sabato 30 novembre 2024

Un nome nuovo per la novena dell'Immacolata

 

Anche quest’anno abbiamo iniziato la novena dell’Immacolata. Da secoli la si celebra con particolare solennità anche nella chiesa dei Santi Apostoli a Roma, sempre presieduta da un cardinale. Chissà quante grazie la Madonna ha fatto ai fedeli in occasione di questa celebrazione. Ne ricordo una soltanto, avvenuta 200 anni fa. 

Era il 7 dicembre 1825 quando un giovane sacerdote venne qui per la chiusura della novena, con la speranza di incontrare il Papa. Perché anche i papi partecipavano alla novena. Questo giovane sacerdote era venuto a Roma per fare approvare la sua piccola Famiglia religiosa, a cui aveva dato vita 10 anni prima. In vista dell’approvazione l’aveva chiamata Oblati di san Carlo. Ma proprio qui, dorante l’ultimo giorno della novena, ebbe l’ispirazione di dare un nome nuovo alla sua opera e la chiamò Oblati di Maria Immacolata! Quel giovane sacerdote era sant’Eugenio de Mazenod e la sua congregazione è oggi sparsa in tutto il mondo.

Chissà se anche in questi giorni la Madonna non abbia in serbo qualche altra grazia per qualcuno di noi...

venerdì 29 novembre 2024

Carisma: gioco di "parole"

 

Ogni fondatore e fondatrice si sente strumento di Dio per partecipare la grazia del carisma ricevuta. Sant’Ignazio diceva che «quando Dio elegge uno per fondamento di religione, lo guida per quel modo col quale vuol che egli guidi gli altri». Una donna, Angela Merici, lo esprime in termini femminili di maternità e generatività: Gesù Cristo «mi ha eletta di esser matre et viva et morta di così nobel compagnia». Per questo afferma di avere la «grazia per potere governare secondo la volontà sua», fino a dire: «obedendo a mi, obedireti a Iesu Christo».

E così dai provinciali degli Oblati a Roma sono passato ai “provinciali” dei Focolarini a Loppiano, e ho parlato loro della loro fondatrice e del suo rapporto generativo nei confronti di tutti i membri della sua Opera; un rapporto analogo a quello che intercorre tra le singole parole del Vangelo e il Testamento di Gesù quale compimento di tutto il Vangelo. Come le parole del Vangelo trovano la loro piena attuazione nel Testamento di Gesù, così le persone partecipi del carisma dell’unità, ognuna con la propria “parola”, trovano la loro piena realizzazione nel rapporto con la “parola” carismatica di cui Chiara è portatrice. Ed in questo rapporto ognuno si realizza in pienezza: ognuno porta in sé tutto il carisma, e nell’unità tra tutti, contribuisce alla realizzazione del sogno di Dio, che tutti siano una cosa sola.

 

giovedì 28 novembre 2024

Animare = ridare un'anima!

Un’altra giornata meravigliosa con i nostri provinciali. Questa volta per parlare della “animazione”. Sì, perché uno dei principali compiti di un superiore provinciale è quella della animazione.

Animazione: l’etimologia è chiara, deriva dal latino “anima”: infondere un’anima. Potremmo dire: offrire delle ispirazioni. Quando Dio crea l'uomo, modella l'argilla e poi ne soffia lo spirito. La stessa visione che ha il profeta Ezechiele quando vede un soffio di vita entrare nelle ossa aride che così ritornano alla vita. È chiaro che questo soffio di vita è lo Spirito Santo.

Anche le nostre comunità e le singole persone devono essere animate, ispirate dallo Spirito Santo. Il lavoro apostolico, la vita di preghiera, la vita comunitaria, possono essere routine, azioni formali, senza anima, senza interiorità, senza spirito. Occorre ritrovare l'anima! Ognuno di noi può essere strumento dello Spirito, creare le condizioni affinché lo Spirito scenda nuovamente per animare: in famiglia, in una scuola, nell’ufficio…

Per noi Oblati si tratta di ravvivare il carisma – è quello il nostro “spirito” – quel fuoco che lo Spirito Santo ha acceso durante il noviziato e che dovrà divampare con il passare degli anni, fino ad essere capace di infiammare le persone verso cui ci invia il nostro ministero missionario: «Sono venuto a gettare il fuoco sulla terra, e come vorrei che fosse già acceso!” (Luca 12:49).

mercoledì 27 novembre 2024

Gli Oblati martiri in Spagna

 

28 novembre: festa dei 22 beati Oblati martiri in Spagna (1936). Vicente Blanco, 54 anni; fratel Angel Francisco Bocos, 53 anni; Francisco Esteban, 48 anni; José Vega, 32 anni. Gli altri 18 Oblati sono ventenni e diciottenni! Come hanno fatto ad affrontare il martirio, tutti, senza una defezione? Ce lo racconta p. Luis Lougen:

Questi giovani sapevano quello che stava accadendo in quel periodo in Spagna. Erano minacciati pubblicamente, la gente gridava: “Uccidete quei frati!” Per le strade, la gente faceva il gesto del taglio della gola con un coltello, a indicare ciò che si sarebbe dovuto fare ai religiosi. Dalla casa degli Oblati si poteva vedere il fumo delle chiese bruciate, di conventi distrutti da coloro che odiavano la Chiesa. Tra loro gli Oblati parlavano di come fuggire della residenza in caso d’incendio. Anche in questo clima di ostilità, sono rimasti fedeli alla preghiera, allo studio e al lavoro, fino all’arresto.

