martedì 30 novembre 2021

Tu lo sai che ti amo

 


Sono stato il primo, questa mattina presto, ad entrare nella basilica di san Pietro. Vuota, silenziosa, più maestosa di sempre. Come entrare in una dimensione fuori dal tempo. Per la prima volta ho visto la tomba di Leone XII, il papa che ha approvato la Regola degli Oblati e che sant’Eugenio venerava in modo tutto particolare: “Leone XII, sarai considerato sempre da noi un benefattore e il padre della nostra Società”.


Da Roma, il 25 marzo 1826, scriveva a tutti gli Oblati: “Il nostro santissimo Padre, il Papa Leone XII, gloriosamente regnante sulla cattedra di Pietro, il 21 marzo del corrente anno, ha voluto sancire con la sua approvazione apostolica, il nostro Istituto e le nostre Costituzioni e Regole. Ecco dunque il nostro piccolo gregge, al quale il padre di famiglia ha voluto spalancare le porte della S. Chiesa, innalzato all’ordine gerarchico, associato alle venerande Congregazioni che hanno inondato la Chiesa di tanti e sì grandi benefici e illuminato il mondo intero di vivo splendore; eccolo, appena nato, arricchito dei medesimi privilegi di quelle Società illustri sulle cui orme, con tutte le sue forze e con ogni mezzo a sua disposizione, vorrà certo incamminarsi costantemente”.

La tomba del Papa è un semplice tondo di marmo sul pavimento, davanti alla tomba di san Leone Magno, di cui si compiaceva di portare il nome.




Da Leone XII a Leone Magno e indietro fino a san Pietro! 

Tutta la comunità, assieme al nostro Superiore generale, abbiamo celebrato davanti alla tomba dell’Apostolo per affidarci alla sua intercessione e ripetere con lui: “Da chi andremo, Signore? Tu solo hai parole di vita eterna”; “Tu lo sai che ti amo…”.

lunedì 29 novembre 2021

Ghana: inizia una nuova avventura missionaria

 


I nomi, soprattutto i cognomi, non sono facili da pronunciare, ma sono tre Oblati simpatici: p. Hyacinth Nwaneri nigeriano, fr. Rafal Dabkowski polacco, p. Daniel Aliou Mané senegalese. È la piccola squadra appena partita per fondare una nuova missione oblata in Ghana. Hanno passato un lungo periodo di preparazione qui con noi alla casa generalizia. Sabato, durante la solenne messa nella nostra cappella, hanno ricevuto il mandato officiale dal Superiore generale e domenica sono partiti per la nuova avventura.



Sono tempi duri per la missione. Non è come quando era superiore p. Marcello Zago, che aprì comunità in 12 nuovi Paesi. Eppure l’audacia missionaria non viene meno. In Ghana ci è offerto un santuario mariano e la cura di tanti villaggi sparsi nei dintorni.

Nella prima Regola, indirizzata a quelli che allora si chiamano “Missionari di Provenza”, sant’Eugenio già guardava lontano: «Sono chiamati ad essere i cooperatori del Salvatore, i corredentori del genere umano e, benché per il momento debbano limitare il loro zelo ai poveri delle nostre campagne, considerato il loro attuale piccolo numero e i bisogni più pressanti della gente che li circonda, la loro ambizione deve abbracciare, nei suoi santi desideri, l’immensa distesa di tutta la terra».

domenica 28 novembre 2021

Misteri dolorosi / 3


Nel terzo mistero doloroso si contempla l’incoronazione di spine di Gesù.

Al termine del processo davanti al Procuratore romano, dopo la flagellazione Gesù subisce l’umiliazione della coronazione di spine. Una farsa messa in atto dai soldati per il puro gusto del divertimento, che diventa dileggio, oltraggio, parodia della regalità di Gesù. Lo spogliano, lo vestono di un manto scarlatto, lo coronano di spine, gli mettono in mano una canna a guisa di scettro, lo schiaffeggiano, gli sputano in faccia.. Ed egli «maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca»  (Is 53, 7)

Ave Maria, piena di grazia, il Signore è con te. Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del suo seno Gesù:

1. spogliato e rivestito di un mantello scarlatto (Mt 27, 28)
2. coronato di spine (Mt 27, 29)
3. percosso con la canna che gli avevano messo nella mano destra (Mt 27, 29)
4. che come aveva predetto è consegnato ai pagani che lo deridono e gli sputano addosso (Mc 10, 33-34)
5. ridotto come un verme (Sal 22, 7)
6. rifiuto degli uomini, disprezzato dalla gente (Sal 22, 7)
7. il più bello tra i figli dell’uomo (Sal 45, 3)
8. mostrato da Pilato come l’Ecco homo (Gv 19, 5)
9. a cui si preferisce Barabba (Mt 27, 15-23)
10. contro cui si grida “Sia crocifisso!” (Mt 27, 22-23)

sabato 27 novembre 2021

Incontro sulla nuvola

 


“Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con grande potenza e gloria” (Lc 21, 27).

L’Avvento ci prepara al Natale, a rivivere la venuta di Gesù che nasce a Betlemme. Ma il pensiero va subito all’altra sua grande venuta, quella alla fine dei tempi, a cominciare dalla fine del “mio” tempo, che ormai sarà presto.

Il Vangelo di Luca ci narra quell’ultima venuta di Gesù in maniera immaginifica: “su una nube”! Anche in occasione della Trasfigurazione Luca parla di una “nube” che avvolse Gesù. Raccontando dell’Ascensione al cielo la “nube” è nuovamente presente: “fu elevato in alto… e una nube lo sottrasse al loro sguardo”. Gesù sale al cielo su una nube e torna su una nube. Una nube? È semplicemente un’immagine, per dire che Gesù appartiene al mondo di Dio ed è avvolto di divino.

