venerdì 21 febbraio 2025

Festa della Cattedra di San Pietro Apostolo

Tre pensieri a partire dal Vangelo della festa:

1. Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente».

Pietro vive la C 2 della Regola degli Oblati (è uno dei nostri primi padri! I nostri primi padri, diceva sant’Eugenio, sono gli apostoli…): «Gli Oblati si impegnano a conoscere Gesù più intimamente…».
A ognuno è richiesta una conoscenza-esperienza personale sempre più profonda, in crescita costante. La conoscenza che Pietro ha di Gesù in quel momento non è ancora completa, tanto da essere rimproverato perché non pensa come lui; gli rimane da vivere un’altra parte della C 2: «Gli Oblati si impegnano… a immedesimarsi con lui, a lasciarlo vivere in loro».
Per arrivare alla vera conoscenza di Gesù Pietro deve passare attraverso la prova…

2. E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli».

La conoscenza di Gesù avviene soltanto attraverso “rivelazione”: è un dono di Dio. Lo stesso per l’apostolo Paolo: «Quando Dio, che mi scelse fin dal seno di mia madre e mi chiamò con la sua grazia, si compiacque di rivelare in me il Figlio suo…» (Gal 1, 15). «Nessuno può dire: “Gesù è Signore!” se non sotto l’azione dello Spirito Santo» (1Cor 12, 3).
Lo si conosce davvero soltanto nell’intimità della preghiera, nella contemplazione

3. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa…».

Pietro riconosce Gesù e Gesù riconosce Pietro. La conoscenza di Gesù illumina la conoscenza di noi stesso, ci riconosciamo in lui: «Cristo, che è il nuovo Adamo, proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore svela anche pienamente l'uomo a se stesso e gli manifesta la sua altissima vocazione» (Gaudium et spes, 22).
Comprendo appieno la mia vocazione, ossia la mia identità, nel rapporto personale con Gesù: lo conosco, sono da lui conosciuto, mi conosco…

 

giovedì 20 febbraio 2025

Chi dite che io sia?

 

“Chi dite che io sia?”. È la domanda che abbiamo sentito rivolgere da Gesù ai suoi discepoli. Ogni risposta implica un tipo di rapporto…

Chi è per me Gesù?

Il Figlio di Dio (Mt 14, 32)
Figlio Unigenito del Padre
Pieno di grazia e di verità
Dio da Dio
Luce da Luce
L’Amato, il Prediletto
Irradiazione della gloria ed impronta della realtà del Padre
Immagine dell’invisibile Iddio
Il Cristo, il Figlio di Dio vivente (Mt 16, 16)
La Luce del mondo

Il figlio di David (Mt 9, 27)
Il figlio primogenito della Vergine Maria
Il più bello tra i figli dell’uomo
Il profeta Gesù, da Nazaret di Galilea (Mt 21, 11)
Colui che solo ha parole di vita eterna (Gv 6, 68)
Colui che comanda al vento e al mare (Mt 8, 27) …
Re dei Re e Signore dei Signori

L’Emmanuele
Il Dio vicino
Il Dio in noi
Il Dio con noi
Il Dio tra noi

Via che conduce al Padre
Verità che illumina le menti
Vita che dà vita alla nostra vita
Pastore buono e misericordioso
Compassionevole
In cerca della pecora smarrita
Medico dei corpi e delle anime
Che passa facendo del bene a tutti
Maestro
Parola di vita
Pane vivo disceso dal Cielo
Acqua viva
L’Amico
Il Fratello
Lo Sposo
Sempre fedele

Amore più grande che dà la vita
Agnello di Dio
Che prendi su di te il peccato del mondo
Amore annichilito
Servo e Figlio obbediente
Il mio Salvatore
Il Signore Risorto      
Il Signore mio e il mio Dio.

Ma cosa dice Gesù di se stesso?

Io Sono (Gv 8, 24, 28, 50; 13, 19)
Io sono
il pane della vita (Gv 6, 35)
Io sono il pane vivo, disceso dal cielo (Gv 6, 51)
Io sono la luce del mondo (Gv 8, 12; 9, 5)
Io sono la porta delle pecore (Gv 10, 7)
Io sono il buon pastore (Gv 10, 11, 14)
Io sono la risurrezione e la vita (Gv 11, 25)
Io sono la via, la verità e la vita (Gv 14, 6)
Io sono la vite vera (Gv 15, 1, 5)
Io sono re (Gv 18, 37)
Io sono Gesù, che tu perséguiti! (At 9, 5; 22, 8; 26, 15)
Io sono l’Alfa e l’Omèga, Colui che è, che era e che viene,
L’Onnipotente! (Ap 1, 8)
Io sono il Primo e l’Ultimo (Ap 1, 17; 22, 13)
Io sono Colui che scruta gli affetti e i pensieri degli uomini (Ap 2, 23)
Io sono l’Alfa e l’Omèga, il Principio e la Fine (Ap 2, 23)
Io sono la radice e la stirpe di Davide, la stella radiosa del mattino (Ap 22, 16) …

mercoledì 19 febbraio 2025

Il fondatore e il suo carisma

Quando penso alla figura del fondatore di un’opera carismatica nella Chiesa, Istituto o Movimento, mi viene naturale il riferimento alla descrizione che ne ha dato p. Marcello Zago. Egli ci ha insegnato a guardare al fondatore, in modo particolare a quello dei Missionari Oblati di Maria Immacolata, sant’Eugenio de Mazenod, come a: 1. Un santo da imitare, 2. Un fondatore da seguire, 3. Un maestro da ascoltare, 4. Un padre da amare, 5. Un intercessore da invocare.