In prigione, non sono stati risparmiati: scarsi i pasti, umiliazioni, percosse, freddo pungente, condizioni igieniche deplorevoli, pidocchi. Il sovraffollamento e il freddo terribile spesso li hanno costretti a dormire in piedi.

Questi uomini hanno risposto con coraggio e forza, senza cedimenti. Hanno sopportato le condizioni della prigione sostenuti dalla preghiera. Sono rimasti uniti, preoccupandosi e incoraggiandosi a vicenda, mantenendo uno spirito di serenità e anche di gioia, confidando in Dio.

Le parole esatte di Clemente Rodriguez Tejerina, 18 anni, sono state riportate dalla sorella: “Siamo in pericolo e temiamo che ci separino; ci incoraggiamo l’un l’altro. Ma anche se dobbiamo morire, sono pronto e sono certo che Dio ci darà la forza necessaria per essere fedeli”. [...]

Questi uomini erano Missionari Oblati di Maria Immacolata. “Oblato”, significa oblazione, offerta. Con il nostro modo di vivere, come Oblati, ci sforziamo di offrire la vita a Dio per mezzo di Maria, la Madre di Gesù. Doniamo noi stessi per servire il popolo di Dio, specialmente i poveri. La passione e la morte di questi 22 Oblati di Maria Immacolata sono stati il dono totale della loro vita per Gesù Cristo, loro Signore; il dono della propria vita per il bene del popolo spagnolo; il dono della propria vita per il bene della missione della Chiesa e degli Oblati in tutto il mondo. Molti di loro, pieni di zelo, si preparavano a partire per le missioni che la Provincia di Spagna aveva in Argentina e Uruguay. Non hanno raggiunto le destinazioni missionarie, ma nella loro violenta esecuzione hanno vissuto la più completa oblazione, il dono totale di sé, offerto a Dio per il bene della missione di Cristo. [...]

I giovani martiri Oblati di Spagna ci insegnano che la vita ha il suo significato più profondo e più bello, quando la viviamo per gli altri e ne facciamo dono, offerta, oblazione.

martedì 26 novembre 2024

Responsabili del patrimonio comune

 

L’ultima Costituzione delle nostre Regole rende ognuno responsabile della vita della Famiglia: «Con la sua oblazione, ogni Oblato assume la responsabilità del patrimonio comune della Congregazione espresso nelle Costituzioni e Regole e nella tradizione di famiglia» (C 168).

Sant’Eugenio de Mazenod ha sempre avuto una grande attenzione perché il patrimonio della nascente Congregazione fosse conservato e messo a disposizione delle future generazioni. Nel suo diario e nelle lettere ha fornito molti dettagli sugli inizi. Ha conservato buona parte delle lettere ricevute e non ha mai smesso di chiedere agli Oblati di raccogliere i loro ricordi sui nostri defunti, di conservare le lettere, di scrivere rapporti dettagliati sulle missioni predicate, di tenere in ordine i vari registri menzionati nella Regola, ecc.

Si trattava di custodire la memoria vivente della vita di famiglia, con la sua identità e attività, la sua storia umana ma anche e soprattutto divina, quella dell’azione di Dio attraverso l’attività missionaria della Congregazione, quella che opera ancora oggi in una meravigliosa continuità. I documenti conservati nei nostri archivi testimoniano questa vita.

Ogni generazione è chiamata a rileggere la grande storia oblata e a reinterpretarla. Come scriveva, con una felice immagine, p. Léo Deschâtelets, «L’albero vive delle sue radici». Il passato è una radice, una realtà vivente che aiuta a vivere; non è una tomba, qualcosa di definitivamente morto, materiale d’archivio! Si legge il passato per interpretare il presente, per avere la chiave di risposta alle esigenze odierne, per preparare in modo creativo il futuro: il Fondatore non rimane indietro, è davanti a noi.

Il nostro p. Gilbert scriveva in proposito: «Lo spirito oblato è vivo e incarnato in un corpo che anima. Come ogni essere vivente, cresce e si sviluppa nel suo slancio vitale, si adatta e si trasforma, pur rimanendo identico a se stesso».

