mercoledì 30 giugno 2010
So chi sono io quando so chi è Lui
Ieri, festa di San Pietro e Paolo, mi ha colpito la rispondenza tra i due volti svelati: Pietro dice a Gesù chi egli è: il Cristo, il Figlio di Dio; Gesù dice a Simone chi egli è: Cefa, la Roccia. La nostra vera identità la si comprende soltanto quando si scopre la vera identità di Gesù: nella sua realtà la nostra realtà. Sono nella misura in cui lo riconosco.
venerdì 25 giugno 2010
La stanza n. 203 e il mantello di Elia
Mi è già stata assegnata la stanza nella mia nuova casa. Dal primo luglio farò parte della comunità della casa generalizia degli Oblati a Roma. Inizia una nuova avventura. Ed inizia dalla stanza n. 203. Ha una grande finestra luminosa, a tramonto, che dà sul parco dei grandi pini. È la stanza che ha abitato fino allo scorso ottobre p. Ivon Beaudoin, un’istituzione nel nostro ambiente: ha vissuto 60 anni a Roma, pubblicando una infinità di libri e articoli, frutto di una passione straordinaria per il Fondatore e la storia degli Oblati, e di una professionalità unica nel campo della ricerca. Dovrò idealmente continuare il suo lavoro, anche se non sarò alla sua altezza e soprattutto, non per 60 anni! In ogni caso mi sembra una coincidenza non casuale che mi abbiano dato, senza averci pensato, la sua stanza: raccolgo il suo “mantello”, sperando di continuare ad operare nel suo solco, come Eliseo col mantello di Elia.
giovedì 24 giugno 2010
mercoledì 23 giugno 2010
Sui passi di Gesù / Terra Santa 12
Sono ancora nell'incanto di questo pellegrinaggio. Tornando a casa mi viene da dire: "In questi giorni sono stata con Gesù, sui suoi passi, quasi ad avvertire una continua presenza di Lui che si rivelava su quel lago, nella casa di Pietro, al Tabor, al Golgota, al sepolcro, nell'orto degli ulivi, In ogni luogo mi parlava, mi sussurrava qualcosa che si è impresso nella mia anima in modo indelebile. Ora ho forte l'esigenza di rimanere con Lui, di non disperdermi. Ieri sera, entrando in chiesa per la messa, sono corsa da Gesù Eucarestia e tutto aveva un sapore nuovo: era Lui il Signore; così nella lettura del Vangelo, alla comunione, così nel riconoscerlo presente in ogni fratello che incontro.
A Gerusalemme, ritornando al sepolcro, mi veniva forte dentro la gratitudine verso Gesù che mi ha scelta, che mi ha amata fino a morire per me e mi sono sentita spinta a rispondere al suo Amore amandolo in ogni fratello con una nuova misura: essere eucarestia per l'altro.
In questo pellegrinaggio ho anche avvertito una speciale presenza di Maria, un nuovo rapporto con Lei favorito da quel rosario recitato insieme sul pullman, nella chiesa dell' Annunciazione dove ho ringraziato Dio per l'annuncio dell'Ideale, ma in modo particolare nella chiesa di S. Anna dove il concepimento e la nascita di Maria, con i nostri canti, mi hanno fatto contemplare la sua Bellezza fino a commuovermi. E ancora, ancora... non finirei più, Ho forte dentro la coscienza di essere nata là ed ora come gli apostoli devo annunciare e vivere l'Ideale dell'unità in questo pezzo di umanità che mi circonda, tutto illuminato dalla Luce di questi giorni e sostenuta da questa forza nuova che mi ritrovo dentro. (Titina)
A Gerusalemme, ritornando al sepolcro, mi veniva forte dentro la gratitudine verso Gesù che mi ha scelta, che mi ha amata fino a morire per me e mi sono sentita spinta a rispondere al suo Amore amandolo in ogni fratello con una nuova misura: essere eucarestia per l'altro.
In questo pellegrinaggio ho anche avvertito una speciale presenza di Maria, un nuovo rapporto con Lei favorito da quel rosario recitato insieme sul pullman, nella chiesa dell' Annunciazione dove ho ringraziato Dio per l'annuncio dell'Ideale, ma in modo particolare nella chiesa di S. Anna dove il concepimento e la nascita di Maria, con i nostri canti, mi hanno fatto contemplare la sua Bellezza fino a commuovermi. E ancora, ancora... non finirei più, Ho forte dentro la coscienza di essere nata là ed ora come gli apostoli devo annunciare e vivere l'Ideale dell'unità in questo pezzo di umanità che mi circonda, tutto illuminato dalla Luce di questi giorni e sostenuta da questa forza nuova che mi ritrovo dentro. (Titina)
lunedì 21 giugno 2010
Il carisma della Piccola Casa
Discussione della tesi di Eleonora Putortì, ricostruzione storico-carismatica dell’eredità di Giuseppe Benedetto Cottolengo, una delle più straordinarie figure dell’Ottocento italiano. Si tratta di un coraggioso tentativo, che ho avuto la gioia di guidare, di ripensare un aspetto nevralgico dell’opera complessa del Cottolengo, il governo nella sua unitarietà; coraggioso perché tenta vie nuove sia nella lettura storico-carismatica sia nelle proposta per il futuro cammino.
Il titolo è rilevatore della originalità del Cottolengo: “Il carisma della Piccola Casa della Divina Provvidenza: Unità e autonomia dei soggetti alla luce della spiritualità di comunio-ne”. Non si dice “il carisma del Cottolengo”, o “il carisma delle suore, dei fratelli, dei padri del Cottolengo”, ma “il carisma della Piccola Casa”. Il santo ha fondato una “casa” (anche se oggi è una città!), della quale sono eredi in primo luogo i poveri e gli ammalati, poi gli operatori: suore, fratelli, sacerdoti, laici… Originalissima fondazione di cui parlerò nei prossimi giorni.
sabato 19 giugno 2010
CRESCERE
… nell’intimità con te
nella vita del vangelo
nell’intensità dei rapporti
senza mai fermarsi.
Si può sempre crescere
perché la meta è alta:
la tua statura,
nella pienezza
d’unità tra cielo e terra
d’amore tra tutte le creature.
Penetrare nella vastità del mistero
senza sponde
e contenuto.
(Da Parole per Sopra-vivere)
nella vita del vangelo
nell’intensità dei rapporti
senza mai fermarsi.
Si può sempre crescere
perché la meta è alta:
la tua statura,
nella pienezza
d’unità tra cielo e terra
d’amore tra tutte le creature.
Penetrare nella vastità del mistero
senza sponde
e contenuto.
(Da Parole per Sopra-vivere)
venerdì 18 giugno 2010
Il muro e il pianto / Terra Santa 11
“Lui, l’Onnipotente, piange scoraggiato… Anche noi, come Lui: certe situazioni non si possono cambiare, occorre arrendersi davanti a Dio. Noi facciamo la nostra parte, accettando le cose come sono. Poi ci penserà Lui”. Siamo appena arrivati a Gerusalemme e queste parole di padre Fabio riescono a sgretolare quel ‘muro’ che avvertivo in me dalla sera precedente, proprio là a Betlemme dove avevamo avuto l’impatto con la realtà del muro, della divisione. Divisione che avvertiamo palpabile a Gerusalemme, anche attraverso fatterelli che coinvolgono qualcuno. In noi però continua l’emozione del viaggio, continuano i ‘voli’ per gli interventi di p. Fabio! Continua a ripetersi – come in Galilea, a partire da quel “Qui il Verbo di Dio si è fatto carne”- quell’”hic” così straordinario e unico al mondo. “Qui” ha pianto, …“qui” ha incontrato le donne, “qui” sua Madre, …“qui” è morto, … “qui” è stato sepolto ed è risorto…
Di sera preghiamo al Muro del pianto. Scrivo di getto: “Fac ut ardeat cor meum in amando Christum Deum - ut omnes unum sint” e il mio rotolino si fa uno con i tanti, tantissimi foglietti infilati nelle fenditure del muro.
Il muro! si ripresenta in me, il secondo giorno a Gerusalemme. Alla piscina probatica, nel ricordare l’uomo guarito dopo ben 38 anni di infermità, mi lamento con Gesù, e nell’aprirmi con qualcuno - mentre entriamo nella chiesa di S. Anna, casa natale di Maria - non riesco a trattenere il pianto. Al Cenacolo, nonostante tanti temi cari al cuore, il ‘muro’ in me permane, quasi a ricordarmi che anche nei momenti più intimi Gesù aveva a che fare con l’incomprensione e l’ostilità, fino al tradimento.
Il viaggio termina l’indomani con la Messa all’orto degli ulivi. Già dal mattino presto attendo il mio Signore, so che lo rincontrerò. Del resto ‘l’altro’ p. Fabio – uno dei due francescani che ci hanno fatto da guida – diceva spesso che non si va in Terra Santa per vedere la Terra Santa, ma per incontrare il Santo della Terra… Qui la Sua Parola: “…Non come voglio io, ma come vuoi tu” stempera e placa l’anima! E poi “parlargli, dirgli le prove, confidarsi, litigare con Lui…”, dice p. Fabio nel commentare la Parola “Vegliate e pregate…”. E continua: “Quella notte i discepoli si dispersero. Umanamente niente poteva legarli: il gruppo si ricompone dopo la Resurrezione. Così per noi: è solo Gesù che ci lega, non c’è altro rapporto. Senza Gesù non ci sarebbe la Chiesa, che è Corpo di Cristo. Il filo di queste piccole omelie è proprio la presenza di Gesù. Se Lui non c’è è finita… Rinnoviamo il nostro patto di unità perché Gesù ci leghi sempre, faccia di noi il suo Corpo”.
(Testimonianza firmata, dal viaggio in Terra Santa dei lettori di Città Nuova)
Di sera preghiamo al Muro del pianto. Scrivo di getto: “Fac ut ardeat cor meum in amando Christum Deum - ut omnes unum sint” e il mio rotolino si fa uno con i tanti, tantissimi foglietti infilati nelle fenditure del muro.
Il muro! si ripresenta in me, il secondo giorno a Gerusalemme. Alla piscina probatica, nel ricordare l’uomo guarito dopo ben 38 anni di infermità, mi lamento con Gesù, e nell’aprirmi con qualcuno - mentre entriamo nella chiesa di S. Anna, casa natale di Maria - non riesco a trattenere il pianto. Al Cenacolo, nonostante tanti temi cari al cuore, il ‘muro’ in me permane, quasi a ricordarmi che anche nei momenti più intimi Gesù aveva a che fare con l’incomprensione e l’ostilità, fino al tradimento.
Il viaggio termina l’indomani con la Messa all’orto degli ulivi. Già dal mattino presto attendo il mio Signore, so che lo rincontrerò. Del resto ‘l’altro’ p. Fabio – uno dei due francescani che ci hanno fatto da guida – diceva spesso che non si va in Terra Santa per vedere la Terra Santa, ma per incontrare il Santo della Terra… Qui la Sua Parola: “…Non come voglio io, ma come vuoi tu” stempera e placa l’anima! E poi “parlargli, dirgli le prove, confidarsi, litigare con Lui…”, dice p. Fabio nel commentare la Parola “Vegliate e pregate…”. E continua: “Quella notte i discepoli si dispersero. Umanamente niente poteva legarli: il gruppo si ricompone dopo la Resurrezione. Così per noi: è solo Gesù che ci lega, non c’è altro rapporto. Senza Gesù non ci sarebbe la Chiesa, che è Corpo di Cristo. Il filo di queste piccole omelie è proprio la presenza di Gesù. Se Lui non c’è è finita… Rinnoviamo il nostro patto di unità perché Gesù ci leghi sempre, faccia di noi il suo Corpo”.
(Testimonianza firmata, dal viaggio in Terra Santa dei lettori di Città Nuova)
giovedì 17 giugno 2010
Il profumo del fiore
Cinque anni fa moriva Egidio Santanché (Soave). Poco prima aveva registrato su un nastro alcune sue riflessioni sull’unità. Distingueva tra “unità vera” e “unità di plastica” e tra le due trovava la stessa differenza che c’è tra i fiori veri e quelli finti: il profumo!
mercoledì 16 giugno 2010
Il carisma e la Regola / 6
Il discorso avviamo a maggio sul blog attorno alla “Regola” attende ancora la conclusione. Non ho infatti inviato il testo della mia sesta e ultima lezione che riguardava la libertà interiore e la regola dell’amore. In attesa che qualche studente mi mandi la registrazione di quanto ho detto può essere utile un testo di Costa: «Le Costituzioni non sono la verbalizzazione della volontà di Dio da attuare hic et nunc, ma sono l’espressione dell’identità e del carisma proprio della Congregazione voluto da Dio come strumento, mezzo e criterio perché Congregazione e singolo membro possano trovare la forma concreta dell’operare secondo lo Spirito, in modo che la volontà di Dio sia adempiuta. In particolare le Costituzioni sono nel giusto mezzo tra il piano carismatico-spirituale e quello giuridico-istituzionale… vogliono suscitare, orientare e guidare un’esperienza spirituale, quella della vita stessa della Congregazione o del singolo membro… Non possono sostituire il discernimento spirituale, anzi lo esigono e ne fondano la necessità: sono criteri di discernimento».
martedì 15 giugno 2010
Terra Santa 10
Questa foto, da Betlemme, penso dica meglio di ogni scritto la mia esperienza del viaggio in Terra Santa appena concluso.
Intanto cominciano ad arrivare le prime e-mail dei partecipanti al viaggio in Terra Santa: «Eccoci a casa! Grazie a Città Nuova, a Giannino e Marta che ci hanno indirizzati gentilmente "sui passi di Gesù"; ad Anna e Luca per aver realizzato tecnicamente il viaggio: lei ha ascoltato tante voci lui a guardia del gregge negli spostamenti; ad Alessandra che ci ha accolto e assistito completamente con animo focolarino; ai frati che sono preparati, rigorosi e gioiosi; a p. Fabio che ha permesso, attraverso il blog, ai nostri cari lontani di partecipare alla nostra esperienza in tempo reale. E' stato un bel viaggio che non riusciamo ad allontanare che ci tocca infinitamente il cuore! Grazie in unità, Alda e Riccardo (Sappada, Belluno)
Intanto cominciano ad arrivare le prime e-mail dei partecipanti al viaggio in Terra Santa: «Eccoci a casa! Grazie a Città Nuova, a Giannino e Marta che ci hanno indirizzati gentilmente "sui passi di Gesù"; ad Anna e Luca per aver realizzato tecnicamente il viaggio: lei ha ascoltato tante voci lui a guardia del gregge negli spostamenti; ad Alessandra che ci ha accolto e assistito completamente con animo focolarino; ai frati che sono preparati, rigorosi e gioiosi; a p. Fabio che ha permesso, attraverso il blog, ai nostri cari lontani di partecipare alla nostra esperienza in tempo reale. E' stato un bel viaggio che non riusciamo ad allontanare che ci tocca infinitamente il cuore! Grazie in unità, Alda e Riccardo (Sappada, Belluno)
lunedì 14 giugno 2010
SULLA VIA DEI RITORNO / TERRA SANTA 9
La mattina presto continuano le visite dell’uno e dell’altro di noi al Santo Sepolcro per l’ultimo saluto. La settimana è volata in un soffio. Come i discepoli anche noi, di città, idee politiche, caratteri diversi, siamo stati raccolti in unità dall’unico Signore che ci ha creato famiglia. Ora egli affida anche a noi il mandato di andare ad annunciare quanto abbiamo sperimentato con lui nella sua terra.
