Lungo
le strade della capitale, sotto un cielo che minaccia pioggia, i pulmini fanno
la spola tra lo scolasticato e la parrocchia degli Oblati, dedicata all’arcangelo
Raffaele e a Tobia.
Gli
Oblati sono qui da 30 anni, con la loro chiesa grande ed essenziale, e un
labirinto di stanze parrocchiali per le iniziative più varie.
I
bambini stanno nella parte alta della chiesa, tranquilli, anche loro presenti
dall’inizio alla fine…
Il
Vangelo della domenica sembra scelto per loro: «Se uno viene a me e non mi ama
più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le
sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo».
La gente
vuol loro bene. Quelli che vengono da più lontano – Madagascar, Guinea Bissau,
Congo, Nigeria – sono stati “adottati” da famiglie del posto che li fanno
sentire a casa. Da ognuno di questi Paesi è venuto un Oblato per condividere il
momento di festa. Per il Senegal-Guinea Bissau c’è Claudio Carleo, qui da un
mese per accompagnare i novizi di quella regione.
Su tutti
domina – anche per l’altezza e la mole! – Eduardo, il provinciale, gigante
buono.
Come
suonano bene e vere, alla fine della cerimonia, le parole rivolte ai nuovi
Oblati “armati” del grande crocifisso appena consegnato loro: “Adesso tra noi
tutto è comune!”.
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