Nel 2010 fui chiamato alla casa generalizia per dar vita a un Ufficio per gli studi oblati. Nel 2013 l’Ufficio divenne “Servizio generale per gli studi oblati” con lo scopo di “Promuovere, coordinare e sostenere gli sforzi di quanti conducono ricerche e studi in qualsiasi campo relativo alla storia, alla vita, alla missione e alla spiritualità degli Oblati. Curare e fornire accesso alle fonti storiche, in particolare a ciò che riguarda Sant’Eugenio, le prime generazioni di Oblati e lo studio e la ricerca compiuti nelle generazioni passate”. Nel 2016 il Capitolo generale approvò l’emendamento alla R 149° e lo aggiunse ai Servizi generali.

Oggi ne ho parlato con tutti i superiori maggiori riuniti qui a Roma, mostrando il lavoro fatto in questi anni e le prospettive futuri. Un lavoro entusiasmante. Proprio oggi è apparso il 39° numero della rivista “Oblatio”, a cui ho dato vita nel 2012.

Nel discorso mi ha aiutato papa Francesco che pochi giorni fa ha scritto una lettera proprio sull’importanza delle fonti e dello studio. Ha parlato della «necessità di “fare storia” non solo con rigore e precisione ma anche con passione e coinvolgimento: con quella passione e quel coinvolgimento, personali e comunitari», ricordando «che stiamo parlando di studio, non di chiacchere, di letture superficiali, di “taglia e incolla” di riassunti di Internet… No, lo studio serve a porsi domande, a non farsi anestetizzare dalla banalità, a cercare senso nella vita».

lunedì 25 novembre 2024

Visitando Roma

 

Tornato a Roma ho ripreso subito il mio lavoro principale: guidare alla visita della città. Ma faccio come sant’Eugenio, che nel diario del 16 aprile 1826, al termine dei mesi passati a Roma scriveva: «Non ho quasi il coraggio di confessare che, unicamente preso dai miei affari a Roma, ho messo poca cura nel visitare le curiosità che attirano tanti stranieri in questa superba città. Attento solo a cercare i monumenti di cui la pietà di tutti i secoli ha lasciato tante tracce, ero soddisfatto nel visitare una basilica, pregare sulla tomba di un santo, contemplare qualcuna delle loro opere e i luoghi da loro abitati. Eccomi sul punto di lasciare Roma e non ho visto una sola villa…».

Anch’io vado per chiese e per santi. Questa volta ho accompagnato una quindicina di provinciali oblati di tutto il mondo in visita ai luoghi frequentato di sant’Eugenio. Un’esperienza sempre entusiasmante perché il passato diventa attualissimo e illumina il presente.

domenica 24 novembre 2024

Le corone di Cristo Re

 


Claudio, che è venuto al ritiro dei sacerdoti, per la festa di Cristo Re mi manda la foto della lunetta del portale di ingresso della Cattedrale di Larino (CB), la sua parrocchia: l’angelo toglie a Gesù in croce la corona di spine, nascondendola dietro l’ala, e gli mette la corona da re!

L’iscrizione riporta la data del 1319.

 


sabato 23 novembre 2024

La Chiesa del Cenacolo

Quando giorni fa ho scritto il post intitolato Eremo di Lecceto è stato visitato da tante persone. Perché? Forse perché pensavano che si trattasse del famoso Eremo di Lecceto delle Agostiniane in provincia di Siena, mentre è quello dei Sacramentini in provincia di Firenze.

Chissà com’è andato questo ritiro. È come quando si semina; si semina e non si vede niente, ma si crede che porterò frutto. Chissà.

Ho cercato di mostrare la Chiesa del cenacolo secondo 14 caratteristiche.

1. La Chiesa del cenacolo è mossa da “un ardente desiderio” di sedersi alla mensa del Signore, con l’umanità intera. Non ha desideri di conquista, di potere, di supremazia, di prestigio. Vuole semplicemente quello che vuole il suo Signore: radunare la famiglia dei figli di Dio dispersi, far sì che gli uomini e le donne si riconoscano fratelli e sorelle, con un Padre comune che attende tutti attorno alla sua tavola…

2. La Chiesa del cenacolo è segnata da un amore fedele e senza misura, come quello del suo fondatore che amò “fino alla fine”. Ogni membro del Corpo di Cristo, quando si fa carico di persone e di opere, porta avanti fino in fondo il suo impegno. Ogni battezzato è responsabile della Chiesa: è sua nelle persone e nelle istituzioni. La si ama e per lei si dà la vita.

3. La Chiesa del cenacolo è a servizio di tutti, a cominciare dagli ultimi. La tentazione è di mettersi sul piedistallo, di voler essere presi in considerazione, di pretendere attenzioni, onori, riconoscimenti, privilegi, in una parola di essere serviti. La lavanda dei piedi non è un rito annuale, ma l’attitudine costante di ogni cristiano.

4. La Chiesa del cenacolo è una Chiesa di peccatori, con le piaghe, e quindi «capace di comprendere le piaghe del mondo di oggi e di farle sue, patirle, accompagnarle e cercare di sanarle». Confida nella misericordia e sa essere a sua volta misericordiosa.

