venerdì 31 maggio 2024

"Gli Oblati: sono bravi!"

Sembra che in questi giorni il Papa stia facendo un po’ di gaffe. Meno male, è umano! Come tutti noi…

Mercoledì scorsa, al termine dell’udienza, ha salutato personalmente quattro Oblati che si sono presentati come tali, e subito ha detto: “Gli Oblati: sono bravi!”. È una delle sue gaffe? Forse no, anche se p. Antoni, con il suo solito fare, ha risposto: “… qualche volta!”. Ma almeno qualche volta sono bravi!

E i quattro che si sono presentati al Papa sono veramente bravi. Si sono incontrati dopo 25 anni, dal tempo della loro ordinazione, per festeggiare insieme questo felice anniversario. Lavorano in posti diversissimi e ognuno è un capolavoro.

Andrzej vive in mezzo a un insieme impressionante di giovani immigrati da tutto il mondo e riesce a tenerli uniti. Insegna anche all’università con studenti e colleghi di tante religioni... e riesce a tenerli uniti, dando e ricevendo.

Nella parrocchia di Jaroslaw si distribuiscono 500 pasti al giorno ai senza tetto, si seguono gli immigrati, si danno degli alloggi… Ci racconta la gioia che alcuni provano nel sentirsi chiamati per nome: da tanti anni non sentivano pronunciare il loro nome.

Pawel ha trasformato la chiesa di Kiev in una casa per accogliere famiglie senza più casa e senza più gli uomini, che sono in guerra o morti in guerra… Sugli altari laterali ci sono le provviste, le coperte, nella cripta il rifugio antiaereo…

Antoni… sta in casa con noi e sappiamo che è bravo, anche senza che lo dica il Papa…

Non so se gli Oblati sono bravi. Questi quattro lo sono.

giovedì 30 maggio 2024

Mese di Maggio con Jan Tillemans

Mese di Maggio davanti a una vetrata che illumina la finestra di uno sgabuzzino di casa nostra. Quasi nessuno ne conosce l’esistenza. Disegnata e realizzata da p. Jan Tillemans, un Oblato olandese che nel santuario di Notre Dame de la Madeleine, in Canada, ha realizzatp 350 vetrate. 

È un pittore della luce, p.Tillemans.

«La vetrata – diceva – è diversa da un quadro, da una pittura che ha profondità, prospettiva. Non è un ornamento che si può colloca dappertutto... No, la vetrata è un arte architettonica. Fa parte della parete, la continua. È come un tappeto appeso. Una parete a mosaico. Le vetrate devono far cantare le pareti. L’uso dei colori è ritmo, canto. Si tratta solo di colori… Bisogna guardare le vetrate a distanza. Vedere l’insieme, la composizione, come un mosaico di colori, un ritmo continuo. Il vetro è un materiale "mistico". La vetrata è il colore illuminato dal sole, il grande luminare di Dio. Noi, maestri vetrai, noi siamo i "pittori della luce"».

«Le vetrate – diceva ancora – sono un mosaico di vetro antico che soltanto la luce deve far cantare… Nelle mie vetrate occorre vedere tutto in maniera simbolica… Una vetrata la si guarda, non la si spiega; ognuno la contempla con la sua sensibilità».

È quello che cerco di fare anch’io, davanti a questa Madre che col figlio morto è capace di dare la vita.


mercoledì 29 maggio 2024

Sante Gazzola: "Mi mandi in missione"

Oggi ad Aosta i funerali di p. Sante Gazzola. Per tanti anni ha svolto il suo ministero nelle missioni al popolo in tutta Italia. Gli ultimi trent’anni nel Santuario dell’Immacolata ad Aosta, dove la progressiva cecità non gli ha impedito di continuare il ministero, soprattutto nella confessione e direzione spirituale. «La sua saggezza e la sua capacità di ascolto – leggo nel quotidiano della Regione Valle d’Aosta – attiravano non solo i fedeli laici, ma anche numerosi sacerdoti che cercavano il suo consiglio e la sua guida spirituale. Era considerato Padre misericordioso per la sua lunga attività di confessore».

I formatori di una volta sapevano ritrarre alla perfezione le persone loro affidate, forse avevano più tempo e più “strumenti” per conoscere l’animo umano. Fin dall’inizio descrivono p. Sante come persona sensibile, poeta e sognatore, affettivo, amante dello studio e delle buone letture, a volte un po’ brusco cogli altri. Comunque una persona che mostra carattere, se appare attaccato alle sue opinioni, anche se “piglia molto umilmente le osservazioni”.

Rivelatrice del suo animo, come per tanti altri Oblati, la lettera indirizzata al Superiore generale per chiedere la prima destinazione. È del 6 marzo 1960. Tra l’altro vi si legge:

«Per la somma Bontà e Misericordia di Gesù e dell’Immacolata ora sono sacerdote, continuatore dell’opera redentrice di Gesù. Sarebbe per me un segno di predilezione da parte di Gesù nostro Salvatore se i miei Superiori mi giudicassero degno  di far conoscere l’infinita Bontà di Dio ai popoli che non hanno mai sentito parlare di lui. Chiedo perciò con fiducia di essere mandato in missione, al Laos.