E noi staremo lì a guardare? No, gli andremo incontro, come scrive san Paolo nella Prima lettera ai Tessalonicesi: “il Signore stesso (…) discenderà dal cielo. (…) quindi noi (…) saremo rapiti insieme tra le nuvole, per andare incontro al Signore nell’aria, e così saremo sempre con il Signore” (4, 16-17).

È tale il desiderio dell’incontro che l’uno va incontro all’altro. Anche qui siamo sul piano delle immagini, ma è bello quest’incontro per aria! Con una finale da batticuore: “così saremo sempre con il Signore”. Si può desiderare di più?

Ecco allora l’accorata preghiera di tutta la Chiesa con la quale si chiude il libro delle Scritture: «Vieni! Vieni!”. Ed egli che risponde con promessa certa: “Sì, vengo presto!” (Ap 22, 17.20).

venerdì 26 novembre 2021

La mistica del noi



Continuo a riflettere sulla mistica, sollecitato dalla presentazione di ieri:

http://fabiociardi.blogspot.com/2021/11/mistica-di-popolo.html

La “mistica del noi” è una realtà della primissima ora del cristianesimo.

L’esperienza di Maria Maddalena rimane unica e paradigmatica: la ricerca ostinata, il sentirsi chiamare per nome, l’abbraccio fisico… Ma subito dopo le esperienze sono comunitarie, ad iniziare dai due discepoli di Emmaus: “Si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero… Non ardeva forse in noi il nostro cuore?”. Lo stesso quella medesima prima sera di Resurrezione quando Gesù si rende presente in mezzo ai discepoli: il Risorto in mezzo a loro! non è l’esperienza mistica più straordinaria? Per non parlare di Tommaso solo e attorniato dai fratelli, con il suo “Signore mio e mio Dio”. Quando poi Gesù li porta sul monte dell’ascensione essi salgo al cielo con lui: “Siamo seduti in cielo con lui”, possono dire con Paolo (Ef 2, 6); tanto che ci vogliono due angeli per riportarli con i piedi per terra (Atti 1, 10) e tornano a Gerusalemme “con grande gioia” (Lc 24, 52), segno che quell’esperienza mistica fatta insieme continua all'interno di tutto il gruppo.

Per non parlare dell’esperienza mistica per eccellenza, la Pentecoste, che non è certo l’esperienza di singole persone, ma di tutti e 120 insieme. Esperienza che si ripete nella cosiddetta “piccola Pentecoste” di Atti 4, 31, così come in quella nella casa del centurione Cornelio. Ma anche prima: la trasfigurazione, quando i tre apostoli furono avvolti dalla luce taborica, non fu un’esperienza mistica vissuta insieme? E i pastori che, dopo aver trovato Gesù adagiato nella mangiatoia, se ne tornarono “glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto” (Lc 2, 16-20)? E i Magi che nel vedere la stella “provarono una gioia grandissima” e si prostrarono davanti al bambino e lo adorarono (Mt 2, 10)?

Com’è che poi l’esperienza mistica si è privatizzata? Non si sperimenta più il Signore risorto in mezzo alla sua Chiesa, in mezzo a due che camminano per strada? Mi piacerebbe far circolare esperienze di questa “mistica del noi”. E perché accanto al libro di Max Huot de Longchamp, Cos’è la mistica, non ne scriviamo un altro sulla "mistica del noi", sulla "mistica di popolo"?

giovedì 25 novembre 2021

Mistica di popolo


Nel grande salone sono affrescati gli eventi salienti dell’Almo Collegio Capranica, primo fra tutti la scena crudele degli alunni accorsi in difesa del Papa e trucidati dai Lanzichenecchi nel terribile sacco di Roma del 1527.

Ma oggi pomeriggio la scena è serena! Viene presentato il libro di Max Huot de Longchamp, con Antonino Raspanti, Cos’è la mistica, di cui ho scritto qualcosa a luglio:

https://fabiociardi.blogspot.com/2021/07/cose-la-mistica.html

I presenti non hanno avuto modo di intervenire, tanto è stato serrato il dialogo tra i due relatori. Le domande però rimangono, a me due in particolare.

Quale il rapporto tra mistica e impegno sociale e civile? Se la mistica è un’esperienza del divino essa avrà pure una ripercussione sul vissuto quotidiano. Oppure potrà nascere da momenti di servizio, di donazione, di impegno nell’ambito della famiglia, del lavoro, della politica…

Ancora: il rapporto che nasce con Dio dall’esperienza mistica è sempre personalissimo, ma esso può essere frutto di una intensa esperienza fraterna, ecclesiale, come una liturgia pienamente condivisa, una grande assemblea come quelle che abbiamo vissuto ad esempio alcune volte in piazza san Pietro o alle giornate della gioventù. Ma può nascere anche in un piccolo gruppo unito nel nome di Gesù. Non abbiamo sperimentato tutti, almeno una volta, la presenza di Dio in mezzo a noi, che ci ha pienamente coinvolti e ci ha colmati di pace, di gioia, di un senso di pienezza e di appagamento?

Si parla di esperienza mistica della natura, della percezione del sentirsi parte dell’universo… Può esserci anche l’esperienza mistica del servizio accanto a un ammalato o dell’unità tra persone che condividono un comune progetto di vita. Non parla papa Francesco di una “mistica del noi”? Siamo un popolo, il popolo di Dio, chiamato a sperimentare, insieme, la presenza del suo Dio che lo inabita e lo guida.

mercoledì 24 novembre 2021

Misteri dolorosi / 2


 «Con Maria Immacolata contempleranno i misteri del Verbo incarnato, specialmente nella preghiera del Rosario». Così la regola degli Oblati (C 36).

Nel secondo mistero doloroso si contempla la flagellazione di Gesù.

