venerdì 31 maggio 2013

Incontri tra Nord e Sud del mondo


L'edificio principale dell'Università St-Paul in Ottawa
La professoressa Heather Eaton insegna all’Università St. Paul di Ottawa, nella facoltà di scienze umane, nell’ambito degli studi sui conflitti. Pur essendo una università cattolica, retta dagli Oblati, in questa facoltà quasi tutti gli studenti sono atei, totalmente avversi alla Chiesa e alla religione in generale.
Heather, che insegna tra l’altro teologia femminista e quindi non è tenera con la Chiesa, ha pensato di offrire un corso speciale portando gli studenti in Sud Africa, in un’altra istituzione accademica degli Oblati, St. Joseph 's Theological Institute di Cedara, e di metterli a contatto con altri ambienti di studio. Vedendo il lavoro che hanno fatto e fanno gli Oblati nel campo dei diritti umani gli studenti sono rimasti scioccati, hanno accettato difficoltà che la Chiesa, considerata un’istituzione contro i diritti umani e lo sviluppo della persona, possa aver fatto tanto contro l’apartheid e possa continuare a lavorare con tanto impegno per la riconciliazione, la pace, la giustizia sociale.
Nel programma c’era, come punto non negoziabile, la partecipazione a una messa. Anche questa volta gli studenti non credevano a quello che vedevano: gente che partecipava con entusiasmo, tamburi, danze, canti... Sembrava loro d’essere in un altro mondo (e in effetti lo erano!). Sono tornati trasformati.

È una delle tante esperienze che ci stiamo comunicando all’Università St. Paul di Ottawa, durante l’incontro annuale della Association of Oblate Institutes of Higher Learning che riunisce i rettori delle varie università oblate.

Vogliamo amare la Chiesa



Vogliamo amare la Chiesa e lavorare per Essa, oggi che maggiormente ha bisogno di figli buoni, obbedienti ed uniti per realizzare la nostra Comunità.
Individualmente siamo servi inutile, ma nella Comunione dei Santi anche la piccola azione o un pensiero d’amore può avere grande valore.


Questo il messaggio che ci ha consegnato il babbo Leonello otto anni fa quando, il 31 maggio 2005, ci ha lasciato per il cielo, da dove continua ad esserci presente, nella “Comunione dei Santi”.

mercoledì 29 maggio 2013

Il segreto di padre Gerard

P. Gerard insegna a pregare
Era ancora giovane diacono quando sant’Eugenio de Mazenod lo inviò nel Natal, paese dell’Africa Australe. Giuseppe Gerard partì da Tolone il 10 maggio 1853 e affrontò il lungo e avventuroso viaggio che, dopo mesi di navigazione, lo portò nel Natal. Non sarebbe mai più tornato in Francia. Per anni lavorò tra quella gente senza ottenere neppure una conversione. Un fallimento, ma p. Gerard non si perse d’animo e dopo dieci anni si inoltrò fino nel Basutoland. Erano tempi duri: epidemie, guerre tribali… Eppure egli è andato avanti e finalmente nacque la Chiesa. A chi lo interrogava perché rivelasse il segreto del suo successo apostolico, rispondeva: “Il segreto per farsi amare è amare, amare. Come convertire? La risposta è lì in ogni pagina del Vangelo: occorre amare e amare ancora, e amare sempre. Dio ha voluto che per fare il bene bisogna amare. Il mondo è di chi l’ama di più e glielo sa dimostrare”

Morì la sera del 29 maggio 1914, 99 anni fa. "La sua morte è stata dolce e calma perché la sua vita è stata santa", scrisse il p. Pennerah che gli fu vicino. 

La fiducia nel lento lavoro di Dio

 
È normale essere sempre impazienti,
voler arrivare subito alla fine, senza indugio,
Vorremmo saltare le fasi intermedie,
bruciare le tappe.
Siamo impazienti di trovarci su una strada
che conduce verso qualcosa di ignoto, di nuovo.
Eppure è la legge di ogni progresso
che passa attraverso periodi di instabilità
che possono richiedere tempi molto lunghi.
Le tue idee maturano gradualmente,
lasciale crescere,
lascia che prendano corpo da se stesse,
senza eccessiva fretta.
Non cercare di forzarle
come se tu potessi essere oggi
quello che il tempo (ossia la grazie e le circostanze che agiscono sulla propria buona volontà)
farà di te domani.
Solo Dio conosce come sarà questo spirito nuovo
che si sta formando a poco a poco dentro di te.
Donagli la gioia di credere
che è la sua mano a guidarti,
e accetta l’ansia di sentirti
nella più completa sospensione.

