi in pubblico. Era andata a Fatima su invito della marchesa Pacelli Rossignani, sorella di Pio XII, che le aveva chiesto di accompagnarla nel suo pellegrinaggio.

Di quel viaggio qualcosa ancora ha lasciato scritto Igino Giordani nel suo diario: «Poi parlò Chiara. Sul principio la Priora faceva da interprete: ma, poi, sentendo narrare la storia dell’Ideale e del Movimento, Suor Lucia disse che capiva da sé e partecipò con gesti vivi d’assenso alla narrazione, integrandola lei stessa col suo intervento: – Ci sono anche laici... Persone di ogni stato!... – Lei non poteva parlare, per divieto del S[santo] O[ffizio]. E la Superiora intervenne, quasi dura…».

Oltre a quel articolo non risulta che Chiara abbia mai parlato di quel viaggio. Si trova solo un accenno nel diario del 11 maggio 1991, quando di Giovanni Paolo II si recò a Fatima: «Sono riandata col pensiero al mio viaggio lì». Rilegge allora i quasi quarant’anni del suo cammino alla luce di Fatima: ha trovato Maria nella Mariapoli; nel 1959 ha consacrato assieme a tutto il Movimento i popoli al suo Cuore Immacolato; molte persone hanno offerto la vita come una “rata” da pagare per l’unità del mondo; ha lavorato per la Chiesa d’oltre cortina… «Siamo anche noi, dunque, collegati con Fatima», conclude.

Ma una parola soprattutto le si era impressa in cuore già da molto tempo. Nel gennaio 1957, mentre cercava un libro per la meditazione, le capitò tra mano la storia delle apparizioni: Le meraviglie di Fatima. Lesse quello che Maria avrebbe detto ai tre bambini: “alla fine il mio Cuore Immacolato trionferà”; lesse del miracolo del sole, del manifestarsi dei colori nel cielo… Chiara “si riconosce” in quelle parole e in quelle immagini, quasi che la sua Opera fosse dentro il mistero di Fatima. Anche suor Lucia sembra averlo intuito. «S’ebbe l’impressione – scrisse Giordani nel suo diario – che avesse riconosciuto Chiara».

In questi tempi di guerre vorremmo riconoscerci tutti nell’annuncio di pace che Maria rivelò a Fatima.

(Città Nuova, 2025/7, p. 68-69)

venerdì 11 luglio 2025

Il Papa in Perù

Il documentario “León de Perù” sugli anni del Papa in Perù è un autentico capolavoro. Non avrei mai immaginato una tale vicinanza con la gente. Adesso capisco perché papa Francesco l’aveva chiamato a Roma e perché lo Spirito Santo l’ha chiamato ad essere papa.

Vale la pena vederlo e farlo conoscere:

https://youtu.be/Rzc0PnbSGb0

giovedì 10 luglio 2025

Grande Alfredo!

Sull’ultimo numero di Città Nuova una straordinaria intervista a p. Alfredo Feretti, che una ampia visione sui problema della famiglia, dei giovani, degli adolescenti. Cercate il numero della rivista perché vale la pena leggere l’intervista. Qui solo le prime battute che ambientano la persona:

Padre Alfredo Feretti è un oblato di Maria Immacolata. Originario di Brescia, vive ormai da decenni a Roma. Nel suo consultorio molto frequentato, a via della Pigna 13/a, nel centro di Roma, si svolgono ogni anno circa 3 mila colloqui con persone, coppie e famiglie, con le quali viene avviato un percorso professionale di accompagnamento e consulenza familiare. Altre mille si svolgono nei piccoli centri in periferia, a Tor Bella Monaca, nella zona Est, vicino ai salesiani, e in zona Casilina, Prenestina, viale della primavera, sempre a Roma. Il servizio è gratuito. Chiunque entra è accolto così com'è. Chi vuole può lasciare un'offerta libera.

Chi è padre Alfredo?

Faccio il prete perché da giovane mi sono innamorato di cose belle... e non mi sono ancora stancato. Per 30 anni ho lavorato nella pastorale giovanile: sono stato a Lourdes, a Loreto, organizzando tante attività con i ragazzi. Poi mi hanno chiesto se volevo immergermi nel mondo delle famiglie. E a 50 anni mi sono rimesso a fare esami di specializzazione. Un altro mondo, ma mi piace sempre tutto.

mercoledì 9 luglio 2025

Il culmine dell'amore

Alla rivista Città Nuova è arrivata questa domanda:

Leggo nell'allegato a CN di aprile che Chiara Amirante è colpita dal grido di Gesù sulla Croce, perché «quello è stato il culmine del suo immenso amore per l'umanità». Il grido di abbandono perché è letto come culmine di amore?

