Ancora una volta
eccomi a presentare il Diario di Chiara che ho avuto la gioia di pubblicare lo
scorso anno. Sono gli Oblati di Bologna che mi accolgono: è la prima volta che
visito questa comunità da poco costituita. Ed è un Oblato, Gennaro Cicchese,
che conduce l’incontro di presentazione. Un bel numero di presenti. Si crea un clima di
grande ascolto e interesse, di profonda “unità”, come diremmo noi. Alla fine
tanti vogliono parlare personalmente: “Avevo
proprio bisogno di un tuffo nella spiritualità”, “Ci hai portato in alto”, “Abbiamo
respirato aria di cielo”…
Ma non sono io, è il libro di Chiara che parla. Esso nasce dal desiderio di condividere il proprio vissuto. È un’esigenza insita nella sua spiritualità comunitaria dove tutto va condiviso e messo in circolazione. «Mi sembrava – scrive nel 1961 – che ciò che non è utile all’umanità o almeno agli altri non ha valore».
La volontà di
condivisione e la destinazione “pubblica” – anche se riservata a un gruppo ben
definito come il focolare – potrebbero indurre a pensare che nei diari di
Chiara vengano penalizzate l’intimità e la riservatezza proprie del diario
spirituale. La comunione e la comunicazione come lei le intende presuppongono
invece proprio una personale e profonda esperienza interiore che sola consente
l’autenticità del dono di sé agli altri.
Il diario inizia col
viaggio in America, il 28 marzo 1964, Sabato Santo. Interminabile il volo aereo
da Roma a New York: «Era bello veder il sole sempre splendido, senza tramonto.
Ho intuito perché l’eternità si paragoni ad un eterno giorno. Il Canada, che
abbiamo attraversato seguendo la rotta, era tutto un gelo. I laghi sembravano,
dagli 11.000 m. da cui guardavamo, pozze di latte candido. Nel mare le
correnti gelate e gli icebergs. Poi sorvoliamo New York, sconfinata…
Dapprima costruzioni sempre uguali, così uguali da impressionare. Infine, in
fondo, i grattacieli e il porto. All’arrivo, focolarini e focolarine che
salutano, distinguibili dagli altri. Sono venuta per loro, perché siano meno
soli in questo sterminato paese. […] Di notte è un paese di fate.
Inimmaginabile».
In questa prima
pagina sono già presenti gli elementi che caratterizzeranno i diari: l’ambiente
circostante, sempre colto con ammirazione; il rapporto con le persone e la
particolare attenzione per i membri della sua famiglia («Sono venuta per loro,
perché siano meno soli in questo sterminato paese»); la lettura profonda di
ogni evento («Ho intuito perché l’eternità si paragoni ad un eterno giorno»)…
Così lentamente siamo introdotti nel mondo “vero”.
Buona lettura.
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