Queste parole di Teilhard de Chardin ieri hanno aperto la sessione di lavoro dell’Associazione degli Istituti Oblati di studi superiori che, per il sesto anno consecutivo, raduna i rettori delle nostre università e facoltà teologiche. Sono le più appropriate davanti al travaglio che stanno vivendo nel grande cambiamento mondiale in atto. Le più appropriate anche per la nostra vita d’ogni giorno, tutta consegnata nelle mani di Dio. Intanto la natura d'intorno c'incanta...

martedì 28 maggio 2013

100.000 tulipani per Ottawa


Quando la follia nazista arrivò ad occupare l’Olanda e a perpetrare anche lì le sue violenze, la principessa Juliana trovò rifugio in Canada. Arrivò a Ottawa nel 1940 con le due bambine, Beatrice e Irene. Qui nacque la principessa Margriet. Giuliana si rese subito amabile al popolo canadese: mandò le figlie alla scuola pubblica chiedendo che lei e le figlie venissero trattate come una delle tante famiglie in quei tempi difficili, si fece chiamare semplicemente "Signora" e non "Vostra Maestà", condusse una vita normale andando, ad esempio, a fare la spesa personalmente.

Tornata in Olanda alla fine della guerra, espresse la sua gratitudine verso il Canada inviando alla città di Ottawa centomila bulbi di tulipani. L'anno seguente ne donò altri 20.500 bulbi, e da allora ogni anno arrivano i tulipani dall’Olanda. E' così nato il Festival dei tulipani, in riconoscimento del dono della regina dono.
Il dono oggi è fatto a me! Ottawa mi accoglie con una giornata limpidissima, un sole splendente, e aiole infinite di tulipani di tutti i colori. Un dono degli Olandesi, un dono di Ottawa, un dono di Dio. Per apprezzarlo veramente, come ogni altro dono, va condiviso con gli amici. E per fortuna ne ho tanti qui a Ottawa, con i quali posso condividerlo.

lunedì 27 maggio 2013

La città e la casa

La città e la casa
Domenica mattina. A Montréal piove e fa freddo. Nelle periferie della grande città ci si muove soltanto con l’auto; troppo vasti gli spazi. Le strade anonime mi sembrano troppo larghe e lunghe; anonimi i grandi magazzini che si agglomerano uno accanto all’altro, eleganti, sterminati e freddi; anonimi i ristoranti dove si consuma scialbe e tristi colazioni-pranzo… La città, che sempre mi ha incantato, oggi mi trasmette un senso di solitudine e di dispersione: mancanza di centro e d’unità.
A pranzo la famiglia si riunisce. Ritrovo finalmente la casa, il calore di volti cari e dell’amicizia. Il nome dice la realtà: focolare. Nel pomeriggio incontro la piccola comunità, una quarantina di persone che non conosco e che pure non hanno un volto anonimo; la comunione rende il rapporto amicale e fraterno: è focolare. A cena rimangono i vecchi amici religiosi con i quali mi lega una conoscenza più che trentennale: è festa, è focolare.
Intanto fuori il freddo e la pioggia hanno lasciato il posto al caldo sole del tramonto: l’anonima città ha lasciato il posto alla casa e agli affetti familiari, al focolare.





A pranzo la famiglia si riunisce. Ritrovo finalmente la casa, il calore di volti cari e dell’amicizia. Il nome dice la realtà: focolare. Nel pomeriggio incontro la piccola comunità, una quarantina di persone che non conosco e che pure non hanno un volto anonimo; la comunione rende il rapporto amicale e fraterno: è focolare. A cena rimangono i vecchi amici religiosi con i quali mi lega una conoscenza più che trentennale: è festa, è focolare.





