
Il
vecchio papa invece è entrato in un cono d’ombra mediatico. Forse oggi ci sarà
un breve ritorno di fiamma, per ricordare i suoi 86 anni. Domani sarà di nuovo
il silenzio, anche se non l’oblio.
È
proprio il silenzio la nota che sembra caratterizzare questo momento della sua
vita. Non tanto il silenzio su di lui, ma il silenzio di lui. Sappiamo che è
nella residenza di Castelgandolfo, ma non si affaccia più al balcone e non lo
si sente più né il mercoledì all’udienza, né la domenica all’Angelus. Sappiamo
dov’è, ma non sappiamo cosa fa: abbiamo visto soltanto una foto strappata da un
settimanale alla sua privacy e un breve filmato in occasione della visita di
papa Francesco. Per il resto niente, sembra scomparso.

Non vediamo cosa fa,
ma sappiamo cosa fa. Fa come Gesù, che di notte si ritirava sul monte a
pregare. Cosa diceva Gesù al Padre in quei suoi colloqui solitari e prolungati?
Rimane il suo segreto. Ma l’ultima sera, dopo aver cenato con i suoi, Gesù
parlò al Padre ad alta voce, consentendoci di entrare in quel colloquio.
Pregava per i suoi discepoli, per quanti il Padre gli aveva affidati, per la
comunità futura, per l’umanità intera, perché tutti fossero uno. Forse soltanto
in quel momento, grazie a quella preghiera, i discepoli si resero conto di
quanto Gesù li aveva amati e li amava.
Se
potessimo entrare nella cappella di Benedetto XVI ci troveremmo anche noi
davanti a un Gesù che continua a pregare il Padre per noi, e come i discepoli
anche noi ci renderemo conto di quanto egli ci ha amato e ci ama. Come c’è un
Gesù che passa tra le folle e annuncia il Vangelo e compie miracoli, c’è un
Gesù che alza gli occhi al cielo e sostiene la vita e l’opera della Chiesa.
Nel
suo silenzio Benedetto parla dunque a Dio, ma con suo silenzio parla anche a
noi. In modo nuovo rispetto a come ha parlato in questi anni. Quanto è
eloquente il suo silenzio. Dice che senza la presenza del Signore il nostro
lavorare rischia d’essere vano, che senza radici l’albero non cresce e senza
fondamenta la casa crolla. Proclama la fecondità dell’umiltà che, secondo
l’etimo latino, rimanda all’humus,
alla terra buona, capace di dare frutti buoni, quelli che ogni stagione può e
deve dare, e non altri. Ricorda che il vero potere è quello di dare la vita, di
aver cura dell’altro, di servire. Benedetto XVI continua a fare quello che si
era proposto quando apparve alla loggia di san Pietro il giorno della sua
elezione: “sono un umile servitore nella vigna del Signore”.
Nessun commento:
Posta un commento