Da una settimana la strada per Emmaus è chiusa per “motivi di sicurezza”, ci è quindi preclusa l’ultima tappa del nostro viaggio. Ho visto che anche gli studenti universitari di Hebron, per “motivi di sicurezza” non sono mai stati al mare o a Gerusalemme: come potrebbero oltrepassare il muro?
Trascorriamo così le ultime ore nel Getsemani dove, proprio tra gli ulivi, celebriamo la messa: ringraziamo Gesù per essersi addossati i nostri peccati, rinnoviamo l’impegno a pregare per trovare come lui la volontà di Dio e la forza per attuarla, rinnoviamo il legame d’unità perché Gesù sia sempre in mezzo a noi, senza che disperdiamo come invece era accaduto ai discepoli.
È poi il momento di iniziare la comunione dell’esperienza vissuta. Ecco le prime testimonianza:
- Grazie di averci fatto conoscere questa Terra in modo nuovo; di averci resi partecipi della “vita” della famiglia dell’Opera qui; di averci fatto vivere una “esperienza” unica al di fuori dello spazio e del tempo. Torniamo a casa rinnovati nella fede e arricchiti nella vita. Grazie anche della presenza di p. Fabio Ciardi. I suoi interventi e le celebrazioni eucaristiche da lui presiedute sono stati veri momenti di paradiso. (Giovanna e Antonio Maffeis, Anna e Sergio Sanfelici).
- Sono felice, contenta, c’è stata l’aria di un incontro dell’Opera, questo mi ha aiutato a vivere bene il tutto. P. Fabio è stato per me di grande luce e gioia. P. Massimo molto bravo. I particolari più significativi della vita di Gesù sono stati bellissimi ed emozionanti. Sono riuscita a partecipare a tutto. L’incontro con la comunità locale è stata molto importante, interessante, istruttivo, emozionante. Le focolarine sono state splendide, mariane. Parto con una ricchezza nell’anima e nel cuore e assicuro la mia unità e preghiere per tutte queste realtà difficili di questa terra dove si sente forte la presenza di Gesù e di Chiara. Grazie ed auguri. (Lucia Aiello)
- Mi risuona la canzone: “Vederti Signore, il cuore sta per impazzire…”. Questa contemplazione spero si trasformi in frutti da portare a chi mi sta vicino. Adesso sappiamo dove pensare Gesù, abbiamo assaporato anche i suoi cibi! (Enza di Perugia)
- Ho il desiderio di comunicare l’esperienza che si vive qui in Israele, far sapere alle nostre comunità ristiane come vivono i cristiani qui in Terra Santo; non solo pregare per loro, ma anche informare per aiutare concretamente (Grazia di Manduria)
- Tutto ha concorso a formare tra noi la famiglia. Sento la responsabilità di prendere su di me i dolori di questa terra prediletta da Gesù che sta soffrendo tantissimo. È diventata la mia terra! Abbiamo bisogno di creare una famiglia allargata per riuscire a portare insieme una parola di pace in questa terra di Gesù (Roberto Greco di Napoli).
Ed eccoci al Tel Aviv, pronti per l’imbarco gli uni per Milano gli altri per Roma. Anche questa volta prendo a prestito le parole di Chiara:
«Sette giorni durò il mio soggiorno in Palestina, sette giorni nei quali ebbi modo di vedere, nella stessa Gerusalemme e fuori, tanti Luoghi Santi.
Non ricordo l’itinerario delle visite, ma i luoghi li ho impressi profondamente. (…) A sera calata, alzando gli occhi al cielo, grondante stelle cariche di luce, cieli che qui in Italia non si sognano nemmeno, sentivo una strana e logica affinità tra quel firmamento e quei luoghi. (…) Vidi tanti altri posti, seguii tante strade che Gesù aveva fatte, osservai luoghi che Gesù aveva osservato, mi passarono sotto gli occhi pietre, pietre e pietre ancora... E ogni pietra diceva una parola, molto di più di una parola, cosicché, alla fine, l’anima era tutta inondata, tutta piena della presenza di Gesù.
Ricordo con evidenza d’essermi, al settimo giorno, scordata letteralmente della mia patria, dei miei conoscenti, dei miei amici, di tutto. Io mi vedevo là, immobile ed estatica, spiritualmente pietrificata tra quelle pietre, senz’altro compito che rimanere e adorare. Adorare fissa con l’anima nell’Uomo Dio, che quelle pietre mi avevano spiegato, svelato, cantato, esaltato!
Un solo pensiero mi smosse e mi fece tornare. C’era anche in Italia un posto, che valeva di più di quei luoghi, dove avrei trovato Gesù vivo: era il tabernacolo, ogni tabernacolo con Gesù eucaristia.
Mentre l’aereo ci riportava, pensando e meditando, compresi per la prima volta come certi musulmani s’accechino dopo aver visto la Mecca e i luoghi per loro sacri, perché più nulla hanno da vedere – secondo loro – di migliore.
Noi no; col Dio dei vivi, possiamo tener gli occhi aperti anche dopo aver visto la Terra Santa, purché non si veda che Gesù, Gesù nell’Ostia santa, Gesù nei fratelli, Gesù nelle circostanze liete e tristi della vita».
Testo e contesto
Al Getsemani abbiamo incontrato João Bráz de Aviz, arcivescovo di Brasilia, amico del Movimento dei focolari, con una quarantina di sacerdoti della diocesi. Ieri ad Hebron, sulla tomba dei Patrairchi, ho trovato un folto gruppo di musulmani dall’India, in pellegrinaggio come noi… La pace e l’unità verranno quando faremo pellegrinaggi insieme, ebrei, cristiani e musulmani sui comuni luoghi santi.
Personal box
Ho approfittato di un momento libero per correre alla grotta nella quale Gesù si ritirava di notte, sul Getsemani, la grotta nella quale fu tradito. Ho chiesto perdono di tutti i nostri tradimenti… e la grazie del suo sguardo di misericordia, capace, come con Pietro, di farci sempre ricominciare.
Da una settimana la strada per Emmaus è chiusa per “motivi di sicurezza”, ci è quindi preclusa l’ultima tappa del nostro viaggio. Ho visto che anche gli studenti universitari di Hebron, per “motivi di sicurezza” non sono mai stati al mare o a Gerusalemme: come potrebbero oltrepassare il muro?
Trascorriamo così le ultime ore nel Getsemani dove, proprio tra gli ulivi, celebriamo la messa: ringraziamo Gesù per essersi addossati i nostri peccati, rinnoviamo l’impegno a pregare per trovare come lui la volontà di Dio e la forza per attuarla, rinnoviamo il legame d’unità perché Gesù sia sempre in mezzo a noi, senza che disperdiamo come invece era accaduto ai discepoli.
È poi il momento di iniziare la comunione dell’esperienza vissuta. Ecco le prime testimonianza:
- Grazie di averci fatto conoscere questa Terra in modo nuovo; di averci resi partecipi della “vita” della famiglia dell’Opera qui; di averci fatto vivere una “esperienza” unica al di fuori dello spazio e del tempo. Torniamo a casa rinnovati nella fede e arricchiti nella vita. Grazie anche della presenza di p. Fabio Ciardi. I suoi interventi e le celebrazioni eucaristiche da lui presiedute sono stati veri momenti di paradiso. (Giovanna e Antonio Maffeis, Anna e Sergio Sanfelici).
- Sono felice, contenta, c’è stata l’aria di un incontro dell’Opera, questo mi ha aiutato a vivere bene il tutto. P. Fabio è stato per me di grande luce e gioia. P. Massimo molto bravo. I particolari più significativi della vita di Gesù sono stati bellissimi ed emozionanti. Sono riuscita a partecipare a tutto. L’incontro con la comunità locale è stata molto importante, interessante, istruttivo, emozionante. Le focolarine sono state splendide, mariane. Parto con una ricchezza nell’anima e nel cuore e assicuro la mia unità e preghiere per tutte queste realtà difficili di questa terra dove si sente forte la presenza di Gesù e di Chiara. Grazie ed auguri. (Lucia Aiello)
- Mi risuona la canzone: “Vederti Signore, il cuore sta per impazzire…”. Questa contemplazione spero si trasformi in frutti da portare a chi mi sta vicino. Adesso sappiamo dove pensare Gesù, abbiamo assaporato anche i suoi cibi! (Enza di Perugia)
- Ho il desiderio di comunicare l’esperienza che si vive qui in Israele, far sapere alle nostre comunità ristiane come vivono i cristiani qui in Terra Santo; non solo pregare per loro, ma anche informare per aiutare concretamente (Grazia di Manduria)
- Tutto ha concorso a formare tra noi la famiglia. Sento la responsabilità di prendere su di me i dolori di questa terra prediletta da Gesù che sta soffrendo tantissimo. È diventata la mia terra! Abbiamo bisogno di creare una famiglia allargata per riuscire a portare insieme una parola di pace in questa terra di Gesù (Roberto Greco di Napoli).
Ed eccoci al Tel Aviv, pronti per l’imbarco gli uni per Milano gli altri per Roma. Anche questa volta prendo a prestito le parole di Chiara:
«Sette giorni durò il mio soggiorno in Palestina, sette giorni nei quali ebbi modo di vedere, nella stessa Gerusalemme e fuori, tanti Luoghi Santi.
Non ricordo l’itinerario delle visite, ma i luoghi li ho impressi profondamente. (…) A sera calata, alzando gli occhi al cielo, grondante stelle cariche di luce, cieli che qui in Italia non si sognano nemmeno, sentivo una strana e logica affinità tra quel firmamento e quei luoghi. (…) Vidi tanti altri posti, seguii tante strade che Gesù aveva fatte, osservai luoghi che Gesù aveva osservato, mi passarono sotto gli occhi pietre, pietre e pietre ancora... E ogni pietra diceva una parola, molto di più di una parola, cosicché, alla fine, l’anima era tutta inondata, tutta piena della presenza di Gesù.
Ricordo con evidenza d’essermi, al settimo giorno, scordata letteralmente della mia patria, dei miei conoscenti, dei miei amici, di tutto. Io mi vedevo là, immobile ed estatica, spiritualmente pietrificata tra quelle pietre, senz’altro compito che rimanere e adorare. Adorare fissa con l’anima nell’Uomo Dio, che quelle pietre mi avevano spiegato, svelato, cantato, esaltato!
Un solo pensiero mi smosse e mi fece tornare. C’era anche in Italia un posto, che valeva di più di quei luoghi, dove avrei trovato Gesù vivo: era il tabernacolo, ogni tabernacolo con Gesù eucaristia.
Mentre l’aereo ci riportava, pensando e meditando, compresi per la prima volta come certi musulmani s’accechino dopo aver visto la Mecca e i luoghi per loro sacri, perché più nulla hanno da vedere – secondo loro – di migliore.
Noi no; col Dio dei vivi, possiamo tener gli occhi aperti anche dopo aver visto la Terra Santa, purché non si veda che Gesù, Gesù nell’Ostia santa, Gesù nei fratelli, Gesù nelle circostanze liete e tristi della vita».
Testo e contesto
Netanyahu vara il comitato che indagherà sull'abbordaggio alla nave degli attivisti turchi. E invita il premio Nobel nordirlandese Trimble e l'avvocato canadese Ken Watkin. Obama soddisfatto. I ministri europei: “Aprire varchi subito e senza condizioni”.
Al Getsemani abbiamo incontrato João Bráz de Aviz, arcivescovo di Brasilia, amico del Movimento dei focolari, con una quarantina di sacerdoti della diocesi. Ieri ad Hebron, sulla tomba dei Patrairchi, ho trovato un folto gruppo di musulmani dall’India, in pellegrinaggio come noi… La pace e l’unità verranno quando faremo pellegrinaggi insieme, ebrei, cristiani e musulmani sui comuni luoghi santi.
Personal box
Ho approfittato di un momento libero per correre alla grotta nella quale Gesù si ritirava di notte, sul Getsemani, la grotta nella quale fu tradito. Ho chiesto perdono di tutti i nostri tradimenti… e la grazie del suo sguardo di misericordia, capace, come con Pietro, di farci sempre ricominciare.
domenica 13 giugno 2010
SULLA TOMBA DEI NOSTRI PADRI E MADRI / TERRA SANTA 8
Ieri sera dopo cena visita al “Muro del pianto”. Il Sabato è terminato con il calare del sole, ma c’è ancora aria di festa. La città è animatissima, nel fresco della sera. Le famiglie ebree passeggiano nei loro abiti caratteristici che li identificano nelle diverse tradizioni. Anche noi ci accostiamo al Muro, gli uomini da una parte le donne dall’altre, per pregare per Gerusalemme, per la pace, per l’unità.
Questa mattina siamo nuovamente nello stesso luogo, ma lo scenario cambia completamente. Siamo passati in ambiente musulmano, dal Muro Occidentale alla spianata del tempio che lo sovrasta, con le moschee della Roccia, luogo del sacrificio di Abramo (Isacco per ebrei e cristiani, Ismaele per musulmani) e di El-Aqsa, il luogo più lontano raggiunto dal Profeta nel suo viaggio al cielo. Fa una bella impressione vedere i Musulmani che, nel fresco giardino, leggono in cerchio in Corano. La presenza musulmana non permette – come a noi piacerebbe – gli scavi per approfondire la conoscenza di quei luoghi antichi.
Vicino la casa di Giacchino e Anna. La visita è un momento bellissimo per scoprire la casa dei genitori di Gesù e immergerci nel mistero della famiglia di Maria e di Gesù. Accanto la piscina probatica.
Ripercorriamo, meditando, la Via Dolorosa, che si è snodata in mezzo al mercato, tra gente presa da mille cose, nella stessa situazione che avrà vissuto Gesù quando passava di lì, non degno di attenzione perché un condannato a morte, un malfattore.