Intanto fuori il freddo e la pioggia hanno lasciato il posto al caldo sole del tramonto: l’anonima città ha lasciato il posto alla casa e agli affetti familiari, al focolare.

domenica 26 maggio 2013

Montréal, città di Maria

Chi si ricorda che Montréal, quando fu fondata, all’inizio del 1600, venne chiamata Città di Maria?
Era il 22 ottobre 1841 quando sei Oblati lasciano l’Europa diretti a Montréal. Era la prima volta che uscivano dall’Europa. Appena partiti, sant’Eugenio scrisse loro una lunga lettera: “Si possa vedere in voi uomini che vanno alla conquista delle anime, uomini sulla cui fedeltà si può contare… Abbiate un solo spirito… Più sarete santi, esemplari, autentici, e più il bene si diffonderà”. Pochi anni dopo, quando la loro azione cominciava ad espandersi, ricordava come ogni crescita presupponga una intensa comunione di vita: “Più si è nell’occasione di estendere l’opera di Dio, più raccomanderei l’unità, la carità, la più perfetta osservanza”.
Arrivati a Montréal, i missionari iniziarono la predicazione tra i cacciatori e i boscaioli. In questo periodo il Canada era un immenso cantiere. Durante l’inverno si tagliavano gli alberi che nell’estate venivano trasportati sui fiumi verso i centri di commercio…
A me sono bastate 10 ore di volo per arrivare a Montréal. La prima volta venni nel 1978. Da allora non si contano più i miei viaggi in Canada. Se avessi dovuto cambiare nazione avrei scelto questo Paese. Mi ha sempre affascinato.
Montréal, Città di Maria. È bello essere qui nel mese di Maria.

venerdì 24 maggio 2013

L’alfabeto dell’amore

La cappella della villa dei Pazzi al Parugiano
25 maggio - Festa di santa Maria Maddalena de’ Pazzi.

Vorrei essere a Montemurlo, nella villa dei Pazzi al Parugiano – oggi aperta al pubblico –, per rivedere i luoghi d’infanzia di santa Maria Maddalena e degli inizi della sua alta esperienza mistica.
Mi contento di scorrere il suo alfabeto dell’amore, scritto il 10 giugno 1585, dove descrive le caratteristiche di quella che lei chiama “dilezione”:

Icona dell'edicola sulla strada davanti alla villa
A: Amore estensivo
B: Benigno
C: Cieco
D: Desideroso
E: Elevato
F: Fervido e Fervente
G: Geloso e Generoso. Era il Verbo generoso, convien che sia anco la sposa
H: Humile
I: Integro
K: Kalido in ogni operazione e carco di lume
L: Lucido
M: Mortificato, memorante del sangue e morto
N: Negativo [che sa opporsi al male]
O: Ozioso, “optimam partem elegit sibi Maria” [Lc 10,42]
P: Pietoso
T: Triplicato
V: Veemente
X: Xtietto
Y: Yelice [elice, da elica = flessibile]
Z: Zelante
Con: Consigliero
Ru: Rubicondo del sangue del mio eterno Verbo
Tutto questo alfabeto si vuol sapere a chi vuol avere in sé la dilezzione, che sia vera dilezzione.

giovedì 23 maggio 2013

O Padr’Albini Beatu



Terminiamo la nostra visita a Vico, in Corsica, con l’inno che ho sentito cantare tante volte in questi giorni, in lingua sarda. Riprendo soltanto il ritornello e due: nella prima si parla del grande crocifisso, nella chiesa del convento, davanti al quale p. Albini usava rimanere in prolungata e silenziosa preghiera, stranamente chiamato dalla gente “Franciscone”; nella seconda si fa cenno all’opera di conciliazione che p. Albini svolgeva tra le famiglie in lotta tra loro:

La Madonna nella chiesa del convento di Vico
Il busto di Padre Albini
O Padr’Albini Beatu,
apostulu d’umiltà
Lu nostru core fidato,
Sempre ti vole cantà!

Insieme oghje prighemu
Davant’a lu Franciscone,
A te ci ricumandemu
Esempiu di parfizione
Chi grand’bisognu n’avemu
Di la to intarcissione.

