sabato 13 dicembre 2025

E la Parola si è fatta carne

Il Vangelo di Matteo si apre con la genealogia di Gesù: «Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo». Una genealogia che va a ritroso, invece che in avanti, come avviene ad esempio nell’analoga genealogia di Adamo che indica i suoi successori: Gesù non ha discendenti, perché la storia ha raggiunto in lui il suo compimento, la fine e il fine.

Niente di più arido di una lista di nomi, per lo più completamente ignoti. In genere quando si legge la Bibbia tendiamo a saltare di pari passo le lunghe liste di genealogie, come quelle del Libro dei Numeri che prendono addirittura sei interi capitoli. Se poi guardiamo attentamente la sequenza di nomi proposti da Matteo rimaniamo a dir poco perplessi. Abituati al rigore scientifico e storiografico, come possiamo accettare una simile schematizzazione che scandisce la sequenza in 3 gruppi di 14 generazioni? Ancora più problematica se la confrontiamo con la genealogia offerta dal Vangelo di Luca che con quello di Matteo ha in comune soltanto due nomi.

Nell’antichità, soprattutto tra i popoli d’Oriente, era un genere letterario diffuso e importante. Costituiva l’archivio familiare, la memoria collettiva, che conservava gelosamente i ricordi del passato. Come a veglia, dopo cena, si ripetevano le gesta degli antenati, così se ne tramandavano i nomi di generazione in generazione. Le genealogie non erano documenti di anagrafe, servivano a ricordare le origini gloriose della famiglia o a dimostrare un’ascendenza regale, l’appartenenza a un popolo. In questo senso la genealogia di Matteo è “scientifica” perché serve a dimostrare che Gesù è il Messia davidico e che discende da quell’Abramo che è padre di tutte le genti. Anche la genealogia di Luca è “scientifica” perché dimostra che Gesù è il Figlio di Dio, è il documento di identità di Gesù: figlio di David, figlio di Abramo, figlio di Dio.

A Marino questa mattina ho tenuto un incontro di spiritualità… e proprio su questa pagina del Vangelo di Matteo, mostrando tutta la ricchezza e la bellezza di questa genealogia



venerdì 12 dicembre 2025

Il coraggio di rischiare

È il titolo del propria storia scritta da Gabri Fallacara. Un racconto affascinante. 

Appare una donna disponibile, sempre pronta a cambiare lavoro, occupazione, città, Nazione... segno di una profonda libertà interiore.

Il frutto? Una donna risolta, realizzata.

Questa sera a Grottaferrata presentazione del libro al quale ho avuto l’onore e la gioia di apporre la mia introduzione…



giovedì 11 dicembre 2025

Vicinanza

“Nell’amore è importante saper amare. Ne erano convinti gli antichi parlando di “Ars amandi” – l’arte dell’amare di cui è molto utile conoscere alcune regole. Una di esse è l’attenzione all’altro per indovinare ciò che è davvero un bene per lui e coglierne i particolari.

In questo modo l’amore si fa concreto ed esprime la prossimità, la tenerezza, l’attenzione all’altro. Vicinanza, compassione, tenerezza... non sono sentimenti, ma ispirazioni dello Spirito Santo tradotte in gesti concreti, come si è soliti volersi bene in una famiglia, tra fratelli e sorelle. Sono atti di fraternità che si gustano, che riscaldano e che possono attrarre gli altri, poiché rispondono alle aspirazioni più profonde dell’umanità.”

Brava Kasia!

Ho trascritto soltanto queste poche parole della bella relazione che oggi ci ha offerto al convegno del Claretianum, parlando di "Amarsi con il cuore. I rapporti nella comunità". Ho lasciato a lei uno dei miei corsi: non potevo trovare miglior successore.

mercoledì 10 dicembre 2025

Concordia

«Il nostro cuore è inquieto…»: che cosa sta a cuore alla vita consacrata oggi? 

Bel titolo per il convegno annuale del Claretianum, ricco, come sempre di relazioni, testimonianze…

Accanto alla parola "cuore", mi piacerebbe apparisse la parola con-cordia, oppure ac-cordo.