Dopo essere stato condotto al tribunale del Sinedrio e a quello di Pilato, dopo l’umiliazione davanti alla corte del re Erode, Gesù è sottoposto alla flagellazione, terribile tortura prevista dalla legislazione romana. La Sindone di Torino documenta lo strazio procurato a Gesù da questa crudele pratica. Egli , secondo la profezia di Isaia, si è addossato le nostre colpe e ha condiviso con noi ogni tipo di sofferenza per divenire strumento di salvezza.

Ave Maria, piena di grazia, il Signore è con te. Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del suo seno Gesù:
1. consegnato e rinnegato di fronte a Pilato (At 3, 18)
2. flagellato per noi (Mt 27, 26)
3. uomo dei dolori che ben conosce il patire (Is 53, 3)
4. che si è caricato delle nostre sofferenze (Is 53, 4)
5. schiacciato per le nostre iniquità (Is 53, 5)
6. dalle cui piaghe noi siamo stati guariti (Is 53, 5)
7. che maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca (Is 53, 7)
8. che per colpa nostra fu percosso a morte (Is 53, 8)
9. che senza peccato, Dio fece peccato in nostro favore (2 Cor 5, 21)
10. reso perfetto per mezzo delle sofferenze (Eb 2, 10)

martedì 23 novembre 2021

Misteri dolorosi / 1


 «Con Maria Immacolata contempleranno i misteri del Verbo incarnato, specialmente nella preghiera del Rosario». Così la regola degli Oblati (C 36).

Nel primo mistero doloroso si contempla Gesù nell’orto degli ulivi.

Come era solito, anche la sera dopo l’ultima cena Gesù si ritira nell’orto degli ulivi. L’ora tanto attesa è giunta. Era salito a Gerusalemme sapendo che avrebbe sofferto la passione e la morte per noi. Ma ora che tutto sta per compiersi ha paura e vuole con sé i discepoli più cari, Pietro, Giacomo e Giovanni, testimoni della risurrezione della figlia di Giairo e della trasfigurazione. Li vuole vicini nella preghiera, ma si ritrova solo davanti alla volontà del Padre mai così difficile da accettare. Un’agonia che si conclude con le parole: “Non la mia, ma la tua volontà sia fatta”.

Ave Maria, piena di grazia, il Signore è con te. Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del suo seno Gesù:
1. che si ritira nell’orto degli ulivi (Mt 26, 36)
2. che porta con sé Pietro, Giacomo e Giovanni (Mt 26, 37)
3. che prova tristezza e angoscia davanti alla passione e morte (Mt 26, 37)
4. che suda come gocce di sangue (Lc 22, 44)
5. che chiede ai discepoli vegliare con lui (Mt 26, 41)
6. che chiede di pregare per non cadere in tentazione (Mt 26, 41)
7. che chiede al Padre di allontanare da lui il calice (Mt 26, 42)
8. consolato da un angelo (Lc 22, 43)
9. che si abbandona alla volontà del Padre (Mc 14, 36)
10. tradito con un bacio (Lc 22, 47-48)

lunedì 22 novembre 2021

Perché studiare a Roma?

 


Sto dando lezioni in tre luoghi diversi, uno on line, uno misto – in line e in presenza -, uno in presenza. Raccolgo così circa 200 studenti, di cui quasi nessuno italiano: provengono dai quattro angoli del mondo.

Un bel gruppo di loro è venuto a Roma appositamente per studiare. Per tanti però sarebbe uguale se studiassero a Manila o a Kinshasa. Purtroppo non sanno o non possono approfittare di quello che la “città eterna” offre loro. Tutti studiano la storia vita religiosa in astratto, senza geografia. Non esiste storia senza geografia. Benedetto, Domenico, Francesco, Ignazio – solo per nominare i più noti – sono passati per Roma, hanno vissuto a Roma, hanno lasciato il segno. Per non parlare dei martiri... Ogni angolo è ricco di storia e racconta innumerevoli storie. Ma i nostri studenti purtroppo continuano a studiare la storia avulsa dai luoghi. Così la storia diventa evanescente, lontana e difficilmente diventa “maestra di vita”.

Quanto mi piacerebbe fare le lezioni per le strade di Roma percorse dai santi di tutti i tempi, nelle case dove hanno abitato, nelle chiese dove hanno pregato… Tutto parlerebbe e sarebbe più vivo. Ed avrebbe anche senso venire a studiare a Roma!

domenica 21 novembre 2021

Cooperatrice: un nome, un programma



Il nostro convegno si è concluso proprio nel giorno anniversario dell’approvazione pontificia dell’Istituto: 21 novembre 2001. Si è concluso solennemente, con la parola del Superiore generale degli Oblati. Un convegno gioioso e impegnato. Per un anno, ogni mese, attraverso webinar seguitissimi e con testimonianze di valore, abbiamo messo a fuoco alcuni dei temi più caldi che toccano la nostra vocazione: creato, vita, relazioni, famiglia, missione, giovani, lavoro, poveri, immigrati. Nei lavori di questi giorni abbiamo ripreso tre di questi temi facendoli oggetto di approfondimento: ecologia, giovani, evangelizzazione.

Nella mia relazione, seguendo l’insegnamento di papa Francesco, ho ricordato alcune parole chiave per l’evangelizzazione oggi. Commentando poi l’apostolo Paolo – “Tutto posso in colui che mi dà la forza” (Fil 4, 13) – sono andato al cuore della missione: Gesù che opera nella nostra debolezza. Infine ho terminato riferendomi alla prima parola del titolo di COMI, cooperatrice, così adatta a indicare il programma missionario. Co-operatrice, significa operare con un altro, e operare con gli altri.

Con un altro, prima di tutto: è chiaramente il Signore la nostra forza. Siamo deboli, fragili? Ci sentiamo incapaci, impreparati davanti a una società sempre più difficile, indifferente, ostile? Se guardiamo noi stessi c’è proprio da prendere paura. Ma se siamo con Lui? È lui che opera, che porta avanti il Regno di Dio, che tocca i cuori… Noi rimaniamo strumenti inadeguati, poveri… e proprio di questo ci gloriamo: «Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo». Di cosa abbiamo paura?