Ed ecco la mia risposta:

Il Vangelo di Giovanni offre la chiave di lettura della passione e morte di Gesù: «Avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine» (13, 1). Sono le parole con le quali si apre il racconto dell'ultima cena. Gesù ha amato tutta la vita, ed ora ama fino all'ultimo momento, senza tirarsi indietro, anche quando il cammino si fa difficile, e giunge a pregare il Padre che allontani da lui il “calice” (bere il calice è un'immagine che indica fare la volontà di Dio, che ora appare a Gesù troppo dura). Fino in fondo indica anche l'intensità massima: più di così non poteva amare. Tutta la sua passione e morte è dunque espressione del suo amore infinito. Vi è una gradualità nel suo “dare la vita", nel suo patire: l'angoscia nell'orto degli ulivi, il tradimento, l'abbandono dei discepoli, la flagellazione, la coronazione di spine, l'umiliazione, la condanna a morte, la crocifissione... Il culmine del suo patire è forse quando ha l'impressione che anche il Padre lo abbia abbandonato, lasciandolo in balia della morte: non lo sente più vicino. Poteva esserci un dolore più grande per il Figlio di Dio? I Vangeli di Marco e Matteo riportano il grido: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Sì, quello è stato certamente il dolore più grande. Lo ha sofferto per noi. Uno dopo l'altro ha preso su di sé tutti i peccati del mondo, tutte le sofferenze umane: «Ecco l'agnello di Dio, che si è caricato su di sé tutto il male del mondo». L'ha preso su di sé per toglierlo a noi, per liberarci e darci la vita. Non è questa l'espressione massima dell'amore? Sa che il male più grande è la separazione da Dio; allora egli lo prende su di sé, prova questa separazione, per ridonare a noi la comunione con Dio e farcelo sentire nuovamente come Padre. È il suo più grande dolore, più della flagellazione, dei chiodi, e lo fa per noi: è allora la sua più alta dimostrazione d'amore per noi.

martedì 8 luglio 2025

Tonadico continua

L’esperienza di Tonadico sembra abbia lasciato una forte impronta. Così dai numerosi messaggi che continuano ad arrivare. Eccone alcuni, tralasciando gli apprezzamenti e i ringraziamenti personali.

- Durante questo meraviglioso “Progetto Tonadico”, abbiamo vissuto giorni straordinari. Per me è stato davvero un ritorno in Galilea, un ritrovare l'ardore e l'incanto dell'incontro con l'Ideale, della chiamata, pur con il fardello dei tanti anni passati, delle gioie, ma anche dei fallimenti, tradimenti, prove... ma tutto si è ricomposto nell'Amore di Dio. E mi sono ritrovata figlia di Chiara in modo totalmente nuovo, vitale, e io stessa opera di Dio, cioè frutto dell'Amore di Dio: voglio stare al Suo gioco! E poi è stato bellissimo e fondamentale vivere queste grazie come focolare. Mi sembra di poter dire che abbiamo messo un punto a capo per ricominciare una vita nuova e portare questa luce alle pope che non erano presenti. Tra tutte le realtà così importanti mi è rimasto particolarmente nel cuore il Patto, che ora mi sembra molto più vitale e concreto, riempito dell'umanità di ciascuna. E poi... ci sarebbero milioni di altre cose da dire, ma vi dico solo che mi tuffo con voi in ciò che Dio mi chiede ora, cercando di portare questa luce e questa vita all'umanità...

- Un grazie anche da parte mia per i giorni vissuti insieme, così rigeneranti. Ho trovato e costruito con gioia rapporti veri, nella verità di me e di noi… Il risultato è stato una nuova consapevolezza in me e un’unità ritrovata in una misura più profonda e vera.

- Dobbiamo essere orgogliosi di far parte di questa grande famiglia che ha come scopo specifico la realizzazione della fraternità universale!!!