Le nostre impressioni non sono dissimili da quelle provate da Chiara più di 50 anni fa: «Era una vecchia strada di Gerusalemme, in salita, variata ogni tanto da qualche scaletta di pietra. Una strada miserabile, larga forse tre metri, riecheggiante le urla dei mercanti, che a destra ed a sinistra vendevano la loro merce; esalante un odore che era un misto di sudore, di sporco, di pelli d’animali, di frutta profumate, di croccanti di vari colori. Gente che andava e veniva sgomitandosi, indossando i costumi più vari dell’oriente e dell’occidente. Le botteghe eran praticate nei porticati delle case antiche, se non nei sotterranei, sotto arcate vecchie, che rendevano più cupo l’ambiente e, con la gente, con le mosche che ronzavano attorno ai pasticcini, pecore e capre. Volti scuri, sotto il turbante bianco sciolto, di uomini rassegnati o poco rassegnati a quella vita di miseria. Volti invisibili, coperti d’un velo nero, di donne.
(…) e lungo questo bazar – (…) ogni tanto una porta un po’ più pulita delle altre che non si sapeva se appartenesse ad una casa o ad una cappella – comunque praticata fra le case (…): “Ecco una stazione, ecco la terza, ecco la quarta... Qui Gesù incontrò Maria, qui il Cireneo...”».
Nel pomeriggio il Cenacolo e la chiesa della Dormizione della Vergine. Nella cripta, davanti alla statua di Maria adagiata, un gruppo di donne cinesi intona commoventi pianti rituali per la morte della Madonna. Nel “Cenacolino”, la chiesa dei Francescani addossata al Cenacolo, la messa che ci fa rivivere i grandi misteri di quel luogo: la lavanda dei piedi, l’Eucaristia, il sacerdozio, il comandamento nuovo, la preghiera per l’unità, il sacramento del perdono dei peccati, la Pentecoste…
Testo e contesto
Ieri, nella chiesa dell’Orto degli Ulivi sono stati ordinati diaconi 11 salesiani e 6 missionari d’Africa dei Padri Bianchi.
Questa sera, dopo cena, incontro con una famiglia ebrea per conoscere come loro vivono i rapporti con il mondo arabo-palestinese e come lavorano il dialogo nonostante le difficoltà.
Personal box
Mattinata a Hebron, sulla tomba dei Padri: Abramo, Isacco, Giacobbe, e sulla tomba delle madri: Sara e Rebecca; quella di Rachele è vicino a Betlemme, imprigionata dall’alto muro di divisione fra parte israeliana e palestinese.
Lungo la strada da Betlemme a Hebron mi fermo al villaggio di Urtas, in fondo ad una piccola valle circondata dalle colline brulle e rocciose caratteristiche della Giudea; è l’“hostus conclusus” del Cantito dei Cantici, irrigato dalla “fons sigillata” che sgorga più in alto. Qui veniva re Salomone, come racconta lo storico Giuseppe Flavio, per godere l’abbondanza delle acque e del verde. Più avanti, ad Ain Dirwe, la fontana dove Filippo battezzò l’eunuco di Candace. Qua non muovi passo che ti imbatti in luoghi biblici. Vedo l’indicazione per Tecòa e come non posso non pensare al profeta Amos…
Ma vedo anche gli insediamenti ebraici, le postazioni dei militari, le divisioni, all’interno dei Territori palestinesi, di zone A di soli palestinesi e quindi interdetti agli ebrei; di zone B comuni a palestinesi ed ebrei; di zone C di soli ebrei e interdetti ai palestinesi. Le stessi divisione all’interno della città, segno palese dell’assurdità delle divisione e della guerra.
Prima di visitare le tombe dei padri visito l’università e rimango colpito dalle studentesse col velo e disinvolte, che studiano insieme ai ragazzi; cammino nella città vecchia, nella zona del mercato… Anche le tombe sono divise tra musulmani ed ebrei; la stessa tomba del padre Abramo può essere guardata da parte musulmana stando nella moschea e da parte ebraica stando nella sinagoga e così, pur guardando l’unico padre non ci si riconosce fratelli; i militari mantengono i settori ben distinti con rigidi controlli.
Che il patriarca Abramo, padre di ebrei, cristiani e musulmani, assieme a Sara, madre di ebrei, cristiani e musulmani, ci aiutino a riconoscerci fratelli e a vivere nella pace.
Questa mattina siamo nuovamente nello stesso luogo, ma lo scenario cambia completamente. Siamo passati in ambiente musulmano, dal Muro Occidentale alla spianata del tempio che lo sovrasta, con le moschee della Roccia, luogo del sacrificio di Abramo (Isacco per ebrei e cristiani, Ismaele per musulmani) e di El-Aqsa, il luogo più lontano raggiunto dal Profeta nel suo viaggio al cielo. Fa una bella impressione vedere i Musulmani che, nel fresco giardino, leggono in cerchio in Corano. La presenza musulmana non permette – come a noi piacerebbe – gli scavi per approfondire la conoscenza di quei luoghi antichi.
Vicino la casa di Giacchino e Anna. La visita è un momento bellissimo per scoprire la casa dei genitori di Gesù e immergerci nel mistero della famiglia di Maria e di Gesù. Accanto la piscina probatica.
Ripercorriamo, meditando, la Via Dolorosa, che si è snodata in mezzo al mercato, tra gente presa da mille cose, nella stessa situazione che avrà vissuto Gesù quando passava di lì, non degno di attenzione perché un condannato a morte, un malfattore.
Le nostre impressioni non sono dissimili da quelle provate da Chiara più di 50 anni fa: «Era una vecchia strada di Gerusalemme, in salita, variata ogni tanto da qualche scaletta di pietra. Una strada miserabile, larga forse tre metri, riecheggiante le urla dei mercanti, che a destra ed a sinistra vendevano la loro merce; esalante un odore che era un misto di sudore, di sporco, di pelli d’animali, di frutta profumate, di croccanti di vari colori. Gente che andava e veniva sgomitandosi, indossando i costumi più vari dell’oriente e dell’occidente. Le botteghe eran praticate nei porticati delle case antiche, se non nei sotterranei, sotto arcate vecchie, che rendevano più cupo l’ambiente e, con la gente, con le mosche che ronzavano attorno ai pasticcini, pecore e capre. Volti scuri, sotto il turbante bianco sciolto, di uomini rassegnati o poco rassegnati a quella vita di miseria. Volti invisibili, coperti d’un velo nero, di donne.
(…) e lungo questo bazar – (…) ogni tanto una porta un po’ più pulita delle altre che non si sapeva se appartenesse ad una casa o ad una cappella – comunque praticata fra le case (…): “Ecco una stazione, ecco la terza, ecco la quarta... Qui Gesù incontrò Maria, qui il Cireneo...”».
Nel pomeriggio il Cenacolo e la chiesa della Dormizione della Vergine. Nella cripta, davanti alla statua di Maria adagiata, un gruppo di donne cinesi intona commoventi pianti rituali per la morte della Madonna. Nel “Cenacolino”, la chiesa dei Francescani addossata al Cenacolo, la messa che ci fa rivivere i grandi misteri di quel luogo: la lavanda dei piedi, l’Eucaristia, il sacerdozio, il comandamento nuovo, la preghiera per l’unità, il sacramento del perdono dei peccati, la Pentecoste…
Testo e contesto
Ieri, nella chiesa dell’Orto degli Ulivi sono stati ordinati diaconi 11 salesiani e 6 missionari d’Africa dei Padri Bianchi.
Questa sera, dopo cena, incontro con una famiglia ebrea per conoscere come loro vivono i rapporti con il mondo arabo-palestinese e come lavorano il dialogo nonostante le difficoltà.
Personal box
Mattinata a Hebron, sulla tomba dei Padri: Abramo, Isacco, Giacobbe, e sulla tomba delle madri: Sara e Rebecca; quella di Rachele è vicino a Betlemme, imprigionata dall’alto muro di divisione fra parte israeliana e palestinese.
Lungo la strada da Betlemme a Hebron mi fermo al villaggio di Urtas, in fondo ad una piccola valle circondata dalle colline brulle e rocciose caratteristiche della Giudea; è l’“hostus conclusus” del Cantito dei Cantici, irrigato dalla “fons sigillata” che sgorga più in alto. Qui veniva re Salomone, come racconta lo storico Giuseppe Flavio, per godere l’abbondanza delle acque e del verde. Più avanti, ad Ain Dirwe, la fontana dove Filippo battezzò l’eunuco di Candace. Qua non muovi passo che ti imbatti in luoghi biblici. Vedo l’indicazione per Tecòa e come non posso non pensare al profeta Amos…
Ma vedo anche gli insediamenti ebraici, le postazioni dei militari, le divisioni, all’interno dei Territori palestinesi, di zone A di soli palestinesi e quindi interdetti agli ebrei; di zone B comuni a palestinesi ed ebrei; di zone C di soli ebrei e interdetti ai palestinesi. Le stessi divisione all’interno della città, segno palese dell’assurdità delle divisione e della guerra.
Prima di visitare le tombe dei padri visito l’università e rimango colpito dalle studentesse col velo e disinvolte, che studiano insieme ai ragazzi; cammino nella città vecchia, nella zona del mercato… Anche le tombe sono divise tra musulmani ed ebrei; la stessa tomba del padre Abramo può essere guardata da parte musulmana stando nella moschea e da parte ebraica stando nella sinagoga e così, pur guardando l’unico padre non ci si riconosce fratelli; i militari mantengono i settori ben distinti con rigidi controlli.
Ho visto la quercia di Mambre, sotto la quale Abramo accolse i tre angeli in sembianze di viandanti. Ho mangiato anche la “zuppa di Abramo”, quella che avrebbe offerto ai tre, e l’agnello cucinato in forno in piccole giare d’argilla…
Al ritorno passo dall’Herodium, la collina a cono fatta costruire da Erode nel deserto di Giuda per il suo palazzo. Non posso salirvi perché sono su una macchina con targa palestinese.
Che il patriarca Abramo, padre di ebrei, cristiani e musulmani, assieme a Sara, madre di ebrei, cristiani e musulmani, ci aiutino a riconoscerci fratelli e a vivere nella pace.
sabato 12 giugno 2010
AL SANTO SEPOLCRO / TERRA SANTA 7
Lasciamo Betlemme per iniziare l’avventura di Gerusalemme. Giornata di una intensità unica che quasi ci stordisce per tutto quanto abbiano visto ascoltato, per quanto penetra nell’anima. Iniziamo con il Monte degli Ulivi: il luogo dell’Ascensione, la Chiesa del Pater Noster, il luogo dal quale Gesù, vedendo la città, pianse su Gerusalemme. Mi ha colpito soprattutto quest’ultimo luogo; anche Gesù, che era l’Onnipotente, si è fatto impotente come noi, avrebbe voluto raccogliere i figli di Gerusalemme come fa la chioccia con i pulcini e non ci è riuscito: nella nostra impotenza a edificare, nei nostri fallimenti possiamo riconoscere la sua impotenza…
Lo sguardo sulla città dal Monte degli Ulivi è uno spettacolo unico, dominato dalla spianata e dal pinnacolo del tempio, dalla moschea della Rocchia, delle imponenti mura… Non possiamo non fare la prima foto di gruppo: è un rito!
Risaliamo dall’altra parte del valle del torrente Cedron fino al Gallicantus, dove il gallo cantò al rinnegamento di Pietro. Le guide disquisiscono sulla storia del luogo, ma a noi è cara la scaletta romana che dal Cenacolo porta al torrente Cedron. «Qui – leggiamo nel diario da Chiara Lubich quando nel 1956 visitò la Terra Santa – il Maestro, ormai vicino a morire, col cuore pieno di tenerezza verso i suoi discepoli, scelti dal Cielo sì, ma ancor fragili e incapaci di comprendere, alzò al Padre la sua preghiera a nome suo e di tutti quelli per i quali era venuto ed era pronto a morire: “Padre santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato, perché siano una cosa sola come noi”. Lì Gesù aveva invocato il Padre di affiliarci, anche se lontani per colpa nostra, e di affratellarci tra noi, nella più salda, perché divina, unità».
I focolarini di Gerusalemme ci aspettano per mostrarci il terreno del Movimento dei focolari, proprio accanto alla scala antica che scende attraverso quello che ora è parco nazionale, sul quale si costruirà un centro per incontri e convegni. Da questo punto si può osservare anche il sito della Gerusalemme dei Gebusei e di David, già in basso, nella valle che porta alla piscina di Siloe.
Nel pomeriggio attraversiamo le viuzze della città vecchia, col mercato, per recarci al Santo Sepolcro. Nella grande basilica passiamo l’intero pomeriggio, fino alla messa. Il Calvario e il Sepolcro sono a pochi passo l’uno dall’altro inglobati nella chiesa complessa che secoli di storia hanno arricchito di strutture, cappelle, nicchie, altari. Una chiesa dove le tradizioni cattoliche, greche, armene, turche, difese con accanimento e passione da frati e monaci, si intrecciano e sovrappongono in un apparente caos, mentre invece sono regolate da precise regole di convivenza. Se poi ci aggiunge l’accalcarsi confusionario di gente proveniente da tutte le parti del mondo, i canti e le liturgie dei diversi riti che si rincorrono tra di loro, si potrebbe rimanere sgomenti. E invece si può cogliere la bellezza della diversità culturale, il desiderio di esprimersi ognuno a modo suo. Basterebbe un piccolo tocco d’unità e il Santo Sepolcro potrebbe diventare testimonianza della più alta armonia nella diversità.
La messa celebrata a conclusione nella cappella dell’apparizione di Gesù a Maria corona una giornata che ha visto dispiegarsi il mistero di Gesù in tutta la sua grandezza.
Testo e contesto
Al check point per passare da Betlemme a Gerusalemme salgono sul pullman due militari giovanissimi. Restiamo impressionati dalla ragazzina in pieno assetto di guerra, con un armamento più grande e più pesante di lei.
Ieri a Betlemme era festa: il venerdì musulmano; oggi a Gerusalemme è festa: il Sabato ebraico; domani sarà domenica, il nostro “giorno del Signore”.
Sembra scritto oggi il diario di Chiara del 1956 sulla sua visita al Santo Sepolcro: «Qui, in questa chiesa, sostenuta da travature fortissime, antiestetiche, c’è quanto di più sacro si possa immaginare: il Calvario e il sepolcro. Entrammo; girammo qualche angolo della chiesa che non ricordo, infilammo una scaletta stretta stretta, lisa nel marmo dai milioni di pellegrini che la salirono, e ci trovammo di fronte ad un altare. Sul quale potevano celebrare anche i greco-ortodossi e gli armeni. Un cicerone ci mostrò attraverso un vetro, che custodiva una roccia, un buco, e disse: “In questo foro fu piantata la croce”. Inavvertitamente, senza dircelo, ci trovammo tutti in ginocchio. Io, per conto mio, ebbi un momento di raccoglimento. In quel foro fu piantata la croce... la prima croce. Se non ci fosse stata questa prima croce la mia vita, la vita di milioni di cristiani che seguono Gesù portando la loro croce, i miei dolori, i dolori di milioni di cristiani, non avrebbero avuto un nome, non avrebbero avuto un significato. Egli, che lì fu innalzato come un malfattore, diede valore e ragione al mare di angoscia da cui è toccata e alle volte sommersa l’umanità e, non di rado, ogni uomo. Non dissi nulla a Gesù in quel momento. Aveva parlato quella pietra forata. Solo aggiunsi, come un bambino estatico: “Qui, Gesù, voglio piantare ancor una volta la mia croce, le nostre croci, le croci di quanti ti conoscono e di quanti non ti conoscono”».