Padre ricunciliatore
Ch’elle sianu finite
Oramai per favore
Fra noi corsi e lite
Dacci di Diu l’amore
E saranu suppillite.

mercoledì 22 maggio 2013

Niente può turbarci

La tomba di p. Albini
Nel convento di p. Albini a Vico

Voi siete il mio Creatore, esclamano tutte le creature,
ma io posso dire: voi siete mio Padre!
Allora?
Una grande fiducia in Dio,
proprio perché è nostro Padre…
Niente può turbarci, né la nostra povertà spirituale, né le difficoltà, né le tentazioni: Dio ci ha promesso di aiutarci in ogni nostra necessità.
E se Dio è Padre, Gesù è nostro fratello.
Voglio diventare un altro Gesù Cristo,
aprirgli la porta del mio cuore, lasciarlo entrare.
È il mio maestro.
Alla sua scuola in un istante si impara più che in dieci anni di studio.
Così scriveva padre Carlo Domenica Albini.
Nella cella di p. Albini

martedì 21 maggio 2013

Missionari nei villaggi della Corsica

Dalla finestra della mia stanza
le ultimi luci del tramonto
Il 21 maggio 1861 sant’Eugenio lasciava questa terra per entrare in cielo. Il giorno prima gli ricordarono che era l’anniversario della morte di padre Albini. “Quello sì che era un santo”, rispose. I santi fanno a gara a lasciare all’altro il primo posto.
La notizia della malattia di padre Albini fu per sant’Eugenio “un fulmine che mi ha atterrato”. “Prostrato a terra, scrisse del diario, chiedo a Dio di fare morire me al posto di questo apostolo alla cui esistenza è legata la salvezza di migliaia di anime… Nessuno può sostituire p. Albini in Corsica dove ha già superato tutto quello che nei secoli passati hanno fatto i santi che hanno lavorato alla santificazione dei insulari.”
Padre Dominique
L’unico ragazzo del villaggio di Ortu
Oggi gli Oblati continuano l’opera di p. Albini. Allora  la Corsica aveva mille preti, oggi meno di una cinquanta. Da Vico gli Oblati ogni giorno partono per una trentina di paesi di due “cantoni”, uno su per le montagne, uno giù per il mare. Paesi dove ormai rimangono soli i vecchi. D’inverno contano dai cinque abitanti fino a un massimo di trecento, d’estate si ripopolano un po’ di più grazie ai turisti e ai figli che tornano dalle città. Anche il Convento d’estate è luogo di accoglienza per gruppi, famiglie o singoli che vogliono passare le loro vacanze in un luogo di pace, di raccoglimento e di preghiera.
Il giorno di Pentecoste ho fatto un’ora di macchina con Dominique, tra curve e tornanti, per raggiungere il paese di Ortu, alla fine del mondo (almeno alla fine della strada), addossato sulle ultime rocce della catena montuosa.
Una quindicina di persone alla messa, meno delle statue dei santi disposte in bella armonia nella chiesa. Padre Dominique viene dal Congo ed è da tutti accolto con tantissima festa.
E avanti, da un paesetto all’altro, su e giù per le montagne, come i missionari di una volta…

lunedì 20 maggio 2013

Padre Albini ci porta in cielo


Il piazzale antistante la chiesa si anima di prima mattina. Arrivano i pellegrini da paesi vicini e lontani, anche da Ajaccio. È la festa di padre Albini. Le confraternite sfoggiano stendardi e abiti dai colori sgargianti. Attorno al ritratto di padre Albini, collocato fuori della chiesa, si accendono i lumini. Per l’ora della messa la chiesa è piena zeppa. Sono venuti diversi diaconi e i preti. Raramente ho visto tanta attenzione, tanta partecipazione. Si canta in gregoriano, in francese, in corso con voci polifoniche in dissonanza sul tipo dei canti sardi. Nell’omelia seguo gli appunti di una predica di padre Albini sull’Ascensione e cerco di parlare come mi immagino facesse lui… con identico successo: mi sembra che si spalanchi di nuovo il cielo e che si sia attratti lassù.
Davanti alla tomba di padre Albini
Dopo la messa rinfresco per tutti nel cortile del convento, sotto un gigantesco tiglio. Nel salone viene servito il pranzo a 160 persone. Le celebrazioni riprendono nel primo pomeriggio, quando torna anche la gente del paese. Inizio la “conferenza”, seguita con grande interesse, come dimostrano il successivo dialogo e le domande. Si parte infine con la processione, tra canti, preghiere, meditazioni per concludere nella chiesa con la benedizione eucaristica.
Una giornata davvero festosa, assecondata dal sole che oggi non si è contentato di fare capolino tra una pioggia e l’altra come nei giorni scorsi, ma si è finalmente deciso a splendere. Una festa ricca di colori e di voci, e insieme molto raccolta, di intensa fede e preghiera, come sarebbe piaciuta a padre Albini.