Co-operatrice, ossia operiamo insieme ad altri, non da soli. Ma siamo un piccolo gruppo, con l’età che avanza… C’è però il Signore con noi! Non ha promesso di essere presente in mezzo a quanti sono uniti nel suo nome, fossero anche soltanto due o tre? (cf. Mt 18, 20). Per questo la COMI, anche quando vive da sola, non è mai sola, è sempre unita con le sue sorelle e i suoi fratelli dell’oasi, unità vitale meravigliosa.

«Marmotta! – avrebbe detto p. Liuzzo a Enrica Di Cianno – [Marmotte! Così chiamava con affetto le COMI] Una “Oasi” è solitamente intesa come un agognato luogo di riposo che si incontra in pieno deserto. È dunque un posto che dà ristoro, rigenera le forze del viandante, rinvigorisce il desiderio della mèta da raggiungere; produce benessere generale: vitalità, silenzio, pace, e letizia corroborante! Per voi figlie mie, il mondo in cui vivete appieno, è il vostro deserto quotidiano; e l’oasi è, per ciascuna di voi, il luogo concreto della rivelazione della vostra consacrazione e del vostro carisma; e dove ambedue si rendono tangibili. Ma, al tempo stesso, rende concretamente visibile la vita che circola fra di voi, ed insieme rende viva e palpabile la vita di ciascuna sorella, come pure l’impegno e il frutto della vostra apostolicità dinamica, consistente, e fattiva sempre, seppure nel poco e/o nelle minime cose». Essa è il luogo «dove si può sperimentare la fraternità, la comunione che nasce da relazioni spirituali profonde e cresce nella misura del dono di Dio, la gioia dell’appartenenza reciproca, che tutto condivide, porta, sopporta… (…) per… ripartire di nuovo, ristorate umanamente e spiritualmente, “inviate” da Lui, sotto le sembianze di Maria».

L’oasi è figura di ogni nostra piccola convivenza, della Chiesa domestica. Il futuro della missione sta nelle piccole comunità dove i rapporti sono personali, vivi, intensi, come agli inizi della Chiesa. Piccola comunità che “come una famiglia unita nel nome del Signore, gode della sua presenza” (cf. PC 15). Quella presenza che dà forza, che irradia, che attira.

sabato 20 novembre 2021

“Come il granello di senape”. Con le COMI dal Papa



Ci siamo presentati al Papa in cinquanta persone, anche se a partecipare al convegno di Roma siamo più numerosi. L’udienza, riservata alle COMI, si è risolta in un’udienza per l’intera Famiglia oblata. È stato infatti sorprendente il discorso di Iliana Chinnici, la presidente delle COMI, che non si è limitata a presentare al Papa il suo Istituto secolare, ma gli ha enumerato le numerose vocazioni del piccolo gruppo di persone presenti, espressione della grande Famiglia nata dal carisma di sant’Eugenio de Mazenod: «Gli Ausiliari, familiari, collaboratori, associazioni di volontariato nate dal nostro Istituto, i Missionari Oblati della Provincia Mediterranea, nostri fratelli maggiori con i loro novizi, e le Missionarie Oblate, nostre sorelle più giovani, qui rappresentate dalla Superiora generale, i giovani dell’MGC… Crediamo nell’essere famiglia…».

Partiti presto dall’albergo nel quale si tiene il convegno, siamo stati accolti da un sole splendido nell’abbraccio del colonnato del Bernini. Foto di gruppo davanti alla basilica di san Pietro e via in Vaticano passando dal Portone di Bronzo, con il saluto delle Guardie Svizzera armati dalle innocue e scenosissime alabarde. Dal piazzale san Damaso, cuore dei palazzi apostolici, saliamo per scaloni silenziosi fino alla Seconda Loggia, affrescata da Raffaello. Di sala in sala eccoci in quella detta del Concistoro. Le pareti sono completamente tappezzate da arazzi che raccontano le storie di Maria. Un maggiordomo, con fare gioviale, ci suggerisce come comportarsi quando arriverà il Papa, “Soprattutto non mettetevi in ginocchio davanti a lui; Papa Francesco ricorda spesso che ci si inginocchia soltanto davanti al Santissimo Sacramento…”. L’attesa è prolungata e passa in un attimo, in una gioia silenziosa e composta.

Ed ecco papa Francesco. Appare stanco. Chissà quanti incontri avrà già avuto in mattinata e altri gruppi lo attendono in altre sale… Eppure è tutto per noi, come fossimo unici.

Ileana, elegantissima come si conviene per l’occasione, gli rivolge un indirizzo appassionato e lucido, tracciando con precisione l’identità della Famiglia oblata e delle COMI in particolare, la cui vocazioni appare in tutta la sua bellezza. L’istituto è «nato dall’audacia di alcune ragazze che volevano vivere il carisma della evangelizzazione dei poveri con lo sguardo e il cuore di donne che ci contraddistingue come “nuove Maria di Nazareth”». Cercano «di vivere la fedeltà a questo carisma nel mondo del lavoro, delle famiglie di origine, delle comunità ecclesiali», in Italia, Repubblica Democratica del Congo, Uruguay, Argentina. E, ha aggiunto, «ci sono vocazioni anche in Spagna e Polonia». In sostanza, ha fatto presente al Papa, «siamo un piccolo istituto che vive la logica evangelica del granello di senape, del pizzico di sale, del fermento di lievito, una logica di nascondimento e di azione silenziosa, sotto lo sguardo di Dio».

Una vocazione che appare ancora più bella quando a delinearla è papa Francesco. Le sue parole fanno da specchio alla realtà profonda che Dio ha costruito attraverso sant’Eugenio e padre Gaetano Liuzzo.

