Così anche p. Agostino Iaderosa se n’è andato, silenzioso,
in punta di piedi, come era nel suo stile.
Non era uno scrittore e credo che difficilmente si
troveranno carte sue. Mi piace però leggere come ha raccontato la storia della
sua vocazione il 21 aprile 1979:
“Sono nato il 29 gennaio 1951. A 14 anni, dopo una missione
al popolo dei Padri Redentoristi fatta al mio paese, Cervino (Caserta), decido
di seguire Dio senza riserve. Ci sono difficoltà da parte di mio padre il quale
non vuole che io parta da casa. A questo punto, ricordo di avere avuto tanta
esigenza di pregare e pregavo in tutti i momenti liberi della giornata.
Terminata la scuola media i miei mi invitano a imparare un
mestiere e così mi scrivo al Centro Internazionale per l’Addestramento
Professionale per l’Industria e scelgo il mestiere di "installatore di condotti
fluidi", un corso che durava due anni.
All’inizio del secondo anno, a 15 anni e mezzo, ho
conosciuto l’Oblato Padre Macello Fidelibus a cui ho chiesto di entrare alla
Scuola Apostolica di Firenze. Qui ho vissuto cinque anni. Per la Scuola
Apostolica erano anni difficili. Alla fine del quinto anno è stata chiusa. Quello
che mi ha sostenuto in questi anni è stato il rapporto con Gesù Eucarestia e
con Maria, sentite come persone vicine a cui potevo parlare in ogni momento.
Chiusa la Scuola Apostolica di Firenze, sono entrato al Centro
Giovanile di Marino, avevo vent’anni. Al Centro Giovanile ho passato un anno di
tanta luce e di approfondimento della mia conoscenza di Gesù. Tanta luce e gioia
non per la mancanza di difficoltà e sofferenze la cui presenza è normale, ma
per l’esplicita volontà di vivere, tra i Padri e tra noi giovani e tutti
insieme, il comando di Gesù: “come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli
uni gli altri”. Dopo un anno al Centro Giovanile, in cui ho frequentato l’ultimo
anno di liceo classico, ho chiesto di entrare nel Noviziato.
Durante l’anno di Noviziato ho conosciuto approfonditamente
il Fondatore Eugenio de Mazenod, e alla fine dell’anno ero felice di
consacrarmi a Dio in questa Congregazione al servizio di Gesù che chiedeva
braccia e cuore per continuare la sua opera di salvezza di tutti gli uomini.
I sei anni di Scolasticato sono stati anni di consolidamento. Questo è stato un periodo di prova [nel senso di manifestazione, esercizio e testimonianza]: prova del mio amore per Lui. Il mio amore per Lui cercavo di mostrarglielo vivendo per Lui lo studio, i momenti di apostolato, di lavoro, di preghiera. Ma la prova più importante è stata quella dell’amore di Dio per me. Questo già lo avevo sperimentato ma in questo periodo è stato in un modo più profondo, in un modo indicibile e indimenticabile. I momenti forti sono stati: i voti perpetui, il Diaconato, i momenti della vita sacramentale e i momenti di comunione tra di noi Scolastici”.
Nel 1979 il superiore generale lo aveva destinato all’Indonesia,
ma dopo due anni in attesa del visto che non arrivava, aveva letto nel
bollettino della Congregazione la richiesta di volontari per il Pakistan, così il
16 novembre 1981 da Palermo, dove nel frattempo viveva, scrisse al superiore
generale: “Da un po’ di tempo a questa parte dentro di me sento la parola di
Gesù che dice: Se non vi vogliono da una parte andate in un’altra. Allora dico
a lei: come lì in Indonesia dopo più di due anni non è possibile entrare, mi mandi
da un’altra parte, dove c’è urgenza… Dopo averle detto tutto ciò le dico anche
che sono pronto ad andare e a rimanere come vuole la volontà di Dio”.
Questa sua disponibilità lo portò finalmente in Uruguay e
infine di nuovo in Italia…
Grazie, Agostino, della tua semplicità e della tua
rettitudine.
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