Dopo aver amato i suoi che erano nel mondo li amò sino alla fine (Gv 13,2). Con queste parole del Vangelo si apre il racconto dell’evento pasquale di morte e risurrezione di Gesù. Esse danno il senso a questo triduo santo. Anche i precedenti misteri della vita di Gesù erano stati espressione del suo amore: aveva già amato i suoi che erano nel mondo. Ma oggi l’amore raggiunge l’estremo: li amò sino alla fine.
Oggi Gesù ci dona il comandamento dell’amore reciproco: è tutto suo e tutto nuovo. Ma come potremmo comprenderlo e viverlo se non ci fosse quella chiave di lettura: li amò sino alla fine? L’amore reciproco ha come modello e misura l’amore di Gesù: amatevi come io ho vi ho amato; e può essere attuato soltanto perché lui ci ha amato: amatevi perché io vi ho amato (così si può tradurre quel come). Amare quindi fino a dare la vita gli uni per gli altri, come e perché Gesù ha dato la vita. Questa sera rinnoviamo così il patto dell’amore reciproco.
Oggi Gesù ci dona l’Eucaristia. Non è anch’essa espressione del suo amare sino alla fine? Sino alla fine: corpo, sangue, anima, divinità. Qui l’amore è totalmente donato, quasi materializzato, fino a farsi “cosa”, per poter essere visto, toccato ed essere con noi, in noi, noi. Questa sera ci nutriamo ancora una volta dell’Eucaristia per accogliere il suo amore estremo ed essere trasformati a nostra volta in amore.
Oggi Gesù ci dona il sacerdozio di cui, lavando i piedi ai discepoli, mostra il senso profondo: un servizio d’amore. La vita stessa di Gesù è riassunta ed espressa in quel gesto, lui che è venuto non per essere servito, ma per servire e dare la vita per molti. E questo è il sacerdozio, servire - donando il vangelo, il perdono, l’Eucaristia -, servire fino a dare la vi-ta: è amare sino alla fine.
Oggi Gesù prega per l’unità: il frutto consumato del suo amore. Perché il suo amore sino alla fine se non per farci uno tra noi e con Dio? Questa sera, forti della preghiera di Gesù, dopo aver rinnovato il patto dell’amore reciproco e dopo esserci lasciarti trasformare da Gesù eucaristia in Gesù, lasceremo che sia lui stesso a rinnovare il patto d’unità. Allora l’Eucaristia raggiungerà il suo pieno effetto di «sacramento dell’unità della Chiesa» (San Tommaso, Super Ev. Ioannis, c. 6, lect VI), e per essa, come insegna il Concilio, avremo «accesso a Dio Padre» ed entreremo «in comunione con la Santissima Trinità» (UR 15).
Quel li amò sino alla fine continuerà ad accompagnarci anche nei prossimi giorni. Il grido dell’abbandono che ascolteremo domani cos’altro è se non l’amore estremo, completamente dispiegato? Sì, lì Gesù ha amato veramente sino alla fine. «È l’amore che fa queste pazzie», come ha scritto Chiara.
E il sepolcro sigillato e il silenzio del Sabato santo non sono ancora quel suo amare sino alla fine, sino a condividere con noi il limite estremo della morte, ratificato dalla sepoltura, quando sembra spegnersi ogni speranza? Quella speranza che soltanto Maria tiene accesa.
Anche la risurrezione sarà il frutto dell’amore sino alla fine, quello stesso amore che a Pentecoste farà piovere il fuoco dello Spirito d’Amore. E nascerà un popolo unito, un cuore solo e un’anima sola, spiga piena nata dal chicco di grano caduto in terra per amore.
Ma amò sino alla fine, ci spiegano gli esegeti, significa non soltanto che Gesù ha amato in maniera estrema, pazzamente; significa anche che amò fino in fondo, fino all’ultimo momento. E qui si spalanca davanti a noi la fedeltà dell’amore di Dio sempre presente, che ci accompagna fino in fondo, fino all’ultimo, e che domanda altrettanta fedeltà.
Grazie per quanto ci comunichi!!Nel patto di stasera ci sono anch'io, totalmente, per sempre!
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