venerdì 14 novembre 2025

Siamo fratelli!

Siamo in partenza… ognuno torna nella sua terra.
Eppure ormai ci sentiamo una cosa sola.
Siamo venuti che non ci conoscevamo tra di noi.
Lentamente qualcosa è avvenuto e ci siamo scoperti fratelli.
Che sia davvero frutto del carisma?

Siamo fratelli perché in Eugenio de Mazenod abbiamo un padre. Pochi anni dopo la fondazione guardava già con ammirazione e stupore i suoi missionari che ormai lo circondano numerosi: “Posso dire di questi cari figli, come la madre dei Maccabei, che ignoro come sono stati generati nel mio seno”.

A mano a mano che procede negli anni acquista una sempre maggiore coscienza della sua paternità. Dio, così scrive, mi ha “destinato ad essere il padre di una numerosa famiglia”; “Io sono padre, e che padre!”. Il superiore generale, scrive ancora – ed era lui! – “resta sempre il vero e solo Padre di tutta la famiglia, e il suo cuore ama sempre più i suoi figli, a misura che' il loro numero aumenta”. Amo i miei figli più di quanto qualsiasi altra creatura potrebbe amarli...”. In forza dell’essere fondatore, fra lui e gli Oblati ci sono “rapporti di paternità e di figliolanza”.

Era consapevole che la sua “capacita generativa” trovava la sua sorgente in Dio. Dio gli ha dato, nello stesso tempo, “un cuore di madre e dei figli”. “È impossibile - scrive a p. Guinet - che vi facciate un’idea di quanto questo cuore vi ami... Dio lo sa, Lui che me l’ha dato”; “mi ha accordato un cuore di tale natura che basta a contenere i miei figli”; è un “dono particolare” di cui ringrazia continuamente Dio, la sente come una partecipazione alla paternità divina.

Per questo considera la propria opera come la più bella tra quelle sorte nella Chiesa, e la relazione tra lui e i suoi figli come la più intensa e profonda rispetto a quella delle altre famiglie religiose: “Ho visto molti ordini religiosi. Sono in rapporto intimo con quelli più fedeli alla Regola. Ebbene, ho riconosciuto tra loro, indipendentemente dalle loro virtù, un grande spirito di gruppo. Ma quell’amore più che paterno del capo per i membri della famiglia e quella corrispondenza cordiale dei membri per il loro capo, che stabilisce tra loro rapporti che partono dal cuore e che formano tra noi veri legami di famiglia, da padre a figlio e da figlio a padre, questo non l’ho trovato da nessuna parte. Ne ho sempre ringraziato Dio come di un dono particolare che si è degnato di accordarmi. È questo sentimento, che so proveniente da Colui che è la fonte di ogni carità, che ha provocato nel cuore dei miei figli questa reciprocità di amore che costituisce il carattere distintivo della nostra carissima famiglia”.

giovedì 13 novembre 2025

Con la passione per Gesù

Nel lessico familiare degli Oblati sono presenti tante parole che ci sono care e che ci definiscono, dalle più allegre come “Una specie di Gesuiti di campagna”, “OMI = On Mange Ici”, “OMI = Out More than In”, alle più impegnative come “Audacieux pour l’Évangile”, “Close to the poor”, “Mihil linquendum inausum”, “Usque ad internecionem”, “Specialisti delle missioni più difficili”…

Ci sono le parole che descrivono sant’Eugenio, come: “Un cuore grande quanto il mondo”, “Inconditionnel de l’Église”, “Uomo dei desideri”, “Mistral”, “Uomo dell’Avvento”…

Al termine di questa Esperienza de Mazenod una definizione brilla, al di sopra di tutte, come sintesi finale: “Passionné de Jésus Christ”. Così Paolo VI definì sant’Eugenio il 19 ottobre 1975, giorno della sua beatificazione. Una definizione che ogni Oblato vuole fare sua, in risposta all’interrogativo che il 2 ottobre 1986 il papa Giovanni Paolo II rivolse ai membri del Capitolo generale: «Cristo Gesù è veramente al centro della nostra vita?».

La rinnovata passione per Gesù è forse il frutto più bello di questa Esperienza de Mazenod.

mercoledì 12 novembre 2025

Punto di partenza e di arrivo

 

Il lungo soggiorno in Provenza è iniziato l’8 settembre con la messa sulla tomba di sant’Eugenio a Marsiglia, e termina con la messa sulla tomba di sant’Eugenio a Marsiglia.