Padre Albini: è stato costantemente presente. Ci ha ricordato che « siamo fatti per il cielo e il nostro cuore non può essere contento se non quando possederemo il cielo. Non è forse vero che ognuno sente in cuore una necessità insopprimibile di felicità? È la prova che siamo fatti per il cielo. Invano cercheremo la gioia vera qua sulla terra. I beni, gli onori, i piaceri non possono farci veramente contenti. Dove troveremo la gioia se non in cielo? È Dio il nostro bene vero e duraturo, non possiamo cercare altrove. È lui la nostra straordinaria ricompensa…»
All’ora del tramonto scende nuovamente il silenzio. Sulla strada poco distante non passa più una macchina. Si sente il raglio degli asini, il canto degli uccelli, il soffio del vento freddo che giunge dagli alti picchi innevati, che soltanto adesso le nubi ci lasciano vedere. La grande pace della sera scende a chiudere il giorno di festa.

domenica 19 maggio 2013

La Cunfraternita di u Padre Albini

Con il sindaco di Vico
Passeggio con padre Dominique per le vie di Vico. Neppure 1000 abitanti. Le case in pietra. Non è molto diverso da quello che vedeva padre Albini quando passava di qui (se mai lo vedeva, camminando sempre a testa bassa…). Saluto il sindaco che incontro in una delle due piazzette del paese. Lungo la strada principale il mercato domenicale con i prodotti tipici di queste terre. Compro un dolce di farina di castagne.
Nella piazzetta principale il monumento al principale personaggio del luogo, Casanelli d’Istria, divenuto vescovo dell’isola. Fu lui a invitare gli Oblati e ad affidare loro la creazione del seminario. Un anno più tardi regalò agli Oblati il convento di Vico, chiuso con la Rivoluzione francese, e da lui acquistato pochi mesi prima.
Visitando, per la prima volta, la casa di Vico, nell’ottobre 1851, sant’Eugenio de Mazenod sottolineava la santità del luogo e mostrava la sua emozione davanti alla tomba di p. Albini. “Dio – scrisse nel codice storico della casa – ha voluto glorificare le virtù di p. Albini attraverso tanti prodigi... Tutto mi spinge a farlo dichiarare Venerabile dalla Santa Sede Apostolica aspettando che piaccia a Dio di manifestare la sua volontà perché sia iscritto nel rango dei beati”.
P. Bonafoux, Oblato corso,
assieme alla priora della confraternita
L’anima del convento e della vita cristiana del paese è la Cunfraternita di u Padre Albini, nata nel 1996. Oggi raggruppa una quarantina di membri attivi, donne comprese. Indossano un abito nero su cui è ricamata, in oro, la croce Oblata. Quest’anno, per la prima volta, la priora è una donna. Sono loro, con in testa un bravissimo giovane diacono permanente, che, alla vigilia della festa di p. Albino, ne ricordano la morte, avvenuta nel convento il 20 maggio 1839; era, come quest’anno, il lunedì di Pentecoste. Morì, racconta uno dei testimoni di allora, “con le labbra incollate sulla croce di Gesù”. “Il rispettabile Superiore della nostra casa di Missionari non è più! - scrisse il vescovo a tutto il clero della Corsica – Vittima prematura del suo zelo infaticabile per la salvezza dei popoli… La sua unica aspirazione era annunciare il Vangelo… a tutta la popolazione della nostra isola”.
È ormai notte quando la processione parte dalla chiesa fino alla grotta di Lourdes, non molto lontana. Una processione raccolta, con canti in corso, meditazioni profonde e toccanti; un autentico momento di preghiera.
Domani la festa.