- Il bellissimo "Progetto Tonadico" davvero risponde ad un bisogno dell'anima. Tonadico è dentro di me con il suo cielo, i suoi prati e corsi d'acqua vitali. Abbiamo vissuto un'esperienza di Focolare indelebile: silenzi e poi comunioni emozionanti, autentiche. Ci siamo conosciuti di più veramente, ci siamo riconosciuti nella chiamata e nel mandato finale, un riappropriarsi del passato per vivere il presente... Esperienza stupenda.

- Grazie è la parola che sgorga dal cuore dopo questi giorni di luce vissuti insieme a Tonadico. Per me è stato come ricevere il Battesimo nell’Opera di Maria. Sono entrata pienamente nella famiglia di Chiara: ho conosciuto la mamma, colei che ci ha dato la vita, che ha sofferto l'indicibile per generarci all'Opera e alla Chiesa, ho conosciuto la Casa, dove la mamma ci ha portati, ho conosciuto i fratelli e le sorelle, ciascuno un altro me, ho conosciuto Maria, modello perfetto della vita nuova che ci è stata donata non per merito ma perché su di noi Dio ha posato il suo sguardo d’amore.

- Anch'io voglio dirvi il mio GRAZIE per la profonda, nuova e bellissima esperienza vissuta. Grazie a ciascuno di voi per essersi messo in gioco, per aver costruito insieme una realtà che rimarrà nei nostri cuori ma che possiamo testimoniare e trasmettere. Sono tornata con le pope, nel caldo torrido di Pescara con tanta gioia e tutto sembra nuovo, luminoso. È stata davvero un’esperienza unica, diversa da tutte le altre, che ci ha fatto vivere la bellezza e la grandezza del Focolare insieme popi/e, popi sposati, un potenziale enorme ancora, penso, da scoprire di più con la vita. Spero che prima o poi tutti i focolari possano partecipare al "progetto Tonadico"!

- Anch'io voglio dirvi "GRAZIE", non un grazie formale, ma commosso, perché l'esperienza vissuta a Tonadico è andata ben oltre le parole e i gesti. Mi sono riportata l'amore concreto ricevuto e dato, insieme alla bellezza della natura che mi ha fatto sentire molto forte la presenza di Dio, in me e fra noi, una carezza che consola e fuoco che accende. Ognuno di voi ha lasciato un'impronta nel mio cuore, a messa, nel Patto, vi ritroverò, "Un cuor solo ed un'anima sola" in Chiara e in Gesù.



lunedì 7 luglio 2025

Piccola storia di fr. Camillo Bianchin

 

È stata appena pubblicata  la biografia di p. Camillo Bianchin. Ecco la mia presentazione:

Una calma olimpica, quella di Camillo. Una volta andammo insieme in piscina. Ci sedemmo sul bordo, scambiammo alcune parole, poi mi gettai in acqua. Io avevo già fatto due, tre vasche e lui, ancora seduto sul bordo, continuava a bagnarsi lentamente e lentamente cominciò a immergersi nella piscina: gli ci voleva un tempo infinto. Una volta in acqua, un delfino… E quando arrivava regolarmente in ritardo ad ogni incontro, ad ogni appuntamento? A volte, devo dire la verità, la cosa mi irritava un po’. Ma quando appariva con il suo solito sorriso disarmante ricompensava di ogni attesa.

Capitano di lungo corso, Camillo, fatto non per lo sprint dei centro metri, ma per la durata della maratona. E di strada ne ha percorsa, fino agli ultimi anni della sua presenza serena e operosa a Saccolongo, con i frati anziani e ammalati, con i quali ha saputo stare al passo, infondendo gioia e pace. Le ultime volte che ci siamo incontrati è stato proprio in questa sua comunità, ormai persona luminosa, che aveva raggiunto una grande umanità e profondità spirituale.

Una vita, la sua, che testimonia una stagione ecclesiale tumultuosa e insieme ricca, creativa, guidata da idealità e speranza; speranza teologale, che è certezza nonostante tutto, perché sa che il disegno di Dio si realizza comunque. L’ha descritta bene Paolo Baldisserotto, l’amico di sempre, a cui va tutta la nostra gratitudine. Scrivendo di p. Camillo ha fatto rivivere a tanti di noi tratti fondanti della vita che con lui abbiamo condiviso.