5. La Chiesa del cenacolo è una Chiesa eucaristica, che non può vivere senza il dono del corpo e del sangue di Cristo. È una Chiesa in donazione, fino a farsi cibo per ogni essere umano.

6. Il dono di sé la porta fino al martirio, espressione culmine della sua dimensione eucaristica. Perseguitata essa prega per i persecutori e per essi “spezza” il suo corpo e “versa” il suo sangue, garanzia di fecondità evangelica.

7. La Chiesa del cenacolo è una Chiesa sacerdotale, che “fa” la memoria dell’offerta sacerdotale del Signore. Con lui si offre al Padre e coinvolge nella sua offerta il mondo intero. È una Chiesa ministeriale, con uomini scelti per rendere visibili i gesti di Cristo e che si pongono a suo servizio perché il mandato “Fate questo” in sua memoria permanga vivo e attuale.

8. La Chiesa del cenacolo è il luogo dove si vive l’amore reciproco, dove ognuno si fa attento all’altro, dove le diversità di vocazioni, di ministeri, così come delle culture, vivono al servizio l’uno dell’altro, facendo a gara a chi mette in luce il bene dell’altro e lo valorizza.

9. La Chiesa del cenacolo condivide il sogno di Dio, l’unità e per l’unità innalza la sua incessante preghiera. La sua missione è penetrare in ogni disunità e sanarla. L’unità è la sua ragion d’essere e il criterio di valutazione delle sue scelte e delle sue opere, e l’obiettivo verso cui riorientarle costantemente.

10. La Chiesa del cenacolo è il luogo permanente della presenza del Signore risorto, dove lo si può incontrare, riconoscere nella fede, sperimentare e proclamare “Signore mio, Dio mio” in una benedizione e lode perenni.

11. La Chiesa del cenacolo è mariana. Assicura il primato dell’ascolto, della carismaticità, del sacerdozio regale, della laicità del popolo di Dio, della sua essenziale componente femminile. Con Maria vive la dimensione sponsale, la fedeltà al suo Signore, la verginità, la totale e esclusiva dedizione al Vangelo e all’avvento del Regno. Con Maria impara a pregare incessantemente e concordemente: è una Chiesa orante.

12. La Chiesa del cenacolo è carismatica, avvolta dal fuoco dello Spirito Santo.

13. La Chiesa del cenacolo è una famiglia, con un solo cuore e una sola anima, unita attorno alla mensa della parola e dell’Eucaristia, pronta alla condivisione dell’esperienza di fede e di beni materiali.

14. La Chiesa del cenacolo è “in uscita”…

venerdì 22 novembre 2024

San Tommaso, don Milani, e la pala della Madonna

Nel chiostro dell’eremo di Lecceto c’è un bell’affresco di san Tommaso d’Aquino, in omaggio ai Domenicani che hanno costruito il convento. Potrebbe sembrare proprio del 1500, anche se si rimane sorpresi da come è ben conservato. No, l’ha dipinto un seminarista al suo primo anno di teologia, nel periodo della guerra (1943-1944) quando i seminaristi erano sfollati in quella che allora si chiamava “Villa di Lecceto”: Lorenzo Milani, in futuro parroco di Barbiana…

Nella chiesa vi è invece una pala proprio del 1400, rifacimento di un dipinto del 1300. È un autentico capolavoro, l’unica opera che si è salvata dal saccheggio del periodo delle soppressioni. 



Originariamente era una Madonna seduta in trono, la Madonna del parto, in attesa, come testimonia il cingolo. Poi le è stato messo in grembo il bambino e successivamente è stata circondata dai santi. È uno di quei dipinti davanti al quale puoi pregare, perché lei ti guarda con una profonda dolcezza e ti infonde tanta pace e fiducia…



 

giovedì 21 novembre 2024

Le mura di Malmantile e il tabernacolo di sant'Ambrogio

 

Approfitto di una mattinata di sole e nell’intervallo scendo a Malmantile, un paese che conosco solo di nome e che vanta origini antiche, riconducibili al XII secolo. Impressionanti le mura conservate intatte, erette come baluardo di difesa dai fiorentini contro i pisani lungo la via che congiunge Firenze a Pisa, la grande rivale... Dentro le mura il piccolo borgo. In un attimo ti ritrovi nel Medioevo; qui in Toscana si fa presto…

Parlo con gli operai e l’ingegnere che stanno restaurando parte delle mura e mi invitano a visitare il luogo che ricorda il passaggio di sant’Ambrogio.

Alla fine del paese chiedo informazioni più precise alla cassiera del piccolo supermercato. Domando appunto dell’edicola di sant’Ambrogio. “Macché edicola, è un tabernacolo!”. Va bene, basta intendersi. Così, fuori paese, tra vigne e oliveti ecco l’edicola un po' sgangherata (scusa, volevo dire il tabernacolo) che commemora l’incontro tra sant’Ambrogio, in viaggio verso il centro Italia, e san Zanobi, vescovo di Firenze. Lo attesta la lapide murata all'interno del tabernacolo commemorativo. 