Ma come facevo a dire queste cose ai Legionari di Cristo quando la relazione con il loro fondatore è un po’ problematica? Oggi ho tenuto infatti una lezione alla loro università, allora ho cercato di distinguere bene tra la persona del fondatore e il carisma. I fondatori stessi sono pienamente consapevoli di tale doverosa distinzione.

Sant’Angela Marici si considera «insufficientis­sima, et inutilissima serva», della quale Dio ha usato per la costruzione di un’opera che rimane di Dio.

San Camillo de Lellis scrive: «Ho detto essere questo miracolo manifesto, questa nostra fondatione, et in particolare di servirsi di me peccatoraccio, ignorante, et ripieno di molti defetti, et mancamenti, et degno di mille inferni». Se però Dio si è comportato così, scegliendo proprio lui, è perché egli «è il patrone, et può fare quello gli piace, et è infinitamente ben fatto». Non vi è quindi da meravigliarsi se «per mezzo d’un tale instromento habbia Dio operato, essendo maggior gloria sua che di niente facci mirabilia». «Sof­friva quando era chiamato fondatore, e aggiungeva subito: Il Fondatore è Dio, ed io non sono che un vilissimo strumento».

San Paolo della Croce si sente davanti a Dio «una sporchis­sima cloaca». Egli sa, però, come gli altri fondatori, che Dio si serve proprio degli ultimi per far risplendere maggiormente «le sue infinite misericordie perché le fà al più gran peccatore». «Oh grande Iddio! — esclama ancora guardando alle origini della sua famiglia religiosa —. E chi avrebbe mai creduto che questo puzzolentissimo peccatore dovesse camminare per queste vie!». Si considerava un «semplice volante» (un postino), che porta la lettera affidatagli dal padrone.

Il beato Giacomo Alberione, fondatore della Famiglia paolina, ha scritto nel tuo testamento: «Sento la gravità, innanzi a Dio ed agli uomini, della missione af­fidatami dal Signore; il quale se avesse trovato persona più indegna ed incapace l’avrebbe preferita. Questo tuttavia è per me e per tutti garanzia che il Signore ha voluto ed ha fatto fare lui; così come l’artista prende qualsiasi pennello, da pochi soldi e cieco circa l’opera da eseguirsi, fosse pure un bel divino Maestro Gesù Cristo». La stessa immagine è ripresa da Madre Teresa di Calcutta, che si reputava una semplice matita con la quale Dio scriveva quello a lui piaceva. Chiara Lubich continua in questa stessa convinzione: «La penna non sa quello che dovrà scrivere. Il pennello non sa quello che dovrà dipingere. Lo scalpello non sa ciò che dovrà scolpire. Così, quando Dio prende in mano una creatura, per far sorgere nella Chiesa qualche sua opera, la persona non sa quello che dovrà fare. È uno strumento. E questo, penso, può essere il caso mio».

Si sente qui riecheggiare il paolino infirma mundi elegit Deus (cf. 1 Cor 1, 27), che mette in evidenza la potenza di Dio. Occorre sempre distinguere tra il dono di Dio – il tesoro, in questo caso il carisma – e il vaso di creta nel quale esso è contenuto (cf. 2 Cor 4, 7).

martedì 18 febbraio 2025

Il grande Bernardo

«Dio ha fatto e patito tante cose non per un’anima sola, ma per raccoglierne molte in una sola Chiesa, per formarne un’unica sposa».

Una delle tante perle che trovo nei sermoni sul Cantico dei Cantici di san Bernardo di Chiaravalle che sto leggendo con passione in questi giorni…

Papa Francesco ad agosto ha scritto una lettera sull'importanza di leggere i classici della letteratura. Non parla della grande letteratura cristiana eppure è di una ricchezza inimmaginabile. Avevo già letto tempo fa quest'opera di Bernardo, ma rileggerla adesso... mi sembra di leggerla per la prima volta... è segno che è una grande opera letteraria!

lunedì 17 febbraio 2025

Qual è il senso dei laici nella Chiesa?

Mattinata con la Famiglia carismatica di san Vincenzo Pallotti sul tema: “L’unità del popolo di Dio e il senso ecclesiologico delle diverse vocazioni”.

Tra le altre cose ho mostrato un grafico sulla Chiesa che permette di collocare, numericamente, i sacerdoti (207.000: 0,017%) e i consacrati laici (612.000 = 0,0246%), accanto ai laici (2.400.000.000). 

