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Giovedì santo 2018: Messa crismale in san Pietro |
Comandando di amarci, Gesù nel suo testamento ci
ha posto davanti il modello dei rapporti: «amatevi… come (kathos) io ho amato
voi». Ha appena dato l’esempio mostrando come si attualizza in concreto l’amore:
ha lavato i piedi ai discepoli, invitandoli a lavarsi i piedi gli uni gli altri (cf. Gv 13, 14). Dobbiamo amarci nel modo con cui Cristo ci amato, fino a dare la vita per
gli amici, fino al segno estremo della morte e della morte di croce (cf Gv 13,1).
Quel come
è anche causale, significa “perché”: possiamo amarci sull’esempio di Gesù perché egli ci ha amato per primo e ha
riversato su di noi il suo amore. Come altrimenti amare col suo amore se il suo
amore non è in noi, se egli stesso non viene ad amare in noi? Soltanto allora possiamo amarci “come” lui ha
amato noi.
Il come del comandamento nuovo rimanda ad
un altro come: «Come il Padre ha amato me, così
io ho amato voi; restate nel mio amore» (Gv
15, 9). Gesù ci ha amati con lo stesso amore col quale è amato dal Padre e lo
riama, con lo stesso amore che circola tra il Padre e Lui, rendendoci in tal
modo capaci di un’analoga relazione d’amore tra noi.
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«Se
infatti la vita cristiana si esprime nell’adempimento del più grande
comandamento – scrive Giovanni Paolo II –, e cioè dell’amore di Dio e del
prossimo, questo amore trova la sua sorgente proprio nel Santissimo Sacramento,
che comunemente è chiamato sacramento dell’amore (...). L’Eucaristia significa
questa carità, e perciò la ricorda, la rende presente e insieme la realizza
(...). Non soltanto conosciamo l’amore, ma noi stessi cominciamo ad amare.
Entriamo nella via dell’amore e su di essa compiamo progressi. (...)
L’autentico senso dell’Eucaristia diventa di per sé scuola di amore attivo
verso il prossimo» (Dominicae Cenae,
5-6).
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