Personal box
Al ristorante, in un tavolo accanto alcuni giovani fumano il arghile, la pipa ad acqua. Mi invitano a provare. Aspiro dal lungo tubicino il fumo del tabacco aromatizzato, profumatissimo. C’è sempre una prima volta…
È la terza volta che sono a Gerusalemme. Mi incanta. Volgo lo sguardo attorno e mi rendo conto della verità del Salmo 125: «I monti circondano Gerusalemme: / il Signore circonda il suo popolo, / da ora e per sempre». Gerusalemme è davvero circondata dalle colline aride. Noi siamo davvero circondati dall’amore infinito di Dio.
Lo sguardo sulla città dal Monte degli Ulivi è uno spettacolo unico, dominato dalla spianata e dal pinnacolo del tempio, dalla moschea della Rocchia, delle imponenti mura… Non possiamo non fare la prima foto di gruppo: è un rito!
Poi la tomba di Maria, il luogo dal quale è stata assunta in cielo. Come non ricordare che lì è apparsa a Tommaso e gli ha consegnato la sua cintura… conservata gelosamente nel duomo di Prato! Cosa non si farebbe per esprimere l’affetto e la devozione per la mamma.
Risaliamo dall’altra parte del valle del torrente Cedron fino al Gallicantus, dove il gallo cantò al rinnegamento di Pietro. Le guide disquisiscono sulla storia del luogo, ma a noi è cara la scaletta romana che dal Cenacolo porta al torrente Cedron. «Qui – leggiamo nel diario da Chiara Lubich quando nel 1956 visitò la Terra Santa – il Maestro, ormai vicino a morire, col cuore pieno di tenerezza verso i suoi discepoli, scelti dal Cielo sì, ma ancor fragili e incapaci di comprendere, alzò al Padre la sua preghiera a nome suo e di tutti quelli per i quali era venuto ed era pronto a morire: “Padre santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato, perché siano una cosa sola come noi”. Lì Gesù aveva invocato il Padre di affiliarci, anche se lontani per colpa nostra, e di affratellarci tra noi, nella più salda, perché divina, unità».
I focolarini di Gerusalemme ci aspettano per mostrarci il terreno del Movimento dei focolari, proprio accanto alla scala antica che scende attraverso quello che ora è parco nazionale, sul quale si costruirà un centro per incontri e convegni. Da questo punto si può osservare anche il sito della Gerusalemme dei Gebusei e di David, già in basso, nella valle che porta alla piscina di Siloe.
Nel pomeriggio attraversiamo le viuzze della città vecchia, col mercato, per recarci al Santo Sepolcro. Nella grande basilica passiamo l’intero pomeriggio, fino alla messa. Il Calvario e il Sepolcro sono a pochi passo l’uno dall’altro inglobati nella chiesa complessa che secoli di storia hanno arricchito di strutture, cappelle, nicchie, altari. Una chiesa dove le tradizioni cattoliche, greche, armene, turche, difese con accanimento e passione da frati e monaci, si intrecciano e sovrappongono in un apparente caos, mentre invece sono regolate da precise regole di convivenza. Se poi ci aggiunge l’accalcarsi confusionario di gente proveniente da tutte le parti del mondo, i canti e le liturgie dei diversi riti che si rincorrono tra di loro, si potrebbe rimanere sgomenti. E invece si può cogliere la bellezza della diversità culturale, il desiderio di esprimersi ognuno a modo suo. Basterebbe un piccolo tocco d’unità e il Santo Sepolcro potrebbe diventare testimonianza della più alta armonia nella diversità.
La messa celebrata a conclusione nella cappella dell’apparizione di Gesù a Maria corona una giornata che ha visto dispiegarsi il mistero di Gesù in tutta la sua grandezza.
Testo e contesto
Al check point per passare da Betlemme a Gerusalemme salgono sul pullman due militari giovanissimi. Restiamo impressionati dalla ragazzina in pieno assetto di guerra, con un armamento più grande e più pesante di lei.
Ieri a Betlemme era festa: il venerdì musulmano; oggi a Gerusalemme è festa: il Sabato ebraico; domani sarà domenica, il nostro “giorno del Signore”.
Sembra scritto oggi il diario di Chiara del 1956 sulla sua visita al Santo Sepolcro: «Qui, in questa chiesa, sostenuta da travature fortissime, antiestetiche, c’è quanto di più sacro si possa immaginare: il Calvario e il sepolcro. Entrammo; girammo qualche angolo della chiesa che non ricordo, infilammo una scaletta stretta stretta, lisa nel marmo dai milioni di pellegrini che la salirono, e ci trovammo di fronte ad un altare. Sul quale potevano celebrare anche i greco-ortodossi e gli armeni. Un cicerone ci mostrò attraverso un vetro, che custodiva una roccia, un buco, e disse: “In questo foro fu piantata la croce”. Inavvertitamente, senza dircelo, ci trovammo tutti in ginocchio. Io, per conto mio, ebbi un momento di raccoglimento. In quel foro fu piantata la croce... la prima croce. Se non ci fosse stata questa prima croce la mia vita, la vita di milioni di cristiani che seguono Gesù portando la loro croce, i miei dolori, i dolori di milioni di cristiani, non avrebbero avuto un nome, non avrebbero avuto un significato. Egli, che lì fu innalzato come un malfattore, diede valore e ragione al mare di angoscia da cui è toccata e alle volte sommersa l’umanità e, non di rado, ogni uomo. Non dissi nulla a Gesù in quel momento. Aveva parlato quella pietra forata. Solo aggiunsi, come un bambino estatico: “Qui, Gesù, voglio piantare ancor una volta la mia croce, le nostre croci, le croci di quanti ti conoscono e di quanti non ti conoscono”».
Personal box
Al ristorante, in un tavolo accanto alcuni giovani fumano il arghile, la pipa ad acqua. Mi invitano a provare. Aspiro dal lungo tubicino il fumo del tabacco aromatizzato, profumatissimo. C’è sempre una prima volta…
È la terza volta che sono a Gerusalemme. Mi incanta. Volgo lo sguardo attorno e mi rendo conto della verità del Salmo 125: «I monti circondano Gerusalemme: / il Signore circonda il suo popolo, / da ora e per sempre». Gerusalemme è davvero circondata dalle colline aride. Noi siamo davvero circondati dall’amore infinito di Dio.
venerdì 11 giugno 2010
ATTRAVERSO IL DESERTO DI GIUDA / TERRA SANTA 6
Avremo anche la suite, ma certo non ce la godiamo. Viaggiamo da giorni a un ritmo intensissimo, partendo presto la mattina. Così anche oggi, pensando di dover aspettare chissà quanto tempo al passaggio del muro. Invece oggi per Betlemme non c’è anima viva, è venerdì, giorno di festa per tutti i musulmani.
Prima meta a Batania, la casa di Marta, Lazzaro e Maria, dove celebriamo la messa. Pare ancora di vederlo, Gesù, tornare stanco da una giornata passata a Gerusalemme, nel tempio, a discutere con scribi e farisei, a parlare alla gente, compiere miracoli. Qui trova la pace della notte, l’amicizia di persone fidate, la cena di Marta, l’ascolto attento di Maria… e pensare che anche noi, ogni giorno possiamo accoglierlo in “casa” nell’Eucaristia come in quanti hanno bisogno di amicizia, di accoglienza…
Iniziamo poi la discesa verso Gerico, giù nella grande depressione del Giordano.La traversata del Deserto di Giuda oggi è una passeggiata, grazie alla bella autostrada, ma al tempo di Gesù doveva essere una bella avventura. Ricordiamo la parabola del buon Samaritano ambientata tra queste colline nude. Dalla strada si vedono gli accampamenti dei beduini oggi non più nelle tende ma nelle baracche. Come faranno a pascolare i loro greggi in tanta aridità?
A Gerico l’immancabile visita all’enorme sicomoro che ricorda quello su cui salì Zaccheo, ma l’antica città è qualche chilometro più in là dell’attuale, sotto il monte delle tentazioni che si innalza roccioso, abitato, oggi come nei primi secoli cristiani, da monaci che hanno punteggiato di monasteri l’intera Palestina.
Intanto il venticello fresco che ci ha accompagnato questi giorni ha lasciato il posto ad un caldo torrido e a un sole che picchia implacabile, incapace tuttavia di domarci.
Dopo pranzo visita agli scavi di Qumran e alle grotte dove furono ritrovati i famosi rotoli del Mar Morto. Disquisizioni dotte sulla natura dei reperti archeologici: il monastero della comunità di Esseni? Una azienda di cosmetici? E sono possibili contatti degli Esseni con Giovanni Battista, con Gesù?
Arriva il momento del primo intervallo dopo questi giorni intensissimi: un bagno nel Mar Morto. Si fa a gara a infangarsi (letteralmente, non a parolacce, e con i “buoni fanghi terapeutici…), ma guai a schizzarsi, bruciore degli occhi garantito. Meritato momento di relax.
Testo e contesto
È iniziato la coppa del mondo. Israele non sarà presente. Qui tutti tifano già per l’Italia. Lo fanno le turme di venditori ambulanti che ci assale ogni volta che scendiamo o saliamo dal pullman e nei posti più impensati (tifo un po’ interessato?), ma fanno tifo per l’Italia anche il personale degli alberghi e dei ristoranti.
Ancora sul commento provocatorio sul perché di un pellegrinaggio in una terra che non è santa. Scrive Elisabetta, una italiana sposata con un arabo palestinese e ora residente in Israele: «Perché si dovrebbe visitare la Terrasanta? Ognuno può avere i suoi motivi, ma se si dice che non si viene qua per la guerra perché è una terra brutta o imbruttita, questo non è giusto. Un cristiano o un uomo che ama conoscere la verità (o la Verità) ha un motivo in più per venire qui. Oltre che vedere luoghi che ci appartengono perché sono quelli delle nostre origine ebraiche e quelle del Cristianesimo, che fanno rivivere le tappe del viaggio terreno di Gesù e lo riempiono di senso, Inoltre qui in Israele e in Palestina (come noi amiamo chiamarla, anche se viene detta anche: territori occupati o territori dell'autorità palestinese) si entra nella storia contemporanea, si vive nella piaga tanto incomprensibile a chi sente solo dalla Tv di questo "conflitto", si vive in una Via Crucis quotidiana facendosi uno con i palestinesi. (Qui ad onor di cronaca il dramma sta non solo nell'occupazione ma sono tanti altri i problemi sociali, politici).
Bisogna avere la fortuna di guardare con sguardo attento e animo aperto a cogliere quel tanto che sta dietro a quel soldato che controlla al check point e che è solo un ragazzo che esegue gli ordini. Quel singolo soldato che i pellegrini hanno modo di incontrare è l'unico contatto con la storia contemporanea e con una delle tante piaghe di questa terra. Il cristiano è un uomo controcorrente che non deve coprire i suoi occhi di fronte alla realtà.
Veramente quanto Chiara ci ha insegnato di Gesù abbandonato e della croce qui si concretizza, e viene una stretta al cuore.
Personal box
Continuo a presiedere la messa e a fare omelia, a parlare sui pullman, un giorno su uno un giorno sull’altro, a guidare il rosario commentato… e pensare che non mi sono fatto prete diocesano per non guidare i pellegrinaggi!
Prima meta a Batania, la casa di Marta, Lazzaro e Maria, dove celebriamo la messa. Pare ancora di vederlo, Gesù, tornare stanco da una giornata passata a Gerusalemme, nel tempio, a discutere con scribi e farisei, a parlare alla gente, compiere miracoli. Qui trova la pace della notte, l’amicizia di persone fidate, la cena di Marta, l’ascolto attento di Maria… e pensare che anche noi, ogni giorno possiamo accoglierlo in “casa” nell’Eucaristia come in quanti hanno bisogno di amicizia, di accoglienza…
Iniziamo poi la discesa verso Gerico, giù nella grande depressione del Giordano.La traversata del Deserto di Giuda oggi è una passeggiata, grazie alla bella autostrada, ma al tempo di Gesù doveva essere una bella avventura. Ricordiamo la parabola del buon Samaritano ambientata tra queste colline nude. Dalla strada si vedono gli accampamenti dei beduini oggi non più nelle tende ma nelle baracche. Come faranno a pascolare i loro greggi in tanta aridità?
A Gerico l’immancabile visita all’enorme sicomoro che ricorda quello su cui salì Zaccheo, ma l’antica città è qualche chilometro più in là dell’attuale, sotto il monte delle tentazioni che si innalza roccioso, abitato, oggi come nei primi secoli cristiani, da monaci che hanno punteggiato di monasteri l’intera Palestina.
Intanto il venticello fresco che ci ha accompagnato questi giorni ha lasciato il posto ad un caldo torrido e a un sole che picchia implacabile, incapace tuttavia di domarci.
Dopo pranzo visita agli scavi di Qumran e alle grotte dove furono ritrovati i famosi rotoli del Mar Morto. Disquisizioni dotte sulla natura dei reperti archeologici: il monastero della comunità di Esseni? Una azienda di cosmetici? E sono possibili contatti degli Esseni con Giovanni Battista, con Gesù?
Arriva il momento del primo intervallo dopo questi giorni intensissimi: un bagno nel Mar Morto. Si fa a gara a infangarsi (letteralmente, non a parolacce, e con i “buoni fanghi terapeutici…), ma guai a schizzarsi, bruciore degli occhi garantito. Meritato momento di relax.
Testo e contesto
È iniziato la coppa del mondo. Israele non sarà presente. Qui tutti tifano già per l’Italia. Lo fanno le turme di venditori ambulanti che ci assale ogni volta che scendiamo o saliamo dal pullman e nei posti più impensati (tifo un po’ interessato?), ma fanno tifo per l’Italia anche il personale degli alberghi e dei ristoranti.
Ancora sul commento provocatorio sul perché di un pellegrinaggio in una terra che non è santa. Scrive Elisabetta, una italiana sposata con un arabo palestinese e ora residente in Israele: «Perché si dovrebbe visitare la Terrasanta? Ognuno può avere i suoi motivi, ma se si dice che non si viene qua per la guerra perché è una terra brutta o imbruttita, questo non è giusto. Un cristiano o un uomo che ama conoscere la verità (o la Verità) ha un motivo in più per venire qui. Oltre che vedere luoghi che ci appartengono perché sono quelli delle nostre origine ebraiche e quelle del Cristianesimo, che fanno rivivere le tappe del viaggio terreno di Gesù e lo riempiono di senso, Inoltre qui in Israele e in Palestina (come noi amiamo chiamarla, anche se viene detta anche: territori occupati o territori dell'autorità palestinese) si entra nella storia contemporanea, si vive nella piaga tanto incomprensibile a chi sente solo dalla Tv di questo "conflitto", si vive in una Via Crucis quotidiana facendosi uno con i palestinesi. (Qui ad onor di cronaca il dramma sta non solo nell'occupazione ma sono tanti altri i problemi sociali, politici).