sabato 18 maggio 2013

Se c'è tempo per mangiare c'è tempo anche per pregare



La stanza di padre Albini a Vico
trasformata in cappella
Si dà il caso che oggi sia l’anniversario della mia ordinazione sacerdotale. Ho chiesto al venerabile p. Carlo Domenico Albini di dirmi una parola sul sacerdozio. Ed ecco alcuni pensieri che leggo nei suoi scritti:
“Il prete? È l’uomo di Dio. Non può dispensarsi dall’esserlo. Basta guardare l’esempio degli Apostoli che hanno lascito parte del loro ministero per dedicarsi prima di tutto alla preghiera. Tutti i santi si sono formati con la preghiera. Un prete è e deve per forza diventare santo, e come può diventarlo senza preghiera? Impossibile, impossibile.
Un prete fedele alla preghiera farà più bene in un quarto d’ora che in dieci anni. Chi fa il bene infatti non è lui ma lo Spirito Santo, noi siamo soltanto suoi strumenti.
Non c’è tempo per pregare? Per nutrire il corpo il tempo si trova, e non lo si trova per nutrire l’anima? Almeno supplire alla preghiera prolungata con aspirazioni frequenti. Si obietterà che si è nell’aridità… Un’oncia d’orazione fatta nella desolazione pesa più davanti a Dio che cento fatta nella consolazione.
Un prete che vive di fede regola sul vangelo ogni suo sentimento, ogni azione, ogni iniziativa. Pensa, agisce, parla secondo la fede, vedendo tutto nel soprannaturale. Vede Dio in ogni avvenimento. Per lui niente al mondo accade senza che vi scopra una volontà o una permissione di quel Dio che dirige e volge tutte le cose al bene di chi ama”.

p. Luis Doazar
Parto da Roma con una giornata limpidissima. A mano a mano che l’aereo sale la costa laziale splende nel sole del primo mattino. A Marsiglia invece piove a dirotto.
Quando salgo sull’aereo della compagnia Air Corsica mi viene offerto il quotidiano “Corse-matin”. A tutta pagina la notizia che l’assemblea corsa ha approvato il rapporto che chiedere al governo centrale la revisione della Costituzione perché sull’isola la lingua corsa sia riconosciuta alla pari di quella francese. Che si tratti di una lingua viva lo dimostra il comandante che dà gli avvisi in corso prima che in francese e in inglese!
All’aeroporto di Ajaccio riconosco subito, tra i tanti, l’Oblato che mi attende. Non l’ho mai visto prima d’ora e non ha nessun segno di riconoscimento, ma si riconosce a mille miglia di distanza.
Il convento degli Oblati
Il paese di Vico
Mi carica sulla sua Panda e inizia il viaggio verso Vico, a 50 km, tra colline e vallate, percorsi tutti con la seconda marcia, ad accezione di tre brevi rettilinei lungo la costa, quando p. Luis Doazar arrischia la terza. È l’occasione per conoscersi. Vengo così a sapere che è arrivato in Corsica nel 1951 e ha passato quasi tutti questi anni nel seminario dell’Isola, affidato agli Oblati dal 1836, ossia da quando il vescovo della Corsica, Casanelli d’Istria, si rivolse al suo collega di Marsiglia, de Mazenod, perché era disperato: aveva troppi preti, un migliaio. Allora ci si faceva preti per sbarcare il lunario, senza preparazione alcuna, non c’era infatti un seminario…
Così arrivarono nell’Isola p. Guibert, poi divenuto cardinale di Parigi, p. Albini, il nostro venerabile, p. Telmon, poi fondatore della missione negli Stati Uniti, p. Semeria, poi fondatore della missione in Caylon e vescovo, successivamente p. Balaïn, poi vescovo di Nizza… e misero su il seminario di Ajaccio. Da allora hanno formato tutte le generazioni di preti dell’Isola e hanno lavorato per mettere su la diocesi, che è appunto unica per tutta la Corsica. Il rettore del seminario era automaticamente il vicario generale, fino a pochi anni fa, quando si pensò di mandare i seminaristi a studiare sul “continente”. 
Nei suoi sessant’anni sull’isola il mio autista, p. Luis, è diventato uno dei più grandi conoscitori della cultura corsa. Ha dato allo stato la sua collezione di migliaia di oggetti e documenti raccolti con pazienza. È nato così il museo della cultura corsa a Corte, proprio al centro dell’isola. Poi il ministero della cultura lo ha assunto per portare avanti la ricerca e l’allestimento del museo. Adesso p. Luis è più corso dei corsi.
Giungiamo finalmente a Vico… ma questo a domani.

