Giornata
multiculturale. Sono soprattutto le donne, con i loro coloratissimi costumi asiatici
e africani a dare il tono, assieme ai canti tradizionali. I magnifici 7 hanno
celebrato la loro oblazione per tutta la vita, contornati da parenti e amici,
oltre che da tutta la comunità, con la quale, da adesso “tutto è comune”, un’antica
formula – “Tra noi adesso tutto è comune” – che non si una più, ma è comunque
una realtà.
Avevo iniziato il ritiro proprio con il quarto voto, “perseverare fino alla morte nel santo Istituto e nella Società dei Missionari della Santissima e Immacolata vergine Maria”. Le motivazioni storiche che hanno ispirato il voto – legate a situazioni politiche e giuridiche – sono ormai sorpassate, eppure esso conserva un valore profondo. È l’ultimo, ma nella sua storia è stato, in un certo senso, il primo: quel pugno di giovani sacerdoti si era legato in nome dell’amore reciproco e nient’altro, non prendendo altri vincoli giuridici, convinti che sarebbe stato proprio l’amore a cementare per sempre il gruppo: “perseverare fino alla morte nel santo Istituto…”.
Un
istituto santo fatto di peccatori, come la Chiesa santa fatta di peccatori.
La
Chiesa è santa perché è il Corpo di Cristo. Il nostro istituto è santo perché
dono di Dio. È una congregazione “piccola e umile”,
direbbe sant’Eugenio, una “piccola comunità”, “la nostra piccola famiglia”, “la
nostra piccola, povera e modesta società”. Ma è sempre la nostra famiglia,
amata, nonostante i difetti dei suoi membri.
Benvenuti in famiglia, magnifici 7.
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