Oggi in tutta l’Irlanda grande commemorazione per i 50 anni
della visita di J.F. Kennedy nel Paese di origine dei suoi antenati, pochi mesi
prima della sua uccisione.
Quando il bisnonno dovette lasciare l’Irlanda per cercare
fortuna in America, portò con sé l’unico bene che possedeva: la Bibbia. Quel
libro è passato di generazione in generazione. J.F. Kennedy lo fece portare da
Boston alla Casa Bianca, per averlo ancora con sé.
Una volta il libro della Bibbia aveva un valore.
Ne è un esempio straordinario il Book of Kells, il più
grande tesoro della cultura irlandese, custodito nel santuario della cultura
irlandese, il Trinity College.
È il famoso manoscritto dei quattro vangeli, creato attorno
al settimo secolo tra la Scozia e l’Irlanda e poi conservato per quasi tutto il
Medioevo nel monastero di Kells.
Nella monumentale biblioteca dell’università un intero
padiglione è dedicato esclusivamente all’Evangeliario. Le prime sale
documentano la storia e le tecniche di composizione del libro. Hanno ucciso 185
vitelli di latte per ottenere i fogli del libro: pelli di prima qualità.
Soltanto una piccola parte del vello è adatta per preparare una pagina di
lusso. Il monastero doveva possedere un armento di almeno 1200 bovini.
Il testo è scritto con un inchiostro tratto da comune
solfato di ferro, ma per i colori delle decorazioni e delle pitture miniate gli
artisti hanno usato pigmenti organici e minerali provenienti dalle lontane
regioni del Mediterraneo. Tra i colori più costosi il marrone e il rosso e
soprattutto il blu dei lapislazzuli, che venivano dall’unica miniera conosciuta
nel Medioevo, che si trovava nientemeno che in Afganistan. Insomma, per questo
libro i monaci hanno investito un capitale.
Ma hanno investito anche tempo. Certe pagine per essere
scritte e decorate richiedevano anche un mese intero di lavoro. Quanto ci sarà
voluto per scrivere i 340 fogli dell’evangeliario?
Il Book of Kells non è un libro. Gerardo Cambrense, nel
1200, lo definiva “opera non di uomini, ma di angeli”, mentre per Umberto Eco è
“il prodotto di un’allucinazione a sangue freddo”.
Più semplicemente è l’espressione di un popolo di cui
racchiude la cultura. Tutta l’Irlanda, tutto il popolo celtico è espresso in
questi fogli, nelle sue miniature, nelle decorazioni, nel volo degli angeli e
degli uccelli, nel muoversi dei pesci, dei serpenti e dei leoni, nella
solennità di Cristo, di Maria, degli evangelisti. L’intero simbolismo di una nazione
è qui codificato in un canone estetico di inestimabile ricchezza e bellezza.
I monaci hanno investito tutto nel Vangelo: beni e talenti.
Hanno saputo cogliere in unità Vangelo, cultura e bellezza. Hanno qualcosa da
dire anche per l’evangelizzazione di oggi.