Si innesta qui l’avventura di Asta che negli anni
d’università segretamente era diventata suora. Neppure i genitori sapevano perché
la figlia avesse deciso di non sposarsi. Meno ancora capivano perché volesse trasferirsi
a 5000 chilometri
da casa, in una di quelle lontane e misteriose repubbliche asiatiche
dell’impero sovietico. Asta aveva infatti deciso di rispondere all’appello che
giungeva dal Kazakistan.
Con altre tre compagne si presentò all’ufficio
immigrazione. Le due donne più giovani si dichiararono nipoti delle due più
anziane, qualificate rispettivamente come la nonna e la zia. Queste ultime,
così dicevano, avevano bisogno di un clima più caldo e le nipote erano disposte
ad andate a vivere con loro in Kazakistan. “Ma dai documenti non risultavate
parenti”, obietto a sr. Asta che mi racconta la storia. “I russi hanno sempre
fatto difficoltà a capire i nostri nomi…”.
Ecco sr. Asta nella città di Almata. Trovò lavoro
alla biblioteca nazionale mentre l’altra “nipote” faceva l’infermiera. Nelle
case delle famiglie tedesche insegnavano il catechismo ai bambini, guidavano la
preghiera degli adulti, accompagnavano i malati e aprivano il cielo ai morenti.
Così per 10 anni, fin quando l’Unione sovietica si sfaldò. I tedeschi poterono tornare
in Germania e Asta in Lituania. Nel frattempo è divenuta superiora generale
della sua congregazione e presidente dell’unione delle superiore maggiori della
Lituania.
In
questi giorni mi ha tradotto durante il ritiro che ho dato ai vescovi della
conferenze episcopale lituana.
Mi arriva un commento ai racconti
lituani: “Li ho letti tutti di un fiato: che fascino queste storie! Anche noi
abbiamo storie bellissime che raccontano l'eroicità dell'andare contro corrente
in questa società corrotta e probabilmente saremo chiamati a esserlo ancora di
più negli anni avvenire.”
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