I due santi rimasero a colloquiare presso una villa per qualche giorno. Alla partenza S. Ambrogio, scandalizzato dai modi del proprietario della villa, si allontanò lanciando una maledizione: - “Mala mantilia!” - e questa sprofondò subito nel terreno. Sparsa la voce dell’accaduto il paese fu chiamato ‘Malmantile’ che letteralmente significava ‘cattiva tovaglia’ ma in senso lato ‘cattiva accoglienza’. Comunque con me sono stati accoglienti.

Paese che vai, santo che trovi. Ed è sempre bello stare in loro compagnia... anche se a volte appaiono un po' scontrosi.

mercoledì 20 novembre 2024

All'eremo di Lecceto

Le nubi si adagiano sulle colline toscane e le nebbie scendono tra le valli sfumando gli orizzonti. Nel bosco il solo rumore è quello delle foglie che cadono frusciando tra i rami. Gli aceri rossi e gialli segnano la stagione di mezz’autunno. Nessun senso di fine, ma di compimento.

L’eremo di Lecceto è nascosto, in silenzio, luogo adatto per gli esercizi spirituali che da lunedì mattina e per tutta la settimana sto guidando a trenta sacerdoti, alcuni di loro religiosi. Una buona metà è della diocesi di Firenze, gli altri spaziano per tutta Italia.

Il convento, con la sua bella chiesa, risale al 1500, costruito dai Domenicani di san Marco di Firenze come loro luogo di ritiro. Poi divenne sede estiva del seminario di Firenze, ed oggi è gestito dal Sacramentini, con p. Manuel come superiore… amici di gioventù, e gli amici non invecchiano mai!

Il tema è uno dei miei abituali: "Il cenacolo, la nostra casa". Dove meglio che nel cenacolo possono riunirsi questi trenta preti? Lì sono nati e lì devono costantemente tornare come luogo ispiratore. Quanto avvenne in quella sala 2000 anni fa è realtà quotidiana della nostra vita cristiana, che si attualizza nei secoli, di generazione in generazione, fino a quando sederemo a mensa in Paradiso e berremo il vino nuovo tenuto in serbo per noi.

Siamo saliti nella “sala al piano superiore” assieme a papa Francesco che, lunedì 26 maggio 2014, in visita a Gerusalemme, seppe riassumere in poche parole l’intero mistero racchiuso nel cenacolo: «Qui, dove Gesù consumò l’Ultima Cena con gli Apostoli; dove, risorto, apparve in mezzo a loro; dove lo Spirito Santo scese con potenza su Maria e i discepoli, qui è nata la Chiesa, ed è nata in uscita. Da qui è partita, con il Pane spezzato tra le mani, le piaghe di Gesù negli occhi, e lo Spirito d’amore nel cuore. Gesù risorto, inviato dal Padre, nel Cenacolo comunicò agli Apostoli il suo stesso Spirito e con la sua forza li inviò a rinnovare la faccia della terra (cf. Sal 104, 30). Uscire, partire, non vuol dire dimenticare. La Chiesa in uscita custodisce la memoria di ciò che qui è accaduto; lo Spirito Paraclito le ricorda ogni parola, ogni gesto, e ne rivela il senso».

E noi ci stiamo ricordando parole e gesti del cenacolo…

martedì 19 novembre 2024

Padre Tito: Anche in prigione posso amare

Tito Banchong, laotiano, dopo essere stato con noi in Italia, ordinato sacerdote, tornò nel suo Paese proprio nel momento in cui i comunisti salivano al potere a Vientiane. Pur senza mai usare parole critiche nei confronti dei governanti, padre Tito fu incarcerato tre volte, imparando a trovare anche nelle ristrettezze più crude la tenerezza dell’amore di Dio. Nominato "amministratore apostolico" di Luang Prabang, l’antica capitale, padre Tito continua ad essere un vero missionario. La sua storia è stata raccolta in un libro da Michele Zanzucchi: Anche in prigione posso amare.