Bisogna avere la fortuna di guardare con sguardo attento e animo aperto a cogliere quel tanto che sta dietro a quel soldato che controlla al check point e che è solo un ragazzo che esegue gli ordini. Quel singolo soldato che i pellegrini hanno modo di incontrare è l'unico contatto con la storia contemporanea e con una delle tante piaghe di questa terra. Il cristiano è un uomo controcorrente che non deve coprire i suoi occhi di fronte alla realtà.
Veramente quanto Chiara ci ha insegnato di Gesù abbandonato e della croce qui si concretizza, e viene una stretta al cuore.
Personal box
Continuo a presiedere la messa e a fare omelia, a parlare sui pullman, un giorno su uno un giorno sull’altro, a guidare il rosario commentato… e pensare che non mi sono fatto prete diocesano per non guidare i pellegrinaggi!
giovedì 10 giugno 2010
LE FASCE DI GESÙ / TERRA SANTA 5
Lasciamo Nazareth e con Maria ci mettiamo in cammino “verso la montagna”, che la tradizione ha localizzato ad Aim Karim. Lungo il viaggio ci presentiamo e raccogliamo le prime impressioni di questi giorni. In ognuno la gioia incontenibile di vedere i luoghi dove Gesù ha vissuto e la gratitudine per poterlo fare insieme, introdotti con tante notizie storiche. Nessuno si sarebbe avventurato da solo in un viaggio del genere. Anche le riletture evangeliche per tanti risultano sorprendenti e arricchenti.
Nei due santuari di Aim Karim risuonano ancora il Magnificat di Maria e il Benedictus di Zaccaria, maiolicati in un infinità di lingue e ravvivati dal nostro canto. Pare di vederla Maria, questa ragazzina che sale svelta la montagna. Porta in grembo il Figlio dell’Altissimo, un mistero grande come Dio, perché Dio è il suo mistero. Ha con lui un’intimità che non aveva conosciuto Abramo l’amico di Dio, non Mosè che parlava a faccia a faccia con lui, non Elia davanti al quale egli passò con tutta la sua gloria. Eppure l’intimità non la chiude in se stessa, ma la apre alla parente e dona ciò che ha, Gesù stesso! L’intimità si dilata tra più anime, inizio di Chiesa, comunità di fedeli che, insieme, costituiscono un nuovo tempio del Signore.
Il passaggio a Betlemme è filtrato da un posto di controllo e più avanti dallo sbarramento del muro che divide Israele dai Territori palestinesi. Giungiamo al campo dei pastori dove, nella Notte santa, quell’umile gente fu avvolta dalla gloria del Signore. Non sapevano né leggere né scrivere, vivevano ai margini dei villaggi, erano scartati e temuti, visti come oggi si vedono gli zingari. Erano gli ultimi e furono avvolti di luce, trasfigurati, reintegrati nella loro la dignità regale di figli di Dio. In loro l’intera umanità è divinizzata.
Uno dei due Giovanni di Firenze ha fatto il pastore fino a vent’anni; ci racconta come vivevano i pastori e come conducevano le greggi.
Un gesto che i Padri della Chiesa hanno letto come l’umanità che avvolge la divinità.
Testo e contesto
«L’occupazione israeliana rende difficile la vita quotidiana per la libertà di movimento, l’economia e la vita sociale e religiosa dei palestinesi» (dal documento preparatorio per il Sinodo sul Medio Oriente consegnato dal Papa a Cipro).
«Carissimo Fabio – leggo in un commento arrivato sul blog –, io in Terra Santa non ci sono ancora andato per scelta personale... perché con l'odio, la divisione e la guerra che c'è mi sembra poco santa...». Certo che se dovessimo sfuggire i luoghi dell’odio, della divisione e della guerra dovremmo cercare rifugio sulla Luna o su Marte; dovremmo essere più accoglienti nei confronti da quanti vengono in Italia e in Europa da Paesi in guerra... E pensare che Gesù ha scelto di venire proprio in questa terra occupata dai Romani, dove regnavano l’odio e la divisione: non è venuto per i giusti, ma per i peccatori, ha scelto la disunità per portare lui l’unità. Noi siamo qui per trovare le tracce del Santo della Terra… nella sua Terra, che lui ha reso santa.
A cena con un pullman andiamo a cena da una famiglia arabo-palestinese. Lui è architetto, laureato a Milano e con specializzazione a Pisa, ma ormai nei Territori palestinesi non si costruisce più. In cambio prolificano gli insediamenti israeliani. Ci preparano una cena araba e ci raccontano la situazione di difficoltà che vivono i Palestinesi dal punto di vista politico, economico, psicologico. I cristiani arabi sono passati dal 20% della popolazione a poco più dell’1%. si sentono abbandonati come Gesù in croce.
Personal box
Nella chiesa della Natività ho visto per la prima volta il battesimo ortodosso. Il bambino nudo è stato immerso completamente tre volte in un brande catino di bronzo: una festa! (un po’ meno per il bambino)
Alla fine della messa ho visto sfilare davanti a me tutto il nostro gruppo per il bacio di Gesù bambino: 74 modi diversi di baciarlo; chi il volto, chi le mani, chi un bacio, che due o tre, chi lo accarezza, chi se lo abbraccia…: un incanto!
Nei due santuari di Aim Karim risuonano ancora il Magnificat di Maria e il Benedictus di Zaccaria, maiolicati in un infinità di lingue e ravvivati dal nostro canto. Pare di vederla Maria, questa ragazzina che sale svelta la montagna. Porta in grembo il Figlio dell’Altissimo, un mistero grande come Dio, perché Dio è il suo mistero. Ha con lui un’intimità che non aveva conosciuto Abramo l’amico di Dio, non Mosè che parlava a faccia a faccia con lui, non Elia davanti al quale egli passò con tutta la sua gloria. Eppure l’intimità non la chiude in se stessa, ma la apre alla parente e dona ciò che ha, Gesù stesso! L’intimità si dilata tra più anime, inizio di Chiesa, comunità di fedeli che, insieme, costituiscono un nuovo tempio del Signore.
Il passaggio a Betlemme è filtrato da un posto di controllo e più avanti dallo sbarramento del muro che divide Israele dai Territori palestinesi. Giungiamo al campo dei pastori dove, nella Notte santa, quell’umile gente fu avvolta dalla gloria del Signore. Non sapevano né leggere né scrivere, vivevano ai margini dei villaggi, erano scartati e temuti, visti come oggi si vedono gli zingari. Erano gli ultimi e furono avvolti di luce, trasfigurati, reintegrati nella loro la dignità regale di figli di Dio. In loro l’intera umanità è divinizzata.
Uno dei due Giovanni di Firenze ha fatto il pastore fino a vent’anni; ci racconta come vivevano i pastori e come conducevano le greggi.
Giuseppe e Maria a Betlemme non trovarono posto nell’albergo, noi l’abbiamo trovato subito, e che albergo! Stanze che sembrano suite. Il pomeriggio lo passiamo interamente nella chiesa della Natività in una gioia incredibile! Alla messa cantiamo i canti di Natale, baciamo Gesù Bambino…
Maria l’aveva avvolto di fasce. Un gesto materno, pieno di tenerezza e d’amore. Un gesto preparato fin da quanto seppe d’essere in attesa d’un bambino. L’angelo le aveva annunciato come “Figlio dell’Altissimo”, ma sarebbe pur stato un bambino.Un gesto che i Padri della Chiesa hanno letto come l’umanità che avvolge la divinità.
Un gesto che prelude quello di altre donne, che lo avvolgeranno in un altro panno, dopo la tua morte: vero uomo, avvolto dalla nostra debolezza, dal nostro peccato, dalla nostra morte. Noi, in Maria, diamo dà a Dio la nostra umanità e Dio dà a noi la sua divinità.
Testo e contesto
«L’occupazione israeliana rende difficile la vita quotidiana per la libertà di movimento, l’economia e la vita sociale e religiosa dei palestinesi» (dal documento preparatorio per il Sinodo sul Medio Oriente consegnato dal Papa a Cipro).
Andiamo in un grande negozio per i regali. Il proprietario ci dice candidamente che non gli è consentito di andare a Gerusalemme, a pochi chilometri da qui. Da dieci anni, come quasi tutti gli abitanti di Betlemme, non può uscire dalla città.
Barack Obama ieri ha riconosciuto "insostenibile" la situazione nella Striscia di Gaza creata dal blocco imposto da Israele. Il presidente americano si è detto certo che "significativi progressi siano possibili quest'anno" nel processo di pace in Medio Oriente, esortando Israele a lavorare con tutte le parti per metter fine al blocco e a frenare l'attività edilizia negli insediamenti, ma ha anche invitato i palestinesi a fermare le azioni d'incitamento contro Israele. Ho promesso 400 milioni di dollari di aiuti per la popolazione di Gaza.
«Carissimo Fabio – leggo in un commento arrivato sul blog –, io in Terra Santa non ci sono ancora andato per scelta personale... perché con l'odio, la divisione e la guerra che c'è mi sembra poco santa...». Certo che se dovessimo sfuggire i luoghi dell’odio, della divisione e della guerra dovremmo cercare rifugio sulla Luna o su Marte; dovremmo essere più accoglienti nei confronti da quanti vengono in Italia e in Europa da Paesi in guerra... E pensare che Gesù ha scelto di venire proprio in questa terra occupata dai Romani, dove regnavano l’odio e la divisione: non è venuto per i giusti, ma per i peccatori, ha scelto la disunità per portare lui l’unità. Noi siamo qui per trovare le tracce del Santo della Terra… nella sua Terra, che lui ha reso santa.
A cena con un pullman andiamo a cena da una famiglia arabo-palestinese. Lui è architetto, laureato a Milano e con specializzazione a Pisa, ma ormai nei Territori palestinesi non si costruisce più. In cambio prolificano gli insediamenti israeliani. Ci preparano una cena araba e ci raccontano la situazione di difficoltà che vivono i Palestinesi dal punto di vista politico, economico, psicologico. I cristiani arabi sono passati dal 20% della popolazione a poco più dell’1%. si sentono abbandonati come Gesù in croce.
Personal box
Nella chiesa della Natività ho visto per la prima volta il battesimo ortodosso. Il bambino nudo è stato immerso completamente tre volte in un brande catino di bronzo: una festa! (un po’ meno per il bambino)
Alla fine della messa ho visto sfilare davanti a me tutto il nostro gruppo per il bacio di Gesù bambino: 74 modi diversi di baciarlo; chi il volto, chi le mani, chi un bacio, che due o tre, chi lo accarezza, chi se lo abbraccia…: un incanto!
mercoledì 9 giugno 2010
I RIFLESSI DEL LAGO / TERRA SANTA 4
Protagonista di oggi il lago. Andava e veniva su questo lago, il Maestro: Tiberiade, Gergesa, Dalmanuta, Betsaida, Magdala, Tiberiade... Lo traghettavano Simone e Andrea con la loro barca. Su queste rive le folle si accalcavano. Le sfamava, le guariva. E soprattutto insegnava: saziava le menti e guariva i cuori.
Non sempre, da quando Gesù si era trasferito da Nazareth a Cafarnao, la barca era piena di pesci come accadeva prima, quando gli apostoli eravamo pescatori. Ora era piena di cuori conquistati: non li aveva trasformati in pescatori di uomini?
Qui tutto parla di Lui. Questo lago quieto, queste dolci colline... Ad ogni passo un ricordo, ad ogni pietra una sua parola, ad ogni raggio di sole un suo sguardo, mai lo stesso, come non sono mai uguali le onde del lago, le nuvole che solcano il cielo…
Il lago è l’unico luogo evangelico rimasto tale e quale dal tempo di Gesù, il luogo capace di farcelo vedere ancora e di ridonarci le emozioni più belle e profonde.
Dopo la colazione in albergo, con ulive, yogurt, timo e i mille sapori di questa terra, partenza per Cafarnao, alla casa di Pietro, divenuta per tre anni la casa di Gesù, luogo di partenze e di ritorno dell’intensa attività missionaria di Gesù. I vangeli sono pieni di fatti evangelici avvenuto in questo villaggio: la chiamata dei primi quattro discepoli sul lago, quella di Matteo, la resurrezione della figlia di Giairo, l’incontro con il centurione, il discorso sul pane di vita nella sinagoga... Dopo la casa di Pietro la sinagoga, non quella di Gesù, ma quella elegante e bella ricostruita su quello stesso luogo nel IV secolo. Su ogni luogo leggiamo i passi del Vangelo: la guarigione della suocera di Pietro, il paralitico calato dal tetto, il discorso sul pane di vita, e ogni brano risuona vivo, attuale.
Sul monte delle beatitudini abbracciamo con lo sguardo il lago e le colline. Basta socchiudere gli occhi e vedere apparire le folle e accalcarsi attorno a Gesù; vediamo anche lui e lo ascoltiamo parlare parole di vita. In questo luogo pieno di luce e di pace celebriamo l’eucaristia con davanti il lago.
I segni eucaristici li ritroviamo a Tabgha, luogo della moltiplicazione dei pani. Qui Gesù, vedendo la molta folla, si commosse. Sentì compassione per quella gente che veniva a Lui affamata e assetata di verità, in cerca di una speranza. Gli pareva un gregge sbandato, lasciato a se stesso, senza più pastore. Avvertiva in sé quello che passava nel cuore di quanti accorrevano a Lui. Provava i loro stessi sentimenti di dolore, di disperazione, di angoscia, di insicurezza. Condivideva con ognuno la sospensione, la ricerca, l’insoddisfazione, il dubbio, l’indifferenza. Sentiva quello che essi sentivano.
“Sono in pena per loro”, disse il Maestro. Pastore buono e bello doveva nutrire il suo gregge. Prese a insegnare e a guarire. E infine ristette: aveva sfamato con le sue parabole, con le sue parole di vita, poiché sapeva bene che non basta il pane per vivere: occorre nutrire il cuore di speranza.
Ma dopo tre giorni la gente aveva fame anche di pane. Mi rivedo davanti il ragazzo che aveva cinque pani e due pesci e mi pare di udirne il dialogo:
- Me lo doni il tuo cibo?
- È poco. È un dono piccolo.
- Ciò che è donato non è mai piccolo.
- È tutto quello che ho. Non mi è rimasto altro.
- Poco o tanto non conta. A me basta il tuo tutto. Perché è tutto, ce ne sarà per tutti. Il tuo dono farà miracoli. Ho bisogno del tuo dono, ho bisogno di te.