Non ignoro che al missionario si richiede zelo arente per la gloria di Dio e per il bene delle anime, speranza incrollabile nel trionfo della Chiesa, prudenza ecclesiastica, spirito di sacrificio e di sottomissione. Tuttavia non mi sembra di tentare Dio, perché se vado in missione è perché Lei, Rev.mo Padre, cioè Dio stesso mi manda, nutro perciò grande desiderio di andarci sicuro che poi il Signore mi darà le grazie necessarie per fare del bene agli altri e a me stesso.

Per mia maggior tranquillità le dico, Rev.mo Padre, che i miei occhi non sono molto forti e che non ho il dono di essere pratico. Però io spero che gli occhi si rinforzeranno e che se non potrò essere un fondatore di nuove stazioni missionarie potrò essere utile nel mantenere e sviluppare quelle già esistenti. Mi mandi in missione, Rev.mo Padre, Gesù e l’Immacolata mi aiuteranno”.

Dieci anni fa, in occasione dei 60 anni di oblazione, ha scritto poche righe, quasi un testamento spirituale:

«La mia vita oblata: 60 anni di desideri nella gratitudine.
È sincera la mia lode per il Signore e la mia gratitudine per i fratelli.
È sincero il mio desiderio di conoscere intimamente Gesù, di immedesimarmi in Lui, di lasciarLo vivere in me per essere cooperatore di Gesù».

 

martedì 28 maggio 2024

Mese di maggio con gli amici barboni

Mese di maggio sotto i Propilei di via della Conciliazione, all’ombra del Cupolone, con gli amici barboni!

Lettura del Vangelo, tre racconti con tre Ave Maria, dialogo, canti tradizionali.

Poi festa di compleanno di sr. Eva: una torta da cinque chili

“Ma è vero che è il compleanno della suora?”, mi chiede uno di loro. “Sì”, gli rispondo. “Come… e viene a festeggiarlo con noi?”. Non crede ai suoi occhi.

Poi sono loro a condividere i poveri racconti, fatti di violenza, solitudine, sfruttamento…

Il tema della "lectio divina" di oggi era sulla Visitazione, alla vigilia della festa. Mi pare che la Madonna ancora una volta abbia fatto la sua visitazione…




 

lunedì 27 maggio 2024

Giovanni della Croce accanto a Salvator Dalì

“È un Cristo bello come il Dio che Egli è”. Così Salvator Dalì descrive la sua Crocifissione, ispirata al disegno di san Giovanni della Croce.

Sono stato a vedere le due opere, di Dalì e Giovani della Croce, esposte assieme, per la prima volta, nella chiesa di san Marcello al Corso. È come se si specchiassero l’una nell’altro: in basso il minuscolo schizzo, quella di san Giovanni, in alto la grande tela di Dalì.

Il disegno di san Giovanni della Croce, conservato nel monastero delle carmelitane ad Avila, è frutto di una esperienza mistica. Ha le mani trafitte da chiodi enormi, schiacciato dal dolore. Chissà che esperienza è stata la sua. Potrebbe dircelo Josè Damián… Forse era legata all'esperienza nel carcere di Toledo. In quel momento non aveva né Bibbia, né ufficio divino, né Eucaristia... Aveva soltanto Gesù crocifisso. Quel suo schizzo indica proprio lo strazio e la solitudine che egli ha vissuto. 


Ma anche la pittura di Dalì, che vide lo schizzo di san Giovanni della Croce nel 1948, sembra frutto di una profonda esperienza religiosa.

Non ha chiodi, sembra che dica: “Nessuno mi toglie la vita, la do da solo, non ho bisogno di Chiodi per offrire il mio corpo in oblazione". Ed è bello, senza i segni della passione, senza sangue, già risorto.



Davanti a tutte e due le immagini si resta in contemplazione… 

domenica 26 maggio 2024

Poter stare con Gesù!

Questa mattina il conferimento del ministero del lettorato a due dei nostri giovani e quello dell’accolitato a tre di essi. Un momento sempre bello. Mi capita sotto gli occhi l’inizio di un testo che scrissi 40 anni fa e che ho continuato a ripetere come sempre…

Poter stare con Gesù! Sedersi con lui la sera a tavola, per la cena, e parlare con lui in intimità delle proprie cose: nessuno ti sa capire come lui! Ascoltare le sue parole che colmano il cuore di pace e di gioia: nessuno sa parlare come lui; le sue sono parole di vita... sono spirito e vita. E poi al mattino rimetterti in cammino con lui e seguirlo mentre va in mezzo alla gente, tra la folla, a sanare, a consolare, a insegnare... E poi, nella solitudine della montagna o nel silenzio del lago, da lui e con lui imparare a pregare il Padre...