Davanti a questa immagine appare un po’ problematica la solita domanda su qual è il senso dei laici nella Chiesa (come se si chiedesse qual è il posto dell’acqua nel mare!). Verrebbe piuttosto da chiedere qual è il senso dei sacerdoti e dei religiosi!



domenica 16 febbraio 2025

Per favore, riportate il presepe in basilica

Prima i bambini, poi i ragazzi, poi i giovani e oggi gli adulti. San Giovanni in Laterano, San Pietro, San Paolo, e oggi Santa Maria Maggiore. Così vivo e faccio vivere il Giubileo.

Racconto di storia, di arte, di spiritualità, perché è tutto intrecciato, umano e divino, passato e presente. Sono monumenti vivi, che parlano ancora dopo centinaia di anni, e continuano a narrare cose sempre belle.

Mi dispiace solo che il presepe di Arnolfo di Cambio l’abbiano tolto dalla basilica e confinato nel museo. L’aveva scolpito nel 1291, su commissione del primo papa francescano. Erano passati meno di settant’anni da quando san Francesco aveva ideato il presepe “vivente” a Greccio.

Il capolavoro d’arte e di fede di Arnolfo di Cambio rilegato in un museo! Ma non è nato per stare in un museo, è nato ma per stare in basilica, oggetto di contemplazione e di preghiera dei fedeli, non per la curiosità dei turisti.

Io continuo a portarmi in cuore ognuno dei personaggi di quel presepe e non so in quale di essi vorrei identificarmi. In Giuseppe, con le mani saldamente appoggiate sul bastone, fedele al suo posto, in gioiosa e semplice contemplazione? Nell’ammirazione dei due Magi riccamente vestiti che stanno parlando tra di loro, forse scambiandosi le prime impressioni nel trovarsi davanti a un re bambino che va al di là delle aspettative? In quello inginocchiato, la testa sollevata, che non toglie lo sguardo dal Bambino? Oppure semplicemente nel bue e nell’asino che, estranei, si sentono comunque protagonisti? Vorrei essere ognuno di loro.

Per favore, riportate il presepe in basilica: è nato per stare lì, per tutti! È la basilica del presepe, che conserva i resti della culla di Betlemme. E fatecela vedere la scena di quel presepe!

sabato 15 febbraio 2025

Il cardinale Pacca: chi era costui?

Anche oggi, seguendo un’antica tradizione, la Famiglia oblata di Roma si è ritrovata in santa Maria in Campitelli per ricordare il 15 febbraio 1826. Quella mattinata sarebbe stata decisiva: se i cardinali avessero dato parere positivo, il papa avrebbe certamente approvato la Regola degli Oblati. Sant’Eugenio era rimasto d’accordo con l’usciere del palazzo che appena i cardinali avessero finito lo avrebbe avvertito. L’usciere se ne dimenticò, così sant’Eugenio se ne rimase tranquillo ad ascoltare le famose nove messe, fino all’una! Intanto però il parere dei cardinali era stato positivo. Due giorni dopo giunse l’approvazione di Leone XII.

La riunione si tenne nel palazzo davanti alla chiesa, dove abitava il cardinale Bartolomeo Pacca, che oggi riposa a destra del transetto della chiesa in un bel mausoleo.

Anche oggi l’ho ringraziato!

Di antica famiglia patrizia (Benevento 1756 - Roma 1844), Pacca, grazie alla passione per le lettere e per la storia, fu ammesso, giovanissimo, all’Accademia dell’Arcadia. Fu nunzio pontificio a Colonia, a Monaco e a Lisbona dove nel 1801 ricevette la berretta cardinalizia. Entrati i francesi a Roma nel 1808 fu chiamato alla carica di prosegretario essendo il Card. Consalvi, segretario di stato, forzatamente dimesso. Fu poi arrestato con Pio VII, dopo l’assalto al Quirinale del 6 luglio 1809, e subì una dura prigionia nel forte di Fenestrelle (Pinerolo). Nel 1813 poté riunirsi a Pio VII e fu di nuovo prigioniero in Francia. Il Papa lo volle a suo fianco nel giorno del suo ritorno trionfale a Roma, il 24 maggio 1814. Di nuovo in esilio con il Papa a Genova, quando durante i 100 giorni di Napoleone, Murat invase lo stato pontificio (marzo 1815).

L’apporto del Cardinale Pacca all’approvazione delle Regole degli Oblati è stato determinante. Basta ricordare che lo stesso Leone XII lo scelse come il Cardinale “più mite della Congregazione”, per permettere una facile approvazione delle Regole. Ed è il Pacca che ottiene dal Papa il 18 gennaio 1826 la semplificazione delle formalità abituali riducendo da sette a tre i cardinali esaminatori. Gli altri due cardinali, che si riuniscono nel suo palazzo di fronte S. Maria in Campiteli, dove il Fondatore è in preghiera, erano Pedicini e Palletta.

Nel suo Diario (11 luglio 1845) il Fondatore rivelerà in seguito che il Card. Pacca nel 1825-26 aveva proposto a Leone XII di crearlo cardinale, ma Eugenio aveva rifiutato per dedicarsi completamente all’evangelizzazione dei poveri. Nel 1845 andò a pregare sulla sua tomba nella Chiesa in Monticelli, dove era stato sepolto prima di essere traslato in Santa Maria in Campitelli.