venerdì 17 maggio 2013

Stimare l’altro al punto da conquistarlo



Padre Albini è diventato l’apostolo della Corsica in solo due anni. Ma come ha fatto?
È stato grazie ai suoi miracoli? Ma sono miracoli piccoli piccoli, fatti proprio per andare incontro alla gente semplice.
Forse il segreto è in queste parole che ha lasciato scritte:
“Volete conquistare la persona che vive nell’ambiente più barbaro, diffidente, arrogante? Che veda sempre, nel vostro modo di essere e di agire, una costante attenzione a prevenirlo, onorarlo; che sappia che non parlate mai male di lui; che vi trovi sempre disposti a scusarlo, a coprire le sue debolezze, fino al punto da ispirargli a sua volta, nei vostri riguardi, stima, amicizia, umanità”. 
Era comunque convinto che fosse tutto opera della grazia.
Non aveva importanza che a predicare le missioni si ritrovasse spesso da solo o con appena un altro compagno, era Dio che operava:
“Continuo a camminare da solo, come ho fatto nelle ultime tre missioni consecutive, nelle quali ho avuto la possibilità di convincermi che il buon Dio fa i suoi affari sia che i missionari siano molti sia che siano pochi”.
Domani lo incontrerò a Vico, nella sua Corsica.

giovedì 16 maggio 2013

Da Pechino una spinta verso Vico

Sant’Eugenio era indeciso: non se la sentiva di partire per Roma. Avrebbe dovuto incontrare il papa e chiedere l’approvazione della sua piccola comunità missionaria; non era osare troppo? Padre Carlo Domenico Albini, di undici anni più giovane, lo prese per le spalle e lo spinse: “Vai, vai tranquillo, andrà tutto bene”.
Da Pechino padre Giovanni mi rivolge lo stesso invito: “Vai, vai tranquillo, andrà tutto bene”. Così dalla Cina alla Corsica, e più precisamente a Vico, un paesetto nel quale ha vissuto ed è morto Padre Carlo Domenico Albini. Andrò a celebrare la sua festa. Il tempo di Pentecoste è particolarmente adatto per ricordare questo straordinario missionario dell’Ottocento, che poteva ascrivere il successo della sua azione apostolica proprio alla guida dello Spirito; una lezione che non dovremmo mai dimenticare: lasciarsi guidare dallo Spirito.
Condividendo con i futuri sacerdoti la sua esperienza diceva: “Ogni predicatore deve rendersi totalmente dipendente dallo Spirito di Dio. La principale preparazione per il pulpito è la preghiera e la purezza di cuore. Dopo aver fatto la nostra parte, poniamo tutta la nostra fiducia in Dio. Vedremo subito i risultati: a volte un solo pensiero vi farò dire cose eccellenti per il bene degli ascoltatori”.
Raccontava poi di san Vincenzo Ferreri che si lasciava sempre guidare dallo Spirito Santo. Una volta invece, dovendo parlare davanti a un principe, credette opportuno preparare una dotta predica, che però non ebbe effetto. Il secondo giorno parlò come era solito, lasciandosi guidare dallo Spirito. “Gli fecero notare la diversità dei due sermoni: nel primo aveva predicato Vincenzo, nel secondo lo Spirito Santo”. 

mercoledì 15 maggio 2013

Volti di Hong Kong

La Via del Cielo prende a coloro che hanno troppo e dà a coloro che hanno troppo poco. Ma la via dell'uomo non è così. Egli prende a coloro che hanno troppo poco, per incrementare la propria ricchezza. Quale uomo è in grado di prendere la propria ricchezza e di darla al genere umano? Soltanto colui che possiede il Tao.
(Lao-Tzu, quinto secolo avanti Cristo)

martedì 14 maggio 2013

Il Fabio di Roma a Hong Kong

È naturale che trovi ad Hong Kong il Fabio di Hong Kong, ma che ci fa qui il Fabio di Roma?
Ho guidato una settimana di ritiro a tutti gli Oblati della Cina. Tutti! Si fa per dire, sono soltanto 13 più il provinciale dell’Australia a cui sono legati.
Non è a caso che nella saletta da pranzo campeggi la famosa frase di Madre Teresa di Calcutta: “Quello che noi facciamo è solo una goccia nell'oceano, ma se non lo facessimo l'oceano avrebbe una goccia in meno”.
Gli Oblati sono proprio una goccia nell’oceano cinese.
Eppure ci sono.