Leggo anche pagine che mi riguardano personalmente, come questa che trascrivo:

Nel collegio di Propaganda Fide, dove avrebbe dovuto essere alloggiato, non c’erano posti disponibili, cosicché Tito dovette vivere dagli scolastici, a San Giorgio al Celio [non San Giorgio al Celio, ma San Giorgio Canavese… uno dei tanti errori che perdoniamo…]. Ma nel 1973 raggiunse di nuovo gli oblati, a Vermicino. Lì conobbe un giovane religioso, più o meno suo coetaneo, sempre sorridente, pacifico, sereno, felice. Ecco, questo lo colpi, era felice. Si chiamava Fabio, Fabio Ciardi, una figura che da quel momento ebbe molta importanza nella sua vita di uomo e poi di sacerdote. [Ci conoscevamo già da San Giorgio dove vivevamo insieme, dove gli insegnavo l'italiano, e da dove insieme ci siamo spostati a Roma] «Fu consigliandomi con lui continua padre Tito - che, dopo appena un anno di studi di filosofia, decisi di cominciare la teologia. Ero ancora incerto sulla mia vocazione, ma poco alla volta avvertii sorgere nel mio cuore il desiderio di seguire Gesù in modo radicale, di seguire cioè quel Signore che sembrava desiderare immensamente che io lo amassi. Era lui a interessarsi di me, non io di lui. Mi aveva preso poco alla volta, facendomi capire che in lui avrei sempre trovato il vero senso della mia vita». 

Padre Fabio Ciardi frequentava il Movimento dei Focolari. Non era tanto un’appartenenza, quanto un’adesione allo spirito del Vangelo dell’unita. «Non ricordo, in effetti, come giunsi anche io ad aderire allo spirito evangelico proposto da Chiara Lubich. Allora c’era tra gli amici del Movimento un clima così intenso di vita della Parola e una familiarità costante con gli altri religiosi di altri ordini e congregazioni vicini ai Focolari che ci si trovava coinvolti senza rendersene conto. Per Fabio avvenne la stessa cosa: partecipava ai loro incontri con sempre maggiore regolarità e fu “contagiato" da tale spirito. Certamente, vi fu un momento in cui fece sua la spiritualità in maniera consapevole e personale. Ma padre Fabio non si accorse né del come né del quando».

lunedì 18 novembre 2024

Tu sei tutto per me

Bologna: che bella comunità oblata! E che bella chiesa: un santuario mariano, la Madonna del Soccorso.

Del santuario del 1500, distrutto dai bombardamenti della seconda guerra mondiale, è rimasto solo la statua della Madonna, con sotto scritto: ”L’è la nostra, la Madona”. Si può salire fino davanti alla piccola statua e pregare con calma…

Mi ha attratto un grande quadro su un altare laterale, raffigurante santa Margherita Maria Alacoque; una pittura moderna, davvero bella. E ho ripetuto, e fatto ripetere alla gente, una delle preghiere che leggo nei suoi pensieri:



“Mio Dio, mio Unico, mio tutto.
Tu sei tutto per me e 
io sono tutta per te”.



domenica 17 novembre 2024

Un diario che porta in alto


Ancora una volta eccomi a presentare il Diario di Chiara che ho avuto la gioia di pubblicare lo scorso anno. Sono gli Oblati di Bologna che mi accolgono: è la prima volta che visito questa comunità da poco costituita. Ed è un Oblato, Gennaro Cicchese, che conduce l’incontro di presentazione. Un bel  numero di presenti. Si crea un clima di grande ascolto e interesse, di profonda “unità”, come diremmo noi. Alla fine tanti vogliono parlare personalmente: “Avevo proprio bisogno di un tuffo nella spiritualità”, “Ci hai portato in alto”, “Abbiamo respirato aria di cielo”…

Ma non sono io, è il libro di Chiara che parla. Esso nasce dal desiderio di condividere il proprio vissuto. È un’esigenza insita nella sua spiritualità comunitaria dove tutto va condiviso e messo in circolazione. «Mi sembrava – scrive nel 1961 – che ciò che non è utile all’umanità o almeno agli altri non ha valore».

La volontà di condivisione e la destinazione “pubblica” – anche se riservata a un gruppo ben definito come il focolare – potrebbero indurre a pensare che nei diari di Chiara vengano penalizzate l’intimità e la riservatezza proprie del diario spirituale. La comunione e la comunicazione come lei le intende presuppongono invece proprio una personale e profonda esperienza interiore che sola consente l’autenticità del dono di sé agli altri.

Il diario inizia col viaggio in America, il 28 marzo 1964, Sabato Santo. Interminabile il volo aereo da Roma a New York: «Era bello veder il sole sempre splendido, senza tramonto. Ho intuito perché l’eternità si paragoni ad un eterno giorno. Il Canada, che abbiamo attraversato seguendo la rotta, era tutto un gelo. I laghi sembravano, dagli 11.000 m. da cui guardavamo, pozze di latte can­dido. Nel mare le correnti gelate e gli icebergs. Poi sorvoliamo New York, sconfinata… Dapprima costruzioni sempre uguali, così uguali da impressionare. Infine, in fondo, i grattacieli e il porto. All’arrivo, focolarini e focolarine che salutano, distinguibili dagli altri. Sono venuta per loro, perché siano meno soli in questo sterminato paese. […] Di notte è un paese di fate. Inimmaginabile».