Che gioia sentire direttamente dalla bocca del Papa le parole che padre Liuzzo ripeteva sovente alla fine della vita, le «parole incandescenti che vi ha lasciato nel testamento il vostro Fondatore storico: “La vostra vocazione è l’amore, la vostra legge è l’amore, la vostra medicina è l’amore. Amore cristocentrico trinitario e missionario universale, in patria e in tutto il mondo, reincarnando quello della Madre, da vere nuove Maria di Nazareth, ardenti e generose come e con Lei».

Per me è stato particolarmente bello anche il richiamo alle parole che «Sant’Eugenio di Mazenod ripeteva spesso agli Oblati: “In nome di Dio siate santi”». Partendo da queste parole il Papa ha declinato la chiamata delle COMI alla santità: essere pronte, essere Oblate, essere fiduciose in Dio come Maria.

Converrà leggere le parole sia di Ileana sia del Papa. Meglio ancora guardare integralmente il video di questa straordinaria udienza.

Un momento commovente è il saluto personale che il Papa riserva per ciascuno dei presenti, occasione per lo scambia di una parola, la consegna di un regalo, a cominciare dai dolci siciliani… Fino a quando il Papa ci lascia con un gesto affettuoso di saluto, mentre cantiamo in spagnolo con voci poco intonante ma gioiosissime!

Le Guardie Svizzere, riaccompagnandoci fuori, hanno la delicatezza di farci passare per sale d’incanto, soprattutto attraverso la cappella interamente mosaicata Redemptoris Mater, il capolavoro di Rupnik.

Cosa di meglio, a qual punto, se non entrare insieme nella basilica di san Pietro? Dobbiamo ringraziare san Giovanni Paolo II che 20 anni fa diede l’approvazione pontificia alle COMI, e fermarci sulla tomba di san Pietro a pregare per papa Francesco, come ci ha chiesto esplicitamente.

Continua ad accompagnarci il suo ultimo augurio: «Che possiate fare tutto con gioiosa dedizione come Maria, così da essere veramente “cooperatrici oblate missionarie dell’Immacolata”. Avanti con coraggio e audacia, senza la preoccupazione dei numeri! Voi — lo avete detto — siete come lievito. Piccole, nascoste, ma piene di fede. Quanto più grande è la pasta da lievitare, tanto più ricco di qualità dev’essere il fermento!».

venerdì 19 novembre 2021

I 70 anni delle COMI: il convegno

 


Settant’anni vanno celebrati come si deve. Da un anno a questa parte ogni mese, passando di regione in regione, le COMI hanno ricordato l’anniversario della loro nascita con eventi legati non alla memoria del passato, ma ai temi attuali più caldi, condividendo esperienze e progetti. Adesso è arrivato il momento del Convegno nazionale. Il Covid penalizza pesantemente le presente, ma la vita va avanti nonostante tutto ed eccoci a Roma, nella casa dell’ACLI, per interrogarci sul nostro ideale missionario.

Un convegno che, pur nei numeri ridotti, coinvolge tante realtà della Famiglia oblata: non solo COMI, ma Ausiliari, Movimento Giovanile Costruire, COMI ONG, AMMI, Oblate, Oblati… Siamo riusciti a coinvolgere anche il Papa, che ci accoglierà in udienza privata!

A me il compito di rievocare l’Idea missionaria, che è all’origine di tutto questo movimento.

La missione, l’“idea missionaria”, come egli la chiamava, è stata l’assillo, la passione di p. Gaetano Liuzzo. Egli sembra ripetere, come per Paolo: “Guai a me se non annuncio il Vangelo”. Si sentiva in dovere di obbedire al mandato di Gesù di andare in tutto il mondo; avrebbe voluto essere un “missionario di tutti i climi” – come dice il titolo di un suo famoso libro.



Dovendo restare in Italia si propose di inculcare l’Idea della missione e di suscitare “missionari dell’Idea missionaria”! Per questa grande idea non si è risparmiato, ha viaggiato, ha scritto, ha parlato, “a tempo opportuno e importuno”, proprio come Paolo. Niente gli pareva mai troppo. Scrisse addirittura al suo Superiore generale, p. Marcello Zago, chiedendogli che al Sinodo dei vescovi del 1987, che avrebbe avuto come tema il ruolo dei laici nella Chiesa, insistesse sul dovere missionario di tutti i cristiani. «Ho la netta impressione – gli faceva presente – che si batterà molto sullo specifico del laico cristiano, cioè l’animazione cristiana delle realtà temporali…, ed è giustissimo… Ma ho paura che ci si fermi solo a questo punto…, mettendo in ombra quanto lo stesso Concilio chiede a tutti i fedeli…, cioè un’azione apostolica diretta dentro e fuori la Chiesa ossia missionaria, oltre ovviamente ad una spiritualità “veramente cattolica” come dice Ad gentes n. 36». Gli allegava in proposito alcuni testi conciliari che sottolineano questo secondo aspetto come diritto-dovere di ogni fedele che ha la sua origine nei sacramenti del battesimo e della cresima, nell’inserimento nel corpo mistico, «oltre che nell’esigenza della vera carità universale» (29 settembre 1987).

Padre Liuzzo ci lascia la ferma convinzione che tutti i cristiani sono missionari in forza del battesimo e sono chiamati ad operare in prima persona, a diventare i primi e più diretti artefici dell’evangelizzazione di ogni ambiente, in patria e all’estero, sull’esempio dei primi cristiani i quali spontaneamente presero a raccontare il Vangelo ovunque si trovassero o andassero. «Tutti i battezzati sono per il fatto stesso resi esseri potenzialmente divinizzati; costituiti quindi come un... esercito di Missionari portatori di… esplosivo salvifico!» (Circolare n. 73, p. 113).