Mi sembra significativo il primo scritto di Camillo riportato in queste pagine. Certamente prima di allora avrà scritto altre cose, ma questa lettera, indirizzata a p. Andrea Balbo il 19 maggio 1969 per comunicargli l’esperienza vissuta nella Mariapoli di Bassano, è come il preludio in una sinfonia, enuncia il tema di tutta l’opera, in questo caso, di tutta la sua vita: «È stata quell’unità “divina” che spirava in Mariapoli a darmi una svolta decisiva. La chiamo “divina” perché non riesco a spiegarla a parole. È una realtà troppo bella e perfetta. È stato l’amore parlato in ogni circostanza, calato in ogni attimo presente che lentamente mi ha liberato da tutti i complessi psico-fisici e che mi ha reso semplice e bella, bellissima la vita francescana. Più bella di quella ideata in noviziato: più bella, perché più semplice!». C’è già tutto: unità, amore, vocazione francescana; saranno le coordinate che daranno l’orientamento costante al suo cammino. Unità da una parte, vita francescana dall’altra, in mezzo l’amore. Con queste tre parole Camillo ha sintetizzato il cammino fatto da tanti religiosi che fin dagli anni Quaranta erano venuti in contatto con il Movimento dei Focolari – come lui a cominciare dalla Mariapoli di Bassano.

Religiosi nei quali brillava la propria vocazione, il dono che Dio aveva riversato su di loro attraverso il carisma dei fondatori. Per Camillo era il dono che gli era giunto attraverso san Francesco. Può esserci vocazione più bella di quella francescana? E allora che cosa gli mancava, per dover andare dai focolarini? Non gli mancava niente, perché ogni dono di Dio è completo in sé. Ma Camillo, come prima di lui tanti altri Francescani, a cominciare da Bonaventura Marinelli, Raffaele Massimei, Angelo Beghetto, Andrea Balbo, e da religiosi di tante altre famiglie, ha scoperto un “di più”: la possibilità di vivere la propria vocazione in “unità” con altre vocazioni – questa la grande scoperta! –, condividere il dono ricevuto, perché nella comunione ognuno si arricchisce del dono dell’altro e vede risplendere il proprio di luce nuova.

Ecco dunque la terza parola, la più semplice, la più profonda, la più vera: “amore”. Cos’è che lega religiosi di ordini e istituti tanto diversi? L’amore reciproco. Il Movimento dei Focolari ha questo come proprio dono specifico da condividere nella comunione con gli altri doni: offrire lo spazio perché il comandamento nuovo dell’amore reciproco venga vissuto non soltanto tra le singole persone, ma tra le più diverse realtà ecclesiali, prime fra tutte le differenti famiglie e comunità religiose. Lo scriveva già nel 1950 la fondatrice, Chiara Lubich, che fra l’altro, come testimonia questo libro, ha avuto tanta parte proprio nella vicenda personale di p. Camillo. Quale frutto dell’esperienza di comunione che lei viveva con tanti religiosi e della sua intuizione carismatica, afferma: «Noi dobbiamo soltanto far circolare fra i diversi Ordini l’Amore. Si devono comprendere, capire, amare come Si amano [tra di loro] le Persone della Trinità. Fra essi c’è come rapporto lo Spirito Santo che li lega, perché ognuno è espressione di Dio, di Spirito Santo». Ella può offrire “la tecnica dell’unità”, “l’arte di amare”, il rapporto con Gesù Abbandonato espressione massima dell’amore, di cui il suo carisma la rende maestra. La sua è come la missione di Maria che nel cenacolo lega tra loro gli apostoli senza avere la missione dell’apostolo.

Camillo ha imparato ad amare, con una concretezza proverbiale, che lo ha reso attento a ogni persona. Per lui ogni persona era unica e a lei si dedicava con pazienza, con la sua solita calma, diventata ormai una virtù provvidenziale, che gli consentiva di cesellare ogni anima, di non lasciare da parte nessuno, di accompagnare fino in fondo, fino al compimento della missione.

Amore personale che è diventato amore “collettivo”, verso il popolo della parrocchia, delle comunità di cui faceva parte, dei gruppi che gli venivano affidati. Amore verso le altre famiglie religiose, che lo ha portato a dare vita a iniziative intelligenti e creative, ben al di là della propria famiglia.

Proprio questo esercizio d’amore e d’unità, con tutti e verso tutti, ha avuto come effetto quello di renderlo autentico francescano, una persona libera, generosa, nella perfetta letizia.

Un percorso che può continuare ad essere specchio per tanti che vogliono vivere in pienezza la propria vocazione, qualunque essa sia. Basta che sia vissuta in unità e nell’amore.