Prese i cinque pani e i due pesci, levò gli occhi al cielo, pronunziò la benedizione, spezzò i pani e li dava ai discepoli perché li distribuissero; e divise i due pesci fra tutti. Tutti mangiarono e si sfamarono, e portarono via dodici ceste piene di pezzi di pane e anche dei pesci. Quelli che avevano mangiato i pani erano cinquemila uomini.
Dopo pranzo attraversiamo il lago sulla “barca di Pietro”, sotto il sole alto e forte, rinfrescati da un venticello leggero. Ci fermiamo in mezzo al lago e rivediamo la tempesta, Gesù che cammina sulle acque… Lo specchio d’acqua è limpido e appena increspato. Molto mosso è invece il cuore…
Infine il luogo, vicino, nel quale Gesù apparve risorto ai discepoli, il luogo nel quale Gesù domanda a Pietro se lo ama… Difficile contenere la gioia. Scendendo nell’acqua rinnoviamo le promesse battesimali e di nuovo versiamo l’acqua del Giordano sulla testi ognuno. L’acqua si fa tornare tutti bambini e ci fa giocare.
Testo e contesto
A Roma, nell’Aula Paolo VI, si celebra il grande evento dell’anno sacerdotale. Noi lo celebriamo nei luoghi in cui Gesù sacerdote ha moltiplicato i pani ed ha preparato il cibo ai suoi discepoli.
Dopo cena incontriamo il focolare femminile di Haifa e alcuni membri della comunità del Movimento di Nazareth e dintorni. L’Ideale dell’unità è stato portato qui da p. Armando Bortolaso, salesiano, ora vescovo in Siria. Giovani e adulti ci comunicano le loro esperienze soprattutto nell’affrontare le difficoltà di rapporto con i vicini ebrei e musulmani, aiutati dalla Parola di vita e dall’unità di tutta la famiglia del Movimento. Di grande significato l’ultima Mariapoli celebrata con membri delle altre religioni dove ci si è scoperti fratelli. Amare il nemico qui diventa possibile eroismo, ulteriore segno concreto di speranza. Anch’io sono stato chiamato a raccontare la mia esperienza al simposio ebraico-cristiano che abbiamo tenuto a Gerusalemme lo scorso anno.
Personal box
Chi avrebbe mai immaginato che avrei potuto leggere tanti brani del mio libro “Parlaci di Lui. I racconti di Cafarnao” proprio nei luoghi in cui sono avvenuti i fatti narrati e davanti ad un pubblico così attento, che applaude al termine di ogni lettura? Leggo e mi pare di rivivere al tempo di Gesù: il ragazzo dei cinque pani e due pesci, la tempesta sedata, l’apparizione del Signore sul lago…
Ho riletto il diario del 4 giugno 1997 scritto a Tabgha, sul lago di Galilea:
«Non sto più nella pelle. Salto come un ragazzino da un masso all’altro, su queste pietre dure e nere. Non m’importa degli altri. Mi prendono per matto. Lo sono, in effetti. Provo una gioia libera e pura, avvolto dalla luce calda del sole e dai riflessi dell’acqua appena increspata del lago.
Avverto lo stesso fremito di vita che vibrò d’impeto nel cuore di Giovanni quando, dalla barca, vide il Risorto, su questa stessa roccia. Il suo grido è il mio stesso grido: «È il Signore!».
Ne avverto la presenza, ne seguo le orme, ascolto l’eco della sua voce. Dio ha camminato sulle sponde di questo lago, ha immerso i piedi nelle sue acque limpide, ha posato i suoi occhi sulle colline verdi che abbracciano con dolcezza questo specchio di luce riflesso del cielo.
È passato di qui. Qui ha guardato negli occhi Andrea e Simone, Giovanni e Giacomo: sguardo di trasparenza, penetrazione nell’intimo di persone da sempre conosciute, da sempre amate e scelte, per depositarvi l’amore eterno di Dio capace di generare a vita nuova.
“Seguitemi”. Odo l’incondizionato invito e vedo Simone e Andrea che lasciano le reti, Giacomo e Giovanni il padre: decentramento radicale dal proprio io e dal proprio mondo per ricentrarsi in Lui; allontanamento da ogni sicurezza materiale, perdita dei legami familiari, degli affetti, delle radici, per ritrovare in Lui e patria e casa e affetti: Lui, l’unico bene.
“Vieni e seguimi”. Le stesse parole che hai rivolto a me, lo stesso amore con il quale mi hai investito, travolgendomi nella loro stessa avventura, nella tua stessa avventura. Condivisione di vita.
Qui l’inizio della mia storia: l’incontro con Te!
Mi sei passato accanto, nel tuo camminare sulla terra. Sei passato da casa mia, ti sei accorto di me, mi hai guardato, amato, chiamato.
Il cuore esplode di una gioia che non può più contenere.
Su questa roccia Pietro per tre volte ha detto a Gesù: “Ti amo”.
Oggi, sulla riva del lago, anche a me hai domandato: “Mi ami tu?”.
Non mi sono preoccupato di risponderti. Ero troppo contento di sentirti rivolgere a me quella domanda: è più importante della mia risposta. Tu che vedi il cuore sai il desiderio di dirti di sì».
Non sempre, da quando Gesù si era trasferito da Nazareth a Cafarnao, la barca era piena di pesci come accadeva prima, quando gli apostoli eravamo pescatori. Ora era piena di cuori conquistati: non li aveva trasformati in pescatori di uomini?
Qui tutto parla di Lui. Questo lago quieto, queste dolci colline... Ad ogni passo un ricordo, ad ogni pietra una sua parola, ad ogni raggio di sole un suo sguardo, mai lo stesso, come non sono mai uguali le onde del lago, le nuvole che solcano il cielo…
Il lago è l’unico luogo evangelico rimasto tale e quale dal tempo di Gesù, il luogo capace di farcelo vedere ancora e di ridonarci le emozioni più belle e profonde.
Dopo la colazione in albergo, con ulive, yogurt, timo e i mille sapori di questa terra, partenza per Cafarnao, alla casa di Pietro, divenuta per tre anni la casa di Gesù, luogo di partenze e di ritorno dell’intensa attività missionaria di Gesù. I vangeli sono pieni di fatti evangelici avvenuto in questo villaggio: la chiamata dei primi quattro discepoli sul lago, quella di Matteo, la resurrezione della figlia di Giairo, l’incontro con il centurione, il discorso sul pane di vita nella sinagoga... Dopo la casa di Pietro la sinagoga, non quella di Gesù, ma quella elegante e bella ricostruita su quello stesso luogo nel IV secolo. Su ogni luogo leggiamo i passi del Vangelo: la guarigione della suocera di Pietro, il paralitico calato dal tetto, il discorso sul pane di vita, e ogni brano risuona vivo, attuale.
Sul monte delle beatitudini abbracciamo con lo sguardo il lago e le colline. Basta socchiudere gli occhi e vedere apparire le folle e accalcarsi attorno a Gesù; vediamo anche lui e lo ascoltiamo parlare parole di vita. In questo luogo pieno di luce e di pace celebriamo l’eucaristia con davanti il lago.
I segni eucaristici li ritroviamo a Tabgha, luogo della moltiplicazione dei pani. Qui Gesù, vedendo la molta folla, si commosse. Sentì compassione per quella gente che veniva a Lui affamata e assetata di verità, in cerca di una speranza. Gli pareva un gregge sbandato, lasciato a se stesso, senza più pastore. Avvertiva in sé quello che passava nel cuore di quanti accorrevano a Lui. Provava i loro stessi sentimenti di dolore, di disperazione, di angoscia, di insicurezza. Condivideva con ognuno la sospensione, la ricerca, l’insoddisfazione, il dubbio, l’indifferenza. Sentiva quello che essi sentivano.
“Sono in pena per loro”, disse il Maestro. Pastore buono e bello doveva nutrire il suo gregge. Prese a insegnare e a guarire. E infine ristette: aveva sfamato con le sue parabole, con le sue parole di vita, poiché sapeva bene che non basta il pane per vivere: occorre nutrire il cuore di speranza.
Ma dopo tre giorni la gente aveva fame anche di pane. Mi rivedo davanti il ragazzo che aveva cinque pani e due pesci e mi pare di udirne il dialogo:
- Me lo doni il tuo cibo?
- È poco. È un dono piccolo.
- Ciò che è donato non è mai piccolo.
- È tutto quello che ho. Non mi è rimasto altro.
- Poco o tanto non conta. A me basta il tuo tutto. Perché è tutto, ce ne sarà per tutti. Il tuo dono farà miracoli. Ho bisogno del tuo dono, ho bisogno di te.
Prese i cinque pani e i due pesci, levò gli occhi al cielo, pronunziò la benedizione, spezzò i pani e li dava ai discepoli perché li distribuissero; e divise i due pesci fra tutti. Tutti mangiarono e si sfamarono, e portarono via dodici ceste piene di pezzi di pane e anche dei pesci. Quelli che avevano mangiato i pani erano cinquemila uomini.
Dopo pranzo attraversiamo il lago sulla “barca di Pietro”, sotto il sole alto e forte, rinfrescati da un venticello leggero. Ci fermiamo in mezzo al lago e rivediamo la tempesta, Gesù che cammina sulle acque… Lo specchio d’acqua è limpido e appena increspato. Molto mosso è invece il cuore…
Infine il luogo, vicino, nel quale Gesù apparve risorto ai discepoli, il luogo nel quale Gesù domanda a Pietro se lo ama… Difficile contenere la gioia. Scendendo nell’acqua rinnoviamo le promesse battesimali e di nuovo versiamo l’acqua del Giordano sulla testi ognuno. L’acqua si fa tornare tutti bambini e ci fa giocare.
Testo e contesto
A Roma, nell’Aula Paolo VI, si celebra il grande evento dell’anno sacerdotale. Noi lo celebriamo nei luoghi in cui Gesù sacerdote ha moltiplicato i pani ed ha preparato il cibo ai suoi discepoli.
Dopo cena incontriamo il focolare femminile di Haifa e alcuni membri della comunità del Movimento di Nazareth e dintorni. L’Ideale dell’unità è stato portato qui da p. Armando Bortolaso, salesiano, ora vescovo in Siria. Giovani e adulti ci comunicano le loro esperienze soprattutto nell’affrontare le difficoltà di rapporto con i vicini ebrei e musulmani, aiutati dalla Parola di vita e dall’unità di tutta la famiglia del Movimento. Di grande significato l’ultima Mariapoli celebrata con membri delle altre religioni dove ci si è scoperti fratelli. Amare il nemico qui diventa possibile eroismo, ulteriore segno concreto di speranza. Anch’io sono stato chiamato a raccontare la mia esperienza al simposio ebraico-cristiano che abbiamo tenuto a Gerusalemme lo scorso anno.
Personal box
Chi avrebbe mai immaginato che avrei potuto leggere tanti brani del mio libro “Parlaci di Lui. I racconti di Cafarnao” proprio nei luoghi in cui sono avvenuti i fatti narrati e davanti ad un pubblico così attento, che applaude al termine di ogni lettura? Leggo e mi pare di rivivere al tempo di Gesù: il ragazzo dei cinque pani e due pesci, la tempesta sedata, l’apparizione del Signore sul lago…
Ho riletto il diario del 4 giugno 1997 scritto a Tabgha, sul lago di Galilea:
«Non sto più nella pelle. Salto come un ragazzino da un masso all’altro, su queste pietre dure e nere. Non m’importa degli altri. Mi prendono per matto. Lo sono, in effetti. Provo una gioia libera e pura, avvolto dalla luce calda del sole e dai riflessi dell’acqua appena increspata del lago.
Avverto lo stesso fremito di vita che vibrò d’impeto nel cuore di Giovanni quando, dalla barca, vide il Risorto, su questa stessa roccia. Il suo grido è il mio stesso grido: «È il Signore!».
Ne avverto la presenza, ne seguo le orme, ascolto l’eco della sua voce. Dio ha camminato sulle sponde di questo lago, ha immerso i piedi nelle sue acque limpide, ha posato i suoi occhi sulle colline verdi che abbracciano con dolcezza questo specchio di luce riflesso del cielo.
È passato di qui. Qui ha guardato negli occhi Andrea e Simone, Giovanni e Giacomo: sguardo di trasparenza, penetrazione nell’intimo di persone da sempre conosciute, da sempre amate e scelte, per depositarvi l’amore eterno di Dio capace di generare a vita nuova.
“Seguitemi”. Odo l’incondizionato invito e vedo Simone e Andrea che lasciano le reti, Giacomo e Giovanni il padre: decentramento radicale dal proprio io e dal proprio mondo per ricentrarsi in Lui; allontanamento da ogni sicurezza materiale, perdita dei legami familiari, degli affetti, delle radici, per ritrovare in Lui e patria e casa e affetti: Lui, l’unico bene.
“Vieni e seguimi”. Le stesse parole che hai rivolto a me, lo stesso amore con il quale mi hai investito, travolgendomi nella loro stessa avventura, nella tua stessa avventura. Condivisione di vita.
Qui l’inizio della mia storia: l’incontro con Te!
Mi sei passato accanto, nel tuo camminare sulla terra. Sei passato da casa mia, ti sei accorto di me, mi hai guardato, amato, chiamato.
Il cuore esplode di una gioia che non può più contenere.
Su questa roccia Pietro per tre volte ha detto a Gesù: “Ti amo”.
Oggi, sulla riva del lago, anche a me hai domandato: “Mi ami tu?”.
Non mi sono preoccupato di risponderti. Ero troppo contento di sentirti rivolgere a me quella domanda: è più importante della mia risposta. Tu che vedi il cuore sai il desiderio di dirti di sì».
martedì 8 giugno 2010
IL SÌ DI MARIA / TERRA SANTA 3
a Grotta dell’Annunciazione domina la prima nostra giornata in Terra Santa. È il luogo d’inizio della nostra storia. La Galilea, terra di confine, considerata paganeggiante. Nazareth, un villaggio di periferia, che non è degno di essere nominato neppure una volta nell’Antico Testamento (“Cosa può venire di buono da Nazareth”). Una casa come tante, addossata ad una delle tante grotte. Una ragazza comune, col più comune dei nomi, Miriam. Ed è l’inizio della più grande storia: Dio che si fa uomo (discreto e gentile, che chiede il permesso di entrare) per fare l’uomo dio. Tutto appeso a “un “sì” di una donna.
