giovedì 2 maggio 2019

Un filo infinito per ricucire l’Europa



Il blog mi dice che incontrai Paolo Rumiz il 25 settembre 2016 a Villa Celimontana, al Festival della Letterata di viaggio.
Per la verità non lo ricordo. Il vero incontro con questo straordinario scrittore è avvenuto in questi giorni, leggendo prima Appia, poi Il filo infinito, appena pubblicato da Feltrinelli.

Quest’ultimo è un libro eccezionale. Un reportage che parte dalla conca di Castelluccio e da Norcia ancora sventrata dal terremoto, e che spazia su tutta Europa e cercare il filo che lega tra loro le abazie benedettine.
Non è un percorso storico. È la vita benedettina vissuta oggi quella che cerca Ruiz, soprattutto i valori perenni della Regola.
È un reportage di un giornalista calato fino in fondo della vita sociale e politica di oggi, con un confronto costante tra passato e presente.
Quante analogie tra le situazioni del medioevo e quelle attuali, e come fecero allora i monaci ad affrontare i problemi immagini che si ponevano loro? Come fecero ad accogliere, trasformare e integrale i barbari? Come fecero a costruire l’Europa?
È forte il contrasto tra l’impegno di allora a costruire e l’impeto di oggi a disgregare, tra lo slancio di allora e la burocrazia di oggi che tutto immobilizza, tra i valori dell’accoglienza, condivisione, e gli egoismi attuali.

Ciò che impedisce a Paolo Ruiz di cadere nella depressione sono i nipoti, ai quali deve trasmettere valori autentici e speranza.
“Coraggio e cuore, dunque. Come i monaci che rifondarono l’Europa sotto l’urto delle invasioni barbariche. Come i padri fondatori dell’Unione che dopo due guerre mondiali ridiedero dignità e ricchezza a un continente in ginocchio. Essi sapevano che l’Europa non è un dono gratuito, ma una conquista, e spesso un sogno che nasce dalla disperazione per la sua mancanza. Osarono sognarla nel momento in cui tutto sembrava perduto. Essi tesero dei fili. Tesserono trame e relazione. Imitiamoli, Costruiamo una rete con i fratelli degli altri Paesi per far sentire meno solo chi non si rassegna a un ritorno di muri e al linguaggio della violenza”.


Nessun commento:

Posta un commento