«All’inizio noi non pensavamo direttamente all’Istituto – racconta nel tracciare la storia delle COMI –. Però, già dal ’50 io parlavo di vocazione missionaria, non di vocazione alla consacrazione, ma di vocazione missionaria. (…) Due grandi leve che mi hanno aiutato e sostenuto: l’amore alla Congregazione [degli Oblati di Maria Immacolata] e conseguentemente alle missioni estere e la Madonna. (…) Il punto focale era: Come gli Oblati missionarie di tutti i climi, almeno con il cuore, come gli Oblati. (…)



I carismi hanno qualcosa di profetico, di anticipatore. Sulla questione missionaria, lo sapete benissimo, abbiamo anticipato il Vaticano II. Ha pubblicato i suoi decreti: Lumen Gentium e Ad Gentes, certe frasi, certe idee, me le ha rubate ed è stata una delle più grandi gioie della mia vita. Segno che quello era la vera teologia, che io non avevo inventato niente. Questo senso profetico non deve finire mai nell'Istituto, se no il suo carisma non cresce. (…) Quello che è stato riportato anche nelle Costituzioni che l'idea e l'ideale missionario, non sono soltanto dei traguardi a cui mirare con tutte le forze, ma che sono anche un mezzo potentissimo di autentica formazione umana e cristiana» (Storia delle origini dell'Istituto C.O.M.I.).

«Essere missionario – scriveva ancora – significa annunziare e diffondere la fede e l’amore salvifico di Cristo, dovunque: dal proprio ambiente agli estremi confini del mondo. È un’attività che non ha limiti né di spazio né di tempo. È la ragion d’essere delle Comi (CC 19)» (Circolare aspiranti, n. 4).

Ma questo è soltanto l’inizio della mia relazione…

giovedì 18 novembre 2021

Perché p. Santino non ha mai scritto un libro

 


È ormai un anno da quando p. Santino ci ha lasciato.

Quando ho riordinato la sua stanza ho trovato un numero inimmaginato di articoli, dispense, appunti… Ha scritto davvero tanto. Ma non ha lasciato nessun libro. Perché? Mi pare per tre motivi.

1. Quando trattava un qualsiasi argomento, la cosa più importante erano le premesse e si perdeva. Ogni tema andava infatti collocato e compreso in un orizzonte più vasto, andava inquadrato in una realtà più ampia, Occorreva un adeguato contesto culturale, storico, sociale… Santino: uomo di vedute grandissime.

2. Vi avviava a scrive il libro. Schemi elaboratissimi, stesure di capitoli e capitoli… Ma non andava mai bene, era sempre insoddisfatto, sempre alla ricerca di un oltre. Così il libro non arrivava. Tendeva sempre a un di più, a un al di là. La Verità rimaneva ineffabile. Santino: uomo di desideri insaziabili.

3. I suoi argomenti erano la formazione, la vita religiosa, la costruzione dell’uomo nuovo... Era un teorico, un intellettuale, ma le sue ricerche toccavano la persona concreta e le carte sfumavano per lasciar posto alle reali relazioni umane. Invece di scrivere libri preferiva scrivere persone. Santino: uomo di rapporti intensi.

mercoledì 17 novembre 2021

Vieni a casa mia



Maria Santissima,
Vergine Immacolata,
Madre di Dio e Madre nostra
Regina del cielo e della terra,
Madre e Regina della nostra famiglia,
Scala del Paradiso e porta del cielo,
Rifugio dei peccatori,
Madre di misericordia,
Gesù mi ha dato a te come tuo figlio,
Ti ha dato me come mia Madre,
Vieni a casa mia,
Dammi il tuo Cuore,
Porta il profumo delle tue virtù.

(Pseudo Alfonso, Le glorie di Maria)

martedì 16 novembre 2021

I misteri della luce / 5

 

Nel quinto mistero della luce si contempla l’istituzione dell’Eucarestia

L’ultima cena, che Gesù ha ardentemente desiderato, è il momento nel quale, avendo amato i suoi, li ha amati fino alla fine. Quella sera, seduto a tavola con i discepoli, ha dato pienamente se stesso: il suo comandamento nuovo, l’Eucarestia, il sacerdozio. Ha promesso lo Spirito Santo, ha pregato il Padre perché tutti siano una sola cosa...

L’Eucarestia che celebriamo ogni giorno continua quel momento di luce e di grazia, è il “memoriale” dell’amore più grande, che dona la vita per gli amici.

Ave Maria, piena di grazia, il Signore è con te. Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del suo seno Gesù:
1. che ha desiderato ardentemente mangiare la Pasqua con noi (Lc 22, 15)
2. che ci ha amato fino alla fine (Gv 13, 1)
3. che lava i piedi ai discepoli (Gv 13, 3-11)
4. che dona il comandamento nuovo (Gv 13, 34)
5. che dà il suo corpo per noi (Lc 22, 19)
6. che versa il suo sangue in remissione dei nostri peccati 
(Lc 22, 20)
7. che ci rende “concorporei”, “consanguinei” con lui (Cirillo di Gerusalemme)
8. che nell’Eucarestia ci dà il pane della vita eterna (Gv 6, 58)
9. che fa di noi tutti un solo corpo (1 Cor 10, 17)
10. che 
nella Santissima Eucaristia rimane con noi per sempre (Gv 13, 1)

lunedì 15 novembre 2021

Misteri della luce / 4

 

Nel quarto mistero della luce si contempla la trasfigurazione di Gesù sul monte

La luce divina di Gesù, che rimaneva velata dalla sua umanità, nel giorno della trasfigurazione sprigiona tutto il suo bagliore.

La luce del Verbo – la sua divinità – penetra di sé, assume in sé e si manifesta anche nella carne di Gesù: “il suo volto brillò come sole” (Mt 17, 2). Anche le vesti sono bagnate nel divino e lo irraggiano: “divennero candide come luce”!

Con Mosè e Elia, la Legge e i Profeti, parla dell’imminente passione. Tutto sarà buio e silenzio sul Calvario; qui, sul monte, tutto è luce, è già resurrezione e si ode la Parola solenne del Padre: “Questi è il mio Figlio prediletto”.