La mattina inizia con la salita al Monte Tabor, l’“alto monte” sul quale Gesù aveva portato Pietro Giacomo e Giovanni mostrando loro la sua gloria. Mosè ed Elia, la Legge e i Profeti, gli annunciano l’esodo doloroso che lo avrebbe condotto alla morte per condurre noi dalla morte alla vita. Quell’esodo avverrà in una tenebra capace di oscurare la presenza di Dio, di far smarrire la strada, di metter paura, una “paura da morire”, che farà sudare sangue a Gesù, “con forti grida e lacrime”. Ma proprio mentre, di notte, ne parla con Mosè ed Elia, egli si accende di luce e fa splendere la notte: annuncio di risurrezione, di esodo compiuto. Il cammino verso Gerusalemme sarà un cammino verso la luce, culminante nell’abbraccio del Padre. Non è questo anche il nostro cammino? Anche questo nostro corpo, quanto abbiamo seminato nella vita, il lavoro, le opere, gli affetti… tutto sarà trasfigurato. Al di là dell’inevitabile morte e del disfacimento, anche su di noi risuona la parola del Padre: “Sei il Figlio mio, l'eletto”.
In luogo appartato, al riparo dai raggi del sole, abbiamo modo di ascoltare con calma spiegazioni storiche e bibliche, esprimerci, porre domande, in un dialogo che tutti ci coinvolge. Siamo attratti e interrogati soprattutto dall’umanità di Gesù.
Viaggiamo con due pullman, accompagnati da due guide d’eccezione, p. Massimo frate minore e p. Fabio frate minore cappuccino, dello studio biblico francescano. Siamo coccolati dai due agenti di viaggio, Anna e Luca, mamma e figlio, e da Alessandra, una focolarina del luogo, dalle inconfondibile fattezze arabe, ma che appena apre bocca si rivela brasiliana.
Dal Tabor a Cana di Galilea, il villaggio di Natanaele, luogo del primo dei segni di Gesù, l’acqua cambiata in vino, simbolo di un miracolo ben più grande, il pane e il vino cambiati in corpo e sangue di Cristo, via ad un miracolo più grandi ancora: noi cambiati in Cristo stesso, fatti suo corpo. Anche qui Maria è protagonista accanto a Gesù, attenta a cogliere la più piccola necessità e a intercedere presso il Figlio.
Le nostre coppie rinnovano le promesse matrimoniali. Delia e Franco celebrano il 40° di matrimonio come Sandro e Titti; oggi è anche il compleanno di lui e domani di lei. Per Maria Adele e Giorgio sono 30 anni di matrimonio…
Torniamo a Nazareth dove abbiamo passato la notte. Cana-Nazareth è ormai un’unica città, le due periferie si confondono. Ci tuffiamo nell’antico mondo di Maria e Giuseppe: la fontana della Vergine, la casa della Sacra Famiglia, le grotte dell’antico villaggio, la grotta dell’annunciazione. Vangeli canonici, vangeli apocrifi, scavi archeologici, testimonianze storiche, tutto concorre a ricreare la storia straordinaria delle nostre origini. La messa nella basilica, davanti alla grotta di Maria corona la giornata in una atmosfera altissima.
Testo e contesto
Siamo in attese delle due navi con aiuti umanitari a Gaza che invierà la Mezzaluna Rossa iraniana. Le Guardie della Rivoluzione islamica iraniana hanno fatto sapere di essere disposte a scortare nuove missioni navali verso Gaza. Israele per ora minimizza la minaccia. Il portavoce del ministero degli Esteri Yigal Palmor dichiara che il governo Netanyahu non crede che l'Iran sia davvero pronto a inviare navi verso la Striscia di Gaza ma giudica ugualmente grave, una "provocazione", l'annuncio arrivato oggi dalla Mezzaluna Rossa di Teheran.
Per Frattini la decisione iraniana "è stata presa innanzitutto contro Hamas". "Per la prima volta la comunità internazionale ha avuto il chiaro segnale che l'Iran vuole prendere il controllo della Striscia di Gaza", ha dichiarato il titolare della Farnesina. Secondo il capo della diplomazia italiana bisogna "trovare una soluzione al più presto possibile, anche con la collaborazione del Quartetto, per garantire l'aiuto degli aiuti e allo stesso tempo la sicurezza", ossia "che a Gaza non entrino armi e terroristi". Intanto, a largo di Gaza, gli israeliani hanno ucciso 4 palestinesi che, secondo i responsabili dell'esercito, facevano parte di un commando di uomini rana armati e pronti a compiere un attentato.
Il contesto oggi, a fine giornata, ce l’ha descritto con una passione unica il vescovo Giacinto-Boulos Marcuzzo, Vicario patriarcale in Israele, che ci ha ricevuti nella sua sede qui a Nazareth. Da 50 anni in Terra Santa ha un amore straordinario per il popolo palestinese (e lo ha comunicato anche a noi), il popolo nato dalla fusione degli antichi popoli non ebraici di cui ci parla la Bibbia, da sempre presenti in queste terre, che oggi rivendicano il sacrosanto diritto di avere il loro stato nella loro terra.
La Terra Santa comprende quattro Paesi: Israele, Territori Palestinesi, Giordania, Cipro, da sempre legati al Patriarcato di Gerusalemme. Oggi i cristiani palestinesi di questi quattro Paesi, ancora unica diocesi di Gerusalemme, sono appena 445.000, il 2% della popolazione. 300 gli ebrei cristiani. Questa piccola minoranza vive schiacciata e minacciata tra musulmani ed ebrei.
Il vescovo ha parlato con entusiasmo della letteratura arabo-cristiana che giace ancora manoscritta, al 94%, nelle varie biblioteche del mondo, e della necessità di renderla accessibile per il suo grande valore; del promettente dialogo con gli ebrei e i musulmani; della necessità di sostenere i cristiani di Terra Santa tentati di abbandonare i loro Paesi per trovare sicurezza e pace.
Personal box
Una delle nostre “pellegrine” mi avvicina commossa; questa notte qui a Nazareth, ha sognato la mamma, morta un anno fa; era avvolta dalla luce!
La “certa età” di Sara e Elia è rispettivamente di 6 e 4 anni. Simpaticissimi, sono con la mamma e la nonna. “Elia profeta”, dico al bambino. “No, non sono un profeta, sono un bambino”.
Alla messa ho rischiato di commuovermi. Troppo bello.
La mattina inizia con la salita al Monte Tabor, l’“alto monte” sul quale Gesù aveva portato Pietro Giacomo e Giovanni mostrando loro la sua gloria. Mosè ed Elia, la Legge e i Profeti, gli annunciano l’esodo doloroso che lo avrebbe condotto alla morte per condurre noi dalla morte alla vita. Quell’esodo avverrà in una tenebra capace di oscurare la presenza di Dio, di far smarrire la strada, di metter paura, una “paura da morire”, che farà sudare sangue a Gesù, “con forti grida e lacrime”. Ma proprio mentre, di notte, ne parla con Mosè ed Elia, egli si accende di luce e fa splendere la notte: annuncio di risurrezione, di esodo compiuto. Il cammino verso Gerusalemme sarà un cammino verso la luce, culminante nell’abbraccio del Padre. Non è questo anche il nostro cammino? Anche questo nostro corpo, quanto abbiamo seminato nella vita, il lavoro, le opere, gli affetti… tutto sarà trasfigurato. Al di là dell’inevitabile morte e del disfacimento, anche su di noi risuona la parola del Padre: “Sei il Figlio mio, l'eletto”.
In luogo appartato, al riparo dai raggi del sole, abbiamo modo di ascoltare con calma spiegazioni storiche e bibliche, esprimerci, porre domande, in un dialogo che tutti ci coinvolge. Siamo attratti e interrogati soprattutto dall’umanità di Gesù.
Viaggiamo con due pullman, accompagnati da due guide d’eccezione, p. Massimo frate minore e p. Fabio frate minore cappuccino, dello studio biblico francescano. Siamo coccolati dai due agenti di viaggio, Anna e Luca, mamma e figlio, e da Alessandra, una focolarina del luogo, dalle inconfondibile fattezze arabe, ma che appena apre bocca si rivela brasiliana.
Dall’alto del monte abbracciamo in un ampio orizzonte piana e colline di Galilea, anche quella su cui sale la città di Nazareth. La terra di Galilea, “una terra buona – come leggiamo nelle Scritture –, terra di torrenti, fonti e abissi, che sgorgano nelle valli e nelle montagne”. La buona terra dove scorre latte e miele. Non c’è un fazzoletto di terra, non una zolla che non sia coltivata, lavorata. Terrazze a viti, ulivi, fichi e cereali. Qui sono nati i detti di Gesù: “Guardate il fico e tutte le piante; quando già germogliano, guardandoli capite da voi stessi che ormai l’estate è vicina”. Ancora: “Quando viene la sera dite: Sarà bel tempo, poiché il cielo rosseggia; e la mattina: Oggi ci sarà burrasca, poiché il cielo è rosso cupo”. Qui egli ha visto i gigli del campo, la cui vita è così breve, ma che il Signore veste di splendore, come mai fu rivestito il re Salomone con tutto il suo fasto; qui ha contemplato il volo degli uccelli, anche dei passeri, di poco valore, ma liberi e lieti.
Dal Tabor a Cana di Galilea, il villaggio di Natanaele, luogo del primo dei segni di Gesù, l’acqua cambiata in vino, simbolo di un miracolo ben più grande, il pane e il vino cambiati in corpo e sangue di Cristo, via ad un miracolo più grandi ancora: noi cambiati in Cristo stesso, fatti suo corpo. Anche qui Maria è protagonista accanto a Gesù, attenta a cogliere la più piccola necessità e a intercedere presso il Figlio.
Le nostre coppie rinnovano le promesse matrimoniali. Delia e Franco celebrano il 40° di matrimonio come Sandro e Titti; oggi è anche il compleanno di lui e domani di lei. Per Maria Adele e Giorgio sono 30 anni di matrimonio…
Torniamo a Nazareth dove abbiamo passato la notte. Cana-Nazareth è ormai un’unica città, le due periferie si confondono. Ci tuffiamo nell’antico mondo di Maria e Giuseppe: la fontana della Vergine, la casa della Sacra Famiglia, le grotte dell’antico villaggio, la grotta dell’annunciazione. Vangeli canonici, vangeli apocrifi, scavi archeologici, testimonianze storiche, tutto concorre a ricreare la storia straordinaria delle nostre origini. La messa nella basilica, davanti alla grotta di Maria corona la giornata in una atmosfera altissima.
Testo e contesto
Siamo in attese delle due navi con aiuti umanitari a Gaza che invierà la Mezzaluna Rossa iraniana. Le Guardie della Rivoluzione islamica iraniana hanno fatto sapere di essere disposte a scortare nuove missioni navali verso Gaza. Israele per ora minimizza la minaccia. Il portavoce del ministero degli Esteri Yigal Palmor dichiara che il governo Netanyahu non crede che l'Iran sia davvero pronto a inviare navi verso la Striscia di Gaza ma giudica ugualmente grave, una "provocazione", l'annuncio arrivato oggi dalla Mezzaluna Rossa di Teheran.
Per Frattini la decisione iraniana "è stata presa innanzitutto contro Hamas". "Per la prima volta la comunità internazionale ha avuto il chiaro segnale che l'Iran vuole prendere il controllo della Striscia di Gaza", ha dichiarato il titolare della Farnesina. Secondo il capo della diplomazia italiana bisogna "trovare una soluzione al più presto possibile, anche con la collaborazione del Quartetto, per garantire l'aiuto degli aiuti e allo stesso tempo la sicurezza", ossia "che a Gaza non entrino armi e terroristi". Intanto, a largo di Gaza, gli israeliani hanno ucciso 4 palestinesi che, secondo i responsabili dell'esercito, facevano parte di un commando di uomini rana armati e pronti a compiere un attentato.
Il contesto oggi, a fine giornata, ce l’ha descritto con una passione unica il vescovo Giacinto-Boulos Marcuzzo, Vicario patriarcale in Israele, che ci ha ricevuti nella sua sede qui a Nazareth. Da 50 anni in Terra Santa ha un amore straordinario per il popolo palestinese (e lo ha comunicato anche a noi), il popolo nato dalla fusione degli antichi popoli non ebraici di cui ci parla la Bibbia, da sempre presenti in queste terre, che oggi rivendicano il sacrosanto diritto di avere il loro stato nella loro terra.
La Terra Santa comprende quattro Paesi: Israele, Territori Palestinesi, Giordania, Cipro, da sempre legati al Patriarcato di Gerusalemme. Oggi i cristiani palestinesi di questi quattro Paesi, ancora unica diocesi di Gerusalemme, sono appena 445.000, il 2% della popolazione. 300 gli ebrei cristiani. Questa piccola minoranza vive schiacciata e minacciata tra musulmani ed ebrei.
Il vescovo ha parlato con entusiasmo della letteratura arabo-cristiana che giace ancora manoscritta, al 94%, nelle varie biblioteche del mondo, e della necessità di renderla accessibile per il suo grande valore; del promettente dialogo con gli ebrei e i musulmani; della necessità di sostenere i cristiani di Terra Santa tentati di abbandonare i loro Paesi per trovare sicurezza e pace.
Personal box
Una delle nostre “pellegrine” mi avvicina commossa; questa notte qui a Nazareth, ha sognato la mamma, morta un anno fa; era avvolta dalla luce!
La “certa età” di Sara e Elia è rispettivamente di 6 e 4 anni. Simpaticissimi, sono con la mamma e la nonna. “Elia profeta”, dico al bambino. “No, non sono un profeta, sono un bambino”.
Alla messa ho rischiato di commuovermi. Troppo bello.
lunedì 7 giugno 2010
CON ELIA SUL MONTE CARMELO / TERRA SANTA 2
“Allora sorse Elia profeta, come un fuoco;
la sua parola bruciava come fiaccola” (Siracide 48, 1).
Il nostro viaggio in Terra Santa inizia sul Monte Carmelo, dove Elia fece trucidare 450 sacerdoti del dio Baal per affermare l’unicità di JHWH, il Dio d’Israele. Un appello, anche per noi, ad una scelta seria di Dio.
Ma il bene non si impone con la forza. Dio sa difendersi da solo, ha i suoi tempi e impiega la forza della misericordia e del perdono. Ed ecco allora Elia in pellegrinaggio all’Oreb, dove Dio si era manifestato per la prima volta a Mosè e al suo popolo. Là Dio lo attendeva per manifestarsi non nel vento, nel terremoto e nel fuoco – i segni classici della teofania – ma in modo nuovo, in una brezza leggera. Sì, Dio si era già manifestato a Mosè, e proprio nel terremoto e nel fuoco, eppure egli è sempre nuovo, imprevisto. Ognuno è chiamato ad una conoscenza personale di Dio, ad incontrarsi con lui a tu per tu, in una esperienza unica, irrepetibile.
Elia peregrinò fino all’Oreb, attraverso il deserto, alla riscoperta di Dio, per ritrovare le origini e la freschezza della fede. Noi, lettori di “Città Nuova”, siamo in pellegrinaggio in Terra Santa per ritrovare le nostre origini cristiane, per riscoprire le tracce di Gesù, i suoi luoghi, le strade che lo hanno visto camminare tra noi. Lo conosciamo già, si è già manifestato a noi come alle generazioni passate, ma può manifestarsi ancora in modo nuovo, come fece con Elia. Vorremmo incontrarlo personalmente, nella sua terra, così come egli vorrà manifestarsi a noi.