In questa prima pagina sono già presenti gli elementi che caratterizzeranno i diari: l’ambiente circostante, sempre colto con ammirazione; il rapporto con le persone e la particolare attenzione per i membri della sua famiglia («Sono venuta per loro, perché siano meno soli in questo sterminato paese»); la lettura profonda di ogni evento («Ho intuito perché l’eternità si paragoni ad un eterno giorno»)… Così lentamente siamo introdotti nel mondo “vero”.

Buona lettura.

sabato 16 novembre 2024

Buon viaggio...

 


Una foto vale più di molte parole.

Com’è stato il mio corso sulla teologia spirituale? Gran parte si è incentrato sul cammino spirituale…

Ma forse questa foto dice di più di molte pagine dei miei appunti…

Buon viaggio, ragazzi!

giovedì 14 novembre 2024

Solidali con tutto il creato

 

La spiritualità è la presa di coscienza del rapporto che ci lega con il creato, di cui siamo parte e con il quale siamo in cammino verso il compimento. Siamo creature, con un’anima che informa un corpo che nasce dalla terra e torna alla terra. È bello riscoprire la solidarietà con il mondo che ci circonda, che ha anch’esso un’anima.

La spiritualità cristiana ci porta a scoprire la presenza di Dio nel creato: tutto è stato creato in Cristo ed egli tutto ricapitola per donarlo al Padre così che Dio sia tutto in tutti. Siamo in cammino verso i “cieli nuova e la terra nuova”.



Un sogno di speranza

 

La spiritualità è la modalità dei rapporti profondi che costruiamo con gli altri e del cammino che siamo chiamati a percorrere insieme per una armoniosa relazione sociale così da giungere alla piena comunione. Quando nei rapporti manca una dimensione spirituale, capace di attingere all’interiorità di ciascuno, alla verità del vivere, c’è l’indifferenza, la rivalità, l’odio, la guerra.

La spiritualità cristiana offre un di più per la modalità dei rapporti: l’amore reciproco, sulla misura di quello di Gesù, dare la vita per l’altro; amore riversato nei cuori dallo Spirito Santo. E fiorisce una comunità nuova, che rispecchia quella dei primi cristiani a Gerusalemme, ed è capace di offrire il proprio contributo nel campo sociale, politico…

È un sogno di speranza.



mercoledì 13 novembre 2024

Spiritualità: qualcosa che ci trascende

La spiritualità è la presa di coscienza della presenza di una realtà più profonda del nostro essere. Forse soltanto un insieme di valori che ci trascendono: la Bellezza, la Verità… O forse un Tu spesso misterioso, senza un nome, ma comunque presente, che ci avvolge e ci coinvolge, che ci invita a un rapporto con lui dinamico e progressivo. Per tanti non ha un nome, un’identità, ma qualcosa o qualcuno che ci trascende deve pur esserci, altrimenti l’orizzonte della vita si appiattisce e sfugge nel nulla.

La spiritualità cristiana è consapevolezza di essere sempre alla presenza di un Dio che è Amore, come Gesù ce l’ha rivelato; un Dio che entra nella nostra vita, nella nostra storia, nella contingenza di ogni giorno, anche nelle nostre inconsistente e a tutto dona senso e valore. Si intrattiene con noi come con amici e con il quale possiamo avere un costante a tu per tu. Un Dio al quale donarsi interamente, come lui si dona interamente a noi.

Le lezioni con questi ragazzi, attenti e interessati, va al di là degli schemi e diventa esperienza.


martedì 12 novembre 2024

Spiritualità a Loppiano

Loppiano mi sta regalando giorni pieni di luce. Spazi immaginifici, incontri ariosi, natura e soprannatura che si fondono. Come le prime volte che venivo con genitori e sorelle negli anni Sessanta, quando tutto era agli inizi.

Sto dando un corso di teologia spirituale, iniziando col dire cos’è la spiritualità. Gioco con le differenti modulazioni di questa parola dai mille significati.

Forse potrebbe essere la presa di coscienza della propria interiorità, del senso della vita; è scelta di vita: per cosa vivere, per chi vivere, come vivere… Quanto vuoto attorno, quanta alienazione, fino a più sapere più chi si è, senza più raccogliere e custodire un segreto nell’anima, senza un mistero dentro. Vengo da Aosta, la regione con il maggior numero di suicidi giovanili: una vita senza senso, che senso ha?

Se poi parliamo di spiritualità cristiana lo “spirito” non si riferisce più soltanto alla mia realtà più intima, ma al soffio dello Spirito che invade il mio spirito e lo trasforma in Cristo, portandomi su orizzonti vertiginosi: figlio di Dio; fino a rendermi pienamente me stesso, nella realizzazione piena del mio essere e della mia missione, santo come lui è Santo.

lunedì 11 novembre 2024

Il Signore della storia

Seduto in trono, con in mano il sole e la luce, con scritto semplicemente “Annus”, circondato dai dodici mesi dell’anno, Cristo appare il Signore della storia. Come si poteva dire meglio che tutto è stato costruito in lui e per lei e che tutto converse a lui? E' il ricordo più bello che mi porto via dell'arte e della fede di Aosta. Il grande mosaico dell’XII secolo nella cattedrale di Aosta, è stato realizzato sopra l’abside, che a sua volta sorge sopra una Domus Ecclesiae, una casa romana dove i cristiani si incontravano prima che venissero costruite le basiliche. Una testimonianza che il cristianesimo è arrivato nella città di Augusto fin dagli inizi, seguendo la strada romana.

