sabato 9 novembre 2024

50 anni fa Maturino Blanchet

Tre giorni per commemorare Mons. Maturino Blanchet: li merita, perché è stato un pastore che ha guidato la diocesi di Aosta in tempi difficili….

Lo storico Alessandro Celi ha disegnato un grande ritrattato del suo episcopato. Nella prima lettera indirizzata ai preti traccia il suo programma di cui si comprende tutto lo spessore se lo si colloca nel periodo dei forti contrasti dell’immediato dopo guerra: «La nostra missione non è strappare ma rammendare; non è ferire ma guarire. La nostra conquista è collocare le anime nel cuore immortale di Gesù Cristo. Per fare questo, lavoriamo per la pace, l’unione e l’amore. Nello stile evangelico, i miti sono i maestri. Teniamoci fuori e al di sopra delle correnti politiche, per potere occasionalmente consigliare, illuminare, instillare nei fedeli i principi della dottrina cristiana».

E l’anno successivo: «Una raccomandazione che vorrei ripetervi: avere più fiducia nei mezzi soprannaturali che nei nostri mezzi. Una messa celebrata con spirito di fede; il breviario recitato con attenzione e devozione nelle vostre chiese deserte; un rosario detto col cuore all'altare della Vergine; un de profundis recitato con devozione nei vostri cimiteri, otterrebbe per la vostra parrocchia più successi soprannaturali, di tutte le vostre capacità e il vostro saper fare».

Poi naturalmente il professor Alessandro Celi ha ripercorso il lavoro pastorale…

Da parte mia ho parlato di lui come Oblato. Ho raccontato la sua storia. Proprio la sera prima dall’Archivio di stato di Torino mi era arrivato finalmente, ormai inaspettato, il Ruolo matricolare del suo servizio militare: ha interamente fatto la prima guerra mondiale, in un ospedale da campo in zona di guerra sul Carso. Credo che quella sia stata una scuola unica di umanità… Poi superiore dello scolasticato di san Giorgio, superiore provinciale… Sempre con un senso di inadeguatezza, nell’umiltà più profonda.

Lontanissimo da quello che oggi si chiama “politicamente corretto”, era schietto, sincero, attaccato alla terra – quella fatta di campi, vigne, bestie, irrigazioni – e attento alle persone. Timido, con un tocco di pessimismo, sinceramente consapevole dei propri limiti, fiducioso nella misericordia di Dio, abbandonato all’Immacolata.

Una volta diventato vescovo è rimasto profondamente attaccato alla Congregazione: visitava le case oblate in tutta Italia per ritiri, ordinazioni… Ogni volta che andava a Roma era ospite della casa generalizia, compreso tutto il periodo del Concilio. All’inizio si sentiva solo, perso, nell’episcopio, senza comunità. Alcuni Oblati si sono poi alternati a vivere con lui…

Leggendo le centinaia di lettere che ha lasciato si vede la profondità di relazione che aveva con tanti, a cominciare dai suoi superiori, in modo particolare con il superiore generale: gli racconta della neve, delle primavere, gli manda una forma di taleggio di 10 kg spiegandogli come si deve conservare…, ma gli racconta anche della morte della mamma e del vuoto che ha lasciato nella sua vita…, lo invita a riposare ad Aosta…

Muore il 9 novembre 1974. Oggi è l’anniversario, 50 anni. Aveva 83 anni di età e 65 anni di oblazione. Stando all’ultima lettera conservata nel nostro archivio di Roma, muore in un grande buio interiore, provando il “deserto”, le lacrime… Se è morto così, è morto come Gesù in croce. E noi gli siamo grati che abbia seguito il suo Signore fino in fondo, nella completa oblazione di sé, Oblato autentico.

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