Pietro, Giacomo, Giovani sono rapiti dal suo fulgore. Gesù appariva loro come il «più bello tra i figli dell’uomo» (Sal 45, 3), «immagine del Dio invisibile» (Col 1, 15), irradiazione della gloria del Padre (cf Eb 1, 3).

Nella trasfigurazione ci è data la certezza che tutto di noi, salvato dalla croce, sarà immerso nel divino. Anche la nostra umanità sarà trasfigurata, divinizzata.

Ave Maria, piena di grazia, il Signore è con te. Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del suo seno Gesù:
1. che sale su un alto monte con Pietro, Giacomo e Giovanni (Mt 17, 1)
2. trasfigurato davanti ai discepoli (Mt 17, 2)
3. il cui volto brilla come il sole (Mt 17, 2)
4. le cui vesti diventano candide come la luce (Mt 17, 2)
5. il più bello tra i figli dell’uomo (Sal 44, 3)
6. immagine del Dio invisibile (Col 1, 15)
7. irradiazione della gloria del Padre (Eb 1, 3)
8. illuminato dalla Legge e i Profeti (Mt 17, 3)
9. con il quale è bello restare per sempre (Mt 17, 4)
10. che trasfigurerà il nostro misero corpo (Fil 3, 21)

domenica 14 novembre 2021

Misteri della luce / 3

 

Nel terzo mistero della luce meditiamo l'invito alla conversione e l'annuncio del Regno di Dio

Il terzo mistero della luce ci porta con Gesù lungo le strade della Galilea. La sua predicazione, «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino», è introdotta con le parole del profeta Isaia: «il popolo immerso nelle tenebre ha visto una grande luce; su quelli che dimoravano in terra e ombra di morte una luce si è levata» (Mt 3, 16-17).

Sono gli anni della “vita pubblica” di Gesù, nei quali egli rivela l’amore di un Dio che è Padre e invita a vivere la vita nuova che è venuto a portare. Vedendo le folle sbandate come un gregge senza pastore, accoglie e perdona i peccatori, guarisce gli ammalati, rende beati i poveri, asciuga le lacrime degli afflitti, rende giustizia ai perseguitati, libera uomini e donne dai condizionamenti dell’egoismo e del peccato, trascina discepoli dietro a sé e tutti affratella…

Chiediamo a Maria la conversione del cuore, l’accoglienza docile della Parola di Dio, la decisione nella sequela.

Ave Maria, piena di grazia, il Signore è con te. Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del suo seno Gesù:
1. che percorre città e villaggi annunciando il Regno di Dio (Mt 9, 35)
2. che chiede la conversione (Mc 1, 15)
3. che chiama discepoli a seguirlo (Mc 3, 13)
4. che non ha dove posare il capo (Mt 3, 16)
5. che ha compassione delle folle (Mt 8, 20)
6. che guarisce gli ammalati e caccia i demoni (Mc 1, 34)
7. che accoglie e perdona i peccatori (Lc 15)
8. che moltiplica i pani (Mt 14, 13-21)
9. che annuncia le beatitudini (Mt 5, 3-12)
10. che ha parole di vita eterna (Gv 6, 68)

sabato 13 novembre 2021

Tutte le cose belle passano, una sola rimane

 


Ha portato un’ondata di gioia. Sempre positivo, gioioso, è venuto a continuare il suo lavoro di ricerca, nonostante gli anni e la debilità fisica. Per tanti anni missionario in Africa si sente ancora profondamente africano.

P. François, prima di partire era commosso. Ha ringraziato per come è stato accolto e ha manifestato la sua ammirazione per la vita che ha trovato tra noi. Salutando ha detto: “Tutte le cose belle prima o poi finiscono. Una sola non finisce: il Paradiso”.

Mi sembra il più bel commento al Vangelo di oggi, là dove Gesù dice che i cieli e la terra passeranno, mentre le sue parole non passeranno.

venerdì 12 novembre 2021

A duecento passi dall’aurora


La preparazione per il Convegno dei laici oblati si sta intensificando. Angelica Ciccone lo attende con gioia e trepidazione:

Eccolo lì, l’obiettivo, davanti a noi. Abbiamo gioia ed emozione, speranza e trepidazione che ci scorrono nelle vene, condivisa con i nostri fratelli di altre nazioni, di altri continenti. Figli di una stessa vocazione, alla missione, alla comunione, guardiamo il mondo con gli stessi occhi, quelli di Cristo crocifisso. E lì dove siamo facciamo fiorire il carisma con le nostre vite, profondamente radicate nel mondo. Abbiamo famiglie, amici, colleghi; abbiamo un lavoro e una vita sociale. Ogni giorno ci impegniamo per evangelizzare con gioia questo mondo intorno a noi partendo dalla nostra povertà e accompagnando la povertà degli altri. E ogni giorno sappiamo che centinaia di fratelli e sorelle ad ogni latitudine combattono la stessa nostra battaglia, vivono la vita con lo stesso nostro zelo per la salvezza delle anime, per la salvezza del mondo. 

Siamo laici oblati, parte di una sola famiglia grande quanto il mondo. Non perché condividiamo gli stessi geni, neppure perché ci siamo scelti o perché siamo i migliori. Siamo Oblati perché Dio ci ha messo nel cuore questa chiamata, ha plasmato la nostra esistenza come più di 200 anni fa aveva fatto con Eugenio. Siamo Oblati perché ci stanno a cuore i poveri, ci sta a cuore la missione e l’annuncio di Cristo, ci sta a cuore l’amore tra noi. Tanti fratelli ci hanno preceduto, in modi diversi: Candido, Paolo, Louis, Daisy, Gabriella, Enzo, Rolando, e con loro altre centinaia. Ci hanno tracciato la strada per poter essere sempre più responsabili, sempre più protagonisti della missione che ci è stata donata. Ora tocca a noi continuare a costruire la nostra identità e la nostra vocazione, e rendere luminosa, insieme agli Oblati consacrati, la bellezza di questo carisma. Ancora duecento giorni e ci incontreremo, e ci riconosceremo. E sarà l’aurora di un giorno nuovo per tutti noi.

giovedì 11 novembre 2021

Roma santa



Sono entrato un attimo nella chiesa di San Giovanni dei Fiorentini.

