I miei quasi 50 anni di insegnamento universitario mi hanno
portato a dialogare con numerose Famiglie carismatiche sui rispettivi fondatori
e carismi: una ricerca con percorsi sempre nuovi per vivere appieno la propria
vocazione nella Chiesa.
Prima ancora che sulle strutture e sull’organizzazione,
cerco innanzitutto di orientare l’attenzione sul metodo. Spesso nei gruppi di
studio e nelle assemblea si creano polarizzazioni e tensioni tra chi è
preoccupato di mantenere le “sane tradizioni”, legate al fondatore e alle
origini carismatiche, e chi avverte la necessità di aprirsi al nuovo,
nell’attenzione ai cambi culturali e alle urgenze: due prospettive
indispensabile, chiamate a dialogare tra loro e integrarsi l’una con l’altra.
Il Movimento dei Focolari mi ha insegnato molto riguardo al metodo del dialogo:
la stima sincera dell’altro, l’ascolto profondo e senza filtri del suo pensiero
fino a capirne le motivazioni e la logica, il dono franco e distaccato delle
proprie convinzioni. Prima ancora, un accordo iniziale: vedersi come persone e
non come portatori di un’idea, riconoscersi figli di uno stesso Padre,
promettersi “amore reciproco” perché il Signore sia sempre presente tra noi e
continui a illuminare le menti e a infiammare i cuori. Un accordo che va
rinnovato di tempo in tempo, soprattutto quando le divergenze minacciano di
incrinare i rapporti.
Dal metodo alle tematiche. Due in particolari, premessa
necessaria per ogni ulteriore approfondimento: la messa a fuoco del fondatore e
dell’identità della Famiglia carismatica.
Uno dei miei grandi superiori generali, p. Marcello Zago, mi
ha insegnato a guardare al fondatore, il mio in particolare, sant’Eugenio de
Mazenod, attraverso cinque prospettive: 1. Un santo da imitare, 2. Un fondatore
da seguire, 3. Un maestro da ascoltare, 4. Un padre da amare, 5. Un
intercessore da invocare. Il Movimento dei Focolari sembra aver preso un certo
distanziamento dalla fondatrice per poterla comprendere con sguardo più
distaccato e oggettivo: un passo necessario per riscoprirla nella mediazione
materna del grande carisma a lei donato dallo Spirito. Il 15 dicembre 1950, con
la consapevolezza comune ad ogni fondatore, scriveva: «Ho visto che in me
stanno tutte le grazie per le anime che vorranno o dovranno consumarsi in uno.
Non c'è altro passaggio. In me, dunque, è la grazia dell'Unità…». Va quindi
posta al suo posto e riconosciuta per quella che è nel progetto di Dio. Come
sant’Angela Merici anch’ella potrebbe ripetere: «Sono vostra madre da viva e da
morta», e con san Paolo: «Anche se aveste mille maestri, non avete però molti
padri; io vi ho generato, divenite miei imitatori» (cf. 1Cor 4,15; 11,1).
L’altro tema preliminare è quello della presa di coscienza
della propria identità. Le domande di sempre sono quelle più feconde: Perché
nella Chiesa Dio ha suscitato questo carisma? Quale la sua finalità? Come si
caratterizza? Quale le modalità tipiche, lo “stile” proprio nel viverlo?
Soffermarsi su queste tematiche preliminari può sembrare
perdita di tempo, eppure non si va molto lontano senza chiarezza sulla fonte
ispiratrice, su chi si è e sul perché della propria esistenza.
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