Cantavo a tutta voce “Púeri Hebræórum, portantes ramos
olivárum”. Sì, in latino, in gregoriano, perché in quei primi anni Sessanta del
secolo scorso la liturgia era ancora in latino. Mi rivedo ragazzo durante la
processione delle palme che si svolgeva nella piazza del duomo con tutta la
gente che ci guardava… Mi sentivo importante e pensavo che la gente guardasse
me.
Proprio come accadde all’asino che portava Gesù in groppa. Di
sicuro quell’asinello si sarà montato la testa. Vedendo che tutti battevano le
mani, stendevano i mantelli sotto i suoi zoccoli, agitavano davanti a lui rami
in segno di festa, avrà pensato che tutto questo fosse per lui: “Guarda
quanto sono bravo, come mi acclamano!”.
L’asino è un animale testardo, sembra poco intelligente, eppure, sorprendentemente, Gesù dice che ne ha bisogno: «Troverete un puledro legato, sul quale non è mai salito nessuno. Slegatelo e conducetelo qui. E se qualcuno vi domanda: “Perché lo slegate?”, risponderete così: “Il Signore ne ha bisogno”» (Lc 19, 30-31).
Anch’io come quell’asino. Gesù ha bisogno
di me? Ma io sono un asino! Proprio per questo ha bisogno di me. Quello che
deve apparire non è l’asino ma colui che l'asino porta su di sé. L’asino vale
solo e in quanto porta Gesù. Come me, valgo solo e in quanto porto Gesù.
Non montiamoci la testa. Che non ci venga in mente di mettere
in mostra noi stessi. Sì, Gesù ha bisogno di noi, ci usa come vuole, ci fa fare
cose alle quali non avremmo mai pensato. Rimaniamo comunque dei poveri somari,
non contano le nostre doti, i nostri meriti, le nostre qualità. Vale solo colui
che portiamo sulle nostre spalle, valiamo solo se siamo strumenti del suo
amore. Siamo a suo servizio. Eppure, bontà sua, ha comunque bisogno di noi...
troppo grande il suo amore che ci prende in seria considerazione.
Nessun commento:
Posta un commento