Poter stare sempre con Gesù come hanno fatto Andrea, Pietro, Giacomo, Giovanni... Poterlo seguire sempre e dovunque. Questo è stato il sogno di tanti cristiani fin dai primi tempi della Chiesa. Ed è stato proprio questo desiderio vivo e struggente a far nascere un particolare stile di vita tra i cristiani: la vita consacrata, la vita religiosa.

L’esperienza profonda ed esaltante di poter stare sempre con Gesù, in quell’intimità tutta particolare, il poterlo seguire e condividere appieno la sua vita, è un’esperienza riservata solo agli Apostoli, solo alle donne che seguivano Gesù? È qualcosa di irrepetibile, finito per sempre, oppure anche noi possiamo rifare la loro stessa esperienza?

È vero – si sono ripetute generazioni e generazioni di cristiani – che Gesù dopo la sua ascensione al cielo non è più tra noi visibilmente, eppure lui, il Signore Risorto, è ancora presente in mezzo a noi, anche se in maniera misteriosa, attraverso il suo Spirito. Non ci ha promesso Gesù di essere con noi sempre, fino alla fine del mondo? Non ci ha promesso di essere presente in mezzo a due o tre che si riuniscono nel suo nome? Perché allora non tentare di vivere, nella fede e nello Spirito, l’esperienza che vissero i discepoli di Gesù prima della Pasqua?

È così che alcuni cristiani si sono sentiti attratti, come i discepoli di allora, a lasciare tutto, non per compiere servilmente quello che avevano fatto gli uomini e le donne che “seguivano Gesù”, ma per vivere nel proprio tempo il loro attaccamento radicale alla persona di Gesù. È così che nasce la vita religiosa, nel desiderio di rivivere visibilmente, esistenzialmente, l’esperienza di coloro che seguivano Gesù lungo le strade della Palestina.

 

sabato 25 maggio 2024

La cosa più bella di oggi

 


La cosa più bella di oggi? La giornata dei bambini, naturalmente. Che idea geniale! Uno stadio pieno di bambini, contenti, in festa, con il Papa che sta lì tranquillo in mezzo a loro. Ma quando mai si era vista una cosa simile?

La seconda cosa bella di oggi? La scampagnata fuori porta della nostra comunità: contenti, in festa… Ma quando mai si era vista una cosa simile?










venerdì 24 maggio 2024

Quel 24 maggio 1814...

Oggi il mese di maggio l’ho fatto a Marino, nel nostro giardino, davanti a questa semplice immagine. Ma oggi è una festa speciale, Maria Ausiliatrice, Aiuto dei cristiani. Una festa istituita da Pio VII a ricordo del giorno in cui arrivò a Roma, il 24 maggio 1814, tornando dalla prigionia a cui lo aveva sottoposto Napoleone in Francia. Fu un viaggio trionfale perché lungo il cammino fu scortato da tantissima gente in festa. Il Papa interpretò quella liberazione come il frutto delle preghiere di tutti i cristiani che si erano rivolto a Maria.


Quel viaggio di ritorno a Roma è particolarmente caro agli Oblati. Infatti quando il Papa passò dalla Provenza Eugenio non si lasciò scappare l’occasione per scortarlo assieme ai suoi giovani. Non aveva ancora fondato gli Oblati, ma aveva fondato l’associazione dei giovani, qualche centinaio. Con i giovani scortò la carrozza del Papa. Anzi salì sul predellino e non si staccava più dal finestrino, fin quando cadde e si lussò una caviglia. Ma non si dette per vinto e lo anticipò alla tappa successiva facendosi trovare di nuovo in attesa per incontrarlo ancora e ripetergli il suo affetto, la sua devozione…


giovedì 23 maggio 2024

C'è un futuro per la vita consacrata?


Ancora una volta il solito tema: “La vita consacrata oggi e nelle prospettive per il futuro”. Questa volta a chiedermelo sono stati quelli del 39° corso di formatori alla Università Pontificia Salesiana. E ho dovuto rispondere con le solite cose. Con me sr. Mariangela delle Claretiane che ha parlato in particolare delle donne consacrate.

Mi è piaciuto ricordare che la vita consacrata oggi è il frutto del Concilio Vaticano II. Per comprenderla occorre tornare a quel grande evento nella storia della Chiesa. Prima ancora dei documenti è stato il fatto in sé a parale e a tracciare vie nuove anche per la vita consacrata. A un giornalista che chiedeva al Papa cosa si aspettasse dall’imminente Concilio, egli avrebbe risposto: “Non lo so molto bene”; poi, portando il visitatore presso la finestra, la aprì: “Almeno… un po’ d’aria fresca!”. In questa immagine, commenta il cardinale, c’è forse tutta la forza profetica di un vecchio papa deciso a ringiovanire e ad aggiornare la Chiesa.

