Il
blog mi dice che incontrai Paolo Rumiz il 25 settembre 2016 a Villa
Celimontana, al Festival della Letterata di viaggio.
Per
la verità non lo ricordo. Il vero incontro con questo straordinario scrittore è
avvenuto in questi giorni, leggendo prima Appia,
poi Il filo infinito, appena
pubblicato da Feltrinelli.
Quest’ultimo
è un libro eccezionale. Un reportage che parte dalla conca di Castelluccio e da
Norcia ancora sventrata dal terremoto, e che spazia su tutta Europa e cercare
il filo che lega tra loro le abazie benedettine.
Non
è un percorso storico. È la vita benedettina vissuta oggi quella che cerca Ruiz,
soprattutto i valori perenni della Regola.
È un
reportage di un giornalista calato fino in fondo della vita sociale e politica
di oggi, con un confronto costante tra passato e presente.
Quante
analogie tra le situazioni del medioevo e quelle attuali, e come fecero allora
i monaci ad affrontare i problemi immagini che si ponevano loro? Come fecero ad
accogliere, trasformare e integrale i barbari? Come fecero a costruire l’Europa?
È forte
il contrasto tra l’impegno di allora a costruire e l’impeto di oggi a
disgregare, tra lo slancio di allora e la burocrazia di oggi che tutto
immobilizza, tra i valori dell’accoglienza, condivisione, e gli egoismi
attuali.
Ciò
che impedisce a Paolo Ruiz di cadere nella depressione sono i nipoti, ai quali
deve trasmettere valori autentici e speranza.
“Coraggio
e cuore, dunque. Come i monaci che rifondarono l’Europa sotto l’urto delle invasioni
barbariche. Come i padri fondatori dell’Unione che dopo due guerre mondiali ridiedero
dignità e ricchezza a un continente in ginocchio. Essi sapevano che l’Europa
non è un dono gratuito, ma una conquista, e spesso un sogno che nasce dalla disperazione
per la sua mancanza. Osarono sognarla nel momento in cui tutto sembrava
perduto. Essi tesero dei fili. Tesserono trame e relazione. Imitiamoli,
Costruiamo una rete con i fratelli degli altri Paesi per far sentire meno solo
chi non si rassegna a un ritorno di muri e al linguaggio della violenza”.
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