Ecco la sesta "puntata" del racconto del Paradiso '49, pubblicato su "Città Nuova".
Sono ormai passati 10 giorni da
quel 16 luglio 1949, quando la contemplazione raggiunge una prima compiutezza.
Chiara Lubich ha fatto l’esperienza del Padre, del Verbo, di Maria. Rimane lo
Spirito Santo.
È il pomeriggio del 26 luglio. Come
al solito Chiara entra nella penombra della chiesetta di Tonadico e, assieme
alle amiche, si ferma in silenzio davanti all’altare.
Ed ecco che avverte come
il respiro di Gesù nel tabernacolo e da lì sente giungerle in volto quasi un
soffio, un venticello leggero come zeffiro: lo Spirito Santo si rende presente
e si manifesta, quasi atmosfera del Paradiso. Chiara non lo sa, ma il Concilio
di Firenze nel 1439 aveva definito lo Spirito Santo proprio come il respiro di
Dio. Molti anni più tardi Giovanni Paolo II dirà che «lo Spirito Santo è come
il “respiro” del Risorto». Un vento leggero? Ma è proprio il nome dello
“Spirito” Santo, ruach in ebraico, pneuma in greco. Per donarlo, il Signore
Risorto aveva alitato sui discepoli (cf. Gv
20, 22). Quel 26 luglio non ci sono reminiscenze bibliche né riflessioni
teologiche, c’è semplicemente il manifestarsi dello Spirito e l’esperienza
della sua presenza, talmente viva da lasciarsi vedere come colomba che dal
tabernacolo si posa sul capo delle ragazze.
La mattina seguente il “viaggio in
Paradiso” segna un’ulteriore tappa. La contemplazione di Maria, bellissima e
grandissima, avvenuta pochi giorni prima, ha spinto Chiara a desiderare
d’essere consacrata a lei, assieme a tutto il gruppo col quale condivide il
cammino. Lo chiede a Goesù Eucaristia, subito dopo la santa comunione. Non è un
semplice atto devozionale, Gesù trasforma davvero quelle giovani, fuse in una
sola “Anima”, in un’altra piccola Maria, al punto che questo soggetto
collettivo, l’Anima, avverte di possedere “le carni immacolatizzate” nelle
quali Maria è contenuta.
Immacolatizzate? Non è troppo
ardito? È semplicemente il compimento dell’azione di Gesù Eucaristia e dello
Spirito Santo iniziata col battesimo, la meta alla quale ogni cristiano è
chiamato, come leggiamo nella Lettera agli Efesini: il Padre «ci ha scelti… per
essere santi e immacolati al suo
cospetto nella carità» (1, 3-4). Se ci mettiamo al seguito di Maria «possiamo
sperare di essere totalmente purificati dal peccato e di diventare anche noi
“santi” e “immacolati”», scriveva Giovanni Paolo II, continuando con una
preghiera: «O Maria… insegnaci a credere nella possibilità di una piena
immacolatezza».
«Ma quello che avvenne in seguito –
scrive Chiara riferendosi al giorno successivo, 28 luglio – è più meraviglioso
ancora». Sente nascere in lei, in maniera nuova, la presenza di Gesù. La grazia
dell’Immacolata, infatti, non è fine a se stessa. Maria diventa la Madre di
Dio. Così la grazia dell’immacolatizzazione di quel drappello di anime attorno
a Chiara, fuse in un’unica Anima, porta a una “mistica incarnazione” che
trasforma le carni immacolate in carni divinizzate: è il Cristo mistico che
continua a formarsi e di cui l’“Anima” è come un bozzetto profetico.
Come al solito la natura accompagna
questo evento. Alcuni mesi più tardi Chiara racconta che in quel giorno, mentre
saliva con le sue compagne verso la chiesetta alpina di san Vittore, «il sole
cadeva a perpendicolo sul mio capo mentre nella chiesetta il sacerdote che ci
aveva dato la comunione – ignaro dell’avvenimento –, cantava il “Magnificat” e
le campane suonavano a stormo. Uscendo dalla chiesetta abbiamo visto Arcangela,
che ne era la custode, chiudere il cancello del piccolo cimitero attiguo. Mi
sembrò un segno che la morte era stata bandita».
Immacolatizzata e divinizzata,
l’“Anima” è ormai costituita tale in pienezza, pronta per una nuova e più
profonda immersione nelle realtà di cielo. Avendo messo a base della loro vita
l’unità, Chiara e il suo gruppo sono Gesù che cammina. La Via in loro si fa
Viatore e, a partire dal mese di agosto, conduce l’Anima in comprensioni ed esperienze
sempre nuove.
Non è possibile, in poche pagine,
seguire Chiara in questa nuova intensa tappa del suo viaggio. Sarà un susseguirsi
di “quadri”, circa centocinquanta, che lei chiama le “realtà”. Vede le verità della fede, ma
vivendole da una prospettiva particolare: dall’Uno, dalla Trinità. È un
camminare “di cielo in cielo”, entrando in sempre nuove comprensioni del Regno
dei cieli, perché la vita in Paradiso non è stasi: è una scoperta continua. È un preludio, un assaggio
della glorificazione che ci attende quando «noi tutti, a viso scoperto, riflettendo come in uno
specchio la gloria del Signore, verremo trasformati in quella medesima
immagine, di gloria in gloria, secondo l’azione dello Spirito del Signore» (2 Cor 3, 18).
Gustare il Paradiso ’49
«Entrati
nel Regno dei Cieli, in Seno al Padre, siamo eternamente nella Radice che è il
Padre, per cui la vita è eterna e la linfa che scorre in questa radice è amore».
Cielo e terra, increato e creato
nascono dal Padre che è vita e la sua vita è Amore. L’amore è dunque la
sostanza di tutto e per vivere occorre essere “innestati” nel Padre, ossia
nell’amore: vivere secondo “natura”, come figli del Padre; essere amore e
amare.