Nuovo, soprattutto, l’atteggiamento nei confronti della società contemporanea, non soltanto oggetto di attenzione, di cura, di evangelizzazione, ma luogo nel quale ripensare lo stesso messaggio
evangelico, provocazione ad una vita più autenticamente cristiana. Era uno
sguardo di “simpatia” e d’amore, di solidarietà e di condivisione, di immersione verso la società contemporanea, condizione imprescindibile per “sollevare e sublimare”. Non si potevano più esporre le verità evangeliche in maniera astratta, senza tenere conto delle condizioni reali del mondo contemporaneo, delle sue angosce e attese, senza entrare in intima solidarietà con il genere umano, senza discernere “i segni dei tempi”, nel rispetto per i valori umani autentici, dovunque essi si trovino, anche al di fuori dei confini visibili della Chiesa.

Il clima di grande apertura, di rinnovamento, di speranza in quella Chiesa dei poveri che Papa Giovanni annunciava è ancora vivo? La Chiesa di oggi, e in essa la vita consacrata, continuano ad essere animati dalla Pentecoste conciliare? È cambiato il contesto sociale. Nuove guerre, terrorismo, instabilità politica, sfiducia nelle istituzioni, recessione economica,

relativismo morale, scandali all’interno della Chiesa, crisi ecologica, stanno creando un clima di incertezza, sfiducia, pessimismo, mancanza di progettualità e di volontà di ripresa. Sembra di essere agli antipodi rispetto ai tempi del Concilio, tempi di speranza, quando tutto sembrava possibile. Quello che stiamo vivendo è un tempo difficile, problematico.



Questo nostro tempo, con i suoi problemi e le sue sfide non potrebbe diventare un kairòs, un tempo favorevole, il tempo di Dio?

Forse questa è la situazione più propizia perché la vita consacrata riscopra e compia la sua missione profetica, si renda nuovamente capace di parlare di Dio, di annunciare la “buona notizia”, di infondere speranza, di ridare senso alla vita, di additare la meta della storia umana.

Ho cercato di spiegare come…


mercoledì 22 maggio 2024

Con san Giuseppe Calasanzio a Roma

Il corso sui Fondatori a Roma si è concluso a San Pantaleo con San Giuseppe Calasanzio (1556-1648). Con l’eccellente guida di p. Angel Ayala abbiamo visitato il palazzo della famiglia Torres (sorto sulle rovine dell’odeon di Domiziano), dove è nata la Famiglia delle Scuole Pie, la stanza di san Giuseppe Calasanzio, la cappella delle origini, la chiesa e il museo di San Pantaleo. La stanza, ancora intatta, contiene oggetti e suppellettili appartenuti al santo: il letto, la poltrona, il tavolino, l’inginocchiatoio, la sedia e i sandali... Nei grandi armadi settecenteschi sono custoditi altri oggetti. Persino il pavimento di mattoni è quello originale, così le pareti, così le porte e le finestre. Vi è, poi, la sala detta “delle reliquie”.


Compiuti i primi studi in patria, fu ordinato sacerdote nel 1583. Giunse a Roma nel 1592. Conduceva una vita molto riservata, dedito alla preghiera e alle penitenze. Alle prime luci del giorno si metteva in cammino per visitare
una delle basiliche romane; poi andava ad assistere gli ammalati come infermiere negli ospedali e visitava i carcerati. Si sentiva attratto verso gli ultimi: servirli era come stare in adorazione davanti al Santissimo Sacramento.

Passando però per le vie di Trastevere scopriva che, come in tutte le grandi città, c’erano molti ragazzi abbandonati a se stessi e destinati presto o tardi alla malavita. Davanti a queste scene che quotidianamente si ripresentavano ai suoi occhi, Giuseppe incontrò la propria vocazione: una voce interiore gli chiedeva di farsi padre dei ragazzi di strada. Nel settembre del 1597 mise su una scuola gratuita per i ragazzi poveri, la prima in Europa. Solo i figli dei ricchi a quel tempo avevano accesso all’istruzione; gli altri erano condannati all’analfabetismo. La sua iniziativa suscitò ammirazione in alcuni, stupore in molti, sarcasmo e ostilità in altri. Uno dei timori era che istruendo i poveri venisse poi a mancare la manodopera per i lavori umili.

Inizia in due povere stanze attigue alla sacrestia di s. Dorotea nel quartiere di Trastevere. Chiama le sue scuole “pie”, ossia gratuite: autentiche scuole con istruzione scientifica, letteraria, religiosa; puntualità di orari, serietà d'esami…

Aumentando il numero dei ragazzi deve trasferirsi prima presso s. Andrea della Valle, poi presso S. Pantaleone, dove trova la dimora definitiva.