Questi ultimi due ultimi giorni sono stati segnati dalla presenza del superiore generale che ci ha portati nel cuore della nostra famiglia religiosa. Ha fatto passare nelle nostre mani la croce che è appartenuta a sant’Eugenio, segno sensibile di condivisione col Salvatore delle tante croci che pesano sulle spalle dell’umanità, invito a un rapporto d’amore vero con Lui…

martedì 11 novembre 2025

Agape: la parola d'ordine di Luce Ardente

Passeggiavo lungo la riva del Mekong, in Tailandia. Allora avevo una grande barba nera. Una donna, seduta sulla soglia della sua casa, iniziò a gridare e inveire contro di me. Mi stava dicendo che avrei dovuto tagliarmi la barba e radermi le braccia perché così come mi presentavo ero proprio impuro.

Mi sono ricordato di questo episodio qualche anno più tardi quando Phra Maha Thongrattanathavorn, monaco buddista tailandese, venne a in Italia. A Loppiano, dove era alloggiato nel centro di spiritualità dei religiosi, avevano subito alzato il riscaldamento perché era inverno e lui non era abituato al freddo. Lasciava fuori della porta della sua stanza i sandali e il mantello e la mattina li trovava puliti e stirati. Avevano tante piccole attenzioni verso di lui. Naturalmente se n’è accorto e un giorno ha chiesto: “Perché fate tutto questo per me?”. Gli parlano dell’agape... Usano proprio la parola greca, “agape”, che indica l’amore cristiano per eccellenza, gratuito, disinteressato, pronto a dare tutto.

Un giorno, visitando Nemi, il paese sull’omonimo lago, chiede di entrare nella chiesa. Esitazione… La chiesa custodisce un bellissimo crocifisso, a dimensioni naturali, molto realista, con le piaghe, il sangue… e naturalmente la barba… Niente di più impuro agli occhi di un buddista tailandese. Si metterà a gridare come quella donna contro di me lungo il Mekong?

“Luce ardente” – questo il nome che gli aveva dato Chiara – entra e rimane a lungo in meditazione davanti al crocifisso, in silenzio, come forse solo i buddisti sanno fare.

Quando esce dice una sola parola: “Agape. Quell’uomo è l’agape”.

Prima di tornare in Tailandia Luce Ardente incontra Chiara e le chiede, come ricordo del suo viaggio in Italia, un crocifisso. Quando in Tailandia parlava ai suoi numerosi discepoli spesso spiega loro cos’è l’agape e al termine estraeva dalla sua sacca il crocifisso: “Ecco l’agape”.

Ci siamo poi incontrati tante volte, in Tailandia, in Giappone, a Roma... Ogni volta, prima di lasciarci, la parola di saluto era: “Agape!”.

(Nella foto, a Loppiano, lui mi regala una statua del Buddha, io un porta chiave con una pietra a forma di cuore)

Ieri è partito per il cielo, dove è entrato di certo, pronunciando la parola d’ordine: Agape!



lunedì 10 novembre 2025

La stanza di sant'Eugenio diventato bambino

La stanza di sant’Eugenio! Viveva qui nei primi anni di Aix, e qui tornava di tanto in quando da quando si era trasferito a Marsiglia ed era diventato vescovo. Una stanza come le altre? Sì e no… È un “luogo carismatico”, secondo un’espressione che mi piace.

Ne lo immagino qui pieno di vita e di creatività. Ma anche da vecchio, quando tante illusioni erano cadute e il cuore lentamente si era purificato e semplificato, dopo aver attraversato tante prove. Cosa rimaneva? La fede pura, l’amore vero, Dio solo.

Lo disegno ritornato bambino. Sì, perché bambini si diventa, come dice Gesù: “Se non diventerete come bambini…” (cf. Mt 18, 3). Bambini non si nasce, bambini si diventa col passare degli anni, con la scoperta della propria inutilità, del proprio fallimento, quando tutto sembra spegnersi in noi e attorno a noi, quando si è imparato a convivere con Gesù Abbandonato.

Lo Spirito Santo mette allora sulle nostre labbra la parola “Abbà” e ci introduce in un rapporto nuovo con lui (cf. Gal 4, 6). Possiamo allora ripetere con più profondità, con la prima lettera di Giovanni: «Quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente!» (3, 1).