Siamo 74, da tutta Italia, da Palermo ad Aosta, partiti con due voli distinti, da Roma e da Milano. Per tanti è la realizzazione del sogno di una vita.
L’atterraggio a Tel Aviv registra la prima emozione. Non è qui che sorgeva Lidda dove Pietro risuscitò Thabità “che aveva compiuto tante opere buone e fatto molte elemosine”? Non è qui, a Giaffa, che Pietro ebbe la visione che gli consentirà di aprire il cristianesimo al di là dei confini del popolo ebraico? Se oggi noi siamo nella Chiesa è grazie a quella visione di Pietro a Giaffa.
Da Tel Aviv, la “città che si diverte”, la traversata di quasi tutta Israele, fino a Haifa, la “città che lavora”, e da lì sul Carmelo che domina la città, in attesa di giungere a Gerusalemme, la “città che prega”.
Lasciamo la grotta di Elia, su cui è costruito il santuario di Maria Stella Maris, mentre il sole tramonta dietro il monte Carmelo punteggiando il cielo di nuvolette dorate, antico ricordo di quelle invocate dal Profeta.Testo e contesto
Il nostro viaggio inizia proprio all’indomani del viaggio del papa a Cipro. Senza mezze parole Benedetto XVI ha messo il mondo di fronte alla reale possibilità di un “bagno di sangue” se non si intraprendono serie trattative per la pace. «Il mediterraneo orientale – a detto nell’omelia allo stadio a Nicosia – non è estraneo al conflitto e allo spargimento di sangue, come abbiamo tragicamente visto negli ultimi giorni». Il riferimento al blitz israeliano contro la neve dei pacifisti diretta a Gaza è evidente, così come all’assassinio di mons. Luigi Padovese. Il monito è rivolto anche alle persone religiose: «Abbattere le barriere tra noi e i nostri vicini è premessa per entrare nella vita divina alla quale siamo chiamati». Col nostro pellegrinaggio entriamo nell’occhio del ciclone.
In questi giorni in Israele sono in visita anche 40 ragazzi di due scuole superiori della provincia di Latina, vincitori del concorso “Il percorso dei giusti”, accompagnati da Renata Polverini, presidente della Regione Lazio e da Riccardo Di segni, rabbino capo e presidente della Comunità Ebraica di Roma. Se il dialogo e la mutua comprensione cominciano dalle scuole c’è speranza!
Personal box
Il viaggio si preannuncia “gratificante” per me. Quasi tutti i partecipanti al pellegrinaggio sono di “una certa età” (anch’io sono ormai di una certa età, ma quella dei compagni di viaggio è un’età più “certa”) e quando hanno saputo che sono p. Fabio hanno tirato un sospiro di sollievo: mi conoscono attraverso Città Nuova, i libri, gli incontri al Centro Mariapoli… insomma sembra che dia sicurezza!
La prima volta venni in Terra Santa 13 anni fa. Non avevo mai voluto visitarla prima, rifiutando inviti ed offerte. Perché, mi ripetevo, andare alla ricerca di un Gesù che non c’è più, lui che ora è vivo e ovunque presente? Venni per un semplice atto d’amore: accompagnare i miei genitori pellegrini in Terra Santa per il 50° del loro matrimonio. Per un dono così piccolo ricevetti il centuplo.
«Tutto mi parla – scrissi allora –, da Nazaret al Tabor, da Gerusalemme a Gerico. Tocco il Dio fatto carne. Non l’Assoluto incomunicabile, non l’Ente inaccessibile, non il mistico Uno, non il Motore immoto, ma un Dio capace di percorrere le nostre strade, di condividere la nostra debolezza e fragilità, di stancarsi e di aver sete e fame, di addolorarsi e di piangere, di provare turbamento e commozione: un Dio dal cuore di carne. Ha condiviso in tutto la mia vita. Perché non posso condividere la sua?»
domenica 6 giugno 2010
Gerusalemme città chiamata all’unità / Terra Santa 1
“L’anno prossimo a Gerusalemme”. Questo l’augurio che ogni anno, per secoli, gli Ebrei si sono rivolti al termine della celebrazione della Pasqua. Era il sogno che li ha sostenuti nella diaspora, aiutandoli a superare quel senso di isolamento e di diffidenza, quando non di persecuzione, che spesso ha accompagnato la loro storia tormentata. Non so se anche oggi si ripete quell’antico augurio. Gli Ebrei, da qualsiasi parte del mondo, possono andare a Gerusalemme quanto vogliono, anzi l’hanno eletta a capitale dello stato di Israele. Città santa per le tre religioni monoteiste, Gerusalemme vive il travaglio di una convivenza multietnica e multireligiosa che sembra impossibile. Lo testimonia il muro innalzato intorno alla città per difenderla dai Palestinesi, che poi si snoda lungo attorno allo stato di Israele. E pensare che sulla croce, come spiega l’apostolo Paolo, Gesù aveva distrutto il “muro di separazione” fra gli ebrei e gli altri popoli… Attorno alla tomba di Rachele il muro è più alto che altrove. Una donna palestinese, a cui esprimo il mio sconcerto per non poter accedere alla tomba, mi risponde mestamente: “Rachele si nasconde per non mostrarsi ancora in pianto per i suoi figli… Anche questo muro crollerà, come è crollato quello di Berlino”.
Così inizia la mia meditazione su “Gerusalemme città chiamata all’unità” (vedi qui), alla vigilia della partenza per la Terra Santa. Domani, con 70-80 lettori della rivista “Città Nuova” partirò in volo per Tel Aviv. Spero di raccontare, giorno per giorno, il pellegrinaggio.
Così inizia la mia meditazione su “Gerusalemme città chiamata all’unità” (vedi qui), alla vigilia della partenza per la Terra Santa. Domani, con 70-80 lettori della rivista “Città Nuova” partirò in volo per Tel Aviv. Spero di raccontare, giorno per giorno, il pellegrinaggio.
sabato 5 giugno 2010
Tre giardini per un incontro
“Lungo la pista, mentre salgo a Nkongle ritto sul pianale del camioncino, gli alberi dei rami mi frustano il volto. Si aprono sprazzi di cielo in alto e squarci di dirupi in basso, con l’orizzonte che si allarga gradatamente a spazi sconfinati…”.
Appunti di più di vent’anni fa che rileggo tornando nelle foreste del Cameroun. Oggi come allora, percorrendo le piste di terra rossa, tra il verde di una natura d’incanto, mi si dilata l’anima e mi pervade un senso di libertà e di beatitudine. Forse il primo uomo sulla terra, quando si guardò attorno, avrà provato gli stessi sentimenti. Come lui mi pare d’essere in un paradiso terrestre.
“Sicuramente l’Eden Dio l’ha piantato qui, in terra d’Africa: se ne scorgono ancora le vestigia”, esordisco nella conferenza al Meeting sulle religioni tradizionali africane. Dalla platea – composta in gran parte da africani di differenti Paesi del continente nei colorati festosi costumi tradizionali – si alza un applauso sentito; ma non ho detto queste parole per accattivarmi il pubblico, sono io piuttosto conquistato da questa terra.
Così inizia il mio racconto appena pubblicato su “Missioni OMI”: vedi qui
Appunti di più di vent’anni fa che rileggo tornando nelle foreste del Cameroun. Oggi come allora, percorrendo le piste di terra rossa, tra il verde di una natura d’incanto, mi si dilata l’anima e mi pervade un senso di libertà e di beatitudine. Forse il primo uomo sulla terra, quando si guardò attorno, avrà provato gli stessi sentimenti. Come lui mi pare d’essere in un paradiso terrestre.
“Sicuramente l’Eden Dio l’ha piantato qui, in terra d’Africa: se ne scorgono ancora le vestigia”, esordisco nella conferenza al Meeting sulle religioni tradizionali africane. Dalla platea – composta in gran parte da africani di differenti Paesi del continente nei colorati festosi costumi tradizionali – si alza un applauso sentito; ma non ho detto queste parole per accattivarmi il pubblico, sono io piuttosto conquistato da questa terra.
Così inizia il mio racconto appena pubblicato su “Missioni OMI”: vedi qui
venerdì 4 giugno 2010
Luigi Padovese un martire per la pace
L’ultima volta l’ho incontrato ad Antiochia di Siria, in Turchia, il 26 agosto 2008. Sembra impossibile che gli uomini buoni possano essere uccisi. Morto come Andrea Santoro per mano di un ultranazionalista. Eravamo coetanei.
A un anno dall'uccisione di don Santoro, era il 2007, il vescovo aveva detto ad Avvenire che «la Turchia deve accettare di misurarsi con la sfida della libertà religiosa: è un passaggio necessario per continuare il cammino verso l'Europa. Episodi come l'assassinio di don Santoro o del giornalista Dink testimoniano - erano state le sue parole - che c'è chi si oppone al processo di avvicinamento all'Unione Europea in nome di una malintesa difesa dell'identità turco-islamica della nazione. Noi riteniamo che la Ue debba essere esigente ma non chiusa rispetto all'ingresso di Ankara. Gli aspetti economici delle trattative in corso non sono tutto. Devono arrivare segnali più forti nel campo dei diritti umani e della libertà religiosa e di pensiero. Insomma, credo che ci voglia un "sì" con molti "ma"».
Un nuovo martire per la Chiesa in Turchia sempre più indifesa, sempre più perseguitata; una nuova speranza di riconciliazione e di pace.
A un anno dall'uccisione di don Santoro, era il 2007, il vescovo aveva detto ad Avvenire che «la Turchia deve accettare di misurarsi con la sfida della libertà religiosa: è un passaggio necessario per continuare il cammino verso l'Europa. Episodi come l'assassinio di don Santoro o del giornalista Dink testimoniano - erano state le sue parole - che c'è chi si oppone al processo di avvicinamento all'Unione Europea in nome di una malintesa difesa dell'identità turco-islamica della nazione. Noi riteniamo che la Ue debba essere esigente ma non chiusa rispetto all'ingresso di Ankara. Gli aspetti economici delle trattative in corso non sono tutto. Devono arrivare segnali più forti nel campo dei diritti umani e della libertà religiosa e di pensiero. Insomma, credo che ci voglia un "sì" con molti "ma"».
Un nuovo martire per la Chiesa in Turchia sempre più indifesa, sempre più perseguitata; una nuova speranza di riconciliazione e di pace.
giovedì 3 giugno 2010
A Firenze con i monaci buddhisti
2 giugno: Giornata buddhista! Il monaco Bon Chuay, rettore dell’università buddhista di Chiang Mai in Thailandia, assieme ad altri due monaci professori e due signore impiegate dell’università, hanno visitato Loppiano. O meglio, come hanno tenuto a precisare, sono tornati nella loro casa a Loppiano, perché considerano veramente la Claritas, il centro internazionale di spiritualità dei religiosi, casa loro.
La visita alla chiesa della Theotokos è stata una lunga e profonda catechesi, terminata con il canto delle loro preghiere sulla tomba di Renata. E’ seguita la festa nel salone sottostante la chiesa, dove erano presenti numerosi visitatori di tante parti d’Italia. Tema: l’arte di amare, svolto con canti, esperienze, momenti artistici in un’armonia di cielo.
Visita all’università Sophia, con la guida Judith vece rettore, Sergio Rondinara bibliotecario e una studentessa birmana. Uno dei monaci vuole venire ad approfondire la sua formazione alla Claritas e a Sophia.
Pomeriggio visita a Firenze, sotto una pioggia battente, fin quando, sul ponte vecchio il cielo si è rasserenato regalandoci un sole splendente, con la gioia anche dei turisti in fila per farsi fotografare con i monaci. Credo non avessero mai visto - e neppure io - i severi monaci buddhisti passeggiare col gelato!
Una giornata che ha rinsaldato i vincili di amicizia e la comunione, profezia di unità tra tutti i popoli e le religioni.
La visita alla chiesa della Theotokos è stata una lunga e profonda catechesi, terminata con il canto delle loro preghiere sulla tomba di Renata. E’ seguita la festa nel salone sottostante la chiesa, dove erano presenti numerosi visitatori di tante parti d’Italia. Tema: l’arte di amare, svolto con canti, esperienze, momenti artistici in un’armonia di cielo.
Visita all’università Sophia, con la guida Judith vece rettore, Sergio Rondinara bibliotecario e una studentessa birmana. Uno dei monaci vuole venire ad approfondire la sua formazione alla Claritas e a Sophia.
Pomeriggio visita a Firenze, sotto una pioggia battente, fin quando, sul ponte vecchio il cielo si è rasserenato regalandoci un sole splendente, con la gioia anche dei turisti in fila per farsi fotografare con i monaci. Credo non avessero mai visto - e neppure io - i severi monaci buddhisti passeggiare col gelato!
Una giornata che ha rinsaldato i vincili di amicizia e la comunione, profezia di unità tra tutti i popoli e le religioni.
martedì 1 giugno 2010
Impronte digitali
Questa mattina in questura mi hanno preso le impronte digitali per il passaporto: tre volte l’indice della mano destra, tre volte quello della sinistra.
Certamente da qualche parte è registrato anche il mio DNA. Una volta nella banche dati c’erano gli estremi anagrafici. Ora c’è anche il gruppo sanguigno. E chissà quante migliaia di filmati mi hanno ripreso per le strade, nei negozi, e sono archiviati da qualche parte. Grazie alla scheda del supermercato conoscono i miei gusti alimentari. Andando su internet ho trovato scritti miei che non ricordavo di avere scritto. Insomma sanno tutto di me. Ossia, quasi tutto.
Chi sa tutto di me se tu, come mi rassicura il salmo:
"Signore, tu mi scruti e mi conosci…
intendi da lontano i miei pensieri,
osservi il mio cammino e il mio riposo,
ti sono note tutte le mie vie.
La mia parola non è ancora sulla lingua
ed ecco, Signore, già la conosci tutta.
Alle spalle e di fronte mi circondi
e poni su di me la tua mano.
Meravigliosa per me la tua conoscenza…
Se salgo in cielo, là tu sei;
se scendo negli inferi, eccoti.
Se prendo le ali dell’aurora
per abitare all’estremità del mare,
anche là mi guida la tua mano
e mi afferra la tua destra…
Sei tu che hai formato i miei reni
e mi hai tessuto nel grembo di mia madre…
Non ti erano nascoste le mie ossa
quando venivo formato nel segreto,
ricamato nelle profondità della terra.
Non mi conosci né per fini criminali, né pubblicitari, né per interessi di sicurezza nazionale. Mi conosci soltanto perché ti interessi veramente di me e mi vuoi bene davvero. Mi guardi con la premura con la quale una mamma guarda il suo bambino
“Tu sai tutto, Signore. Tu lo sai che ci voglio bene”.
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