Il concilio di Trento aveva indicato nell’istruzione religiosa dei ragazzi un mezzo prezioso per il rinnovamento della società e dappertutto nelle parrocchie, nelle confraternite e negli oratori erano sorte scuole domenicali di catechismo.

Giuseppe ebbe una visione più ampia delle direttive conciliari, guardando alla formazione integrale dell’uomo e non solo all’insegnamento religioso. Nelle sue scuole si usava la lingua italiana, in modo che tutti potessero capire; poi non si davano solo nozioni astratte, ma si preparavano i ragazzi all’esercizio di un mestiere; e quelli di loro che rivelavano spiccate qualità per gli studi venivano accompagnati e assistiti anche economicamente per seguire le scuole superiori e anche l’università; infine l’insegnamento religioso doveva essere trasmesso dai maestri non tanto a parole ma con l’esempio.

Volle che al centro della scuola ci fosse sempre la cappella con la presenza eucaristica, perché risultasse chiaro, anche visibilmente, che il vero maestro di tutti, professori, collaboratori e alunni, era il Cristo. Per questo, cosa unica a quel tempo, faceva leggere il vangelo in italiano e lo commentava con la vita dei santi attraverso letture e rappresentazioni teatrali. Egli puntava sulla parola di Dio per educare i ragazzi, mostrando loro il volto amoroso del Padre in un tempo in cui era ancora forte un’immagine autoritaria di Dio.

Attorno al Calasanzio si strinsero altri collaboratori, sacerdoti e laici, che si costituirono in congregazione religiosa col nome di Congregazione Paolina dei Poveri della Madre di Dio delle Scuole Pie. Il popolo semplificò il nome chiamandoli scolopi. Gregorio XV elevò la congregazione a Ordine regolare con voti solenni e nel 1622 Giuseppe fu eletto superiore a vita. Ai tre voti tradizionali essi ne aggiunsero un quarto, quello di consacrarsi all’istruzione dei giovani, specialmente dei più poveri. Le Scuole Pie divennero numerose non solo a Roma, ma anche in varie città d’Italia, Germania, Boemia, Moravia e Polonia. Mentre i gesuiti penetravano nelle università ed evangelizzavano il mondo della cultura, gli scolopi istruivano ed evangelizzavano il mondo dei poveri.

«È missione nobilissima – scriveva ai suoi discepoli – e fonte di grandi meriti quella di dedicarsi all’educazione dei fanciulli, specialmente poveri, per aiutarli a conseguire la vita eterna. Chi si fa loro maestro e, attraverso la formazione intellettuale, s’impegna a educarli, soprattutto nella fede e nella pietà, compie in qualche modo verso i fanciulli l’ufficio stesso del loro angelo custode, ed è altamente benemerito del loro sviluppo umano e cristiano».

La grande e improvvisa espansione dell’Ordine e le impellenti richieste che venivano da ogni parte non permisero al fondatore di dedicare molto tempo alla formazione dei membri. Alcuni di essi lo accusarono al Sant’Ufficio di favoreggiare Galileo e di aver nascosto documenti compromettenti. L’amicizia e la stima che egli aveva del grande scienziato e la sua apertura alle nuove conquiste della scienza furono interpretate come disobbedienza alle direttive della Santa Sede. Per questo fu tratto in arresto, anche se per breve tempo, e poi destituito dal suo incarico di superiore generale ed espulso dall’Ordine, che per decreto papale nel 1646 venne declassato a semplice confraternita senza il vincolo dei voti.

Scompariva così nel nulla la sua creatura tanto amata. Molti religiosi l’abbandonarono e solo pochissimi gli rimasero fedeli. Fu la sua notte oscura, che egli sopportò con una fede incrollabile. A chi gli faceva notare le ingiustizie subite e lo invitava a difendersi amava ripetere: «Sarebbe follia preoccuparsi delle cause seconde, che sono gli uomini, e non vedere la causa prima, cioè Dio, che invia questi uomini per il nostro maggior bene».

Dopo pochi anni, nel 1656, la riabilitazione della sua opera. Egli era già morto, il 25 agosto del 1648, all’età di 92 anni.

Cento anni dopo veniva elevato agli onori degli altari. 


martedì 21 maggio 2024

Amare col cuore

 

Festa di sant’Eugenio. Vale la pena ricordare il più grande difetto di cui si accusava già a 26 anni quando gli fu chiesto di scrivere un profilo del proprio carattere; un difetto del quale non si è mai corretto, anzi, che è peggiorato con gli anni: un amore passionale: “Riguardo al cuore… potrei gareggiare con ogni essere del passato, del presente e del futuro… Vivo soltanto per il cuore”. Tra i suoi amori enumera primo fra tutti quello della nonna! Ma poi l’elenco continua senza fine.