Quanto basta per un saluto a san Filippo Neri, che per tanti anni, in quanto fiorentino, è stato rettore di questa chiesa dei fiorentini. C'è la sua croce.

Un saluto anche alla Madonna della misericordia di Filippo Lippi (anche se non facilmente leggibile).

E soprattutto un saluto a santa Maria Maddalena, di cui si venera... un piede: il primo piede che... mise piede nella tomba vuota del Signore risorto e che poi corse perché l'apostola degli apostoli desse l'annuncio della resurrezione. 








mercoledì 10 novembre 2021

I misteri della luce / 1-2

 

«Con Maria Immacolata contempleranno i misteri del Verbo incarnato, specialmente nella preghiera del Rosario».


Nel primo mistero della luce il battesimo di Gesù.

Ave Maria, piena di grazia, il Signore è con te. Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del suo seno Gesù:
1. battezzato nel Giordano (Mt 3, 13)
2. sceso nell’acqua con i peccatori (Lc 3, 21)
3. che adempie ogni giustizia (Mt 3, 15)
4. per lui si aprono i cieli (Mt 3, 16)
5. che vede scendere su di lui lo Spirito in forma di colomba (Mt 3, 16)
6. l’Amato, nel quale il Padre ha posto la sua compiacenza (Mt 3, 17)
7. che battezza in Spirito e fuoco  (Mt 3, 11)
8. nel cui battesimo siamo sepolti per camminare con lui in una via nuova (Rm 6, 4)
9. che ci fa nascere dall’acqua e dallo Spirito (Gv 3, 5)
10. condotto dallo Spirito nel deserto per essere tentato dal diavolo (Mt 4, 1)


Nel secondo mistero della luce si contempla Gesù e Maria alle nozze di Cana.

Ave Maria, piena di grazia, il Signore è con te. Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del suo seno Gesù:
1. invitato alle nozze a Cana con i suoi discepoli (Gv 2, 2)
2. che con la sua presenza benedice e santifica le nozze (Gv 2, 3)
3. che tu rendi attento alle necessità degli sposi (Gv 2, 3)
4. che inviti a compiere il primo dei suoi segni (Gv 2, 11)
5. che ci inviti ad ascoltare e a fare quello che egli ci dirà  (Gv 2, 5)
6. che cambia l’acqua in vino (Gv 2, 7)
7. che prefigura le nozze dell’Agnello (Ap 19, 7)
8. che ci rende partecipi della natura divina (2 Pt 1, 4)
9. che anticipa la gioia messianica (Gv 15, 11)
10. che a Cana manifesta la sua gloria (Gv 2, 11)

martedì 9 novembre 2021

Bella Roma

 


Questi sono giorni molto intensi. Per fortuna non siamo disoccupati.

Però quando per andare a fare lezione uno passa per piazza Navona quasi deserta, con il primo sole che illumina la chiesa di sant’Agnese;

quando dalla finestra della scuola vede la casa di Fiammetta e i tetti della città;

quando per tornare a casa si incammina lungo via dei Coronari…

è ripagato di tutto!





lunedì 8 novembre 2021

Chiesa domestica


 

Ieri incontro della “comunità locale” a via Spinola. Un piccolo gruppo di persone, molto varie, appena una ventina e una decina collegare via zoom. Un piccolo gruppo, ma la gioia di trovarsi insieme dopo tanto tempo si moltiplica. Erano molto più numerose le comunità dei primi cristiani? 

Ciò che fa grande una comunità non è né il numero né la qualità delle persone, ma la presenza di Gesù: la Chiesa è il suo corpo! Il sogno costate che mi accompagna – la piccola Chiesa domestica – si realizza. 

I primi cristiani non si riunivano nelle chiese che ancora non c’erano, ma nelle case, in semplicità, forti della promessa di Gesù di essere sempre presente. È la Chiesa del passato, quella del futuro, quella del presente.

domenica 7 novembre 2021

Noi ci troviamo anche sant'Eugenio

 


Sul blog del 18 ottobre di quest’anno c’è una foto somigliantissima a questa: stesso luogo, stesso numero di persone. Soltanto i volti sono cambiati, da bianchi molti sono diventati scuri… Dettaglio di nessun valore, perché la sostanza è la stessa: siamo sempre e tutti membri della stessa famiglia che tornano in un luogo carismatico - San Silvestro al Quirinale -, dove sant’Eugenio ha vissuto per quasi un anno, a più riprese, dove ha sofferto la sospensione per l’approvazione della Regola, dove è stato ordinato vescovo, dove ha provato l’abbandono da parte del Papa…

Tutto egli ha accuratamente annotato nei suoi diari e nelle lettere ai suoi Oblati lontani e tutto è ancora vivissimo, così come lo è il suo sguardo sulla città: Roma, «è come un compendio del cristianesimo. Quale alimento alla devozione fornisce la vista di tanti monumenti lì a testimoniare la vittoria dei martiri che hanno sommerso l’idolatria nel loro sangue! I loro corpi sono ancora visibili, il loro ricordo, per così dire, è ancor fresco dopo diciotto o diciannove secoli… Qui tutto è santo per chi ci viene da autentico pellegrino cristiano; io ci vedo solo gli apostoli, i martiri, i santi confessori di tutti i tempi: non esiste angolo di Roma che non sia un monumento di fede e di devozione… Qui si ritrovano tutti i santi, da S. Pietro fino al beato Benedetto Labre e ad altri più moderni».

Noi ci troviamo anche sant’Eugenio!