Ottobre: il “mese missionario” si apre, in maniera significativa, con la festa di Santa Teresa di Gesù Bambino che, grazie all’interessamento degli Oblati, in particolare di mons. Arsène Turquetil, omi, nel 1927 fu proclamata “patrona delle missioni”. L’anno prima, il 14 aprile 1926, Pio XI aveva istituito la “Giornata missionaria mondiale”.
La prima “giornata
missionaria” risale però a quasi 2000 anni fa, quando lo Spirito Santo a
Pentecoste scese su Maria e gli apostoli riuniti nel cenacolo e li spinse
fuori, sulla piazza, a proclamare il grande annuncio della Resurrezione del
Signore. Per noi Oblati essa risale a più di 200 anni fa quando, sant’Eugenio
de Mazenod sentì scendere su di sé lo Spirito Santo che lo mandava ad
annunciare il Vangelo ai poveri.
Papa Francesco, come
tema per la giornata di quest’anno, ha scelto ha parabola dell’invito al
banchetto del figlio del re (cfr Mt 22,1-14): «Andate ora ai
crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze» (v.
9). Seguendo il messaggio del Papa possiamo lasciarci ispirare da questa
parabola per la nostra missione come Famiglia oblata.
1. “Andate”. I
servi erano già andati a trasmettere il messaggio del re agli invitati, ma
nessuno aveva risposto (cfr vv. 3-4). Il re li invita a non scoraggiarsi, devono
perseverare, continuare ad andare nonostante le difficoltà, gli insuccessi, i
rifiuti… Anche quando la pesca degli apostoli era stata infruttuosa, Gesù li aveva
invitati ad andare al largo, a gettare nuovamente le reti… (cfr Lc 5, 4-7; Gv 21, 5-7) Abbiamo
un mandato al quale dobbiamo obbedire e dobbiamo aver fiducia in colui che ci
manda: è lui che opera! Come Gesù, che ha un mandato da parte del Padre, e non
si stanca di noi e va in cerca delle pecore perdute del popolo d’Israele e
desidera raggiungere anche le pecore più lontane (cfr Gv 10,16).
Papa Francesco, come
il re della parabola, non si stanca di invitare la Chiesa ad andare, ad
“uscire”. «Oggi – scrive nel suo messaggio – il dramma della Chiesa è che Gesù
continua a bussare alla porta, ma dal di dentro, perché lo lasciamo uscire!
Tante volte si finisce per essere una Chiesa […] che non lascia uscire il
Signore, che lo tiene come “cosa propria”, mentre il Signore è venuto per la
missione e ci vuole missionari… Che tutti noi, battezzati, ci disponiamo ad
andare di nuovo, ognuno secondo la propria condizione di vita, per avviare un
nuovo movimento missionario, come agli albori del cristianesimo!».
2. Invitate. Il
comando del re ai servi nella parabola è di invitare: «Venite alle nozze!» (Mt 22,4).
Il Papa nel suo messaggio sottolinea che l’invito è urgente, ma va rivolto «con
grande rispetto e gentilezza… con gioia, magnanimità, benevolenza… senza
forzatura, coercizione, proselitismo; sempre con vicinanza, compassione e
tenerezza, che riflettono il modo di essere e di agire di Dio». Nell’invito e
nell’annuncio è impostante il “come”: stare vicini alle persone, ascoltarle,
conoscerle, capirle, interessarsi ad esse, immedesimazione nei loro problemi nell’attenzione
alle loro necessità…
La “prossimità” è,
come ci ricordano le Regole, una delle caratteristiche della missione oblata:
«Profondamente vicini alle persone con le quali lavorano, gli Oblati saranno
costantemente attenti alle loro aspirazioni e ai valori che esse portano» (C
8). Occorre stare in mezzo alla gente, andare “nei crocicchi delle strade”…
3. Tutti. I destinatari dell’invito del re: «tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni» (Mt 22,10), «i poveri, gli storpi, i ciechi e gli zoppi» (Lc 14,21), gli ultimi, emarginati della società: nessuno può essere escluso. «Ancora oggi – leggiamo nel messaggio del Papa –, in un mondo lacerato da divisioni e conflitti, il Vangelo di Cristo è la voce mite e forte che chiama gli uomini a incontrarsi, a riconoscersi fratelli e a gioire dell’armonia tra le diversità».
Se c’è una preferenza è per gli ultimi, gli scartati, quelli che più fanno difficoltà a noi e agli altri. «Così, il banchetto nuziale del Figlio che Dio ha preparato rimane per sempre aperto a tutti, perché grande e incondizionato è il suo amore per ognuno di noi. “Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna” (Gv 3,16)».
4. Il banchetto di nozze. La parabola indica la finalità dell’invio e dell’annuncio: portare al banchetto delle nozze del figlio del re. Il Papa, giustamente, sottolinea il significato escatologico del banchetto, immagine della salvezza finale nel Regno di Dio. «È importante tener presente tale prospettiva, perché essa ci aiuta ad evangelizzare con la gioia di chi sa che “il Signore è vicino” e con la speranza di chi è proteso alla meta, quando saremo tutti con Cristo al suo banchetto nuziale nel Regno di Dio. Mentre dunque il mondo propone i vari “banchetti” del consumismo, del benessere egoistico, dell’accumulo, dell’individualismo, il Vangelo chiama tutti al banchetto divino dove regnano la gioia, la condivisione, la giustizia, la fraternità, nella comunione con Dio e con gli altri». Quel momento, continua il Papa, «è anticipato già ora nel banchetto dell’Eucaristia, che la Chiesa celebra su mandato del Signore in memoria di Lui».
Il banchetto evoca
anche la fraternità, la gioia del ritrovarsi insieme. Non ci si siede attorno
alla stessa tavola quando si è in lite, in discordia, quando ci si odia o si è
in guerra. L’obiettivo del missionario è riconciliare le persone (come già
facevano i primi Missionari di Provenza durante le missioni al popolo), far
scoprire che siamo figli dello stesso Padre e quindi fratelli e sorelle tra di
noi: in una parola, creare la comunità cristiana.
Questa la nostra vocazione missionaria: andare incontro a tutti, amare tutti, senza preferenze, senza esclusioni, di ogni condizione sociale o anche morale, e “invitare”, con la testimonianza della vita e l’annuncio di un “notizia” bella e buona.