È importante che i cuori si sostengano a vicenda, si uniscano, lavorino insieme, non si sentano mai soli.



martedì 9 dicembre 2025

La pecora smarrita

Augustinus, con il quale vivo, era un pastore nel Lesotho, col bastone e la coperta che caratterizzano i pastori di quella terra. Mi commenta la parabola del buon pastore che la liturgia ci ha proposto nel Vangelo di oggi. “Mai e poi mai un pastore abbandona il gregge sulle montagne. Prima lo porta al riparo, poi va a cercare la pecora che si è perduta. Ma una pecora non si perde mai da sola. Se si allontanano e si perdono sono sempre almeno in due…”.

È proprio vero, Gesù è sempre paradossale nelle sue parabole. Lo fa apposta per sorprendere gli ascoltatori. Sì, è una scena estrema quella del buon pastore, e Gesù lo sa bene. Vuol proprio dire che questo pastore, che impersona il Padre del cielo, è proprio pazzo e non ragione quando vede una sua pecora perdersi, tanto gli sta a cuore. Non è straordinario sapersi amati e cercati così da Dio?

Sant’Ambrogio si mette dalla parte della pecora e innalza una preghiera accorata:

“Vieni, Signore Gesù, a cercare il tuo servo; cerca la tua pecora affaticata; vieni, pastore... su, lascia le novantanove altre che pure sono tue, e vieni a cercare l'unica che si è smarrita. Vieni… sei tu che io attendo. Non prendere la frusta. Prendi il tuo amore; vieni con la dolcezza del tuo Spirito... Vieni a me, che mi sono smarrito lontano dai greggi di lassù, dove avevi posto anche me…

Cercami Signore, poiché la mia preghiera ti cerca. Cercami, trovami, rialzami, portami! Quello che cerchi, puoi trovarlo; quello che trovi, degnati di rialzarlo; e quello che rialzi, mettitelo in spalla. Non ti stanca questo pietoso fardello, non ti è di peso portare colui che hai giustificato. Su, vieni Signore… nutro speranza di essere guarito. Vieni, Signore, sei l'unico a poter ancora chiamare la tua pecora perduta… Vieni, e ci sarà salvezza sulla terra, e ci sarà gioia in cielo (Lc 15, 7). Non mandare i tuoi servi, non mandare mercenari, vieni tu, a cercare la tua pecora…Poi, portami fin sulla tua croce. Essa è la salvezza degli erranti, il solo riposo degli affaticati, l'unica vita di tutti quelli che muoiono.”

Chissà se sant’Agostino era lì che ascoltava…

 

lunedì 8 dicembre 2025

Lacrime e stelle

Siamo già alla terza edizione, in poco più di un mese… Grazie ai lettori! Sul sito on line del Centro Chiara Lubich è apparsa questa breve presentazione:

Lacrime e stelle, edito da Città Nuova, a cura di Padre Fabio Ciardi, più che una biografia, è una vera e propria autobiografia di Chiara Lubich tessuta attraverso appunti, diari, lettere, interviste… documenti spesso inediti, che consentono di entrare nell’intimo del suo vissuto. Dagli inizi a Trento, con un ampio corredo fotografico, in 192 pagine, Ciardi lascia che sia Chiara stessa a raccontarsi fino al 1962, quando la sua “Idea” raggiuge il primo riconoscimento ecclesiale. Più che di carattere stilistico, la scelta di Fabio Ciardi appare una vera e propria scelta di metodo che sostiene quanto l’esperienza di Chiara Lubich, radicata nel Vangelo, sia ancora attuale per i lettori di oggi che possono accedere al racconto di una vita, attingendo direttamente alle parole della protagonista. “Lascerò che sia lei stessa a raccontarsi – così Fabio Ciardi nelle prime pagine del libro – conducendoci nella sua divina avventura, fatta di “lacrime e stelle”.

