Gesù lava i piedi ai discepoli. È il primo gesto che egli compie una volta
iniziata la cena: fa comprendere il senso di tutto quello che
avverrà successivamente. Gli eventi che si svolgeranno in quella cena sono
racchiusi in quel gesto, e alla luce di quel gesto appaiono tutti un
servizio d’amore.
In quella cena c’è l’Eucaristia, dono che Gesù fa di sé istituendo il suo
corpo, la Chiesa; c'è il comandamento nuovo, dono di una socialità che permette di condividere i rapporti trinitari; c'è la preghiera per l’unità che introduce nella vita di
Dio.
In quella cena è già anticipata, resa presente e partecipata la sua passione e
morte, redenzione del mondo, e la sua risurrezione, vittoria sul male e
inondazione di cielo: “Annunciamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua
risurrezione, nell’attesa della tua venuta”.
Anche il sacerdozio è stato istituito in quel gesto della lavanda dei piedi. L’istituzione del sacerdozio è ricondotta alla frase “Fate questo in
memoria di me”. Cos’è “questo” che dobbiamo "fare"? Fare l’Eucaristia? Sì, ma un'Eucaristia inscindibile dagli
altri doni: il comandamento nuovo, l’unità, la passione e morte, la risurrezione.
Il sacerdote è a servizio di tutto il mistero che si celebra in quella notte,
racchiuso ed espresso nella lavanda dei piedi.
A me suonano parallele, simili, le parole: “Vi ho dato l’esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi” e “fate questo in memoria di me”. E' un’unica azione sacerdotale di Gesù che siamo chiamati a “fare” nuovamente.
Se la lavanda dei piedi è simbolo del dono totale che Gesù fa di sé, essa è simbolo anche del sacerdozio ministeriale, nel sacerdozio di Cristo: dare la vita per i fratelli.
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