Per arrivare a dire, molto più tardi, com’è l’amore per i suoi Oblati: “Non so come il mio cuore sia capace di contenere l’affetto che nutre per tutti voi. È un prodigio che ha a che fare con una qualità di Dio. Non c’è su questa terra una creatura alla quale Dio abbia concesso il favore di amare con tale tenerezza, forza, costanza un così gran numero di persone. Non si tratta semplicemente della carità. No, si tratta di un sentimento materno che ho per ognuno di voi, senza pregiudizio per gli altri. Nessuno di voi può essere amato di più di quanto l’amo; amo ciascuno pienamente, come se fosse il solo, e
questo sentimento squisito lo provo per ognuno”.

lunedì 20 maggio 2024

Sull'Aventino con il Diario di Chiara Lubich

In una cornice prestigiosa, il Centro Studi Romani sull’Aventino, la presentazione del libro di Chiara Lubich Diario 1964-1980. Un incontro vivace e profondo. Le domande, di Maurizio Gentilini, lasciano già intuire il livello del discorso, e sono di valore, a prescindere dalle risposte…

1. Una prima domanda, che pongo ai miei interlocutori è: Il Diario è personale, ci fa leggere l’anima di Chiara… È un colloquio constante e intimo con Dio, con Gesù, con Maria, con i Santi … un confronto per riuscire a identificare e interpretare la propria personale santità. Cosa rende spirituale questo diario?

2. Nel 1949 Chiara scriveva: “Abbiamo una vita intima e una vita esterna. L’una dell’altra una fioritura; l’una dell’altra radice; l’una dell’altra chioma dell’albero della vita nostra” (p. 9, Introduzione). Il “Diario spirituale” è un documento tipico della relazione tra una persona e Dio, tanto da rappresentare anche un genere letterario tipico della letteratura mistica. Nel caso di Chiara è anche il diario di un personaggio che elabora e propone una spiritualità profondamente comunitaria, con caratteristiche e forme decisamente nuove e originali …Quindi, quali i tratti di originalità di questo Diario?

3. Dal diario emerge anche la figura di Chiara nella quotidianità, nella ferialità (ad esempio nel suo vivere la città di Roma). Allo stesso tempo risalta la sua dimensione generativa, come fondatrice di un grande movimento ecclesiale, nato per diffondersi in tutto il mondo. Emblematico in questo senso il passo del 20 giugno 1973 dedicato alla “maternità” (p. 562-563)

4. Il Diario è anche uno strumento di conoscenza di sé attraverso la propria relazione con Dio, che descrive anche la complementarietà tra il “castello interiore” (espressione di Teresa d’Avila) e il “castello esteriore”, immagine usata da Chiara per definire il Movimento, comunità unita nel nome di Gesù e destinata a irradiarsi in tutto il mondo e confondersi con tutta l’umanità in virtù della relazione d’amore che ha il proprio modello nella Trinità. Cosa ci può dire il Diario di questa dialettica?

5. Il 18 marzo 1966 (p. 172) Chiara scrive: “Ho visto, nel futuro, l’Opera fiorire certamente in altri posti, in altre Metropoli. L’ho visto rallentare il suo passo, sotto la guida del Centro, nella sua lotta d’amore per riunire il più di mezzo mondo staccato dalla Chiesa …” L’anno seguente, un altro passaggio emblematico, che sembra dettare la rotta a chi aderisce alla spiritualità dell’unità: “Noi dobbiamo accendere i focolari nel mondo più mondo, nella diaspora, in mezzo ai fratelli separati ed agli atei … È vero, abbiamo bisogno di cattolici ferventi per aver focolarini sicuri, ma poi il nostro posto è veramente nello spacco. Dio ci ha suscitato per questo e qui porteremo frutto e frutto abbondante”.

6. Ci sono dei momenti in cui il diario si interrompe: momenti di buio, in cui il cammino spirituale dell’autrice si fa travagliato … Volete parlarci di questi passaggi, in cui il diario si fa “silenzioso”, e di quanto questo silenzio sia eloquente?

 

domenica 19 maggio 2024

Compagni di lungo corso

 

Oggi è l’anniversario della mia ordinazione sacerdotale. Accanto a me lo celebra un compagno di allora. È stato ordinato dallo stesso vescovo, mons. Pietro Fioredelli, l’anno successivo al mio, ma abbiamo la stessa età. Siamo stati in seminario insieme. Io lasciai il seminario per andare dagli Oblati, lui perché era incerto ed andò a fare il servizio militare. Lo andammo a trovare in caserma, volevamo fargli sentire subito la nostra amicizia… Un’amicizia che è rimasta, discreta, fatta di brevi saltuari incontri, eppure sincera.

È appena morto, improvvisamente. Ha terminato il suo cammino là dove io l’ho iniziato: parroco nella chiesa nella quale sono stato battezzato…

sabato 18 maggio 2024

Pentecoste: Chiesa in uscita

Infine la Pentecoste, quando lo Spirito Santo scaraventa i discepoli fuori del cenacolo e li mette subito in “missione”. Da quando è nata la Chiesa è “in uscita”. L’artefice dell’evangelizzazione è proprio lui, lo Spirito Santo, che ha guidato la Chiesa nella sua nascita e nella sua espansione.