Il titolo, Lacrime e stelle, è cruciale e rimanda alla notte del 13 maggio 1944 a Gocciadoro, Trento. Una notte di profondo dolore (lacrime per la separazione dalla famiglia che fuggiva dai bombardamenti) e di luce (le stelle che riempivano la notte). Chiara solitamente racconta questo episodio associandolo all’immagine di “stelle e lacrime”. La scelta di accogliere l'inversione voluta da Chiara nel 1996 – da "Stelle e lacrime" a Lacrime e stelle – rivela l’essenza della sua spiritualità: è nel dolore accettato, per amore di Gesù crocefisso e Abbandonato, che si trova un punto di luminosa svolta. In quell’esperienza, si radica una scelta fondata sulla certezza che “tutto vince l’amore” e segna un decisivo impulso sul formarsi di una nuova comunità la cui vita è orientata dal vangelo. Nel gennaio del 1945, in una lettera, Chiara scrive: “Tutto il resto che accade della mia vita non mi tocca: uno solo è il mio desiderio, la mia passione: CHE L’AMORE SIA AMATO. Sento la mia impotenza ma l’abbandono a Dio. Tutto fondo su una fede che non crolla: CREDO ALL’AMORE DI DIO = Credo che i Dio mi ama e di nome di quest’Amore domando alla mia vita ed alla vita di quelle anime che camminano nel mio Ideale cose grandi, degne di Chi sa di essere amato da un Dio che è DioAmoreOnnipotente!” (p. 75).

Chiara Lubich suscita un significativo interesse culturale, legato alla sua profonda autonomia intellettuale e alla sua incessante ricerca della Verità fin dalla giovinezza: integrità e libertà di pensiero, la rendono una figura di spicco nel panorama culturale globale che valica l’ambito religioso. Il poliedrico contributo culturale si coniuga con la novità del suo apporto spirituale. Chiara propone l’attuazione del Vangelo che abbraccia ogni aspetto dell’esistenza umana, superando il dualismo tra sacro e profano, rendendo l’amore di Dio e del prossimo una via di unità, di comunione. “L’anima deve, sopra ogni cosa, puntare sempre lo sguardo nell’unico Padre di tanti figli. Poi guardare tutte le creature come figli dell’unico Padre. Oltrepassare sempre col pensiero e coll’affetto del cuore ogni limite posto dalla vita umana e tendere costantemente e per abito preso alla fratellanza universale in un solo Padre: Dio. Gesù: modello nostro. Ci insegnò due sole cose che sono una: ad essere figli di un solo Padre e ad essere fratelli gli uni degli altri” (p. 88).

Qui la mia intervista:

https://www.youtube.com/watch?v=HsfiYori3s8

Per l’acquisto del libro:

https://www.lafeltrinelli.it/lacrime-stelle-per-autobiografia-di-ebook-fabio-ciardi/e/9788831112819


domenica 7 dicembre 2025

Maria, Madre della speranza

Alla vigilia dell’Immacolata sono stato a fare gli auguri alle Clarisse di Albano, che abitano nel monastero dedicato all’Immacolata e hanno anche la chiesa ad essa dedicata (tra loro c'è anche suor Immacolata!). Sui banchi della chiesa la preghiera di Giovanni Paolo II a Maria: 

Maria, Madre della speranza, cammina con noi!
Insegnaci a proclamare il Dio vivente;
aiutaci a testimoniare Gesù, l’unico Salvatore;
rendici servizievoli verso il prossimo, accoglienti verso i bisognosi,
operatori di giustizia, costruttori appassionati di un mondo più giusto;
intercedi per noi che operiamo nella storia certi che il disegno del Padre si compirà.

Aurora di un mondo nuovo,
mostrati Madre della Speranza e veglia su di noi!
Veglia sulla Chiesa in Europa: sia essa trasparente al Vangelo;
sia autentico luogo di comunione;
viva la sua missione di annunciare, celebrare e servire
il Vangelo della speranza per la pace e la gioia di tutti.

Regina della pace, proteggi l’umanità del terzo millennio!
Veglia su tutti i cristiani: proseguano fiduciosi sulla via dell’unità,
quale fermento per la concordia del Continente.

Veglia sui giovani, speranza del futuro,
rispondano generosamente alla chiamata di Gesù.
Veglia sui responsabili delle nazioni:
si impegnino a costruire una casa comune,
nella quale siano rispettati la dignità e i diritti di ciascuno.

Maria, donaci Gesù! Fa’ che lo seguiamo e lo amiamo!
Lui è la speranza della Chiesa, dell’Europa e dell’umanità.
Lui vive con noi, in mezzo a noi, nella sua Chiesa.

Con Te diciamo « Vieni, Signore Gesù » (Ap 22, 20):
che la speranza della gloria infusa da Lui nei nostri cuori porti frutti di giustizia e di pace!