Il salmo 72 sempre mi incanta. La liturgia ce lo ha riproposto oggi, ancora una volta, in questa prima settimana del salterio. È un salmo scritto da una persona delusa, scontenta, ma che finalmente alza gli occhi e si accorge che non può esserci persona più felice di lui, perché ha Dio. Tante volte mi sento “stolto” come il salmista, perché preoccupato per mille cose, e non mi rendo conto di quanto sono amato da Dio, «lui roccia del mio cuore, mia sorte per sempre». Allora appare, come nel salmo, l’immagine di Dio che «mi prende per la mano destra», «mi guida con il suo consiglio» e mi fa dire, tutto contento: «Io sono con te sempre». Questa persona adulta, diventato bambino, non si preoccupa di altro, perché ormai sa dove Dio lo conduce: «Mi accompagnerai nella tua gloria», in Paradiso! Il salmista è tranquillo, si lascia condurre per mano come un bambino e ripete la sua gioia: «Il mio bene è stare vicino a Dio». Dio è davvero Padre e noi figli, oggetto del suo amore e della sua cura.

Eccoci finalmente bambini, come sant’Eugenio, perché crediamo veramente all’amore di Dio.

domenica 9 novembre 2025

Gli antenati degli Oblati

La Sainte Garde a St. Didier è ormai lontana, ma mi piace ricordare la storia dei Missionari che la abitavano, perché in un certo senso sono gli antenati degli Oblati.

Nel 1657, il giovanissimo sacerdote Alexandre Martin (nato il 9 giugno 1630 a Robion, Vaucluse) fu nominato parroco di Saint-Didier, dove sarebbe rimasto fino alla morte, avvenuta nel 1703. Il villaggio, piuttosto trascurato, contava allora circa 200 abitanti ed era rimasto senza sacerdote per diversi anni. Un giorno, durante la messa domenicale, Padre Martino udì una voce che gli ordinava di costruire una serie di oratori che rappresentassero i 15 misteri del Rosario. Gli oratori furono eretti nel 1665 tutt'intorno al villaggio, agli incroci. Gli oratori attuali furono ricostruiti nel 1880 sui loro siti originali, la maggior parte lungo “Via degli Oratori”.

L'oratorio dell'Ascensione doveva essere situato nel punto più alto del percorso. Tuttavia, la nicchia crollò più volte. Padre Martino udì di nuovo una voce che gli disse: "Non è un oratorio che voglio qui, ma una cappella intitolata a Nostra Signora della Santa Guardia". Chiese consiglio al suo direttore spirituale che, dopo tre giorni di riflessione, gli disse: "Non solo devi costruire una cappella, ma anche delle stanze per i sacerdoti che Dio manderà a predicare il Vangelo in varie parti della cristianità".



Trent’anni dopo, nel 1698, padre Bertet, professore al seminario di Avignone, si recò in pellegrinaggio in questo luogo, dove ebbe una visione: "Ho visto il cielo aprirsi sopra questa stessa cappella con un'esplosione di luce, e ho visto tre globi di fuoco... Inginocchiandomi, ho benedetto Dio per tale meraviglia. Avvicinandomi sempre di più, ho visto da vicino, attraverso le finestre, la cappella straordinariamente illuminata". Il 6 gennaio 1700, padre Bertet, assieme ad altri due pronunciarono i voti di stabilità e si consacrarono per sempre al servizio della Beata Vergine. Il 26 ottobre 1705, il vescovo di Carpentras erige i Missionari di Sainte Garde come comunità ecclesiastica di diritto diocesano.

I sacerdoti dividevano il loro tempo tra missioni "nelle città, nei villaggi e nei villaggi e una vita più ritirata nella solitudine di Sainte Garde", dove però accoglievano persone per momenti di ritiro, colloqui e confessioni: «Essere un perfetto solitario per essere un perfetto missionario»: questo era il motto che proponeva.

Nel 1709, ai Padri della Guardia – così erano conosciuti – fu affidata una residenza per chierici che studiavano teologia ad Avignone e nel 1719 divenne seminario. Nel 1712 presero la cura anche del santuario mariano di Notre Dame du Laus: un secolo dopo sarebbero stati sostituiti dai Missionari di Provenza!

Nella chiesa del paese a St-Denis vi sono le tombe del parroco e di padre Bertet. È una presenza ancora viva!

Durante la Rivoluzione francese, tutti i sacerdoti di Sainte-Garde rifiutarono di prestare giuramento e di sottomettersi alla Costituzione Civile del Clero. La congregazione fu sciolta e i sacerdoti furono costretti a nascondersi durante la persecuzione religiosa del Terrore. La congregazione fu ricostituita intorno al 1860 a Orange, su iniziativa del superiore del seminario minore di Avignone, padre Pierre-Siffrein Bonnet, ma si estinse con la morte dell'ultimo superiore nel 1913.

Nel frattempo però, vicino, a Aix-en-Provenza, nascevano i Missionari di Provenza, che continuavano l’opera iniziata da questi antichi pionieri…