Il curato d’Ars che diceva che nel cimitero della sua parrocchia riposavano dei santi. Al suo arrivo il suo piccolo villaggio, con 40 case e 270 abitanti, non brillava certo per santità. La situazione gli sembrò disperata. Iniziò ripulendo e mettendo un po’ di ordine nella chiesetta e prendendo contatto con la sua gente. Li andava a trovare nelle case e nei campi, conversava su come andava il raccolto e sulla salute degli animali e così rompeva il ghiaccio e costruiva amicizie. Scoprì presto anche persone di grande profondità, pur nella loro semplicità, come quando, avendo osservato un contadino che ogni sera tornando dal lavoro lasciava gli attrezzi fuori della chiesa, entrava e restava seduto per lungo tempo e in silenzio, gli si avvicinò e gli chiese: “Cosa fate qui, buon uomo, in silenzio?”. Il contadino, stupito per la domanda, gli rispose: “Sto davanti al mio Signore: lui guarda me e io guardo lui!”.
“Fratelli
miei, Ars non è più Ars! Il nostro piccolo cimitero è pieno di santi”. Eppure
tra gli abitanti di Aix l’unico che è passato alla storia come santo è il
parroco. E gli altri? Il cimitero era comunque pieno di santi: parola di un
santo!
Anch’io
ho conosciuto persone che certamente saranno proclamate sante, Igino Giordani,
ad esempio. Lo ricordo quando veniva a trovarci allo Scolasticato di Vermicino,
o quando veniva a parlare a noi religiosi di ordini diversi, contento che
fossero crollare le barriere tra “consacrati” e “sconsacrati”, come amava
ripetere sorridendo. È ormai “venerabile”.
Ma ho conosciuto anche altri “santi” che, come quelli sepolti nel cimitero di Ars, non vedremo mai proclamati tali, ma che santi lo sono. Penso a Scolastica Andrich, una montanara sbarcata a Marino, sui Castelli Romani, per continuare a servire gli studenti Oblati con dedizione e con un affetto tutto materno.
Penso
anche a mio padre, un uomo semplice, senza pretese, che sapeva pregare
costantemente, anche durante il lavoro. “La strategia della preghiera –
scriveva – consiste, secondo me, nell’educare il cuore e la mente, unici mezzi
possibilmente validi fino in fondo. Il cuore è sempre giovane, sa amare
nell’infermità, nella cecità, nella sordità, in ogni situazione, gioiosa e
triste. Prima di pregare impariamo ad amare ed amare tanto fortemente. L’amore
convalida la preghiera, la vivifica, la precede, l’amore la porta a Dio…”.
Recitava una infinità di giaculatorie: “Sono flash – diceva –, istantanee,
fulmini per il cielo, parafulmini per la terra, una preghiera sempre nuova,
inventata dal cuore, gratuita, senza libri... Anche nel dolore, quando la
disperazione sembrerà avere il sopravvento, sapremo fare queste brevi preghiere
e ci saranno di grande utilità”.
E quanti Oblati... riprendo due righe di uno a caso... Angiolino Dilizia, che parla ancora: "Ciò che resta nella vita è l'unione con Dio sempre più profonda, sempre più matura che ti rimette a fuoco, ogni momento per vivere nell'umanità di oggi come persone che sono nel mondo, ma non del mondo. È un rapporto personale con Dio dove Lui è il tutto della nostra vita e noi siamo nulla, ma Egli ci riempie del suo Amore per essere una sua Presenza viva tra le persone con le quali veniamo a contatto... Ho cercato di non spezzare mai l'unità con i fratelli, ma di piegarmi perché l'unità non venisse mai meno tra di noi. Nell'apostolato ho sperimentato che ciò che conta, non è tanto l'attività ma essere una presenza viva di Gesù, perché è Lui che tocca i cuori e noi siamo solo strumenti nelle sue mani. Tutto attorno a me e dentro di me crolla e appassisce come un filo d'erba, ciò che resta al di là di ogni cosa, ciò che rimane oltre la morte è l'Amore".
Questi santi quotidiani - quelli della porta accanto, direbbe papa Francesco - mi danno coraggio, mi fanno sentire possibile la santità. “Sì, possiamo essere dei santi – mi sento ripetere dal curato d’Ars –, e dobbiamo tutti lavorare a diventarlo… Possiamo essere santi, perché mai il buon Dio ci rifiuterà la sua grazia per aiutarci a diventarlo? Egli è nostro Padre, nostro Salvatore e nostro amico… Essere amato da Dio, essere unito a Dio... Vivere in presenza di Dio, vivere per Dio: oh, bella vita… e bella morte… Tutto sotto lo sguardo di Dio, tutto con Dio, tutto per piacere a Dio… oh, quanto è bello!”.
Aveva ragione sant’Eugenio: non basta essere “ragionevoli”, pienamente umani, non basta neppure essere cristiani, bisogna diventare santi.