Pietro non aveva programmato di rivolgersi ai pagani. È stato lo Spirito che lo ha condotto a Cesarea nella casa di Cornelio aprendo un’era nuova nella storia dell’annuncio della Parola (cf. Atti 10, 1-48). Paolo aveva un suo progetto apostolico, ma è lo Spirito a prendere l’iniziativa, fino a fargli cambiare gli stessi itinerari geografici dei suoi viaggi (cf. Atti 16, 6-9).

Allora come ora è lui che guida la Chiesa e apre nuove vie dell’evangelizzazione. Dà la capacità di leggere i segni dei tempi, suscita i carismi, l’audacia, la parresia, l’intraprendenza... La storia dell’evangelizzazione è storia dello Spirito. In ogni secolo la Chiesa ha trovato la via dell’evangelizzazione e ha risposto in maniera adeguata alle sfide del tempo. I santi ne sono i testimoni.

Infondendo nei cuori l’amore e portando la presenza di Gesù, il Risorto, nella comunità di quanti sono uniti nel suo nome, fa divampare il fuoco.

Possiamo ricordare il discorso di Giovanni Paolo II la vigilia di Pentecoste 1998 in piazza san Pietro e far nostra la sua preghiera:

Gesù ha detto: «Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso!» (Lc 12, 49). (…) Accogliamo l'invito del Signore, perché il suo fuoco divampi nel nostro cuore ed in quello dei fratelli.

Vieni Spirito Santo, vieni e rinnova la faccia della terra! Vieni con i tuoi sette doni! Vieni Spirito di vita, Spirito di verità, Spirito di comunione e di amore! La Chiesa e il mondo hanno bisogno di Te. Vieni Spirito Santo e rendi sempre più fecondi i carismi che hai elargito. Dona nuova forza e slancio missionario a questi tuoi figli e figlie qui radunati. Dilata il loro cuore, ravviva il loro impegno cristiano nel mondo. Rendili coraggiosi messaggeri del Vangelo, testimoni di Gesù Cristo risorto, Redentore e Salvatore dell'uomo. Rafforza il loro amore e la loro fedeltà alla Chiesa.

A Maria, prima discepola di Cristo, Sposa dello Spirito Santo e Madre della Chiesa, che ha accompagnato gli Apostoli nella prima Pentecoste, rivolgiamo il nostro sguardo perché ci aiuti ad imparare dal suo Fiat la docilità alla voce dello Spirito.

 

venerdì 17 maggio 2024

Finalmente Dio ha trovato casa


Una foto soltanto per il mese di maggio di oggi: l’annunciazione sulla torre nel nostro giardino. Una riproduzione di un’opera del Centro Ave fatta da p. Clayde.

È sempre lì a ricordarci il mistero dell’incarnazione…

Dio voleva venire tra noi, ma come avremmo potuto accoglierlo e fargli casa? Egli, infinitamente grande, può stare nel nostro infinitamente piccolo? “I cieli e i cieli dei cieli non ti possono contenere” (1 Re 8, 27), come avremmo potuto contenerlo noi? Egli il Santo, tra noi peccatori? Come Pietro potevamo dire soltanto: “Allontanati da me, Signore, perché sono un peccatore” (Lc 5, 8); o come il centurione di Cafarnao: “Io non son degno che tu entri sotto il mio tetto” (Mt 8, 8). Non potevamo accogliere Dio, non poteva entrare in casa da noi. L’umanità e l’intero creato erano troppo angusti, inadeguati, indegni.


Dio, per far nascere suo figlio sulla terra, ha cercato un luogo degno di lui, che non fosse macchiato dal peccato, dalla cattiveria umana. Non l’ha trovato perché il peccato regnava sulla terra. Allora si è creato uno spazio bello, buono, santo, puro, non contaminato dal male: ha creato Maria, l’ha resa Immacolata.

In Maria, l’umanità è finalmente capace di accogliere Dio, pienamente, to­talmente. In lei l’amore, unico “luogo” capace di Dio, è rimasto intatto: “Le acque potenti non potettero spegnere l’amore, né le fiumane travolgerlo” (Cant 8, 7). Finalmente il Verbo può farsi carne e venire ad abitare in mezzo a noi: ha trovato una casa, c’è chi può accoglierlo adeguatamente. In Maria Imma­colata noi, con tutta l’umanità e il creato, siamo capaci di Dio.

giovedì 16 maggio 2024

L’avventura che iniziavamo

 

Il blog di ieri ha suscitato ammirazione: “Che bella storia…”. “Che bel ricordo…”. Ha risvegliato anche ricordi in più di un lettore:

“Quante ne hanno passato con queste guerre maledette. Mio padre le ha fatte tutte e due. Nella prima guerra aveva solo 18 anni e nella seconda aveva 4 figli piccoli e l'hanno richiamato perché lavorava nella posta ed era obbligatorio essere scritto al partito. È stato anche ferito… È morto giovane per tutto ciò che aveva patito”.

