Va ormai in stampa l’autobiografia di Renata Borlone. Nell’introduzione ho scritto:
Quella ragazza che durante gli anni del liceo trovava difficoltà a svolgere i temi perché non riusciva nella «descrizione dell’ambiente» e non possedeva la «vivacità del linguaggio», che si riteneva di «poca fantasia», appassionata di matematica e fisica più che di lettere (eppure in un mese legge tutto Shakespeare «con grande nutrimento interiore»), a 52 anni ha scritto un testo di notevole valore letterario.
Non ha scritto nessun libro, Renata, ha lasciato solo qualche breve articolo di esperienze di vita vissuta. Quello che ci rimane di lei sono principalmente lettere e lettere, e alcune scarne pagine di diario. Sognava di «essere in un laboratorio scientifico e di poter collaborare a qualche scoperta», non sapeva che avrebbe potuto diventare una scrittrice.
…
È una scrittura essenziale, quella di Renata, incisiva, senza enfasi. Il racconto scorre lineare, presentando con naturalezza ambienti, persone, fatti, emozioni. Ritrae con tratti rapidi e precisi i profili dei familiari, della maestra elementare, dei professori, dei compagni di scuola.
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