Non ho avuto tempo di visitare i grandi monumenti romani, come il criptoportico e l’area sacra del foro di Augusta Praetoria, il teatro... Basta comunque percorrere il decumano, oggi un susseguirsi di negozi con i prodotti tipici della regione, e attraversare la Porta pretoriana, per rendersi conto della maestà dell'antica città.

Mi sono fermato alla città cristiana, soprattutto a sant’Orso, gioiello d’arte e di storia. L’arte e la storia qui vengono custodite gelosamente. Spero anche la fede cristiana di cui quelle sono testimoni.






domenica 10 novembre 2024

Maturino Blanchet: Artefice di pace e di unità


https://www.rainews.it/tgr/vda/video/2024/11/ricordando-monsignor-maturino-blanchet-fde1fd8f-b398-43f1-ac69-8130d68e68c3.html

Su mons. Maturino Blanchet era calato un velo di dimenticanza. Restavano soltanto aneddoti più o meno veri che facevano della sua persona una macchietta soltanto. In questi giorni è apparso in tutto il suo spessore morale.

https://youtu.be/kIh3kMV3cgc?feature=shared

Sabato sera, al termine della celebrazione presieduta dal superiore generale, tutti i presenti hanno deposto un lume davanti alla sua tomba. a differenza degli altri vescovi, ha voluto essere sepolto non in cattedrale, ma sotto la statua dell'Immacolata, nella Chiesa degli Oblati, per ribadire il suo amore alla Madonna e insieme la sua identità oblata.

Oggi, in cattedrale, un'altra celebrazione di rilievo, con il vescovo che ha tacciato il profilo spirituale di Blanchet. Al termine nella piazzetta laterale della cattedrale, la benedizione di una targa che lo ricorda. 


Il vescovo Franco Lovignana ha messo in luce soprattutto due aspetti del suo ministero: il lavoro per l'unità e i richiamo al primato di Dio. 

Quando arrivò ad Aosta, si rese subito conto di come la società e la stessa comunità cristiana vivessero divisioni e contrapposizioni, eredità dell’ultimo periodo di guerra. La sua missione di portare le persone a Gesù prese quindi la forma della riconciliazione e della pacificazione. «Nei nostri rapporti e nei nostri rapporti con le anime – scrive nella prima lettera al clero – siamo eminentemente Sacerdoti. Seminiamo con le mani e con il cuore tutto ciò che può calmare i contrasti... La nostra missione non è strappare ma ricucire; non è ferire ma guarire... Per questo facciamo opera di pace, di unione, di amore».

Quello dell'unità rimane un punto fermo nel suo ministero in tutte le circostanze: le tensioni in Diocesi, che non nasconde, le contrapposizioni politiche ed elettorali, i disordini sociali legati al '68... Davanti a queste situazioni rifugge dalla polemica, e dicendo la verità, punta sempre a unificare. Nell'ultimo suo scritto, del 15 ottobre 1968, indirizzato al clero e ai fedeli insieme, lascia intendere che l'opera di pacificazione e di comunione era stato un obiettivo programmatico del suo episcopato: «Se mi è permesso esprimere un desiderio farò mie le parole di S. Paolo ai cristiani di Filippi: "Abbiate sempre una condotta degna dell'evangelo di Cristo, affinché abbia a udire di voi che siete saldamente uniti nel medesimo spirito... Agite in tutto senza mormorazione e recriminazioni... Avrò così un motivo di fierezza per il giorno di Cristo, che non avrò corso a vuoto né invano faticato"».

Accanto all'unità un altro punto fermo è il richiamo al primato di Dio nella vita delle persone e delle comunità. Da questa convinzione scaturisce l'importanza di coltivare la vita spirituale di pastori e fedeli e di privilegiare gli strumenti della grazia rispetto a quelli delle iniziative umane. È una costante del suo magistero. Il primato di Dio, se vissuto, diventa annuncio a un mondo che si allontana dalla fede cristiana. Così scriveva nella Lettera pastorale dell'11 febbraio 1950: «Una sola cosa conquista le anime: la santità, vale a dire l'intensità della vita soprannaturale in noi. Dinanzi ad essa tutto cambia, tutto si trasforma. La santità fa sì che agli occhi di quelli che guardano a noi, un mistero si rivela, una presenza nascosta si lascia intravedere. Ed è di quello che i non credenti hanno bisogno per trovare o ritrovare la fede. Dio conduce a Dio».