“La nave dello zio fu affondata da un siluro sottomarino tedesco nel Canale della Manica, il 22 febbraio 1945. Anche lui sopravvisse insieme ad altri 94 uomini, mentre 7 morirono. È ancora vivo, ha 100 anni!”.

Sì le storie sono fondamentali per conservare l’identità. Vale per una famiglia, per una nazione, per l’identità personale… Vale anche per una comunità carismatica. Il carisma, lo sappiamo, è racchiuso ed espresso in una storia. Per questo mi piace raccontare le storie…

In questi giorni ho letto un piccolo gioiello: Claudio Mina, L’avventura che iniziavamo, Città Nuova, 1966. Sono sei racconti di altrettante persone agli inizi del Movimento dei Focolari. Esperienze limpidi, fresche, che lasciano intuire la bellezza e la novità di questo carisma. Valgono più di tante elaborazioni dottrinale, pur necessarie.

Vale la pena continuare a raccontare le storie…

mercoledì 15 maggio 2024

Mese di Maggio alla Madonna di Montenero


Mese di maggio: oggi visita… alla Madonna di Montenero, a Livorno. Sì, perché oggi è proprio il giorno della festa della Madonna di Montenero. Nel 1300 un ragazzo trovò lungo il torrente un quadro della Madonna e lo portò sulla collina che allora di chiamava Monte del diavolo a causa della sua serva che incuteva paura. Probabilmente la consegnò a un eremita che viveva lassù, assieme ai banditi…

Perché andare oggi – almeno col pensiero e con la preghiera – alla Madonna di Montenero? Perché è la sua festa, ma anche perché fa parte della “saga familiare” dei Ciardi.

Il 19 aprile 1943 il piroscafo Francesco Crispi, un mercantile riadattato per trasporto truppe, viene affondato dal sommergibile inglese HMS Saracen: 943 i morti, 357 sopravvissuti.

Tra i sopravvissuti mio padre Leonello. Il ricordo di quelle ore fa parte del patrimonio di famiglia:

https://fabiociardi.blogspot.com/2023/05/madonna-di-montenero-per-grazia-ricevuta.html

Quando quel lunedì santo il piroscafo partì da Livorno diretto alla Corsica, il babbo salutò da lontano la Madonna di Montenero e in quel lungo pomeriggio in mare la invocò ancora. Se siamo qui è grazie a lei!






 

martedì 14 maggio 2024

Preghiere semplici a Saint-Maurice

Mi giungono alcune preghiere scritte durante il ritiro di Saint-Maurice, dopo che avevamo letto il racconto della chiamata dei dodici apostoli. Sono preghiere semplici, fatte da persone semplici. Assieme ai volti della foto, dicono un po’ quanto abbiamo vissuto assieme. Anche il monaco che ho fotografato era tutto rapito…

Signore, voglio rimettermi in cammino con te
sul cammino che mi hai chiamato a percorrere in questo mese di maggio.
Maria, dammi la mano.

Signore, hai sempre pensato a ciascuno di noi, e ci fai "salire con te" verso le altezze dove tutto è puro, limpido e chiaro

per chiamarci a rimanere con te, in te!
Dammi il dono di saper rimanere in te sempre di più. Anche quando non sono rimasto più "lassù" sulla montagna, ma sono sceso giù, nella nebbia, la tua presenza ha continuato a illuminarmi…

Grazie Gesù per il dono infinito del tuo amore - per la tua vita donata sulla Croce per ciascuno di noi - per il tuo sguardo costante su di noi, per lo Spirito Santo che ci è stato donato e che ci guida!
Rimani Signore, rimani con noi per sempre perché possiamo essere altri te, la tua presenza sempre e ovunque!

Gesù, mi hai chiamato a scalare questa montagna e per questo ti ringrazio.
Mi hai dato la grazia di unirmi a te, sì, per questo ti lodo.
Hai camminato con me nella vita con i miei fratelli e sorelle che sono stati chiamati, per questo ti ringrazio.
Dammi la grazia di credere ancora e ancora.

Signore, dammi tutta la grazia di cui ho bisogno per essere sempre vicino a te, per essere la tua luce e le tue braccia per tutta l'umanità.

Gesù, ti ringrazio per questo prezioso momento di scambio tra noi.
Ci hai chiamato a venire da te, ad averti in mezzo a noi.
Vuoi che scaliamo la montagna con te.
Gioie, dolori, difficoltà e tormenti Tu li vivi con me.
Aiutami, in questo cammino tortuoso, a riconoscerti ad ogni svolta e a sceglierti di nuovo. Guidami!
Ho fiducia in Te.